Dicembre 19th, 2012 Riccardo Fucile
L’OBIETTIVO ORA SAREBBE CONVINCERE LA MELONI E CROSETTO CHE PERO’ TRATTANO SU LEADERSHIP, LISTE, CARICHE E RISORSE E ORMAI GIOCANO IN PROPRIO
Il giorno dopo aver varato ufficialmente il suo nuovo partito (battezzato provvisoriamente ‘Centrodestra nazionale’), l’ex ministro della Difesa e a questo punto pure ex coordinatore nazionale azzurro Ignazio La Russa conta le sue truppe, convinto di poter contare alla fine su circa 30 parlamentari tra Camera e Senato,oltre a un cospicuo numero di consiglieri regionali, provinciali e comunali.
Ai quali vanno aggiunti alcuni esponenti della società civile e un drappello di amministratori locali come il sindaco di Catania Raffaele Stancanelli.
Tra i deputati pronti a seguire La Russa (oltre ai fedelissimi dell’area lombarda Massimo Corsaro, Viviana Beccalossi e Riccardo De Corato) ci sarebbero Pietro Cannella, Carlo Ciccioli, l’ex presidente della Provincia di Salerno, Edmondo Cirielli, Agostino Ghiglia, Tommaso Foti, Carlo Nola.
Al Senato La Russa farebbe affidamento su un altro gruppo di fedelissimi (tra questi, Alfredo Mantica, il presidente della commissione Giustizia Filippo Berselli, Alberto Balboni, Achille Totaro, Antonino Caruso, Giuseppe Milone).
L’ex ministro starebbe poi guardando con attenzione agli ‘alemanniani’ scontenti della linea di via dell’Umiltà : si parla del possibile coinvolgimento della deputata Paola Frassinetti.
Caso a parte Alfredo Mantovano che fa parte dell’ala montiana pidiellina: deluso dal Cav e contrario alla creazione di una nuova ‘cosa’, l’ex sottosegretario attende le prossime mosse del Professor Monti.
Anche ‘Fare Italia’ è divisa sul futuro: mentre Andrea Ronchi resterebbe nel Pdl, Adolfo Urso aspetta le mosse Monti.
Proseguono, intanto, i contatti con Giorgia Meloni e Guido Crosetto.
Il trio è stato visto oggi a fitto colloquio sui divanetti del Transatlantico, durante una delle pause nei lavori della Camera.
La Russa spiega di essere pronto ad archiviare ‘Centrodestra nazionale’ per creare “un soggetto politico assolutamente diverso”, insieme ai due.
“Stiamo discutendo, vediamo come si evolverà la situazione”.
E lascia intendere che è disponibile a fare il padre nobile dell’operazione politica lasciando alla Meloni il ruolo di ‘front woman’, in tandem con lo ‘Shrek azzurro’, così come Crosetto viene scherzosamente chiamato dai suoi.
Ma la Meloni e Crosetto sarebbero anche gli unici che, deputati uscenti a parte, sarebbero in grado di portare anche l’entusiasmo dei militanti e vorrebbero “provarci in proprio”, magari con la sigla “Fratelli d’Italia”.
E anche la loro impostazione è piuttosto distante da quella di La Russa.
Ieri sera Berlusconi avrebbe offerto alla Meloni e a Crosetto il ruolo di coordinatori del Pdl a fianco di Alfano. Se hanno detto di no all’offerta del Cavaliere, difficile dicano di sì a quella di ‘Gnazio.
Anche perchè in ballo ci sono liste, cariche e risorse.
Berlusconi, che ha pilotato la scissione di La Russa, non vuole assolutamente un secondo partito di centrodestra: i suoi sondaggi dicono che la Russa, Storace, Meloni e Crosetti potrebbero valere oltre il 4%.
Ma se la Meloni non ci sta si rischia un bagno.
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Dicembre 19th, 2012 Riccardo Fucile
IL PREMIER VEDE ANCHE CESA, MONTEZEMOLO E RICCARDI
«Monti ha già deciso. Il suo futuro è per il bene del Paese, ma aspetta a comunicare i suoi intendimenti la fine della legislatura e lo scioglimento delle Camere».
Il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini sintetizza così l’incontro appena tenuto a palazzo Chigi con il premier Mario Monti.
E con una battuta : «Estote Parati», il leader Udc risponde all’invito del capo dello Stato ad accelerare l’approvazione delle leggi di Stabilità e sull’Ilva in vista del voto. Con lui da Monti, c’erano anche il fondatore di Italia Futura, Luca Cordero di Montezemolo, il ministro Andrea Riccardi e il segretario centrista, Lorenzo Cesa.
