Dicembre 2nd, 2012 Riccardo Fucile
HA DENUNCIATO NOMI E COGNOMI DI MAFIOSI, STIMOLATO INCHIESTE, COLLABORATO CON LE ISTITUZIONI: ORA E’ MINACCIATO DI MORTE DALLA ‘NDRANGHETA E LA POLITICA FA FINTA DI NULLA
La ‘Ndrangheta non perdona.
Non tollera chi la indica nei suoi affari e legami con politica, economia e pezzi dello Stato.
Non accetta che si rompa l’omertà ed il silenzio che le garantisce di poter agire indisturbata. Chi la combatte seriamente ed in modo efficace è al centro del mirino.
Non solo i magistrati, ma anche i giornalisti ed i cittadini liberi che hanno scelto di puntare l’indice sugli ‘ndranghetisti, sui loro affari e sulla loro rete di relazioni, connivenze, contiguità e complicità .
Christian Abbondanza, presidente della “Casa della Legalità – Onlus” (www.casadellalegalita.info | www.casadellalegalita.org), è uno dei bersagli della ‘ndrangheta.
E’ sempre di più in pericolo.
Con il lavoro che ha promosso in questi anni, fatto a viso aperto, in modo assolutamente indipendente, è diventato “il problema” per molteplici esponenti ed affari di alcune delle più potenti cosche della ‘ndrangheta in Liguria e nel Nord-Ovest, a partire dai GULLACE-RASO-ALBANESE, PIROMALLI, MAMMOLITI, GIOFFRE’-SANTAITI, e MORABITO-PALAMARA-BRUZZANITI.
Dopo le efficaci inchieste sul controllo nella Sanità calabrese da parte della ‘Ndrangheta, e quelle, ad esempio, sulla corruzione, voto di scambio ed infiltrazioni negli appalti pubblici nel capoluogo ligure, l’azione di denuncia pubblica ed alle Autorità hanno contribuito in modo efficace nell’azione di prevenzione e contrasto.
Qualche risultato: sequestri, confische e già alcune condanne per alcuni dei boss storici del centro storico genovese (Caci, Canfarotta, Zappone); arresto ed incriminazione, con sequestro dei beni, al boss Antonio Fameli; interdizione “atipica”, sequestri e incriminazioni per Andrea Nucera; condanna per corruzione, interdizione “atipica” ed ulteriori indagini per i Mamone.
Ed ancora, per citare alcuni esempi: contribuito ad indagini e provvedimenti contro i Pellegrino e Barilaro nell’imperiese ed i Gullace-Fazzari nel savonese; interdizione, indagini e richiesta di sequestro e confisca per i Fotia; indagini sul traffico illecito di rifiuti tra Liguria e basso-Piemonte e sull’influenza della ‘ndrangheta su economia e politica nell’alessandrino; scioglimento e commissariamento per condizionamento della ‘ndrangheta delle Amministrazioni di Bordighera e Ventimiglia; documentato l’influenza della ‘ndrangheta nel voto alle elezioni regionali del 2010; individuazione di prestanome e collettori politica-affari di diverse cosche; l’attivazione di una sezione della DIA a Bologna con competenza sull’Emilia-Romagna; individuazione di professionisti ed imprese “insospettabili” al servizio delle cosche…
Ha poi la “colpa” di aver contribuito in modo determinante a rompere il muro di “nagazionismo” sulla presenza ed attività delle mafie al Nord, spingendo giorno dopo giorno il mondo dell’informazione e pezzi della società civile a parlarne ed affrontare il problema.
Sono molteplici i casi, noti alle Autorità , per cui, Abbondanza, con la Casa della Legalità , è considerato (e indicato) da esponenti della ‘Ndrangheta (ed anche di Cosa Nostra), come “il problema” da eliminare.
L’ex Prefetto di Genova, Musolino, fece scattare la Vigilanza Generica Radiocollegata a tutela di Abbondanza.
Una misura ormai insufficiente, soprattutto alla luce delle indagini sempre più pesanti che scaturivano dalle inchieste che Abbondanza portava avanti e che davano quindi impulso a provvedimenti dell’Antimafia e di diverse Procure. Per questo fu proposto di aumentare il livello di protezione, con la scorta. Misura, però, bloccata da resistenze forti nei Palazzi.
Forse perchè Abbondanza e la Casa della Legalità non si sono limitati ad indicare i mafiosi, ma anche chi li ha protetti – tra le Forze dell’Ordine e la stessa Magistratura – con inerzie e sottovalutazioni, quando non con più pesanti responsabilità .
Abbondanza, con la Casa della Legalità , aveva indicato da tempo, ad esempio, problemi e criticità all’interno della DDA di Genova, e queste critiche hanno poi trovato, purtroppo, conferma nel naufragare di alcune importanti indagini e, forse, anche nel provvedimento di rimozione di due magistrati dalla stessa DDA del capoluogo ligure.
