Dicembre 1st, 2012 Riccardo Fucile
A MONTI E’ INVECE PERMESSO DI VIOLARE LE NORME GIURIDICHE: SOLO RIESAME E CASSAZIONE POTEVANO RIBALTARE L’ORDINANZA DEL GIP… QUALCUNO SI PORTERA’ I MORTI SULLA COSCIENZA
Fiato alle trombe e ai tromboni, arriva il decreto “salva-Ilva”.
Breve riassunto delle puntate precedenti.
I giudici di Taranto accertano che, producendo acciaio con gli attuali impianti “a caldo”, l’azienda inquina e uccide; quindi gl’impianti vengono sequestrati e possono restare accesi solo per essere risanati, ma non per produrre altro acciaio, altrimenti il delitto di disastro colposo e omicidio colposo plurimo continua e la magistratura ha il dovere di impedirlo; se e quando gli impianti fuorilegge — l’arma del delitto — saranno finalmente a norma, cioè smetteranno di avvelenare e ammazzare, potranno tornare a produrre.
Il governo dice: l’Ilva s’è impegnata a investire subito 4 miliardi (a fronte di 3 miliardi di utili accumulati in 17 anni) per bonificare gli impianti, quindi può riprendere subito a produrre mentre li risana; se poi non mantiene i patti, il governo gliela fa vedere lui e magari sostituisce i Riva con qualcun altro.
È un po’ come se ci fosse un maestro pedofilo che ogni giorno molesta i bambini in classe.
I giudici lo arrestano per impedirgli di molestarne altri.
Ma il governo fa un decreto per rimandarlo a scuola, a patto che nel frattempo si impegni a curarsi: se poi non si cura e continua a molestare bambini, verrà sostituito.
Già : e ai genitori dei nuovi bimbi molestati chi glielo spiega?
Il decreto salva-Ilva è ancora peggio.
Perchè nessuno dei contraenti dell’accordo è credibile.
Non lo sono i Riva, che si sono impegnati infinite volte a mettere a norma i loro impianti e non l’hanno mai fatto.
Non lo è il presidente Bruno Ferrante, prefetto: a luglio il giudice impose il blocco della produzione nelle aree “a caldo” e ora si scopre che quell’ordine fu violato dall’azienda presieduta da Ferrante, che continuò a produrre (dunque a inquinare), tant’è che il gip ha dovuto sequestrare tonnellate di acciaio che non dovrebbero esistere (corpo del reato).
A Servizio Pubblico, l’incredibile Clini ha detto che “il presidente Ferrante s’è impegnato”.
Me’ cojoni , dicono a Roma.
E naturalmente il governo se l’è bevuta (tanto, quando si scoprirà che è l’ennesima truffa, il governo sarà un altro).
Ecco, non è credibile neppure il governo.
Uno dei registi del decreto è Passera, che ai tempi di Intesa prestava soldi a Riva e lo reclutava per la cordata Alitalia: un ministro super partes.
C’è poi la palese incostituzionalità del decreto che dissequestra impianti sequestrati da un gip con un’ordinanza che, in uno Stato di diritto, può essere ribaltata solo al Riesame e in Cassazione.
Non a Palazzo Chigi e al Quirinale.
Se una porcata del genere l’avesse fatta B., che osò molto ma non al punto di cancellare sentenze per decreto (ci provò con Eluana, ma fu stoppato dal Colle), avremmo le piazze e i giornali pieni di costituzionalisti, giuristi, intellettuali e politici “democratici” sdegnati che sventolano la Costituzione. Invece la fanno Monti e Napolitano, quindi va tutto bene.
Corriere : “Decreto del governo per riaprire l’Ilva. Monti: coniugare lavoro e salute” (impossibile: l’Ilva se produce uccide).
Repubblica : “Ecco il decreto per l’Ilva. Monti: nessuna polemica coi pm” (infatti cancella l’ordinanza di un gip).
Sole 24 Ore: “Ilva, dissequestro per decreto. Monti: nessun contrasto coi magistrati”.
Avvenire : “Decreto per salvare l’Ilva ed evitare un flop da 8 miliardi l’anno”. Messaggero : “Monti sull’Ilva: a rischio 8 miliardi”.
La Stampa: “Ilva, un garante per ripartire”.
