Dicembre 12th, 2012 Riccardo Fucile
IL NEW YORK TIMES: “BERLUSCONI, SPUDORATO OPPORTUNISTA”
«Il precedente governo ha lasciato moltissimo da fare» dopo le critiche di Berlusoni , Monti passa al contrattacco.
Con l’appoggio di Berlino.
Innanzitutto, la cancelliera Merkel ha dichiarato a chiare lettere il suo sostegno: «appoggiamo le riforme lanciate dal governo, che hanno consentito un ritorno della fiducia degli investitori nell’Italia.
Più tardi ha rilanciato il ministro delle finanze Wolfgang Schaeuble: con Monti «l’Italia ha fatto grandi progressi, che non abbiamo visto con il suo predecessore». Mentre il New York Times ha qualificato il ritorno di Berlusconi come una prova di :«spudorato opportunismo»
PRUDENZA PRIMA DI PARLARE
«Prudenza prima di parlare di riforme inefficaci» aveva chiesto Mario Monti, presenziando a un convegno dell’Anfia (Associazione nazionale fra industrie automobilistiche).
Dicendo inoltre che sarebbe stato un peccato se si fosse dato un giudizio «ipersemplificato» sugli effetti che queste hanno avuto.
Poi la bordata: durante il precedente governo, delle riforme sono state fatte «ma lasciando moltissimo da fare».
Per questo, ha detto, chiunque vincerà alle elezioni dovrà cercare di dar seguito a quanto avviato. «Paradossalmente interrompere una riforma prima che possa aver dato i propri frutti è perfino peggio che non fare la riforma» avverte l’attuale premier.
L’AGGETTIVO «ITALIANO»
In clima di europeismo contrapposto a rigurgiti di populismo, il convegno è stato anche un’occasione per Monti di rivendicare l’orgoglio italiano.
«Noi tutti siamo corresponsabili dell’andamento delle quotazioni dell’aggettivo “italiano”» ha detto il premier.
E per illustrare il suo pensiero, ha usato il secondo aneddoto in due giorni tratto dalla sua vita personale (martedì aveva raccontato del nipotino-spread: guarda).
«Quando fui nominato commissario europeo, Berlusconi mi disse di andare a parlare con l’allora presidente della Commissione Jacques Santer – ha raccontato Monti -. Chiamai poi il presidente Berlusconi che mi rispose: “So già tutto perchè il presidente Santer mi ha telefonato subito”».
«Santer gli aveva detto: “Molto bene quel professor Monti che mi hai mandato, non sembra neanche un italiano” – ha continuato il premier – . Ricordo con assoluta condivisione l’indignazione espressa da Berlusconi nel sentire un politico europeo pronunciarsi in questo modo. Pensai fosse una ragione in più per impegnarmi molto per cercare di smentire parola per parola quello che era stato detto».
(da “il Corriere della Sera”)
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Dicembre 12th, 2012 Riccardo Fucile
MA C’E’ CHI NON ESCLUDE ALL’ULTIMO MOMENTO UN PASSO INDIETRO DI BERLUSCONI
Ruota attorno a pochi passaggi, delicatissimi, la sorte della ricandidatura di Berlusconi, del Pdl e dello stesso centrodestra.
E in ore di grandissima fibrillazione, il filo su cui tutti camminano è sottilissimo, e può spezzarsi da un momento all’altro.
Il Cavaliere nel giro di 48 ore si giocherà le sue carte, ma se tra queste ci sarà il poker d’assi è tutto da vedere.
La prima è il rapporto con la Lega: solo convincere Maroni (che ieri sera gli avrebbe chiesto di farsi da parte), a siglare un’alleanza con il Carroccio a livello nazionale darebbe all’ex premier la forza per proporsi come unico leader possibile della coalizione, o almeno per resistere agli assalti dei tanti nel Pdl che mirano a un suo passo indietro.
E lo fanno contando sulla contrarietà , esplosa ancora una volta in modo inequivocabile, degli ambienti internazionali, del Ppe, di gran parte del mondo cattolico alla sua ridiscesa in campo.
Per questo Berlusconi dovrà lanciare messaggi chiari e rassicuranti a quel mondo che gli è ostile – sull’Europa, sui rapporti con Germania e altri partner, sull’euro – come finora però si è ben guardato di fare.
Ecco allora che diventa importante il tipo di discorso che farà oggi alla presentazione del libro di Vespa: sarà «populista», come gli ha rimproverato ieri il capogruppo del Ppe Daul, di quelli che il Cavaliere è convinto servano per recuperare i voti, o sarà un’uscita più tranquilla sul solco di quell’«europeismo» che il Cavaliere giura di aver sempre onorato?
