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NATALE NELLE ZONE TERREMOTATE TRA CONTAINER E PAESI FANTASMA

Dicembre 24th, 2012 Riccardo Fucile

IN EMILIA PRONTI 920 MODULI ABITATIVI PER 3.500 PERSSONE VITTIME DEL SISMA TRA TASSE NON PROROGATE E DISOCCUPAZIONE

Sette mesi dopo il terremoto anche l’Emilia festeggia l’arrivo del Natale.
Là  dove le macerie ingombravano le strade e le tende occupavano gli spazi verdi a ridosso dei palazzi storici distrutti, dove si lavora incessantemente giorno e notte per ricostruire le case, le scuole, le fabbriche, le festività  hanno, però, un significato diverso.
“Sono un’occasione per ritrovarsi come comunità ”. Una comunità  frammentata dal terremoto, vessata dalla ricostruzione, eppure decisa a lottare per riconquistare la quotidianità .
Nella bassa, tra Modena, Ferrara e Reggio Emilia, i centri storici sono ancora luoghi fantasma, le strade, recentemente riaperte al traffico, sono immerse nel silenzio e pochi sono i negozi che hanno le vetrine illuminate a Natale. Eppure tutto, dalle impalcature ai lampioni, è addobbato a festa.
Tutto è sintomo e simbolo di una terra che non vuole arrendersi. “Si spera in un futuro migliore”, dicono con convinzione gli emiliani terremotati.
Perchè se il sisma ha distrutto gli edifici, la voglia di ritrovarsi assieme, in famiglia, e condividere una festività  che, per molti, coincide anche con il tentativo di recuperare la normalità , è forte.
Ma c’è ancora molto da fare perchè quelle strade, un tempo affollate, ritornino a vivere.
“Quello che è successo si sente, e si sentirà  per tanto tempo — racconta Rudi Accorsi, sindaco di San Possidonio, 3800 abitanti, 1450 dei quali evacuati dalle proprie case — il terremoto è ancora qui, nella nostra mente.
Ma la popolazione non ha perso i suoi punti di riferimento e ognuno cerca di fare del proprio meglio per ricominciare. Il sisma ci ha unito molto come comunità  e questo si sente ancora oggi, dopo sette mesi. Dentro di noi c’è la convinzione che ne usciremo, e ne usciremo bene. E’ chiaro che solo il tempo potrà  dire se questo è vero”.
Oggi l’Emilia è un cantiere a cielo aperto, le gru si innalzano accanto ai presepi allestiti nelle piazze riconquistate dopo il terremoto, e dovunque edifici e monumenti sono puntellati in attesa di essere ricostruiti.
Ma ricostruire non è facile, servono soldi, e servono subito.
E quando si parla di denaro, si finisce per parlare anche di burocrazia. “Se dovessimo chiedere un regalo di Natale allo Stato — spiega Carlo Martini, sindaco di Concordia sulla Secchia — chiederemmo sicuramente una deroga al patto di stabilità : finalmente, almeno in parte, i soldi ci sono, il problema è che non possiamo chiederli finchè non siamo pronti a spenderli, altrimenti rischiamo che rimangano bloccati dalla legge”.
“Se dovessi esprimere un desiderio per la mia città  — racconta invece Livia Turci, sindaco di Novi di Modena — chiederei sicuramente che gli indennizzi per le prime case e per le aziende siano innalzati al 100%, perchè ne abbiamo bisogno per ricostruire. L’80% previsto oggi dalla legge è al di sotto del livello necessario, le aziende e le famiglie non ce la fanno a trovare il denaro per coprire ciò che lo Stato non risarcisce. E se il tetto di copertura non verrà  alzato, qualcuno qui rimarrà  indietro. Invece non deve rimanere indietro nessuno. Chi andrà  al governo dovrà  farsene carico”.
Anche perchè cittadini e imprese dovranno attendere ancora per ricevere risposta alle richieste di risarcimento presentate, almeno l’anno nuovo.