Il Foglio : “Il governo tecnico soccorre l’Ilva (e la siderurgia) per decreto”. Libero : “Decreto per riaccendere l’impianto tutelando la salute” (sì, dei Riva). La fu Unità : “Ilva, decreto per salvare 8 miliardi. Tutela della salute e controllo indipendente del risanamento ambientale”.
Altro che corrompere i giornalisti: qui ormai c’è chi viene via gratis.
Perepè perepè perepè.
Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Dicembre 1st, 2012 Riccardo Fucile
SALTA L’INTESA PER CAMBIARE IL PORCELLUM…NESSUN RIFORMA E’ POSSIBILE SE IL CAVALIERE SI METTE DI MEZZO
Fallisce l’intesa sulla riforma elettorale. E il colpo di grazia lo spara Berlusconi. L’accordo era lì, a un passo. Questa volta mancava solo la firma. Per metterla in calce al documento finale, si erano dati appuntamento in gran segreto giovedì pomeriggio gli sherpa che alla bozza hanno lavorato per mesi. Denis Verdini (Pdl), Lorenzo Cesa (Udc), Maurizio Migliavacca (Pd), Italo Bocchino (Fli).
Succede tuttavia che proprio Verdini si presenta e alza bandiera bianca: “Mi spiace, ma il presidente Berlusconi ha deciso che così non va, non possiamo accettare, preferisce tenersi il sistema attuale”.
Preferisce il Porcellum, “niente preferenze”, fondamentale poter avere carta bianca nella selezione dei candidati, per dar vita e forma alla nuova Forza Italia.
Senza tenere conto del fatto che la bozza di riforma, che la settimana prossima sarebbe approdata in aula al Senato, prevede anche un limite alle candidature multiple: possibili solo in un massimo di tre circoscrizioni e non in tutta Italia.
E poi con le vecchie regole il Cavaliere confida ancora di poter impedire una maggioranza al Senato.
La nuova bozza, nella stesura definitiva, prevede un premio al raggiungimento del 38,5 per cento (in grado di far lievitare la maggioranza a quota 55).
E se nessuno dovesse superare quella soglia, il primo partito avrebbe un premio comunque pari al 27 per cento dei seggi conquistati.
La sorpresa è generale.
L’ultimo sgambetto era sì temuto, conoscendo i colpi di coda dell’ex premier, ma stavolta non era previsto.
Così, la nave della riforma che sembrava approdata in porto dopo mesi di tempeste, d’improvviso si ritrova in alto mare, destinata al naufragio.
Molti pidiellini vicini ad Alfano contano di recuperare la partita da martedì.
Ma la situazione resta critica.
A perdere le staffe è il segretario Pd Pier Luigi Bersani. In quelle stesse ore di giovedì ha chiamato di persona il Quirinale per mettere in chiaro la situazione. “Presidente, noi ce l’abbiamo messa tutta, questa volta l’accordo lo stavamo firmando” ha premesso.
Detto questo, anche in vista di un messaggio, di un sempre più probabile intervento del Colle, lo scenario cambia, è il senso del messaggio.
“D’ora in poi non potremo più essere messi sullo stesso piano, se la riforma elettorale fallisce la responsabilità non è di tutti i partiti ma in gran parte di uno” ha sottolineato ancora Bersani.
Preoccupazione plumbea, al Quirinale.
Il presidente Napolitano è chiuso nel più stretto riserbo. Ieri un nuovo intervento sulla legge elettorale è stato affidato al segretario generale della Presidenza, Donato Marra, per ribadire le posizioni: una riforma va fatta e in tempi brevi.
E questo, nonostante in scadenza della legislatura.
Perchè è vero che la cosiddetta Commissione di Venezia (la Commissione Ue che ha redatto il “Codice di buona condotta elettorale”) sconsiglia una modifica alla vigilia delle elezioni, ma è anche vero che quel monito “non è vincolante”.
Senza tenere conto del fatto che gli italiani con la richiesta di referendum hanno detto no al Porcellum, che tutti i partiti si erano impegnati a cambiarlo da tempo, che c’è la Consulta ha suggerito infine di fissare una soglia oltre la quale far scattare il premio di maggioranza.
Il Quirinale puntualizza ancora una volta le ragioni e le necessità della riforma attraverso la lettera che Marra ha indirizzato al segretario della “Destra” Francesco Storace (che l’ha subito postata sul suo “Giornale d’Italia on line”) e al radicale Maurizio Turco.