Se i molteplici tentativi di fermare l’azione di informazione e denuncia di Abbondanza e della Casa della Legalità non hanno avuto effetto, pur con l’uso di minacce, intimidazioni e con una pioggia di querele e procedimenti per “diffamazione”, l’isolamento di Abbondanza e della Casa della Legalità permane, con le pesanti iniziative, spesso promosse direttamente dagli esponenti delle cosche ‘ndranghetiste, attraverso il continuo tentativo di delegittimazione, volto a minarne la possibilità di azione, spianando, così, la strada all’intenzione di colpirlo definitivamente da parte di alcuni dei più pericolosi ‘ndranghetisti.
Ora possono colpirlo quando vogliono, in ogni movimento e circostanza. Occorre che le Autorità , senza più tentennamenti, gli garantiscano un’adeguata protezione.
Gli deve essere assegnata una scorta prima che sia troppo tardi…
Abbondanza non è solo e sottoscrivendo questo appello chiediamo che venga disposta immediatamente la scorta per garantirne la necessaria sicurezza.
(promosso da “Liberi Cittadini di Certosa” e “Liberi Cittadini della Maddalena”)
Per inviare l’adesione all’Appello scrivere a: sostegnocasalegalita@gmail.com
Info e commenti su: http://sostegnoallacasadellalegalita.blogspot.it
Info, adesioni alla pagina facebook per l’assegnazione della scorta e commenti: www.facebook.com/scortaperabbondanza
Commento del ns, direttore
Ho recentemente chiacchierato un paio d’ore con Christian: è una persona che avrebbe mille ragioni per preoccuparsi un po’ di se stesso, buttare tutto all’aria, condurre una vita “normale”.
Colpisce in lui la serenità con cui affronta i quotidiani ostacoli della vita, la vocazione al fare “quello che è giusto fare”, costi quel che costi.
Mi accomuna a lui il fatto di non guardare in faccia nessuno: non esistono “pregresse appartenenze” che giustifichino silenzi e connivenze.
Il marcio va denunciato, anche se si annida nel tuo salotto di casa, tra presunti amici o compagni di viaggio.
In un Paese civile, in una città di un’altro mondo ideale, Christian sarebbe assurto a un ruolo di garanzia istituzionale contro le infiltrazioni mafiose, lo farebbero veicolare nelle scuole a tenere lezioni sul fenomeno ‘ndranghetista e su come cautelarsi dai tentativi di infiltrazione.
E’ la memoria storica dei rapporti mafia-politica, delle sue tecniche e della sua organizzazione in Liguria.
Genova e i genovesi gli devono molto, ma nessuno ha mai pensato di dedicargli un premio.
Appartiene alla ormai rara categoria dei “personaggi scomodi”: troppo rigoroso, troppo pulito, troppo anticonformista per una società di collusi e proni al potere, di qualsiasi colore esso sia.
Se denunciasse malefatte a senso unico probabilmente sarebbe diventato un’icona da venerare e portare in processione.
Se lo fai senza distinzioni di parrocchie politiche invece diventi il “nemico principale” di tutti.
Così si spiega la mancata concessione della scorta, nonostante il pericolo reale che corre da oltre un anno.
Quella scorta che viene concessa da anni a politici anonimi, ex parlamentari e trombati vari per presunte minacce ricevute magari dieci anni fa, viene negata a un cittadino che ha avuto il coraggio di denunciare la ‘ndrangheta, facendo nomi e cognomi.
Pubblicando inchieste sulla cui fondatezza ha ricevuto l’avallo della Dia nelle proprie risultanze processuali.
Ma lo Stato continua a fare finta di nulla, nessun parlamentare ha bussato alla porta del Ministro degli Interni, nessun partito ne ha fatto un emblematico caso politico.
Silenzio assoluto, impegni generici e presto dimenticati, quando non addiritura collusione con il nemico.
Con personaggi miserabili infiltrati ovunque.
Questa è l’Italia in cui viviamo: Christian in fondo vive in un altro mondo ideale che non ha riscontro con l’amara realtà .
Tanti studenti che manifestano contro la mafia a comando, salvo poi defilarsi quando si tratta di dimostrare nei fatti da che parte si è schierati.
Per questi motivi siamo ben felici di stare con Christian su quella nuvoletta che ci permette di “distinguere” quello che tanti altri, troppi, non vogliono vedere.
La credibilità delle Istituzioni passa anche attraverso piccoli importanti atti: come concedere una tutela a chi rischia la vita per difenderle.
Chi non lo fa è solo un piccolo, miserabile uomo di merda.
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Dicembre 2nd, 2012 Riccardo Fucile
PRIMA AI DOMICILIARI,, POI EVADE…ARRESTO CONVALIDATO E DI NUOVO A CASA…ALLA FINE GARANTISCE CHE RISPETTERA’ LA DECISIONE DEI DOMICILIARI… MA NON VOLEVA ANDARE IN GALERA?
E’ stato arrestato perchè è evaso, violando immediatamente gli arresti domiciliari.
Verrà processato per direttissima il 6 dicembre.
Per il reato di evasione si rischia una pena che va da uno a tre anni di reclusione.
Il direttore del Giornale Alessandro Sallusti ha dichiarato davanti al giudice che si è trattato di un “gesto simbolico” e che ora si impegnerà a “rispettare le prescrizioni del giudice di sorveglianza”.
Il giornalista è stato arrestato e portato in tribunale dopo che ha lasciato la sua abitazione presso la quale avrebbe dovuto scontare la detenzione ai domiciliari.