Sì perchè, anche in base a quello che comunicherà in queste ore e a come si muoverà la vasta area dei moderati del Pdl, sarà «giudicato» domani a Bruxelles, al vertice del Ppe.
Non è ancora scontata la sua partecipazione, anzi è in forte dubbio vista l’aria che tira. Se da quella sede dovesse arrivare una sorta di disconoscimento della sua ricandidatura e al contrario un endorsement verso Monti, allora chi oggi ancora nel Pdl è in attesa di uscire allo scoperto sulla scia dei temi e dei contenuti già esplicitati da Mario Mauro o con meno durezza ma altrettanta nettezza da Franco Frattini («Se Berlusconi fa campagna anti Ue mi ritiro») avrebbe l’occasione per farlo.
Infatti il malumore di big del partito come Frattini, come Formigoni e Mauro per l’area Cl, Alemanno, Augello, ma anche Sacconi, Quagliariello, Roccella, potrebbe a quel punto concretizzarsi in una presa di distanza pubblica che farebbe da preludio alla rottura con il Cavaliere con due obiettivi possibili: diventare (trascinando a questo punto anche il vertice del Pdl, da Alfano in giù) uno dei pezzi attraverso i quali si costruisce la coalizione di Monti, qualora scendesse in campo, oppure fare da «cordata» «cattolico-liberale-europeista» che porta al passo indietro di Berlusconi in favore di un ritorno del segretario alla premiership, il che favorirebbe almeno l’alleanza con la Lega.
Tutto è possibile e tutto è in movimento frenetico in un partito peraltro ulteriormente tramortito dall’annuncio (poi ammorbidito) di Berlusconi di voler fare piazza pulita dei parlamentari uscenti.
E anche se c’è chi descrive un Berlusconi «motivatissimo» ad andare avanti, molti assicurano che lo stesso ex premier potrebbe anche ritirare la sua candidatura se Monti scendesse in campo e se si rendesse conto che il suo partito, nella gran parte, non lo segue più.
Così si susseguono senza sosta i colloqui e i contatti.
Ieri sera Alfano, ancora molto segnato per la lite con Dell’Utri che secondo Miccichè dimostra come Berlusconi «con le sue mosse ha voluto far fuori il segretario», ha incontrato Berlusconi per chiedere garanzie sul partito e sulla linea politica europeista, altrimenti – gli ha fatto capire – tutto potrebbe succedere.
Oggi sarà Alemanno ad andare a palazzo Grazioli, mentre sono continui i contatti con gli ex an di La Russa e Gasparri che stanno lavorando al loro partito che potrebbe essere annunciato la prossima settimana, nelle prossime ore o mai.
Sì perchè oltre ai dubbi sulla fattibilità e la convenienza dell’operazione, a consigliare prudenza è un quadro generale in totale movimento.
Paola Di Caro
(da “il Corriere della Sera“)
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Dicembre 12th, 2012 Riccardo Fucile
FACCIA A FACCIA IERI SERA TRA IL CAVALIERE E IL SEGRETARIO DELLA LEGA 2.0
«Caro Silvio, nulla di personale. Però, se insisterai a voler essere il candidato premier, la Lega non potrà sostenerti. Perchè noi pensiamo che un deciso rinnovamento sia indispensabile». Così Roberto Maroni anticipa ai suoi il contenuto di quello che dirà («con chiarezza e anche una certa ruvidezza») a Silvio Berlusconi pochi minuti più tardi, una volta varcata la soglia di palazzo Grazioli dove i due si incontreranno per un summit che nasce tormentato.
Ma, alla fine, il dado è tratto. E la prospettiva di una rottura definitiva tra la Lega e il Pdl oggi è assai più concreta di ieri.
Sempre che – ma nel Carroccio questa è opinione comune – il Cavaliere non decida di farsi da parte.
Fino al tardo pomeriggio, il dubbio regna sovrano.
Al mattino, è stato lo stesso ex premier Silvio Berlusconi a dare le coordinate dell’incontro.
Le racconta a Maurizio Belpietro: «Mi vedo questa sera a cena con Maroni e parleremo dell’alleanza nazionale, degli impegni che ciascuno assumerà relativamente al programma da presentare agli italiani. Da questa possibilità di alleanza nazionale discenderà anche la possibilità di un’alleanza per le Regionali in Lombardia».
La conferma di un concetto già espresso: il segretario leghista vuole il sostegno del Pdl in Lombardia?
Garantisca l’alleanza anche a livello nazionale.
Una formula semplicissima: Maroni governatore, Berlusconi premier.
Tanto basta a scatenare i leghisti.
I capi si scambiano telefonate, Maroni parla con tutti. Ma per alcune ore il dubbio resta. Si incontrano. Non si incontrano.