Quest’ultimo, in sciopero della fame da giorni per il motivo opposto a quello del democratico Roberto Giachetti: perchè non vuole cambiare la legge a pochi mesi dal voto.
Il Colle, insomma, resta coi fari puntati.
Finora i lavori sono stati sospesi ufficialmente anche per via delle primarie Pd in corso, ma alla vigilia della ripresa dei lavori al Senato, il clima a questo punto è deteriorato, le trattative arenate.
Pier Ferdinando Casini non ne fa mistero e chiama in causa proprio Berlusconi che minaccia di “far saltare la legge elettorale: il suo sarebbe un rientro infausto”.
Carmelo Lopapa
(da “la Repubblica”)
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Dicembre 1st, 2012 Riccardo Fucile
“LE PROMESSE NON MANTENUTE IN ITALIA DEVONO ESSERE UN MONITO PER LA RICOSTRUZIONE DOPO L’URAGANO”
«L’Aquila è lontana da Staten Island o Rockaways, le aree dello Stato di New York più colpite dall’uragano Sandy, ma le difficoltà del capoluogo abruzzese dopo il devastante terremoto dell’aprile 2009 possono essere un monito per New York nella ricostruzione delle zone danneggiate dal passaggio della recente calamità naturale».
A sostenerlo è Michael Kimmelman, giornalista e massimo esperto d’arte del New York Times, che ha visitato varie volte l’Aquila dopo il sisma. Kimmelman ricorda la costruzione delle «new towns» lanciate dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e i «tristi, isolati, minuscoli e costosi appartamenti di cui lo stesso Berlusconi si vantò di avere ordinato per gli abitanti della città », rimasti senza un tetto dopo il sisma e collocati «nella periferia della città , tagliati fuori dai trasporti di massa e dalla vita civile». Ma il centro storico dell’Aquila è rimasto deserto, un cumulo di rovine oggetto di «turismo pornografico».
LA RICOSTRUZIONE
La morale, secondo il giornalista, è che sarebbe meglio ricostruire in modo diverso: le case antisismiche in legno costerebbero meno e l’Aquila ricomincerebbe a vivere, anche senza gli edifici in pietra della sua tradizione. E questa è la lezione che anche New York dovrebbe apprendere: «Per diversi motivi L’Aquila è diversa da New York», scrive il quotidiano americano, «ma i suoi ultimi anni suggeriscono che un disastro non distrugge solo case e vite. È un test per l’immaginazione e la capacità di cambiare di una città e di una nazione».
PROMESSE NON MANTENUTE
«Dal giorno del terremoto – prosegue il critico d’arte – le autorità italiane hanno continuato a promettere di restaurare la città al suo antico aspetto, ma meno di una dozzina di edifici sono stati riparati delle centinaia che sono stati danneggiati nel centro della città che è una sorta di città fantasma».
IL SEGNO POSITIVO
«Un segno positivo è arrivato a ottobre – continua Kimmelman – quando il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è arrivato nella città abruzzese per l’apertura del nuovo auditorium progettato da Renzo Piano», promosso come «una delle poche iniziative urbane intraprese» nella città dopo il sisma.
In quell’occasione, «Napolitano criticò le “nuove città ” dicendo che avevano sottratto attenzione e risorse» alle sfide più importanti da intraprendere per rimettere in vita il centro cittadino.
Bisogna, secondo il giornalista, abbandonare il «pensiero magico» e la speranza di ricostruire tutto com’era.
«L’Aquila ha bellissimi edifici, fra cui chiese barocche e palazzi di uffici razionalisti del primo ventesimo secolo. Potrebbero essere riaperti. Ma quel che rende speciale la città sono gli spazi pubblici, le strade e le piazze».
LA LEZIONE PER NEW YORK
«La lezione che anche New York dovrebbe apprendere dunque eccola: bisogna pensare all’urbanismo e non fissarsi sulle costruzioni».
Anche nello Stato americano «i funzionari pubblici hanno seguito l’esempio italiano», promettendo a persone distrutte dall’uragano la ricostruzione di interi quartieri, senza ammettere che una politica di ricollocazione è «impossibile».
In molti – cittadini e politici – sembrano aperti a grandi idee, conclude il quotidiano, sostenendo che «una calamità può anche essere un’opportunità per politici ambiziosi e non di meno per un presidente al suo secondo termine (Barack Obama), dunque libero da pensieri con ottiche decennali».