Si parla di gennaio 2013, “ma siamo preoccupati”, raccontano gli abitanti della bassa.
Che a Natale si trovano a dover fare i conti con le tasse, con la disoccupazione, la cassa integrazione.
“La situazione qui è ancora molto difficile — racconta Alessandro Braida di Finale Emilia — anche se la gente si dà  da fare ci sono un sacco di problemi. Quello di aver dovuto pagare tasse e Imu, acconto più saldo, tutto in una volta, ha messo in ginocchio molte famiglie. Ci ha svuotato le tasche. Ci sono tanti che, sebbene non abbiano avuto danni tali da rendere inagibile la propria abitazione, hanno speso o dovranno spendere diverse migliaia di euro di tasca propria per ricostruire, senza pensare di poter recuperare alcunchè. Senza contare poi la svalutazione che gli immobili hanno subito in seguito al sisma”.
Dei soldi se ne parla molto ma ancora dobbiamo vedere un centesimo — chiarisce Federica Battaglia, titolare di una merceria in centro a Mirandola, uno dei pochi negozi che ha potuto riaprire per le feste — gli unici che sono arrivati provengono da donazioni fatte da persone che si sono sentite toccate da quello che ci è successo.
Ma dallo Stato e dalla Regione giungono solo promesse, dicono che i fondi arriveranno ma ancora non abbiamo ricevuto nulla, solo il Comune ha dato un bonus di 1.000 euro alle attività  che hanno deciso di riaprire in centro”.
Per ora, la ricostruzione “è a carico del cittadino”.
Certo, “c’è la speranza che questi soldi arrivino e tutto si fa sulla base di questa speranza. Vedremo”.
Le promesse, del resto, “non saldano le fatture”, e molte imprese, in attesa dell’arrivo degli aiuti, sono ferme.
“Il lavoro ci sarebbe — racconta una commerciante di Mirandola — ma le aziende sono bloccate perchè se pagano il materiale necessario a riparare i capannoni, poi non ci sono più i soldi per retribuire i dipendenti”.
E il lavoro è forse il regalo più desiderato nell’Emilia post sisma.
“E’ fondamentale, anzi imprescindibile per garantire ai cittadini una vita dignitosa — sottolinea Alberto Silvestri, sindaco di San Felice sul Panaro — dobbiamo sostenere le imprese affinchè possano tornare a produrre con i ritmi presisma, è necessario per poter veramente ricominciare”.
Sotto l’albero degli Emiliani, quindi, quest’anno, più che doni, si trovano speranze. Tra le quali quella, per molti, di tornare a casa.
Per questo in quasi tutti i comuni del ‘cratere’ si lavora, giorno e notte, per montare i 920 moduli abitativi temporanei da destinare alle persone ancora sfollate. 3.500 circa, di cui 1.900 ospitate in strutture alberghiere.
San Possidonio è la prima ad aver ultimato i due quartieri di casette prefabbricate, uno al Forcello e uno in via Federzoni, previste per dare un tetto a 210 sfollati, che il 29 maggio hanno dovuto lasciare la propria abitazione.
E in queste ore le prime 73 famiglie stanno entrando ‘in casa’.
“Abbiamo fatto il possibile affinchè le soluzioni abitative fossero pronte entro Natale perchè queste famiglie, che hanno perso la casa, da sette mesi vivono in soluzioni di ripiego ed era giusto che rientrassero in città  quanto prima — racconta Accorsi — le casette sono completamente arredate, con bagno, cucina, tv, divano. Le famiglie hanno stipulato un contratto gratuito di 18 mesi, rinnovabile, e speriamo di riuscire a ricostruire le abitazioni entro i prossimi due anni”.
“Sarà  un Natale difficile, malinconico”, scrivono sul web gli abitanti del ‘cratere’ “chiediamo solo di non essere dimenticati, di poter ricostruire le nostre case, riprendere a lavorare. Ma da soli non possiamo farcela”. “Chiunque andrà  al governo deve ricordarlo”.