Nelle prescrizioni disposte dal giudice di sorveglianza Guido Brambilla gli era consentito uscire dalle 10 alle 12, quindi l’aver abbandonato il domicilio è stato considerato tecnicamente un’evasione.
IL PROCESSO PER DIRETTISSIMA
Nell’udienza di oggi è stata fissata la data del processo che si svolgerà il 6 dicembre. Il giudice ha convalidato l’arresto e disposto i domiciliari.
“E’ stato un gesto simbolico” ha dichiarato Alessandro Sallusti davanti al giudice.
Il giornalista si è impegnato a non ripeterlo e a rispettare scrupolosamente le prescrizioni disposte dal giudice della sorveglianza, Guido Brambilla.
Il pm di turno è Piero Basilone. In aula anche l’ex ministro Ignazio La Russa che in passato è stato avvocato de Il Giornale, e ora difende il direttore Sallusti assieme all’avvocato Valentina Ramella.
Per La Russa il reato di evasione non c’è.
L’ex ministro ha spiegato ai cronisti che “il reato non sussiste perchè Sallusti ha detto agli agenti della polizia penitenziaria ‘esco con voi, vengo con voi’ e non si è mai allontanato da loro, dicendo di voler andare nel carcere di San Vittore.
Tuttavia, è innegabile che gli indizi di questo reato ci fossero ed è stato quindi giusto svolgere l’udienza di convalida”.
Dal provvedimento del giudice Brambilla emerge che durante la sua detenzione domiciliare Alessandro Sallusti potrà scrivere e telefonare.
Il giornalista potrà uscire, inoltre, dalle 10 alle 12 di ogni giorno per “soddisfare le indispensabili esigenze di vita”.
In più non potrà ricevere persone diverse dai propri familiari e, oltre alle prescrizioni di routine come il divieto di detenere in casa sostanze stupefacenti, armi o frequentare pregiudicati, avrà l’obbligo di garantire l’accesso delle forze dell’ordine per gli eventuali controlli.
Infine, qualsiasi deroga, come andare in ufficio o in ospedale per visite, dovranno essere chieste al magistrato di sorveglianza.
L’ARRESTO PER EVASIONE — Dopo pochi minuti il direttore è uscito di casa, è quindi evaso e dunque è stato portato in Questura dalla Digos, da dove è stato poi condotto in Tribunale.
LA POLIZIA IN REDAZIONE — Alle telecamere di Tgcom24, poco prima che i poliziotti lo prelevassero dalla redazione di via Negri per portarlo a casa, aveva dichiarato: “Peccato che sia finita così, che siano entrati al giornale. Sono davvero incoscienti. Non si esegue l’arresto di un giornalista all’interno di un giornale”.
Sallusti si era anche rammaricato della “categoria che non ha avuto un sussulto. E’ una ferita per tutti i noi, per Il Giornale, abituato a essere ferito, del resto il suo fondatore è stato gambizzato. Siamo forti ma mi dispiace per il nostro mestiere. Non doveva finire cosi”.
E aveva già annunciato che avrebbe partecipato alla prossima riunione da “evaso”: “Sarò ai domiciliari, ma andrò a lavorare”.
Ai colleghi giornalisti quindi dava appuntamento “a presto su questa scrivania”. “I miei lettori — aveva aggiunto — hanno capito cosa è successo e spero siano orgogliosi del giornale. Non ho comunque preparato il titolo per domani”.
Tutto ciò è accaduto dopo la “provocazione politica” del direttore del Giornale che aveva proposto uno “scambio” alla polizia che doveva eseguire l’ordine di carcerazione.
Su Twitter aveva scritto: “Voi non violate la sede de Il Giornale, io mi consegno a San Vittore e poi fate quel che volete”.
Nella redazione di via Negri era presente anche Daniela Santanchè, che è uscita un quarto d’ora dopo che i poliziotti hanno prelevato il giornalista, senza rilasciare dichiarazioni.
LA NOTTE IN REDAZIONE
Ha quindi cambiato idea per l’ennesima volta Sallusti che la scorsa notte aveva twittato: “Notte al giornale. Se vogliono mi arrestano qui. Grazie a tutti”. Condannato definitivamente a 14 mesi di carcere per diffamazione, il 30 novembre il giudice della sorveglianza di Milano ha disposto gli arresti domiciliari, ma il giornalista li ha rifiutati ribadendo la sua volontà a voler andare in carcere.
Solo qualche giorno fa aveva dichiarato di voler scontare i domiciliari a case della sua compagna Daniela Santanchè, per poi cambiare nuovamente idea, recarsi in redazione e dichiarare di non volersi “muovere” da lì: “Che mi vengano ad arrestare qui”.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Dicembre 2nd, 2012 Riccardo Fucile
GARANTITO L’INGRESSO IN PARLAMENTO DI UNA QUOTA DI ROTTAMATORI… SI GUARDA ANCHE AL CONGRESSO DEL PD VISTO CHE BERSANI NON SI RICANDIDERA’
Posto che se vince “farà il candidato premier”, provocando lo sconquasso di pronostici e geometrie di coalizione, l’incognita che tiene banco alla vigilia del secondo turno delle primarie riguarda le intenzioni di Matteo Renzi nel caso in cui esca sconfitto dal ballottaggio con Pierluigi Bersani e il modo in cui s’incroceranno i destini dei due protagonisti della sfida per la premiership del centrosinistra.