Anche Schifani sembra far intuire che il Premier ha intenzione di proseguire «Penso che qualcosa nel nome di Monti ci sarà – dice il presidente del Senato – Non posso sapere, perchè questo lo deciderà il Professore, se lui scenderà in campo proprio facendosi indicare, ai sensi dell’attuale legge elettorale, come leader della coalizione o meno».
IL FUTURO DEL PREMIER
Al centro della riunione tenutasi tra Monti, Casini e gli altri centristi, il futuro dell’area di centro e, naturalmente, il ruolo dell’attuale premier in questa prospettiva.
«Tanti non vogliono che non scenda in campo Monti – ha detto Casini -. Soprattutto chi è già in campo. Mi metto nei loro panni. Ma c’è una grande fetta di italiani che, nonostante i grandi sacrifici affrontati, sanno che Monti è l’unica scelta di serietà per l’Italia, mentre dall’altra parte ci sono le buffonate del passate e le incognite di una sinistra legata a forze estremiste».
Intanto il presidente del Consiglio ha deciso di rinviare la tradizionale conferenza stampa di fine anno inizialmente prevista per il 21 dicembre.
Una decisione che potrebbe essere legata alla mancata approvazione della legge di stabilità , legata ai tentennamenti del Pdl.
FEDERAZIONE
Sul tavolo resta dunque il ruolo del Professore.
A questo lavorano i promotori dell’iniziativa «Rimontiamo l’Italia», prevista per giovedì.
Un progetto «aperto» alla partecipazione di esponenti che partecipano al percorso di «Verso la Terza Repubblica» (la formazione ispirata da Montezemolo).
Che ha anche aperto una raccolta di firme via web per formare le liste del movimento. Ad aprire i lavori del convegno aranno il capogruppo di Fli alla Camera, Benedetto della Vedova, quello dell’Udc Gianluca Galletti e Linda Lanzillotta, deputata ex Api, ora al gruppo misto.
Presenti Casini e Fini che , però, non interverranno.
(da “il Corriere della Sera“)
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Dicembre 19th, 2012 Riccardo Fucile
LISTE FEDERATE MA SEPARATE ALLA CAMERA, LISTONE UNICO AL SENATO PER SUPERARE LO SBARRAMENTO
L’attesa è durata a lungo, ma alla fine il dado è tratto: la lista di Verso la Terza Repubblica, con nome e simbolo ancora da decidere, sarà annunciata probabilmente già oggi pomeriggio con una conferenza stampa.
Gli ultimi dubbi sulla tempistica riguardano solo le difficoltà , per logistica e impegni, a riunire i cinque leader principali dell’agglomerato della società civile. Ma, se anche dovesse slittare, la volontà è quella di uscire allo scoperto in fretta, offrendo quindi tutto il supporto politico ed elettorale a Mario Monti, nel caso e nei modi in cui deciderà di scendere in campo.
Luca Cordero di Montezemolo è ancora a Maranello ma sta tessendo i fili per riuscire a dare l’annuncio della discesa in campo del suo movimento, Italia Futura, insieme ad Andrea Riccardi, Andrea Olivero, Lorenzo Dellai e Raffaele Bonanni.
La mossa, in un quadro ancora tutto in evoluzione, prevede la nascita di una delle liste di quella che potrebbe essere la coalizione «Per Monti premier».
Parallelamente, alla Camera si dovrebbe presentare una lista dell’Udc.
Si parla anche (senza conferme) di una lista civica ispirata dallo stesso premier, nella quale potrebbero trovare ospitalità anche alcuni degli attuali ministri.
Più remota l’ipotesi che si formi una lista di fuoriusciti dal Pdl.
Altro scenario al Senato, dove Pier Ferdinando Casini ha annunciato che ci sarà un listone unico, che potrebbe chiamarsi «Italia per Monti».
Un modo per evitare il rischio di non superare le soglie di sbarramento in tutte le Regioni.
Anche se si pone il problema di alcuni politici di lungo corso, poco graditi alla società civile: è il caso di Gianfranco Fini, contestato da Olivero.
Domani al Centro congressi Roma Eventi si terrà «Rimontiamo l’Italia 2013 – Il lavoro continua», l’iniziativa promossa da Benedetto Della Vedova (Fli), Gian Luca Galletti (Udc) e Linda Lanzillotta (ex Api).
Una chiamata a raccolta di quanti «non vogliono archiviare Monti e l’agenda Monti come una parentesi».
Ieri invece è stato Ernesto Auci – presidente di Indipendenti per l’Italia, gruppo che ha aderito a Verso la Terza Repubblica – a convocare un gruppo di centristi montiani.
Tra loro l’ex presidente di Confindustria Luigi Abete.
Che non apprezza l’idea di Silvio Berlusconi di eliminare l’Imu: «Toglierlo sarebbe un errore dal punto di vista economico, ma sarebbe discutibile anche dal punto di visto morale».