Maroni non è neppure a Roma, ma a Lecco. Nel tardo pomeriggio il flusso delle voci cambia direzione.
Si incontrano sì, ma non per cena.
Si incontrano sì, ma soltanto per una chiacchierata volante. Senza impegno e senza decisioni definitive.
Come dire: poca o nessuna rilevanza.
Basterebbe la cronologia dei boatos intorno all’annunciato vertice tra Silvio Berlusconi e Roberto Maroni per dipingere il dilemma in cui si trovava la Lega prima di sciogliere il nodo più complicato: quello dell’alleanza, o meno, con il partner di sempre.
Ma il segretario leghista ha rotto gli indugi: la voce pressochè unitaria del movimento lo ha convinto
Si badi, non soltanto la base che imperversa con messaggi alla Padania e in via Bellerio. È lo stato maggiore del partito che non ne vuole sapere.
I veneti, in primo luogo, ma anche i lombardi. Gianpaolo Dozzo, il capogruppo alla Camera, lascia le cautele che di solito sono proprie del ruolo: «Se Berlusconi insiste a voler essere lui candidato sarà difficile. Se ci sarà qualche altro candidato premier si vedrà ».
Il punto è tutto lì. Fatte salve alcune obiezioni locali, il problema non è l’accordo con il Pdl.
Su quello, in fondo, le obiezioni sarebbero formali. La questione, qui, ha un nome e pure un cognome: Silvio Berlusconi.
Con il Pdl ci si può alleare anche a livello nazionale, purchè il candidato a Palazzo Chigi non sia l’inquilino di ieri e dell’altro ieri.
Maroni, raccontano i fedelissimi, se ne è convinto: «Berlusconi è un ostacolo che non posso superare» avrebbe detto.
«Tutto il movimento, in ogni sua componente territoriale, mi parla con una voce sola. Il sostegno a Berlusconi premier non siamo in grado di darlo».
Se non fossero bastate le voci del partito, a certificare il problema nei giorni scorsi sono arrivati anche i sondaggi.
Lombardi, dunque per il Carroccio quelli che contano: tra i suoi potenziali votanti come governatore, Maroni perde 20 (venti) punti qualora si presenti come sostenitore di Berlusconi premier.
Molti più di quelli che potrebbero arrivare da un generico accordo con il Pdl.
Un prezzo davvero troppo pesante. Soprattutto dopo che è ormai chiara un’altra cosa: Berlusconi non è in grado di persuadere Gabriele Albertini al ritiro dalla competizione.
Marco Cremonesi
(da “il Corriere della Sera“)
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Dicembre 12th, 2012 Riccardo Fucile
ALTRO CHE GENERALE DELL’ARMATA ROSSA: ALMENO NELLA RUSSIA DELLA GUERRA FREDDA FINGEVANO DI AVERE DEGLI ORGANISMI DI PARTITO E DI APPLICARE UNO STATUTO PER FAR FUORI I DISSIDENTI
Poche parole per mandare via Federica Salsi e Giovanni Favia dal Movimento 5 Stelle.
Sono arrivate questa mattina sul blog di Beppe Grillo.
Il leader del movimento scrive: “A Federica Salsi e Giovanni Favia è ritirato l’utilizzo del logo del MoVimento 5 Stelle. Li prego di astenersi per il futuro a qualificare la loro azione politica con riferimento al M5S o alla mia figura. Gli auguro di continuare la loro brillante attività di consiglieri.”
Proprio ieri Grillo aveva pubblicato un post nel quale minacciava di espellere chiunque avesse da ridire sulla democrazia interna e sulle primarie per i parlamentari. Decine di militanti avevano espresso il loro dissenso.
Pochi giorni fa, Federica Salsi ha chiesto spiegazioni a Grillo per i tre candidati al parlamento del movimento 5 stelle depennati a Bologna.
Il perchè delle esclusioni “non è così chiaro, almeno per quanto mi riguarda. Non so se altri abbiano informazioni più dettagliate”, aveva detto la consigliera comunale.
Stamane è arrivata la comica risposta del titotale del marchio di fabbrica.
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Dicembre 12th, 2012 Riccardo Fucile
DA UN LATO IL RICHIAMO A “UNO VALE UNO” E ALL’ASSEMBLEARISMO, DALL’ALTRO “UNO CHE DECIDE PER TUTTI”
Un intervento a gamba tesa contro i dissidenti. Uno sfogo che ha dato vita a un fiume di repliche e polemiche.
Beppe Grillo in video sul suo blog commenta le critiche – aumentate sull’onda delle Parlamentarie, con le polemiche su numeri e trasparenza – che stanno lacerando dall’interno il movimento.