Perchè è vero che “le primarie non sono il congresso”, come nota Roberto Speranza dal comitato Bersani, rimarcando che sono state volute dal leader del Pd proprio per “avvicinare la politica ai cittadini”.
Ma è altrettanto vero che, “rispetto a un partito schierato nella quasi totalità col segretario, un milione e centomila voti sono il dato politico che rappresenta una domanda di rinnovamento venuta sinora a mancare nel rapporto tra Pd e elettori”, secondo quanto rileva il coordinatore della campagna renziana, Roberto Reggi.
Come a dire che quell’area di “amministratori e iscritti” che hanno sostenuto il sindaco di Firenze proseguiranno il loro impegno anche dopo le primarie, con l’attenzione rivolta in primo luogo alle elezioni e al governo, ma anche al successivo congresso del Pd al quale Bersani ha già annunciato che non si ricandiderà alla segreteria.
Di qui a prefigurare un’opa da parte di Renzi e dei renziani sul Pd per scalare la segreteria il passo è tutt’altro che breve, se non altro per lo scetticismo in merito del diretto interessato.
Anzi, semmai è al segretario che si attribuisce l’intenzione di voler “coinvolgere” il sindaco di Firenze a discapito delle parole con cui il sindaco ha ripetuto sin dal primo giorno di “non voler posti di consolazioni o strapuntini di governo” e di quanti nell’attuale segreteria del Pd mediterebbero invece una resa dei conti col giovane “rottamatore” una volta risolta la questione del governo.
Di certo c’è che Renzi ha dichiarato che intende tradurre il proprio risultato in termini di parlamentari attraverso cui poter condizionare in modo determinante l’azione dell’eventuale maggioranza di centrosinistra; tanto che Bersani ha voluto rimarcare che le misure del consenso, quindi delle quote di eletti, si prendono “sul primo turno” e non sul ballottaggio.
Tuttavia è proprio dal responso del secondo turno che ci si attendono proiezioni più accurate sui futuri incrociati di Renzi e di Bersani, del governo e del Pd.
Il recupero di un clima di fair plaiy da parte dei due contendenti dopo il rinfocolarsi delle polemiche delle ultime ore non fa che confermare quel “clima di non belligeranza” da molte parti interpretato come preliminare all’intesa futuribile tra i due contendenti.
In quest’ottica, d’altronde, si era già interpretato anche l’annullamento di due degli ultimi appuntamenti di Renzi: quello a Sesto San Giovanni, territorio dei guai giudiziari di Filippo Penati, e quello all’Ilva di Taranto, che avrebbe evocato l’imbarazzo per trascorsi finanziamenti a Bersani da parte della famiglia Riva.
Due tappe e due motivi in meno di inasprire la polemica nei riguardi del segretario.
Agli occhi dei dirigenti del Pd, d’altronde, lo stesso Bersani potrebbe avvantaggiarsi del duello all’ultimo voto col sindaco “rottamatore”, facendo leva sulla nuova diarchia per alleggerirsi del cosiddetto “caminetto”, cioè le pretese delle diverse componenti interne al partito capeggiate dai vari Fioroni, Letta, Bindi, Fassino, Veltroni.
Bersani, d’altronde, è oltremodo scontento anche da come si sono comportati gli apparati del partito delle regioni rosse, cui rimprovera di aver dato troppo per scontata la vittoria e di non aver profuso il necessario impegno, lasciando che Renzi si affermasse non solo in Toscana, Umbria, Marche ma anche nella “sua” Emilia Romagna.
E’ alla luce di questa possibile diarchia che si prospetta persino un viatico da parte di Bersani nei riguardi della corsa alla segreteria da parte del sindaco in carriera, così da realizzare quel ticket tra presidenza del consiglio e guida della maggioranza che ha già contraddistinto la politica italiana del centrosinistra, sia ai tempi in cui Prodi governava e D’Alema lo incalzava sia quando poi D’Alema è andato a palazzo Chigi e Veltroni ha assunto la guida del partito.
Anche perchè lo stesso Renzi, quando Bersani approdasse a Palazzo Chigi, avrebbe la necessità e l’urgenza di collocarsi in un ruolo capace da fare insieme da sostegno e contraltare al governo, come quello di sindaco di Firenze non gli consente.
Per quanto il promo cittadino sia il primo ad essere alquanto scettico circa l’idea di imbarcarsi nei difficili equilibrismi necessari per guidare tutto il partito.
Difatti, se per un verso Renzi ha conquistato una fetta importante di elettori attraverso le primarie, per l’altro è ancora lontano dal poter pensare di essere maggioranza tra gli iscritti e i dirigenti.
Anche se i primi passi li ha già mossi, come dimostrano gli oltre ottanta amministratori locali che l’hanno sostenuto in Toscana, oltre a quelli che vengono dall’Emilia come lo stesso Reggi, il presidente del consiglio regionale Matteo Richetti, il sindaco di Reggio e presidente dell’Anci Graziano Del Rio.