Abete chiede che «si parli anche delle parole tabù: «Io sono favorevole a una patrimoniale a bassa intensità . E anche l’Iva non può essere una parola tabù».
Ed è ottimista: «Sia che si formi un governo centrista presieduto da Monti, sia che ci sia un governo di centrosinistra con Bersani premier, ci sarà continuità sul risanamento dell’economia». Andrea Romano (Italia Futura) non è d’accordo: «Non sono così sicuro che si possa stare tranquilli.
Da una parte c’è il populismo di Berlusconi, ma dall’altra la sinistra ha riscoperto alcuni idoli del passato, dallo Stato alle tasse. Per questo occorre dare un fondamento elettorale e politico
Alessandro Trocino
(da “il Corriere della Sera“)
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Dicembre 19th, 2012 Riccardo Fucile
CINQUE INVECE AI VELTRONIANI… IL 60% DEI PARLAMENTARI NON VERRRA’ RICANDIDATO
Nella sala del gruppo del Pd alla Camera Pier Luigi Bersani fa il suo discorso di commiato ai deputati: «Vi ringrazio per quello che avete fatto».
Dal fondo si leva una voce: «Te ne sei ricordato tardi!».
Un po’ di brusio, poi scende nuovamente il silenzio.
I parlamentari del Pd hanno l’aria sperduta di chi si sente congedato e vede allontanarsi il seggio: il 60 per cento dei presenti non tornerà a Montecitorio.
Nel Transatlantico c’è chi trema e chi spera.
Corre voce che Renzi non riuscirà a ottenere più di dieci persone nella quota dei «garantiti», dopo un lungo incontro riservato con Vasco Errani, nei panni dell’ambasciatore di Bersani e del mediatore.
Tra di loro dovrebbero esserci Realacci e Gentiloni.
A Veltroni invece andrebbero 4 deputati (ma solo quelli che hanno appoggiato Bersani) e un senatore, Giorgio Tonini, che invece ha votato per il sindaco di Firenze.
Intanto, mentre il presidente dell’associazione delle vittime del 2 agosto, Paolo Bolognesi, annuncia che si presenterà alle primarie, Chiara Geloni, direttore di Youdem, gela le speranze di Paola Concia e Roberto Giachetti, annunciando su Facebook che non sono nella quota dei nominati.
Eppure per la deputata omosessuale del Pd si sono mossi in molti.
Sulla Rete i gay hanno chiesto al partito di candidarla. E il presidente di Equality, Aurelio Mancuso, anche lui iscritto al Pd, lancia un appello perchè venga riconfermata in nome delle sue battaglie che con la nascita del governo di centrosinistra potrebbero finalmente essere portate a compimento.
Persino il presidente della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, l’ha chiamata per esprimerle il suo rammarico e il suo stupore.
Ma non tutto è perduto, perchè la questione della rappresentanza degli omosessuali nelle file del Pd è questione importante.
Giachetti, invece, ha deciso di buttarsi nelle primarie con un appello autoironico che comincia così: «Ho 51 anni, due figli…».
Il deputato renziano a Roma può contare sull’aiuto del comitato Gentiloni e dei radicali. Certo, le primarie sono una sfida difficile.
A Roma e nel Lazio soprattutto, dove i consiglieri regionali hanno intenzione di scendere in campo con i loro pacchetti di voti e di tessere.
Già , perchè i consiglieri in questione non possono ricandidarsi alla Regione per motivi di opportunità , visti i recenti scandali, e sono invece ritenuti idonei per il Parlamento.
Anche nel resto dell’Italia la situazione è tutt’altro che rosea per chi vorrà tentare le primarie, perchè quasi dappertutto si presenteranno i segretari regionali e provinciali, che hanno dalla loro la macchina dell’apparato.
L’altro ieri Piero Fassino in Direzione aveva messo in guardia il Pd da questa deriva: «Non voglio dire che uno debba fare come i segretari di federazione dei miei tempi, che si dedicavano per intero al loro lavoro, ma…».
Quel «ma» è caduto nel vuoto.
Alla Camera e al Senato, nella prossima legislatura, vi saranno molti «apparatchik» del Pd.
Anche chi ha avuto la deroga dovrà affrontare le primarie, a meno che non gli venga affidato il posto di capolista: in questo caso entrerà tra i «garantiti».
Anna Finocchiaro si dice pronta alla sfida.
Rosy Bindi pensa a dove candidarsi perchè nella sua Toscana a prevalenza renziana è difficile che la spunti.