E lo fa a suo modo: «Non venite a rompermi i coglioni sulla democrazia. Mi sto stufando. Mi sto arrabbiando seriamente».
E poi: «Abbiamo una battaglia, una guerra da qui alle elezioni. Finchè la guerra me la fanno i giornali, le tv, i nemici veri va bene, ma guerre dentro non ne voglio più. Se c’è chi reputa che io non sia democratico, che Casaleggio si tenga i soldi, che io sia disonesto, prende e va fuori dalle palle. Se ne va dal Movimento».
Parole dure, che mandano in tilt i militanti.
Il post di Grillo riceve in poche ore oltre 1.700 commenti.
I 5 Stelle si dividono tra chi appoggia il leader e chi vede nelle sue parole un gesto da dittatore.
Alcuni paragonano lo showman a Mussolini. C’è chi, come jac, scrive ironicamente: «Il Grillo è il nostro nuovo duce! Luce e gloria sulla sua figura di condottiero».
C’è chi vede nel capo politico un atteggiamento «berlusconiano», chi cita la comicità surreale di Maccio Capatonda.
Il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, si lascia andare a un lapidario «fantastico». Sarcastico l’ex idv Massimo Donadi: «Bell’esempio di democrazia».
I fedelissimi di Grillo si schierano compatti con lui. «Condivido pienamente», dice il consigliere regionale piemontese Davide Bono.
«Ci sta questa reazione: è sotto attacco tutti i giorni, in un momento in cui siamo in difficoltà per raccogliere le firme».
Sulla stessa lunghezza d’onda Stefano Ferrero, portavoce e candidato dei 5 Stelle in Val d’Aosta. «Ci voleva un intervento maschio, avrebbe dovuto farlo un mese fa. Creare spaccature in un momento di difficoltà a me puzza di sabotatori. Non è questione di democrazia, ma di rispetto per il lavoro dei gruppi sul territorio».
Il candidato valdostano poi, però, abbozza e sostiene che alcuni dissidenti abbiano «peccato d’ingenuità ».
D’accordo su toni e modi anche Vito Crimi, candidato al Senato in Lombardia, che ipotizza: «Ci sarà un fisiologico abbandono di qualche militante: quelli che si lamentano fanno sempre più rumore». Poi, analizza: «Non credo che Beppe si rivolgesse solo gruppo di ribelli storico dell’Emilia-Romagna: è una questione più generale».
Anche Giovanni Favia, che nel fuorionda di Piazza Pulita aveva lamentato per primo una mancanza di democrazia interna al movimento, prende posizione su Facebook: «Il movimento nasce per autogovernarsi, dal basso, senza “capibastone”, cittadini che rappresentano altri cittadini. Chi non condivide questi pochi e semplici principi, può andare altrove».
Poi argomenta: «La biodiversità di pensiero produce ottimi risultati, anche se il confronto costa fatica. La chiusura su se stessi funziona nel breve periodo, ma alla lunga genera mostri».
Più duro Valentino Tavolazzi: «Nel M5S la democrazia non è un optional. E non è negoziabile come contropartita del risultato elettorale». Intanto, Ivano Mazzacurati, l’escluso querelato da Gianroberto Casaleggio, dichiara a Servizio Pubblico: «Dopo la querela non so se voterò Grillo: se deve fare, come Berlusconi, il suo partito, allora no».
Emanuele Buzzi
(da “il Corriere della Sera”)
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Dicembre 12th, 2012 Riccardo Fucile
MERKEL: “GLI ELETTORI ITALIANI VOTERANNO IN MODO DI GARANTIRE CHE IL PAESE RESTI SUL GIUSTI CAMMINO”… PER IL PPE “E’ STATO UN GRAVE ERRORE FAR CADERE IL GOVERNO MONTI”
C’è timore sulla scena internazionale per le dimissioni di Mario Monti. E anche per i toni che Silvio Berlusconi ha impresso alla campagna elettorale non ancora iniziata. Da Berlino arriva un monito che non lascia spazio a fraintendimenti: il governo tedesco non intende immischiarsi negli affari interni italiani, ha detto il ministro degli Esteri Guido Westerwelle, “ma una cosa non accetteremo: che la Germania sia fatta oggetto di una campagna elettorale populista. Nè la Germania, nè l’Europa sono la causa delle attuali difficoltà che attraversa l’Italia”.
La cancelliera tedesca Angela Merkel entra invece nel merito degli sviluppi della situazione politica italiana, che sta suscitando preoccupazioni a livello europeo, e si dice “convinta che gli elettori italiani voteranno in modo tale da garantire che l’Italia resti sul cammino giusto”.
“Io sostengo quello che Mario Monti ha messo in campo per le riforme che hanno consentito un ritorno della fiducia degli investitori nell’Italia”, aggiunge Merkel.