Certo è che una volta vinte le primarie “l’investitura del successore toccherà a Bersani”, fanno notare a via del Nazzareno.
E se questi dovesse prevalere nettamente al ballottaggio, allora lo stesso Renzi potrebbe vedersi spingere ai margini del partito, perfino con l’intenzione di sollecitarlo a uscirne.
La cerchia dei fedelissimi del segretario vede infatti come fumo negli occhi la prospettiva di un’ascesa di Renzi addirittura col viatico del candidato premier, meditando piuttosto una resa dei conti interna volta “stroncare sul nascere” ogni prospettiva di carriera politica interna al partito per il “rottamatore” fiorentino dopo averne “subito l’offensiva”.
Sennonchè quelli che difettano sono i candidati in grado di poter superare lo scoglio delle primarie battendo Renzi.
Per la segreteria come per la premiership, infatti, le consultazioni sono aperte anche ai non iscritti.
E in quest’ottica gli unici due nomi chi si vociferano, quello di Stefano Fassino e di Dario Franceschini, sono fuori gara in partenza.
Cosimo Rossi
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Dicembre 2nd, 2012 Riccardo Fucile
NON SOLO RIVA PER BERSANI: A LETTA 15.000 EURO DAL RE DELLE SLOT E 25.000 DA RANA. 40.000 A VENDOLA DAL TRUFFATORE DEI TRIBUTI… MENTRE RENZI OSCURA TUTTO
Non ci sono solo i 98 mila euro donati dalla famiglia Riva a Pier Luigi Bersani. A sfogliare i libroni dei contributi registrati alla Camera dei deputati, si scopre che la sinistra italiana negli ultimi dieci anni spesso non ha guardato troppo per il sottile di fronte a un generoso imprenditore.
Per restare in tema di acciaierie, Enrico Letta ha incassato 40 mila euro nel 2008, proprio come Bersani, dall’associazione padronale di categoria, quella Federacciai che vanta come vicepresidente Nicola Riva, ora indagato a Taranto per inquinamento.
Letta è uno dei politici di sinistra più graditi agli imprenditori: ha ricevuto 15 mila euro nel 2004 da uno dei signori del gioco: Antonio Porsia, già collaboratore di Tiziano Treu nella Margherita e ora titolare della Hbg, una delle dieci concessionarie delle slot machine.
Quell’anno Letta ha incassato 9.800 euro anche dalla società del finanziere svizzero Henry Shoet, oltre ai 25 mila euro del pastificio Rana e ai 13 mila euro della Federfarma.
Matteo Renzi a differenza di Bersani non deve rendere conto sui suoi finanziatori del passato perchè non è mai stato candidato al Parlamento. Quanto al presente la sua pagella resta senza voto solo perchè Renzi continua a non pubblicare l’elenco integrale dei finanziatori della Fondazione Big Bang che lo sostiene.
Diversa è la situazione dell’altro candidato delle primarie.
Nichi Vendola non ha accettato come Bersani i soldi dei padroni dell’acciaio ma, a leggere le sue dichiarazioni del passato al Parlamento, con il senno di poi anche lui poteva dire almeno un no.
Il leader di Sel ha accettato nel 2004 un contributo di 40 mila euro dalla San Giorgio Spa, di Giuseppe Saggese, il concessionario dei tributi arrestato a ottobre perchè faceva la cresta sulle tasse altrui.
Altri 115 mila euro arrivano a Vendola nel 2005 dalla Fimco, della famiglia Fusillo, già presente nella società editrice della Gazzetta del Mezzogiorno, impegnata nel settore delle grandi opere in Puglia.
Tra i finanziatori del 2005 di Vendola troviamo anche un non meglio specificato “Degennaro” che dona 10 mila euro.
Chissà se si tratta di Gerardo, arrestato a marzo 2012 per corruzione.
La Puglia è una terra difficile per chi voglia accettare serenamente un finanziamento lecito.
Massimo D’Alema ha accettato nel 2008 il contributo di 12 mila e 500 euro della Uniland di Angelo Intini, del gruppo omonimo di Noci in provincia di Bari, diretto da Enrico Intini poi indagato nel 2009 per turbativa d’asta insieme a Gianpaolo Tarantini.
Altri 50 mila euro nell’ultima campagna elettorale sono arrivati a D’Alema da una società emiliana che organizza eventi, la Goodlink, mentre la Lodeserto Impianti di Taranto, una ditta di impiantistica che ha lavorato anche all’Ilva di Taranto, ha donato una piccola somma: 2.500 euro.
L’ex ministro delle comunicazioni Paolo Gentiloni ha incassato per la campagna elettorale del 2008 un contributo di 10 mila euro dalla I Borghi Srl nella quale c’erano un ex compagno della Margherita, come Francesco Carducci, ma anche il rivale Lorenzo Cesa, segretario dell’Udc.
Nicola Latorre invece ha avuto 100 mila euro dalle Masserie Salentine del gruppo Zamparini, che poi nel 2010 si è lanciato nel settore dell’energia e solare e della distribuzione commerciale in Puglia.