Franco Marini è il più tranquillo di tutti e spiega: «Mi ricandido perchè credo di poter aiutare il Pd a restare sulla buona strada. Un partito riformista in Italia deve avere una significativa presenza della cultura cattolica sociale, altrimenti perde la sua capacità di presa, e io ho l’ambizione di avere ancora un ruolo importante su questo fronte».
(da “il Corriere della Sera“)
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Dicembre 19th, 2012 Riccardo Fucile
PRESSING SU BERSANI PER ENTRARE TRA I 120 GARANTITI
A Bersani la lettura dei giornali della mattina è andata di traverso e come a lui anche a tutto il vertice del partito: e il motivo di tutta questa irritazione è la mancanza di par condicio. «Siamo gli unici a fare una cosa che non si è mai fatta nè in Italia nè in Europa», fa notare stizzito il leader Pd.
«Gradiremmo essere seguiti con un po’ di simpatia, visto che stiamo facendo democrazia. Si chiedesse agli altri cosa intendono fare».
Ma a logorare la pazienza del vertice del partito in realtà è l’assalto al «listone bloccato» di 120 persone, che sarà deciso dal segretario in tandem con le direzioni provinciali e con i capicorrente.
Un buon numero di candidati sicuri saranno personalità della società civile e già impazza il toto-nomi: spunta quello di Josefa Idem, la canoista olimpionica, dal 2009 responsabile sport del Pd emiliano; di economisti come Massimo D’Antoni, Paolo Guerrieri, Emilio Barucci, il figlio dell’ex ministro Piero.
Quotazioni alte per lo storico Miguel Gotor, stretto collaboratore del leader e il politologo Carlo Galli.
Ma la rosa lieviterà di ora in ora e Bersani è pressato da più fronti.
Il listone ospiterà una ventina di capilista, nomi in grado di trainare consensi nelle regioni, da Franceschini, a Letta e via dicendo.
Questi verranno decisi entro sabato e non correranno alle primarie; gli altri 27 capilista saranno scelti tra i primi vincitori delle primarie nei vari territori.
Fatto sta che molti degli uscenti vanno in pressing sui maggiorenti sperando di esser infilati nel recinto protetto.
Perfino un ambientalista noto come Ermete Realacci non farà le primarie «perchè con questi tempi ristretti vince chi controlla partito e preferenze: se avessi un mese mi cimenterei ovunque. Ma mi auguro di esser inserito nel listone insieme ad altri esponenti renziani».
Ma i posti scarseggiano, l’elenco dei pretendenti si allunga e già c’è chi prevede che in quota Renzi non ne entreranno più di 10, e solo 5 per le altre correnti di minoranza.
Ma sono i peones i più agitati: in camera caritatis un alto dirigente Pd ammette, «meno male che tra dieci giorni è tutto finito perchè sarà un ecatombe».
E basta farsi un giro alla Camera per vedere l’ala sinistra del Transatlantico ridotta ad un’alveare impazzito: drappelli col cellulare all’orecchio, capannelli con voci concitate, calcoli sui numeri di preferenze necessarie in ogni collegio, lotte fratricide obbligate per strappare un posto al sole, che nessuno vuole ingaggiare:
«A Prato – racconta il franceschiniano Antonello Giacomelli – verrà eletto un deputato e siamo in due uscenti, io e Lulli. Ma non ci faremo mai la guerra in casa dove ci conoscono tutti e quindi uno dei due rinuncerà ».
Un altro deputato cinquantenne, il pugliese Gero Grassi, ha la voce roca per le troppe telefonate: «Ecco, ho qui l’elenco, 600 nomi della mia provincia, Bari, li ho chiamati tutti in due giorni e non è finita. A ognuno devi spiegare il perchè dell’Imu, cosa intendi fare per il figlio disoccupato e via dicendo. Per me che ho sempre curato il rapporto con il collegio è una prassi normale, ma li dovrò richiamare tutti a Natale».
E non è chiaro se i veterani che hanno avuto la deroga dovranno davvero cimentarsi con le primarie: probabile che alcuni di loro finiranno nel listone come capilista, creando altri malumori…
Carlo Bertini
(da “la Stampa“)
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Dicembre 19th, 2012 Riccardo Fucile
LA STRATEGIA DEL CAVALIERE PER TENTARE UNA RISALITA
«Una settimana o due» per permettere a Silvio Berlusconi di occupare il più possibile la scena televisiva.
Per cercare di smussare le asperità ancora molto consistenti con la Lega.
Per comporre le liste, impresa improba allo stato, visto che il quadro generale è – ammettono da via dell’Umiltà – «totalmente confuso».
Tanto più dopo le ultime dichiarazioni di Berlusconi, che sembrano mettere una pietra tombale su un ipotetico accordo tra Monti e il Pdl che lo avrebbe visto, ne è convinto, escluso, appartato, limitato.