Guai se Roma abbandonerà il corso risanatore impostato da Monti, se lo farà sarà in grave pericolo l’intera Europa, è il senso di quasi tutti i commenti che arrivano dalle istituzioni comunitarie e dai singoli Stati.
Westerwelle lo afferma chiaramente in un’intervista a Spiegel: “L’Italia non può adesso fermarsi e restare ferma dopo aver compiuto due terzi del processo di riforma. Ciò causerebbe nuove turbolenze non solo in Italia bensì nell’Europa intera”.
Critiche alla scelta del Pdl di accelerare la fine dell’esperienza del governo Monti. “E’ stato un grave errore far cadere il governo Monti”.
E’ la dura presa di posizione del Partito popolare europeo nei confronti della decisione del Pdl.
“Siamo molto preoccupati – dice Joseph Daul, capogruppo del Ppe al Parlamento europeo, in una conferenza stampa a Strasburgo – Per l’euro e per l’economia non ci possiamo permettere una politica spettacolo, serve una politica rigorosa”.
E anche il capo degli eurodeputati del Pdl Mario Mauro prende le distanze dal ritorno di Berlusconi sulla scena politica e dalla scelta di non sostenere più l’esecutivo dei tecnici: “Spero che a un momento di follia vera e propria segua un periodo di assunzione di responsabilità “.
Quanto all’ex premier, Mauro ha ricordato che “abbiamo idee diverse ma gli stessi elettori”: ecco perchè, secondo l’europarlamentare, è importante sottolineare che “per me il Pdl esiste se si riconosce, come previsto nel suo statuto, nei principi del Ppe”: se questo non è più vero, “allora non mi riconosco in quel partito”.
Un rigore che chiede anche l’Europa.
“Mario Monti è stato un grande premier e spero che le politiche che ha realizzato continueranno dopo le elezioni” perchè “non c’è alternativa ad avere conti pubblici solidi e una economia competitiva. Il prossimo governo non può fare diversamente”, commenta il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, sottolineando che “il consolidamento fiscale è una scelta inevitabile per paesi con un deficit o un debito elevato”.
Monti, aggiunge, “e il governo hanno svolto un ottimo lavoro. Hanno ripristinato la fiducia nell’Italia, il che è importante perchè siete centrali nell’Eurozona. E’ stato un aiuto molto rilevante nella difesa della stabilità collettiva”.
Anche oggi, come ieri, la stampa internazionale guarda con preoccupazione al ritiro di Monti e alla decisione dell’ex premier Silvio Berlusconi di scendere di nuovo in campo.
In linea di massima l’orientamento è unanime: Monti lascia, ma dovrebbe ripresentarsi.
Chi si espone di più è il Financial Times che con un editoriale invita espressamente il professore a candidarsi.
Monti, per il Financial Times, ha agito bene accelerando e scegliendo di dimettersi. Ora deve capitalizzare la sua esperienza.
“La sua presenza tra i candidati al voto darebbe agli elettori maggior scelta”.
Il Wall street journal scrive in italiano “ciao monti”, ma lascia intendere di augurarsi che si tratti di un arrivederci e non di un addio.
(da “La Repubblica“)
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Dicembre 12th, 2012 Riccardo Fucile
IL CANDIDATO UFFICIALE PD VITTIMA DEL FUOCO AMICO… I SUOI COMPAGNI DI PARTITO HANNO VOTATO CONTRO LA SCELTA DELLA SEGRETERIA
Da una parte le spasmodiche lotte intestine del Partito Democratico, che meno di due mesi fa ha portato Rosario Crocetta a sedere sulla poltrona di governatore della Sicilia, ma che oggi fallisce clamorosamente l’elezione di Mariella Maggio a vice presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana.
Dall’altra un attore di teatro, Antonio Venturino, tornato in Sicilia soltanto pochi mesi fa, e oggi eletto a sorpresa come nuovo numero due del parlamento più antico d’Italia con il Movimento Cinque Stelle.
Neanche il tempo d’inaugurare la legislatura che a Sala d’Ercole, storica sede dell’Assemblea regionale siciliana, sono tornati di moda i colpi di scena.
A farne le spese è stata l’ex segretaria generale della Cgil siciliana Mariella Maggio, candidata ufficiale dei democratici alla vicepresidenza dell’Ars.
La settimana scorsa l’esponente dell’Udc Giovanni Ardizzone era stato eletto per un soffio sullo scranno più alto di Palazzo dei Normanni.
Adesso sembrava ovvio che almeno uno dei suoi vice dovesse essere indicato dall’altro partito uscito vincitore dalle ultime elezioni, il Pd.
Così invece non è stato.