Sempre nella campagna del 2008, Latorre ha ricevuto altri 50 mila dalla società Cesd, la holding del gruppo Cepu.
Poi c’è il capitolo del mattone rosso.
Se si prende per esempio l’elenco dei contributi versati nel 2005 alla Federazione dei Ds di Roma si scopre la passione dei palazzinari per la sinistra.
Nel 2005 arrivano ai DS di Roma 30 mila euro dalla Romeo Gestioni, di Alfredo Romeo, che gestiva ai tempi di Rutelli il patrimonio immobiliare del comune e che nel 2010 sarà arrestato dai magistrati napoletani e poi condannato a due anni per corruzione nell’inchiesta Global service.
Quello stesso anno arrivano 15 mila euro anche dalla SAC di Claudio Cerasi, che poi sarà indagato nell’inchiesta sulla cosiddetta cricca dei “grandi eventi” nel 2010.
Altri 10 mila euro sono offerti ai DS romani nel 2005 dall’impresa di Domenico Bonifaci, già noto per l’arresto e il patteggiamento a Perugia per la mazzetta Enimont.
In quel magico 2005 le società di un altro costruttore che era uscito indenne dalla stessa inchiesta di Perugia, Pietro Mezzaroma, donano 38 mila euro ai DS di Roma.
Sempre nel 2005 i Ds di Roma incassano 10 mila euro e l’anno prima ne avevano incassati altri 9 mila dalla Cler Coop, società che è citata negli atti dell’inchiesta romana del 2010 su Vincenzo Morichini, l’imprenditore amico di Massimo D’Alema che ha patteggiato la pena di 18 mesi per corruzione.
Dalle informative del 2011 della Guardia di Finanza si scopre che la Cler Coop, mai indagata, ha ottenuto appalti per milioni di euro dalla Provincia di Roma a guida Pd.
Altri 30 mila euro nel 2005 arrivano ai Ds dalla Italiana Costruzioni della famiglia Navarra, altro grande nome delle opere pubbliche a Roma.
Sempre nel 2005 si fa vivo anche Sergio Scarpellini, l’immobiliarista famoso per avere affittato a partire alla Camera dei deputati per 25 milioni di euro all’anno i suoi palazzi nel centro di Roma e per essere il proprietario della sede attuale del Pd, in via Sant’Andrea delle Fratte, subaffittata al Pd dalla Margherita nell’epoca Lusi.
Scarpellini e le sue società donano 20 milioni di vecchie lire a D’Alema nel 1997, altri 50 milioni ai Ds della Calabria nel 2000, nel 2003 arrivano 68 mila euro ai Ds di Roma e 13 mila euro nel 2005 quando altri 20 mila euro vanno al senatore romano Michele Meta.
Nel 2007 Scarpellini dona 100 mila euro ai Ds di Roma e altri 100 mila euro nel 2008 al Pd, senza dimenticare l’Udc del Lazio al quale vanno 100 mila euro e il PDL che si accontenta di 50 mila euro.
Impressionante anche l’elenco delle donazioni dei manager del Monte dei Paschi ai Ds di Siena.
Ci sono molti nomi del presente e del passato del gruppo bancario nell’elenco degli ultimi dieci anni di contributi ai Ds locali: da Marco Spinelli a Moreno Periccioli dal compianto Stefano Bellaveglia ad Antonio Sclavi.
In testa ai manager-finanziatori ovviamente c’è l’ex presidente Giuseppe Mussari.
L’attuale presidente dell’Abi ha donato negli ultimi dieci anni 673 mila euro ai Ds senesi.
Dei quali 100 mila nel 2010 e 99 mila euro nel 2011.
Mentre il vicepresidente della banca, Ernesto Rabizzi ha donato 125 mila euro nell’ulti — mo biennio.
Nonostante i conti disastrosi della banca abbiano imposto al Governo Monti di iniettare 4 miliardi di euro pubblici nell’istituto, i due manager e il loro partito non ne hanno risentito.
Mussari è tuttora presidente dell’Abi e nel 2011 ha guadagnato ben 712 mila euro mentre Rabizzi si è accontentato di 412 mila euro.
(Marco Lillo e Valeria Pacelli
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 2nd, 2012 Riccardo Fucile
TRA ARTISTI IN TOURNEE, SCIENZIATI RESIDENTI IN SVIZZERA, DEFEZIONI E POLEMICHE
L’uno governerà il turismo siciliano da Ginevra, nelle pause tra le settantuno emergenze planetarie sulle quali ha dichiarato di lavorare. +
L’altro guiderà i beni culturali dell’Isola tra un tappa e l’altra del suo tour che partirà il 19 gennaio da Bergamo.
Sono Antonino Zichichi e Franco Battiato, le punte di diamante della giunta messa su dal neo-presidente della Regione Rosario Crocetta, una mistura di telegenia e provocazione che è già riuscita a far scuotere la testa ai consiglieri di lungo corso.
«Una corte dei miracoli», sussurra qualcuno nelle stanze di Palazzo d’Orlèans, dove l’ex sindaco di Gela è approdato con la furbizia irridente di chi con la politica sa giocare e con il gusto tutto suo di èpater le bourgeois, di scandalizzare i borghesi.