(da “il Corriere della Sera“)
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Dicembre 1st, 2012 Riccardo Fucile
L’ACCUSA DI AVER FATTO RICORSO A QUALCHE RITOCCO
Giorgia Meloni si sforza di riderci su ma si capisce da dieci chilometri di distanza che, come direbbe lei stessa in romanesco, le «rode», e anche tanto.
Anzi, «rosica», che le primarie non si facciano più mentre lei, pia militante, ci aveva creduto tanto da partire in quinta con manifesti appiccicati in tutta Roma (anche fuori dagli spazi consentiti).
«Ma chi è quella? È la Meloni? Ma va! Somiglia alla Pfeiffer», si è sentito dire per le strade della capitale.
Bella, bionda, una svedese dei sogni italiani, sguardo rivolto al futuro, viso disteso, sorriso aperto, come quasi mai la si vede.
Sono così partite le malelingue della politica e della Rete, innanzitutto. «Quella si è photoshoppata», si è aggiustata al computer insomma.
Come se non bastasse in Rete poi è spuntata la presa in giro tutta politica, con la foto di lei sorridente, solare e lo slogan «Senza Paura» e accanto la “vera Giorgia” che esce da Montecitorio con il solito cellulare in mano, burbera, accigliata e nera, con lo slogan posticcio «Senza Primarie».
Lei a denti stretti ha tirato fuori l’autoironia che ogni tanto (ultimamente mai) le germoglia in bocca e alla Gruber a Otto e mezzo ha spiegato che la foto non è taroccata, quella è veramente lei, ripresa durante la cerimonia per il Premio Bellisario. Ma allora, ha detto, «se c’è il sospetto di photoshop, l’Italia mi considera bruttarella, eh beh, dovrò farci i conti…».
I conti piuttosto dovrà farli nel suo partito, il Pdl, che sembra una clinica psichiatrica. E «rosica» per quello che sta combinando Berlusconi, la trentacinquenne Meloni, e dietro le sue spalle quelle vipere dei suoi ex camerati di An la prendono in giro, quante ne dicono.
La Russa, che è stato abbandonato dalla biondina candidandosi alle primarie contro il suo volere di capocorrente, è irriferibile.
Più simpatica la battuta del senatore Augello, anche lui ex Ax Msi-An che ha una lingua come la lama per tagliare il prosciutto.
Dice, tutto serio con la stilettata in agguato: «Certo, Giorgia ha fatto un grande errore politico a candidarsi, è stata consigliata male, ora si trova esposta e senza primarie. Doveva ascoltare i consigli di altri che le dicevano di non candidarsi. Ma noi la perdoniamo, sì, vogliamo perdonarla, ma una sola condizione: che ci presenti la sua sorella svedese…».
Quella del manifesto non photoshoppato.
Amedeo La Mattina
(da “La Stampa”)
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Dicembre 1st, 2012 Riccardo Fucile
FRANCESCO MAGNANO ERA STATO CANDIDATO NEL LISTINO BLOCCATO INSIEME A NICOLE MINETTI…NON ELETTO, ERA DIVENTATO SOTTOSEGRETARIO
Francesco Magnano, geometra di fiducia di Silvio Berlusconi e gratificato dal Cavaliere con un posto da sottosegretario della Regione Lombardia, è indagato in una tranche dell’inchiesta della Procura di Milano sui rimborsi regionali che vede coinvolti l’ex presidente del Consiglio regionale lombardo, Davide Boni (Lega), l’ex vicepresidente Franco Nicoli Cristiani (Pdl) e l’ex assessore Massimo Buscemi (Pdl).
Magnano, consulente della Idra, la società immobiliare della famiglia Berlusconi, è stato interrogato stamattina dal procuratore aggiunto Alfredo Robledo e dal pm Paolo Filippini.
Non si conosce ancora il reato attribuitogli. Il “geometra di Arcore”, assistito dall’avvocato Achille Galli, è stato sentito dai magistrati per un’ora circa dopo aver ricevuto un invito a comparire.
Lo scorso 10 ottobre, il nucleo di polizia tributaria della Gdf milanese era andato a prendere negli uffici della Regione, con un decreto di esibizione, documenti sui rendiconti dei gruppi consiliari del Pdl e della Lega (carte che riguardano un periodo che va dal 2008 al 2011).
Al centro dell’indagine cene, viaggi e spese per la comunicazione. Il 17 ottobre, nell’ambito dell’inchiesta, era anche stato interrogato Buscemi.