Così, al di là dei tecnicismi, o dell’iniziale schermo sulla necessità di avere più tempo per varare la legge di Stabilità , la richiesta ufficiale del Pdl nonchè di Berlusconi di votare non il 17 febbraio ma il 24 o il 3 marzo ha ragioni molto chiare e concrete.
«Non si vede perchè per la fretta del Pd si debba tutti arrivare a fare le liste nel caos più totale. Ma che senso ha? Una settimana in più è doverosa», dice Fabrizio Cicchitto dopo una riunione al partito in cui si è convenuto che, per ragioni tecniche e di opportunità , non si può davvero fare diversamente: «E se il presidente Napolitano ha in programma qualche viaggio, lo sposterà …», dice arrabbiato uno dei partecipanti al vertice.
Perchè la verità è che, con scissioni annunciate e per ora realizzate solo a metà , con l’ipotesi Monti che aleggia ma che non si concretizza ancora in un’offerta politica, con Berlusconi convinto che la vittoria dipenda dal numero di ore di occupazione della tivù, anche una settimana può fare la differenza per un partito in assoluta ricerca di identità e sempre più in balìa degli eventi
Nell’attesa che Monti pronunci parole definitive, Berlusconi torna – dichiarazione dopo dichiarazione – a occupare la scena con una campagna dura sull’Europa a trazione tedesca, con una sfida al Ppe che ha quasi i contorni della presa in giro, con una serie di paletti che rendono pressochè impossibile l’incontro con il Professore, al di là della sfuriata finale contro Casini che gli fa addirittura ritirare l’appoggio a Monti: dal suo ruolo personale di «trainatore» del Pdl alla necessità che la Lega «faccia parte della federazione dei moderati».
Condizioni che sembrano orientate a far saltare, prima ancora che possa anche solo delinearsi, il patto federativo del centrodestra.
E questo anche perchè Berlusconi ha ben chiaro che, nei colloqui indiretti di questi giorni, Monti ai suoi sostenitori del Pdl ha detto che con un partito dominato da Berlusconi lui non può in ogni caso allearsi, mentre sarebbe gradito l’arrivo, in ordine sparso o in gruppo organizzato, di fuoriusciti dal partito del Cavaliere.
Avvertimenti che non sembrano spaventare l’ex premier: «Io vado avanti, chi ci vuole stare ci sta, gli altri facciano quello che vogliono. Io guadagno 3 punti a settimana, Monti con una sua lista centrista non ha appeal sugli italiani», dice in queste ore sondaggi alla mano.
Che faranno dunque i filomontiani del Pdl?
Nelle concitate riunioni in via dell’Umiltà si confrontano posizioni diverse.
Per un Mario Mauro o un Franco Frattini fino a ieri sera più tentati che decisi a passare con il Professore, con o senza il Pdl, il gruppo di Alemanno e Augello, Quagliariello, Sacconi, Lupi, Cicchitto, Gasparri e sicuramente Alfano resistevano sulla linea del «o entriamo tutti, con tutto il partito, o non entra nessuno».
Anche perchè, a poche settimane dalle elezioni «un’operazione di distacco da Berlusconi non è credibile da costruire», perchè «Berlusconi sa quello che fa, stiamo salendo nei sondaggi, con l’alleanza con la Lega possiamo rendere impossibile la vittoria al Senato del Pd», perchè «adesso quello che c’è da fare è tenere unita la nostra area e difenderci nelle candidature, visto che il peso elettorale ciascuno di noi ce l’ha. Il resto si vedrà nel prossimo Parlamento».
Si vedrà nei prossimi giorni l’evoluzione di quella che uno dei moderati del Pdl definisce «un’uscita non prevista di Berlusconi che è un tragico errore».
Come si vedrà che accadrà a destra, visto che a ieri sera nemmeno la scissione di La Russa con il suo Centrodestra nazionale aveva ancora un’identità precisa.
Non è chiaro infatti se Giorgia Meloni e Guido Crosetto si aggiungeranno alla neonata creatura, dopo aver incontrato ieri sera Berlusconi.
«A questo punto – prevede un big di via dell’Umiltà – con la linea filomontiana in ribasso, potrebbero rimanere». Mentre va avanti La Russa, forse per unire le forze con Storace, forse per giocare una difficile sfida tra due partiti di destra in competizione.
Paola Di Caro
(da “il Corriere della Sera”)
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Dicembre 19th, 2012 Riccardo Fucile
CONVENTION SEPARATE… I DEMOCRATICI FRENANO SU UN ACCORDO PER IL SENATO
Il plenum del Csm deciderà oggi sulla richiesta di aspettativa da parte di Antonio Ingroia per “motivi elettorali”, ma la quarta commissione, ieri, ha già dato il via libera.