«Nè io nè Zichichi siamo assessori politici. Siamo creativi», diceva ieri Battiato.
«Che lui e Zichichi non abbiano abbastanza tempo non è vero. Il tempo è relativo, conta la qualità », ha detto il presidente con il sorriso di chi un po’ ci è e un po’ ci fa.
Un sorriso tirato, a dire il vero, a giudicare dalle montagne russe che ha dovuto affrontare per comporre quella che qualcuno chiama la giunta più pazza del mondo.
Con una studentessa universitaria fuori corso di 29 anni, Neli Scilabra, piazzata al timone dell’istruzione e della formazione, la galassia dei corsi che servono solo a procurare stipendi agli enti.
Con un’altra bella outsider trentacinquenne, Linda Vancheri, nominata alla guida dell’industria.
E ancora con la bionda Ester Bonafede — ex soprintendente dell’Orchestra sinfonica siciliana — assessore alla Famiglia e al Lavoro.
«Queste donne sono strepitose — ha commentato ieri Battiato — sono abbagliato dalla loro competenza».
Mentre a Crocetta ha ritagliato un ruolo mitico: «Sembra Sansone».
Cioè forte, coraggioso, testardo.
Certo abbastanza per avere affrontato, finora, un percorso a ostacoli.
Tre, per la precisione.
Prima le dimissioni di Francesca Basilico D’Amelio, «pescata» nell’entourage del ministro Profumo e designata per qualche ora alle Finanze.
Poi scappata, formalmente perchè impossibilitata a gestire l’incarico da Roma ma – secondo i ben informati – atterrita dall’abisso delle casse regionali.
E fuori uno.
Poi il caso di Patrizia Valenti, nominata alle Autonomie locali e silurata perchè rinviata a giudizio anni fa per omissione di atti d’ufficio, per non avere cioè reintegrato un dipendente del Consorzio autostrade che aveva ottenuto ragione dal Tar.
Un’inezia, utilizzata come clava dai tanti nemici che si è già procurato il governatore per avere rimosso alcuni dirigenti di peso e per avere scontentato buona parte del Pd che, insieme con l’Udc, lo ha portato al governo.
E fuori due.
Infine, il caso più spinoso, proprio quello di Zichichi.
Perchè il figlio dello scienziato, Lorenzo, è titolare della società «Il Cigno-Galileo Galilei» attiva nel settore editoriale e artistico.
E protagonista di una serie di contenziosi con quell’assessorato ai Beni culturali che il padre è stato indicato a guidare.
Oltre che partner in alcuni bandi di gara di un’altra impresa, la Novamusa, il cui responsabile è stato arrestato pochi giorni fa con l’accusa di avere sottratto alla Regione 19 milioni di euro delle vendite dei biglietti.
Ma Zichichi ha fatto un passo indietro: «Rinuncio a tutto quel che riguarda la Sicilia».
E Crocetta ha dato la benedizione.
Omosessuale sì, ma cattolicissimo.
Laura Anello
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Dicembre 2nd, 2012 Riccardo Fucile
INCHIESTA DELLA DDA DI NAPOLI: TRA GLI SPONSORIZZATI ANCHE IDA D’AMORE, COMPAGNA DEL BOSS GIUSEPPE ESPOSITO
Imponevano i loro cantanti neomelodici per animare feste di piazza e alle tv locali e oltre a pretendere il «pizzo» dai titolari di attività commerciali, li costringevano ad acquistare gadget pubblicitari a prezzi superiori a quelli di mercato.
I carabinieri del Nucleo Investigativo di Caserta, nell’ambito di un’indagine coordinata dalla Dda di Napoli, hanno notificato dodici ordinanze di custodia cautelare nei confronti di altrettanti affiliati e fiancheggiatori della fazione del clan «dei casalesi» che fa capo agli Schiavone.
Sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsioni, porto e detenzione illegale di armi da fuoco e cessione di sostanze stupefacenti, reati aggravati dalla finalità mafiosa.
LA MOGLIE DEL BOSS
Nel corso delle indagini si è accertato che molti degli indagati non si limitavano solo all’imposizione delle tangenti, ma si erano specializzati anche nell’imporre a titolari di attività commerciali l’acquisto di calendari, agende, penne, accendini, e altri gadget pubblicitari a un prezzo di gran lunga superiore a quello di mercato.
Inoltre a ristoratori, organizzatori di comitati per feste patronali o di piazza e a titolari di emittenti televisive locali imponevano la scritturazione di cantanti neomelodici, tra cui la compagna di uno dei boss arrestati.
Il compenso delle prestazioni veniva solo in parte devoluto all’«artista», essendo invece in gran parte destinato alle casse del clan o a singoli affiliati. Tra i neomelodici di cui era d’obbligo la scritturazione, anche Ida D’Amore compagna del boss Giuseppe Esposito.
(da “il Corriere della Sera”)
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Dicembre 2nd, 2012 Riccardo Fucile
CHIEDE CHE LE PRIMARIE DEL PDL SI FACCIANO ALMENO A GENNAIO, ALTRIMENTI CHE SE NE FA DI 50.000 MANIFESTI?