Dopo un breve periodo di pace, le varie anime siciliane del partito di Pier Luigi Bersani hanno infatti ricominciato a farsi la guerra: nessun accordo tra il segretario regionale Giuseppe Lupo e l’ex capogruppo Antonello Cracolici, uno dei principali sponsor dell’intesa con Raffaele Lombardo durante la scorsa legislatura.
Il risultato è stato lo “spappolamento” dei democratici, con il Pd che riesce a “toppare” gli obiettivi anche quando ha il gruppo parlamentare più ampio.
Alla Maggio non sono bastati i 26 voti raccolti: i franchi tiratori hanno di fatto “azzoppato” la candidatura dell’ex sindacalista.
E come nuovi vice presidenti dell’Ars sono stati invece eletti due esponenti dell’opposizione: da una parte Salvo Pogliese del Pdl con 29 voti, dall’altra lo stesso Venturino che ha incassato addirittura ben 33 preferenze, 18 in più di quelle raccolte una settimana fa, quando tutti i 15 esponenti del Movimento Cinque Stelle lo avevano candidato alla presidenza dell’Ars.
“I grillini che gridano allo scandalo inciuci, oggi hanno eletto il vice presidente dell’Assemblea regionale grazie all’inciucio avendo ottenuto anche i voti degli autonomisti di Raffaele Lombardo” è stato il commento di Nello Dipasquale, ex sindaco pidiellino di Ragusa, che ha puntato il dito sulla straordinaria lievitazione dell’indice di gradimento di Venturino tra i banchi di Palazzo dei Normanni.
Il candidato del Movimento Cinque Stelle è stato infatti votato a sorpresa anche da alcuni deputati di centro destra.
E probabilmente ha anche raccolto i voti dei deputati eletti nella lista “Crocetta Presidente”, fedelissimi dell’ex sindaco di Gela.
Che adesso cerca di coinvolgere gli esponenti del Movimento Cinque Stelle nelle prime azioni di governo.
Sul tavolo del governatore è stato sganciato di recente il carico della formazione professionale: un settore milionario che, come ha raccontato l’ultima puntata della trasmissione Report, è tutto o quasi in mano a familiari di esponenti politici. “Appoggeremo la riforma annunciata da Crocetta sul settore della formazione professionale. Bisogna scrivere una norma che vieti a chi ha interessi economici di poter accedere a cariche pubbliche” è stato l’annuncio di Giancarlo Cancelleri, capogruppo del movimento di Grillo all’Ars.
Intanto Venturino ha annunciato di voler rinunciare all’ufficio personale che gli spetterebbe di diritto dentro Palazzo dei Normanni e all’auto blu di rappresentanza che gli dovrebbe essere assegnata come nuovo numero due del parlamento siciliano. “Per ora faccio il pendolare da Piazza Armerina, la mia città , pago 12.30 euro di biglietto e riesco persino a lavorare mentre sono in viaggio — ha spiegato il deputato eletto in provincia di Enna — Certo adesso sarò costretto a prendere un appartamento a Palermo ma non andrò comunque in auto blu”.
Poi si è fermato a scherzare con i giornalisti. “Vi darò anche il titolo per il vostro articolo già fatto: da un attore comico, che è Beppe Grillo, ad un altro attore comico, cioè io”.
Venturino vanta infatti in curriculum esperienze da attore comico, regista teatrale e addirittura mimo: una carriera artistica da globetrotter che ha portato l’attore quarantasettenne a lavorare in Inghilterra, in Galles e perfino alle isole Hawaii. “L’aspetto teatrale che m’interessa di più è la commedia dell’arte, le maschere” spiegava il giorno dell’insediamento all’Ars. Tra gli stucchi e i marmi di Palazzo dei Normanni troverà probabilmente nuovi spunti per la sua passione artistica.
Giuseppe Pipitone
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Dicembre 12th, 2012 Riccardo Fucile
IL GIP DICE NO AL DISSEQUESTRO DELLE MERCI, L’ILVA MINACCIA 4.000 LICENZIAMENTI, CLINI SI PIEGA COME SEMPRE AI RIVA
Il giudice nega il dissequestro dei prodotti già lavorati.
L’azienda risponde: «Valgono un miliardo di euro. Da oggi siamo costretti a mettere in cassa integrazione quattromila operai, oltre i mille e 200 già a casa».
Il governo corre ai ripari: «Oggi approveremo un decreto esplicativo per chiarire che la facoltà di commercializzazione riguarda anche le merci prodotte prima dell’entrata in vigore del decreto salva-Taranto e attualmente sotto sequestro».
Qualcuno lo chiama ricatto. Altri scontro tra poteri. Altri ancora, partita a scacchi. Certo è che il bubbone dell’Ilva non è affatto finito.