Alle elezioni regionali del 2010, il geometra era stato il primo dei non eletti nel “listino bloccato” del presidente Roberto Formigoni, reso poi celebre dalla presenza dell’igienista dentale Nicole Minetti, protagonista dei festini nelle residenze berlusconiane.
Primo dei non eletti, era stato nominato da Formigoni sottosegretario regionale con delega alla Promozione e all’attrattività del territorio.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Dicembre 1st, 2012 Riccardo Fucile
IN UN ANNO AUMENTO DEL 2,3% DI SENZA LAVORO
Record di italiani disoccupati a ottobre: sono 2 milioni e 870 mila.
È il livello più alto sia dall’inizio delle serie storiche mensili, gennaio 2004, sia dall’inizio delle serie trimestrali, IV trimestre 1992.
Lo rileva l’Istat in base a dati provvisori e destagionalizzati. È insomma un record assoluto. E non è il solo dato negativo.
Sono a livelli mai visti i senza lavoro tra i giovani e quanti un lavoro ce l’hanno, ma è precario.
Il tasso di disoccupazione si è attestato a ottobre, secondo le stime provvisorie dell’Istat, a un livello record dell’11,1% in aumento di 0,3 punti percentuali rispetto a settembre e di 2,3 punti nei dodici mesi.
A ottobre gli occupati sono 22 milioni 930 mila, sostanzialmente stabili rispetto a settembre.
Su base annua si registra un calo dello 0,2% (-45 mila unità ).
Il tasso di occupazione è pari al 56,9%, in aumento di 0,1 punti percentuali nel confronto congiunturale, invariato rispetto a dodici mesi prima. Il numero di disoccupati, pari a 2 milioni 870 mila, aumenta del 3,3% rispetto a settembre (+93 mila unità ).
La crescita della disoccupazione riguarda sia la componente maschile sia quella femminile.
Su base annua si registra una crescita del 28,9%
Record anche di precari
Nel terzo trimestre i dipendenti a termine sono 2 milioni 447 mila a cui si aggiungono 430 mila collaboratori, sommando le due categorie si arriva a 2 milioni 877 mila lavoratori precari, il massimo dall’inizio delle serie trimestrali relative, dal III trimestre 2004.
Se si guarda solo ai dipendenti a tempo il record è dal III trimestre ’93
Senza precedenti i senza lavoro tra i giovani Tra i 15-24enni le persone in cerca di lavoro sono 639 mila e rappresentano il 10,6% della popolazione in questa fascia d’età .
A ottobre scorso, rileva l’Istat nelle stime provvisorie, il tasso di disoccupazione dei 15-24enni, cioè l’incidenza dei disoccupati sul totale di quelli occupati o in cerca, è pari al 36,5%, in aumento di 0,6 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 5,8 punti nel confronto tendenziale. Si tratta di un livello record.
(da “La Stampa“)
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Dicembre 1st, 2012 Riccardo Fucile
ASSEGNATO DA ASSOCAMUNA E RITIRATO DA UN DELEGATO DEL GRUPPO CHE NELLA VALLE HA TRE STABILIMENTI
Il patron dell’Ilva Emilio Riva e il figlio Nicola sono agli arresti domiciliari con l’accusa di disastro ambientale; l’altro figlio è fuggito all’estero, forse a Miami.
Eppure la sera del 29 novembre a Darfo Boario Terme, nel cuore della Valcamonica (dove il gruppo ha tre stabilimenti) avrebbero dovuto ritirare il premio «imprenditore dell’anno» assegnato loro dall’Assocamuna Vallecamonica.
A ritirarlo, al loro posto, nella cerimonia all’Hotel Rizzi di Boario, un delegato del gruppo Ilva.
Un premio in odor di polemiche
Ma come è possibile che mentre governo, istituzioni e l’Italia intera si interrogano su tempi e modi della bonifica dell’Ilva, su come installare presidi d’abbattimento degli inquinanti per scongiurare la chiusura dello stabilimento, i Riva vengano eletti «imprenditori dell’anno»?
Luigi Buzzi, cofondatore di Assocamuna (l’associazione degli imprenditori della Vallecamonica, Sebino, Valcavallina e Val di Scalve) ha risposto a Bsnews.it: «Non ho preso io la decisione, ma si tratta di una scelta che ho condiviso: in questa vicenda sto decisamente con Riva e contro le azioni della magistratura, fuori tempo, dannose e persecutorie».