Giorgia Meloni ha la faccia di quella che viene mollata dal fidanzato quando già aveva inviato le partecipazioni di nozze.
Per lanciare la sua candidatura alle primarie del Pdl ha ricoperto Roma di così tanti manifesti abusivi che al Guggheneim sono convinti che sia stato Christo.
“Almeno facciamole a gennaio!”, implora, immaginando cosa farsene di cinquantamila manifesti (sarà l’unica parlamentare con i biglietti da visita 6à—3). Alfano si arrampica sugli specchi: “Ho sentito Berlusconi e abbiamo concordato di convocare la prossima settimana l’ufficio di presidenza per assumere le decisioni” (traduzione: “L’ho chiamato da numero privato”).
Berlusconi ormai lo sfotte platealmente: “Alfano resta il segretario del Pdl”.
Proprio non ce lo vuole nel nuovo partito.
Un nuovo vecchio partito di Berlusconi federato a un nuovo vecchio partito di An, con la Lega a pezzi.
Bersani, è per riuscire a battere questi che dobbiamo allearci con l’Udc?
O c’è un altro centrodestra competitivo che mi è sfuggito?
Capace che mi sono distratta io, eh…
Francesca Fornario
(da “Pubblico Giornale”)
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Dicembre 2nd, 2012 Riccardo Fucile
APPROVATA LA LEGGE: NON CI SARANNO PIU’ FIGLI DI SERIE A E QUELLI DI SERIE B
Non è stato facile, ma alla fine l’aula della Camera dei Deputati ha approvato il testo unico che cancella i figli di serie A e di serie B dalle leggi italiane.
A questo punto i diritti dei figli naturali e quelli dei figli legittimi, ovvero nati all’interno del matrimonio, sono gli stessi
Il disegno di legge è passato con 366 favorevoli, 31 contrari, 58 astenuti ed è stato approvato in terza lettura dall’aula di Montecitorio senza modifiche rispetto al precedente passaggio in Senato e nonostante la contrarietà dell’Udc condivisa anche da molti esponenti del Pdl sulla norma che estende la possibilità di riconoscere anche i figli nati da incesto.
L’Udc aveva chiesto lo stralcio e il voto segreto.
La famiglia e, soprattutto, il legame di sangue, prendono il sopravvento rispetto agli interventi esterni che spesso, in caso di problemi, sradicano i minori dalla loro vita e li portano altrove.
Il testo è il frutto di un lavoro trasversale che fonde le sei proposte di legge sul tema presentate da centrodestra e centrosinistra.
È composto da sei articoli e modifica il codice civile per eliminare le distinzioni tra status di figlio legittimo e status di figlio naturale.
Il vincolo di parentela sussisterà tra le persone che discendono da un medesimo stipite, indipendentemente dal fatto che ci si stia occupando di un figlio legittimo o naturale. In questo modo si crea un rapporto di parentela tra il figlio naturale e la famiglia del genitore.
Quando si riconosce un bambino, quindi, gli effetti non ricadono soltanto sul genitore che esprime la sua volontà ma anche sui parenti del genitore stesso.
È una novità di notevole importanza che privilegia il legame di sangue e fa sì che, ad esempio, in caso di morte dei genitori, i bambini potranno essere affidati ai nonni e non dati in adozione o affidati ad un istituto.
Il figlio naturale ha il diritto ad essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità , delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni; anche dal punto di vista ereditario ai figli naturali saranno assegnati pieni diritti.
Il figlio nato fuori dal matrimonio potrà essere riconosciuto dalla madre e dal padre anche se erano uniti in matrimonio con una persona diversa all’epoca del concepimento.
Si modifica quindi l’articolo 250 del codice civile.
Festeggiano le donne che hanno portato avanti insieme questa battaglia anche se militano in partiti molto diversi.
«Abbiamo approvato norme moderne che cancellano, una volta per tutte – ha dichiarato il capogruppo del Pd nella Commissione Giustizia Donatella Ferranti – quella distinzione anacronistica tra figli nati all’interno del matrimonio e figli nati in coppie non sposate».
«Spero che sia solo il primo di una lunga serie di provvedimenti coraggiosi, capaci di eliminare le profonde discriminazioni che esistono ancora nel nostro Paese», afferma la portavoce di Fli, Giulia Bongiorno.
«Una legge di civiltà », è d’accordo anche Rosi Bindi del Pd. Si allinea Carolina Lussana della Lega Nord: «Viene finalmente data la priorità alla dignità della persona».
Ma non tutti sono d’accordo, nelle dichiarazioni riecheggiano i dissensi che hanno contrassegnato il lungo iter.
«Si sdogana l’incesto – avverte Paola Binetti dell’Udc -. Il vero paradosso è che questa legge nata per riconoscere ai figli naturali il diritto ad una famiglia, ha distolto la sua attenzione mettendo in primo piano la drammatica patologia di una famiglia colpita da uno dei crimini più gravi che si conoscano: l’incesto».
Parla di «sacralizzazione dell’incesto» anche l’esponente del Pdl Alfredo Mantovano, che ha commentato l’approvazione da parte della Camera come «l’ossequio a quell’ideologia sessantottina che continua a fare danni».
Flavia Amabile
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