E anzi si è trasformato in contagio: da Taranto a Genova, da Salonicco a Tunisi l’Ilva ha annunciato che migliaia di persone da oggi rimarranno senza lavoro.
La partita è cominciata in mattinata quando il gip, Patrizia Todisco, ha rigettato la richiesta di dissequestro avanzata dall’Ilva sul materiale prodotto prima dell’entrata in vigore del “decreto salva Taranto” che di fatto ha scavalcato il provvedimento della magistratura, concedendo all’azienda la facoltà d’uso con tanto di produzione e commercializzazione.
Si tratta di circa un milione e 700mila tonnellate di acciaio, «dal valore — dicono dall’azienda — di circa un miliardo di euro».
«Quello per noi — ha spiegato però il gip, accogliendo il parere negativo della procura al dissequestro — è un corpo di reato e nessuna legge è mai stata retroattiva».
Quindi, quell’acciaio non si può vendere.
In serata la reazione durissima dell’azienda con un comunicato che ha gelato tutti, sindacati compresi. «Tutta la produzione giacente in stabilimento, generata prima e dopo la data del 26 luglio 2012 e fino al 2 dicembre 2012, non potrà essere inviata agli altri stabilimenti del gruppo per le successive lavorazioni o consegnata ai clienti finali. Questo significa che da ora e a cascata per le prossime settimane circa mille e 400 dipendenti rimarranno senza lavoro. Il numero di questi lavoratori si andrà a sommare ai già mille e 200 attualmente in cassa integrazione».
Questo per quanto riguarda Taranto. «Si fermeranno poi a catena — continuano — gli impianti Ilva di Novi Ligure, Genova Racconigi e Salerno, dell’Hellenic Steel di Salonicco, della Tunisacier di Tunisi e di diversi stabilimenti presenti in Francia nonchè tutti i centri di servizio Ilva, come Torino Milano e Padova, e gli impianti marittimi di Marghera e Genova.
Tutto ciò comporterà una ricaduta occupazionale che coinvolgerà un totale di circa duemila e 500 addetti.
Le ripercussioni maggiori si avranno a Genova e Novi Ligure dove nell’arco di pochi giorni da oggi, saranno coinvolte circa 1.500 persone (1.000 su Genova e 500 su Novi Ligure)». «Ma a noi hanno detto — spiega la Fiom da Genova — che sino al 7 gennaio comunque si lavora».
In ogni caso, vista la posizione durissima dell’azienda, in tarda serata il governo ha deciso di intervenire scavalcando ancora una volta la magistratura.
«Il Consiglio dei ministri ha deciso di presentare un emendamento interpretativo al decreto salva-Taranto» ha spiegato il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, che oggi illustrerà il testo alla Camera.
«Con l’emendamento — continua — si chiarisce che la facoltà di commercializzazione dei manufatti da parte dell’Ilva, riguarda anche quelli prodotti prima dell’entrata in vigore del decreto salva-Taranto e attualmente sottosequestro».
Il governo quindi dirà ai giudici di dissequestrare anche il prodotto finito e, inevitabilmente, si aprirà un conflitto alla Corte Costituzionale.
«Esattamente quello che si doveva evitare — commenta il presidente della Regione, Nichi Vendola — L’Ilva deve finire dinanzi al suo giudice naturale: il disastro ambientale non è una fatalità ma una catena di reati. Ora l’Ilva reagisce drammatizzando lo scontro, e questo non è un bene. E un qualsiasi salvataggio non può che essere subordinato alla affermazione del primato non negoziabile del diritto alla salute della città di Taranto».
Ma non è soltanto Taranto a soffrire la situazione occupazionale.
Proprio oggi scatteranno 2.300 cassa integrazioni a Piombino, la seconda acciaieria italiana dopo Taranto.
Giuliano Foschini
(Da “La Repubblica“)
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Dicembre 12th, 2012 Riccardo Fucile
CONTESTATI 270.000 EURO DI RIMBORSI A 4 CONSIGLIERI, DUE SOSTENGONO COTA, UNO LA BRESSO… ACQUISTATE PERSINO TAGLIAERBE, FRIGORIFERI E SEGHE CIRCOLARI
Una serata in un nightclub, consumazioni in un bar a Gran Canaria, un viaggio a Malta, sedute in un solarium, abiti e profumi. Pure una sega circolare.
Sono alcune delle spese dei consiglieri regionali del Piemonte indagati per peculato dal nucleo tributario della guardia di finanza e dalla Procura di Torino.
Un’inchiesta che è solo all’inizio: i quattro politici raggiunti dagli avvisi di garanzia sono quelli dei gruppi formati da un solo eletto, con una documentazione più snella da analizzare.