Un sì scontato che apre al procuratore aggiunto di Palermo ora in Guatemala per un incarico Onu — le porte delle prossime elezioni politiche a capo del movimento arancione.
Peccato che il progetto non sia ancora nato, che già emergono divisioni e incertezze non da poco.
La prima: Ingroia continua a dire di non aver ancora deciso, nonostante sia il primo firmatario del manifesto “Io ci sto” insieme a Luigi De Magistris, Leoluca Orlando e il pdci Orazio Licandro.
La seconda: ieri il sindaco di Napoli ha chiarito che il Movimento Arancione è disponibile ad aprire un dialogo con il Pd se il segretario Bersani «avanzerà proposte di cambiamento come detto nella campagna per le primarie».
Questo però non è il disegno di buona parte di quello che doveva essere il movimento, che ancora si definisce come quarto polo: i professori dell’associazione Alba, Paul Ginsborg, Luciano Gallino, Marco Revelli, Livio Pepino (che per questo avrebbe addirittura litigato con l’amico Ingroia: «Ma come, ti corteggiamo da mesi e tu dici sì a quelli che vogliono andare col Pd?»), Paolo Ferrero di Rifondazione comunista. Fatto sta che il manifesto “Io ci sto” è stato delineato — con la complicità di Di Pietro — proprio per venire incontro ai democratici, e che nella stessa ottica va vista la lettera aperta a Bersani scritta nei giorni scorsi proprio da Ingroia su Micromega: lettera in cui il pm diceva di augurarsi una vittoria del segretario pd sottoponendo alcune condizioni.
Siamo alla quarta incertezza, che più che altro è una spaccatura: i sostenitori di “Io ci sto” si riuniranno con Ingroia venerdì al teatro Capranica di Roma.
L’assemblea di “Cambiare si può” (il nucleo originario, con Alba e Rifondazione) si terrà il giorno dopo.
Prenderanno strade diverse?
Quel che è certo, è che Oliviero Diliberto sta lavorando per tentare un’intesa col Pd già prima delle elezioni, magari un accordo tecnico al Senato che consentirebbe di temere meno lo sbarramento.
I democratici però frenano: «Abbiamo fatto le nostre scelte — dicono al secondo piano del Nazareno — le primarie hanno legittimato una coalizione, non è il caso di ridiscuterla adesso».
Annalisa Cuzzocrea
(da “La Repubblica“)
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Dicembre 19th, 2012 Riccardo Fucile
TARANTOLA: LA PAR CONDICIO ARRIVA TARDI
Rai in allarme per l’invasione della tv pubblica da parte dei politici in campagna elettorale.
Tanto che il presidente Anna Maria Tarantola e il Direttore generale Luigi Gubitosi scrivono al presidente della Vigilanza, Sergio Zavoli, per chiedere come comportarsi nelle prossime due settimane, ovvero prima che entri in vigore la par condicio.
Ammesso che il Parlamento faccia in tempo ad approvarla visto che i lavori della Vigilanza vanno a rilento.
Dunque la Rai potrebbe vivere la prima fase della campagna elettorale senza par condicio.
Per la gioia di Berlusconi, che ieri è tornato ad attaccare le regole sulle presenze in tv e ha ammesso di volere un rinvio delle elezioni per inondare quanto possibile il piccolo schermo.
Si muove invece l’Autority per le comunicazioni, che domani sfornerà il regolamento che indice la par condicio per le reti private come Mediaset.
Le regole sulla presenza in tv dei politici scattano con l’indizione dei comizi, ovvero il 3 o il 10 gennaio a seconda che si voti il 17 o il 24 febbraio.
Ma le due (o tre) settimane che mancano all’inizio ufficiale della campagna elettorale rappresentano una “zona grigia” piena di rischi per il pluralismo dell’informazione politica.
Come dimostra l’esondante Berlusconi che dilaga con il Tg5 che costruisce un servizio sui “successi” del suo governo, il Tg4 che tracima con l’integrale della presentazione integrale da parte del Cavaliere del libro di Vespa.
E poi la telefonata a Belpietro, “l’intervista” con Barbara D’Urso, la presenza a Quinta Colonna e infine lo show del Cavaliere di ieri sera a Porta a Porta.
La Tarantola e Gubitosi dunque scrivono a Zavoli: «Nell’attuale e delicata fase politico-istituzionale emerge l’esigenza di garantire il pluralismo informativo e limitare al massimo forme di soggettività che possono provocare polemiche e dissapori tra le forze politiche. È nostro obiettivo che la Rai dia prova di assoluta equidistanza, imparzialità e correttezza». Per questi chiedono «specifiche indicazione da parte della Commissione Parlamentare (la Vigilanza Rai, ndr) nell’attuale periodo antecedente la par condicio»
La richiesta plana nella riunione di ieri della presidenza della Vigilanza. Zavoli non c’è, ancora fuori gioco per la violenta rapina subita quindici giorni fa.