Pietro Gorlani
(da “il Corriere della Sera“)
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Dicembre 1st, 2012 Riccardo Fucile
L’EX MINISTRO CHIEDE SINTONIA CON IL POPOLARISMO EUROPEO: “COSTRUIRE UNA CONFEDERAZIONE DI LISTE MODERATE”
E’ sera e Franco Frattini è appena sceso da un aereo. Il tempo è cupo e non solo dal punto di vista atmosferico.
Parla del Pdl e dice: «Nessuno riesce a capire chi siamo e dove andiamo ».
Parla delle primarie in casa propria e afferma sconsolato: «Come si diceva una volta in gergo militare: mi sembra che le truppe abbiano abbandonato la trincea».
Allora, Frattini, che succede?
«Nessuno lo sa: si leggono molti retroscena, ma Berlusconi in persona non parla, la confusione è completa».
E le primarie?
«Bah! Al punto in cui siamo, anche se fossero confermate quanti parteciperebbero? Non più di centomila. Ma è chiaro che non si tratta di un problema organizzativo (il partito solo poco tempo fa ha tesserato un milione di persone) ma politico. E invece il Pd ha ottenuto, nonostante le polemiche, un grande risultato innegabile e positivo: basta guardare non solo l’affluenza ai seggi ma anche i dati dell’ascolto tv del confronto Bersani-Renzi. Ebbene davanti a questo successo… ».
Che farà Berlusconi?
«Francamente non lo so. Lui non lo dice: io prendo nota che prima ha scritto quattro cartelle che dicevano una cosa, poi ha fatto un video che contraddiceva questo scritto, adesso siamo ai retroscena. Quanto alle primarie, Alfano non ha fatto neanche lui un annuncio chiaro, e poi le primarie erano state decise dall’Ufficio di presidenza del partito. Non è che possano essere cancellate così…».
L’ufficio di presidenza è stato convocato per settimana prossima…
«Spero in un chiarimento che sia definitivo».
Lei cosa auspica?
«Un opportuno chiarimento tra il segretario Alfano e Berlusconi, perchè il risultato finale di tutto ciò qual è? Che avremo Bersani a Palazzo Chigi e Vendola sarà indispensabile per sostenere il futuro governo. E questo non è un bene per il Paese. Ecco, bisogna costruire e subito qualcosa di alternativo »
Non sembra affatto facile…
«Il Foglio ieri ha pubblicato un sondaggio che attribuisce un 30-35 per cento al potenziale bacino d’utenza dei moderati… Ma è un bacino di votanti disillusi: insomma, per motivarli ci vuole una proposta politica seria. Bisogna costruire una confederazione di liste moderate».
Non un contenitore unico?
«Non penso che si possa fare in poche settimane, e poi la legge elettorale, se sarà poco modificata rispetto a oggi, darà pur sempre il premio di maggioranza alla coalizione».
Una confederazione che parta dal Pdl?
«Certo».
Ma cosa terrà in piedi il Pdl?
«I valori e i principi di un popolarismo riformista: essere cioè i rappresentanti in Italia del Ppe europeo».
E al centro di Casini e Montezemolo cosa ha da dire?
«A loro dico: basta tatticismi. Altrimenti Berlusconi dirà : “Ecco dimostrato che non ero io l’ostacolo all’unificazione dei moderati”. Chiedo a Casini e Montezemolo un minimo di sintonia».
Sintonia in base a cosa?
«Con i principi del Ppe: prendiamoci questa responsabilità per il bene del Paese. Facciamo una Grande Federazione dei moderati, che guardi all’Europa».
Gli ex An cosa faranno?
«Non credo che un Alemanno o un Matteoli possano lasciare un partito che si richiami al popolarismo riformista. E francamente non penso che lo farà neppure Giorgia Meloni che nei giorni scorsi ha dichiarato esplicitamente di volere più Europa».
A proposito, il Ppe è preoccupato pensando a quello che sta capitando al Pdl?
«Ho parlato a lungo ieri al telefono con il nostro presidente Wilfried Martens: sì, ci stanno guardando con attenzione, con preoccupazione. Eppure, per il Pdl, l’unico punto da cui si può ripartire sono i valori di un popolarismo riformista».
Che rapporto vorrebbe tra il Pdl, la federazione dei moderati e Mario Monti?