Mancano ancora i grandi partiti. Nonostante ciò le cifre contestate sono già alte: circa 270mila euro.
LE SPESE
Secondo le fiamme gialle Michele Giovine, dei “Pensionati per Cota”, condannato insieme al padre per le firme false a sostegno della sua lista, ha speso 120mila euro per il funzionamento del suo gruppo: 7.800 sono stati utilizzati per “abiti e profumi”, 920 per centri estetici, 16mila per bar, ristoranti e nightclub, 2.500 euro per spettacoli, tra cui 700 euro per due biglietti per la Juventus.
Agli atti risulta pure uno scontrino da 51 euro a un bar all’isola Gran Canaria. Ma c’è anche un viaggio e soggiorno a Malta il 16 agosto 2011 per il costo di 396 euro. °
Ma ancora mancano le spese dal maggio in poi, motivo per cui i finanzieri martedì si sono presentati nell’ufficio del suo gruppo a ritirare i documenti: “Era tutto pronto per la consegna — dichiara in serata a ilfattoquotidiano.it Giovine -. Il 24 ottobre i documenti erano pronti, poi la contabile è andata in viaggio di nozze e io mi sono dimenticato di consegnarli”.
Lui, unico consigliere ad aver votato contro la riduzione delle spese lo scorso 2 ottobre, si dice in assoluta buona fede: “Non mi aspettavo questa perquisizione”.
Tenta di respingere le contestazioni sulle cifre: “Non sono appassionato di calcio e non vado allo stadio. La storia del nightclub è una cavolata”.
Martedì prossimo andrà a spiegare tutto ai pubblici ministeri del pool “pubblica amministrazione” che conducono l’indagine, Andrea Beconi ed Enrica Gabetta. “Sicuramente contesteranno molte cose anche agli altri”, afferma il consigliere.
Ha speso quasi la metà un altro consigliere, Maurizio Lupi, della lista “Verdi Verdi AmbientaLista per Cota”, circa 74mila euro tra cui spese da circa 500 euro per solarium e parrucchiere e 20mila euro di rimborsi per viaggi in treno: “Come ecologista io e il mio staff, nove ufficiali più i volontari, prediligiamo il treno”, afferma in una pausa dalla seduta del consiglio regionale. Sono invece 57mila euro i soldi spesi in maniera dubbia da Andrea Stara del gruppo “Insieme per Bresso” (oggi l’ex governatrice Mercedes ha avviato le procedure per negare l’uso del suo nome al gruppo): ci sarebbero circa 15mila euro spesi per la benzina da lui, torinese, ex presidente di circoscrizione e compagno del segretario provinciale del Pd Paola Bragantini. A questi si aggiungono 4mila euro per l’acquisto di un tagliaerba, una sega circolare e un frigorifero.
I timori
Un episodio rileva lo stato d’animo a Palazzo Lascaris, sede del consiglio regionale.
Alla buvette due consiglieri chiedono un caffè decaffeinato, forse per non aumentare la tensione.
Più che dalle strane spese dei colleghi molti sono scioccati dalle recriminazioni a Eleonora Artesio, della Federazione di Sinistra ed ex assessore regionale della giunta Bresso.
Gli investigatori le contestano 12.632 euro tra il giugno 2010 e l’agosto scorso per buoni pasto, ristoranti, pedaggi autostradali, ricariche telefoniche. Si tratta di spese per i collaboratori: “Probabilmente li abbiamo registrati nel nostri bilanci in forma aggregata: mi auguro di chiarire al più presto”. C’è anche un lettore mp3, comprato per un convegno: “Se contestano queste spese a lei — confida un consigliere che vuole rimanere anonimo — possono contestare qualsiasi spesa per collaboratori e attività politiche a tutti”.
“NESSUNO CONTROLLA”
Molti fanno come vogliono per l’assenza di norme precise sull’uso dei fondi per il funzionamento dei gruppi consiliari.
Ma mancano anche i controlli. Il consigliere del Movimento 5 Stelle Davide Bono, dopo l’inizio dello scandalo, ci aveva provato e aveva chiesto al presidente del Consiglio regionale Valerio Cattaneo di poter visionare i giustificativi dei rimborsi chiesti dagli altri consiglieri e avere il cd-rom consegnato alla Finanza dopo il video di Roberto Rosso, ma gli è stato negato.
Per questo motivo ha fatto ricorso al Tar del Piemonte chiedendo ai giudici di riconoscergli il diritto e a gennaio i giudici tratteranno la vicenda.
Chissà che nel frattempo le informazioni sulle spese dei politici non vengano rivelate dagli esiti dell’indagine: la Guardia di Finanza sta ancora studiando i rimborsi e le spese dei gruppi consiliari più numerosi.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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