E i rappresentanti dei partiti in vigilanza se ne lavano le mani grazie al centrodestra: «Quando si parla di televisione e Berlusconi è impossibile trovare un accordo», racconta chi ha partecipato alla seduta.
E così la proposta di risposta da inviare ai vertici Rai è blanda: «Uniformatevi ai criteri di obiettività con il maggior rigore possibile», è il sunto.
Ma la Vigilanza grazie a Lega e Pdl rischia di farla grossa.
Nella riunione di ieri quelli del Carroccio, guidati da Caparini, appoggiati dai fedelissimi del Cavaliere (per il Pdl c’era Lainati) hanno chiesto un rinvio della discussione sulla par condicio. Fatto sta che la Vigilanza rischia di non sfornare il regolamento sulla presenza dei politici in Rai in tempo per l’avvio ufficiale della campagna elettorale.
Tanto che il centrista Roberto Rai chiederà ai colleghi di lavorare durante le vacanze di Natale per farsi trovare pronti all’appuntamento.
Di televisioni private invece si occupa l’Agcom.
L’Autorità domani, come previsto dalla sua agenda, approverà il suo regolamento sulla par condicio.
Non sono previste sorprese, con un periodo iniziale che assicurerà un equilibrio di presenze tra i partiti rappresentati in Parlamento e un secondo in cui saranno regolamentate anche le liste che non siedono alle Camere.
Ma nell’Authority in molti riconoscono che Berlusconi sta «sfruttando » il periodo pre elettorale per invadere la tv.
Al momento reazioni non sono in agenda. Ma si ricorda che dal 2006 è in vigore una delibera che introduce la “par condicio non elettorale”, un periodo di trenta giorni che precede l’avvio della campagna elettorale con regole ordinarie “rinforzate”.
In virtù di questa regola l’Agcom, potrebbe farlo già domani, verificherà gli spazi televisivi dei singoli politici.
Con la possibilità di sanzionare le presenze di Berlusconi e di imporre un riequilibrio a Mediaset.
Alberto D’Argenio
(da “La Repubblica“)
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Dicembre 19th, 2012 Riccardo Fucile
QUATTRO LISTE: UDC, FLI, TRANSFUGHI DEL PDL, MONTIANI DOC CON MONTEZEMOLO E VARI MINISTRI: CON MONTI CAPO POLITICO DELLA COALIZIONE
Il Professore ha parlato con diversi esponenti del costituendo “blocco di centro”.
Ne ha saggiato le intenzioni e le disponibilità . Ha visto Franco Frattini, ha parlato con Luca Cordero di Montezemolo che oggi incontrerà di persona e ha iniziato a stendere i primi passaggi della “piattaforma” programmatica con la quale dare il via all’operazione-candidatura.
Una svolta che ora contempla la possibilità di dar vita ad una “Federazione” di partiti e forze politiche centriste.
Quattro liste così suddivise: quella dell’Udc, quella di Fli, quella dei fuggitivi del Pdl (Frattini e Pisanu) e quella strettamente “montiana” con il presidente della Ferrari, alcuni ministri “tecnici” come Riccardi e Passera e solo esponenti della società civile. Il tutto racchiuso in una coalizione il cui “capo politico” – come prevede la legge elettorale – sarebbe dunque il presidente del consiglio.
rto i dettagli sono ancora da definire.
Non è infatti ancora esclusa l’ipotesi della “Lista unica”.
Sta di fatto che il ragionamento ascoltato da tutti gli interlocutori del Professore è stato ieri per la prima volta piuttosto netto. «Non cadrò nella tentazione di restare fermo perchè mi pongo il problema morale di dare un contributo al Paese anche se dovrò pagare in termini personali».
Il premier teme infatti di dover affrontare gli attacchi del Pdl. La propaganda televisiva di Berlusconi che è già scattata negli ultimi giorni.
Ma anche il nervosismo di una parte del Pd. Che in queste settimane ha sempre suggerito di mantenere una linea di neutralità .
Eppure la linea del confronto con il segretario democratico, Pierluigi Bersani, non si è affatto interrotta.
Entro venerdì ci dovrebbe essere un altro lungo faccia a faccia tra i due per mettere sul tavolo tutte le opzioni e per tentare una strada “concordata”.
«Noi – gli aveva detto il leader pd l’altro ieri – siamo obbligati a parlarci. Per il presente e per il futuro».
Nella stessa occasione ha fatto notare come i ruoli possano essere complementari.