«Il problema sono i contenuti: ecco, il Pdl deve fare propria l’Agenda Monti. Mentre non bisognerebbe tirare troppo per la giacca il premier, come invece ho visto fare molti, in questi tempi. Pronti certo a recepire subito la disponibilità del presidente del Consiglio se decidesse in questo senso».
M. Antonietta Calabrò
(da “il Corriere della Sera“)
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Dicembre 1st, 2012 Riccardo Fucile
ORA IL PREMIO DI MAGGIORANZA SAREBBE AL 38%…POI BONUS PER LA LISTA SOPRA IL 25% E PER L’ALLEANZA AL 35%
L’intesa sulla riforma della legge elettorale è “vicina”.
L’ultima proposta del senatore leghista Roberto Calderoli, che è sul piatto della trattativa, sembra trovare consensi tra Pd e Pdl.
Il lodo prevede un premio alla prima coalizione sopra il 35% e alla prima lista tra il 25 e il 35% con ‘scaglioni’ di premio di un punto percentuale che, di fatto, consentono di governare solo alla coalizione che superi il 38% (con un totale del 50,5% dei seggi).
L’approdo in aula della riforma slitta di una settimana e arriverà all’esame del Senato mercoledì 5 dicembre.
Nonostante l’ennesimo rinvio, c’è ottimismo.
A detta dei presidenti dei gruppi Pdl e Pd, Maurizio Gasparri e Anna Finocchiaro, un accordo è prossimo.
Si intravede “una soluzione condivisa e positiva”, sottolineano.
La commissione Affari Costituzionali lavorerà sulla legge elettorale tutta la settimana ed è convocata lunedì sera a partire dalle 21 per chiudere.
“Siamo vicini a una possibile intesa, ad una soluzione positiva, continueremo a lavorare” ha detto Gasparri al termine della riunione della capigruppo.
D’accordo anche Anna Finocchiaro: “Siamo vicini a un esito positivo. Mi auguro una legge elettorale condivisa, ci sono ancora nodi da scigliere, ma ritengo positivo il margine di tempo in piu’ che sarà utile per trovare un accordo”, ha commentato la presidente dei senatori del Pd. Di tutt’altro parere lo sfidante al ballottaggio di centrosinistra, Matteo Renzi: “Come nel giro dell’oca, Calderoli deve stare fermo tre giri”.
Per l’Idv, Felice Belisario dell’Idv giudica invece il rinvio un’autentica pantomima.
“Gli italiani sono davveri stufi. Mi auguro che qualcuno non stia imbrogliando il Parlamento e gli italiani per non approvare nessuna legge elettorale”, dice il presidente dei senatori dell’Italia dei Valori.
Bonus per la lista sopra il 25% e per la coalizione sopra il 35%.
L’ultima versione del lodo Calderoli prevede due scaglioni diversi, uno sopra il 35% e uno sopra il 25%, all’interno dei quali vengono attribuiti diversi scaglioni di premi in seggi.
Alla lista o alla coalizione di liste che ha conseguito in ambito nazionale il maggior numero di voti validi espressi per le liste ammesse al riparto dei seggi pari almeno al 35 per cento del totale è attribuito un premio in seggi pari al 10,5% del totale per chi ottiene il 35%; dell’11,2% per chi ottiene il 36%, dell’11,8% per chi consegue il 37%, del 12,5% per il 38%, del 13,3% per il 39%, del 14% per chi ottiene il 40%.
La lista o la coalizione di liste che ha conseguito il premio non può comunque ottenere un numero di seggi superiore a 340.
Il premio non è attribuito nel caso in cui alla lista o alla coalizione di liste che ha conseguito il maggior numero di voti validi spettano più di 340 seggi.
Se nessuna lista o coalizione di liste ha conseguito almeno il 35%, scatta il premio alla lista che ha ottenuto in ambito nazionale il maggior numero dei voti validi, pari almeno al 25% del totale. Anche qui il premio è in seggi ed è scaglionato: pari al 5% del totale per chi ottiene il 25%, del 5,5% per chi consegue il 26%, del 5,9% per il 27%, del 6,4 per il 28%, del 7 per il 29%, del 7,5% per il 30%, dell’8,1 per il 31%, dell’8,6% per il 32%, del 9,2% per il 33%, del 9,9% per il 34%.
Se nessuna lista o coalizione di liste è attribuito il premio tutti i seggi vengono ripartiti in ragione proporzionale.
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