«Tu rassicuri i mercati e Bruxelles, io posso garantire sul piano sociale i sindacati». E in effetti “Mario e Pierluigi” sembrano comunque destinati a organizzare un percorso comune in una qualche forma.
Sempre lunedì scorso, il capo dei democratici lo aveva invitato a «non dare il nome» alle liste che si formeranno al centro.
Ma la questione è rimasta in sospeso.
E del resto che ci sia la necessità di un nuovo colloquio, lo prova il fatto che la sintonia non è totale anche se il rapporto personale non si è incrinato.
Non a caso il segretario continua a ritenere che l’alleanza con i moderati non sarà eludibile.
Nei suoi progetti il dopo-voto vedrà come prima tappa il dialogo con i centristi. «Tra prendere alle elezioni il 51% o il 49% – spiega Bersani – io preferisco il 49%. Non voglio avere la “tentazione” di fare tutto da solo».
Ora, però, il disegno di Monti sta assumendo un profilo un po’ diverso rispetto a quello immaginato dai democratici.
Secondo i vertici di Largo del Nazareno rischia di connotarsi come una sfida diretta. Che può compromettere le future alleanze e assegnare un diverso equilibrio istituzionale.
Un chiaro riferimento all’elezione del prossimo presidente della Repubblica prevista per il prossimo aprile.
Sebbene, ai piani alti di Palazzo Chigi, molti fanno notare che nella “corsa” verso il Quirinale troppe volte «chi è entrato Papa è uscito cardinale».
Tant’è che nei contatti che ieri ha avuto Monti, l’ipotesi di utilizzare la formula “Per Monti” – quella sconsigliata da Bersani – ha accompagnato tutte le riflessioni.
Che si presenti una “Lista unica” o si allestisca una “Federazione” di quattro movimenti, in ogni caso nei simboli figurerà quella scritta: “Per Monti”.
Una soluzione, del resto, che venne adottata in circostanze analoghe nel 1996 dal Ppi che inserì nel suo simbolo due parole “Per Prodi”.
Nelle ultime ore sta prendendo quota l’opzione federativa. Casini non sarebbe favorevole, preferirebbe la soluzione “unitaria”.
Ma per gli altri, a cominciare dal capo di ItaliaFutura si tratterebbe di un modo per evitare imbarazzi ai diversi protagonisti e per “pesarsi” nelle urne.
Basti pensare, ad esempio, che nei giorni scorsi è stato esplicito il veto montezemoliano nei confronti di Gianfranco Fini.
Casini quindi presenterebbe la sua Udc, il presidente della Camera il Fli, i trasfughi del Pdl una lista “montiana” che veda solo quelli come Frattini, Pisanu e Mauro che da tempo hanno dichiarato il loro addio a Berlusconi, e infine i “montiani doc”. Montezemolo (che dovrebbe essere capolista in tutte le circoscrizioni) e Riccardi, Passera e Olivero.
Neanche un politico al loro interno al punto che non sanno come “recuperare” Nicola Rossi, senatore ex Pd.
Di tutto questo proprio Montezemolo parlerà oggi a Roma con il Professore.
Un incontro fissato per studiare le prossime mosse in vista dell’annuncio definitivo che potrebbe esserci domenica prossima: dopo le dimissioni (venerdì) e lo scioglimento delle Camere (sabato).
Anche se potrebbero esserci dei ritardi se dovesse slittare l’approvazione della Legge di Stabilità o se venisse richiesto a gran voce un “passaggio” in Parlamento del governo per verificare l’esistenza o meno di una maggioranza prima di interrompere la legislatura.
Di sicuro l’intera operazione si costruisce su una vera propria “conditio sine qua non”: Berlusconi e i berlusconiani che non si sono pentiti per tempo devono rimanere fuori. Basti pensare che la piattaforma programmatica in gestazione prevede almeno tre punti che connotano il documento in chiave “anti-Cavaliere”. Non solo.
È prevista anche una sorta di “clausola anti-Brunetta” in base alla quale gli esponenti del “Nuovo centro” dovranno impegnarsi a non attaccare i paesi europei (a cominciare dalla Germania), difendere l’euro e tutelare l’Ue.
Che i tempi della discesa in campo siano comunque ormai stretti, lo conferma anche l’ultimo colloquio che c’è stato con il presidente della Repubblica.
Nei giorni scorsi le tensioni non sono mancate e il premier ha cercato di ricomporre tutti i dissidi.
E forse diradare le ombre sul decreto “taglia-firme” per presentare le liste con l’assicurazione che nessuno formerà una “componente politica” nei gruppi misti di Camera e Senato per evitare di raccogliere le sottoscrizione al momento di depositare il simbolo “Per Monti”.
Claudio Tito
(da “La Repubblica“)
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