Annalisa Dall’Oca
(da “il Fatto Quotidiano“)

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IN PIEMONTE COTA SI VENDE ANCHE GLI OSPEDALI (CON CONFLITTO D’INTERESSE ANNESSO)

Dicembre 24th, 2012 Riccardo Fucile

PER FAR FRONTE A UN DEBITO DI 1,6 MILIARDI, LA REGIONE CARTOLARIZZA GLI EDIFICI PUBBLICI… MA AFFIDA IL PROGETTO A UN UOMO FIAT, MEMBRO DEL CDA DI UN GRANDE FONDO IMMOBILIARE, AMICO DEL GOVERNATORE ESPERTO NEL REGGERE PORTACENERI

Non bastava un esperto qualunque per risollevare le sorti di una Regione in default finanziario.
Ed è per questo che, nonostante un debito di 1,6 miliardi di euro (ma che potrebbe anche essere di più) la Regione Piemonte ha affidato l’incarico di consulenza a Ferruccio Luppi, brillante amico del governatore Roberto Cota e dell’assessore alla Sanità , Paolo Monferino, tutti vicini al gruppo Fiat-Agnelli. Una consulenza “altamente professionale” per cui l’Ente avrà  sborsato (al 31 dicembre 2012, termine di scadenza del contratto) 100 mila euro. L’operazione di finanza creativa, di tremontiana memoria, in effetti è complessa.
Perchè riguarda la vendita del patrimonio immobiliare della Regione, comprese le proprietà  di Aziende ospedaliere e Asl.
Con grandi operazioni di ingegneria finanziaria gli ospedali presto non solo dovranno cedere il loro patrimonio immobiliare ma pagheranno anche l’affitto al fondo che sarà  istituito dalla Regione e il patrimonio sarà  gestito da un’altra società  esterna. I contorni di questa vicenda sono emblematici e lasciano qualche perplessità , sia per quanto riguarda la nomina di Luppi, sia per le modalità  in cui verrà  gestita la vendita del patrimonio.
A Luppi, il governatore ha affidato l’incarico di collaborazione per essere supportato, come si evince dalla delibera del 16 gennaio 2012, “nelle funzioni di coordinamento dell’esecutivo regionale, in ordine alle scelte strategiche di sostegno allo sviluppo economico, riferite sia alla ristrutturazione del debito, sia alla cessione di partecipazioni, nonchè alla valorizzazione immobiliare ed alla gestione del patrimonio”.
La carriera del consulente “esperto”, così come si legge sul giornale locale “Lo Spiffero”, ha inizio nella Ifil degli Agnelli.
Nel 1997 è passato alla Worms, holding di partecipazioni quotata alla Borsa a Parigi (controllata dalla stessa Ifil).
Ha gestito le finanze alla Fiat e poi qualche collaborazione anche in Ferrari e Cnh. Nel 2009 è entrato nel direttorio di Gènèrale de Santè, il gruppo ospedaliero francese leader nel settore della sanità  privata.
Oggi è membro del cda del più grande ente di gestione fondi immobiliari (Idea-Fimit). Se non è un conflitto d’interessi suona quantomeno strano.
Cota, con il lancio di due fondi immobiliari pensa di portare in tempi rapidi nelle casse regionali circa 600 milioni di euro.
La ratio dell’iniziativa è semplice: la Regione raccoglie immobili sui quali può esprimere anche una valutazione, si costituisce un fondo, si affida a una Sgr (società  di gestione del risparmio) la quale, nel momento in cui acquisisce la disponibilità  del patrimonio, anticipa all’Ente subito una somma (600 milioni, appunto).
Nel primo fondo, definito Fondo immobiliare regionale (Fir) dovrebbero confluire beni per oltre 500 milioni di euro.
Metà  dal nuovo palazzo della Regione, la quota che resta in carico alla Regione è di 1/3 mentre 2/3 vanno ad “investitori terzi” (fondi pensioni, assicurazioni).
Tutto bene a parte il fatto che non è chiaro quale valore reale si possa assegnare a un bene che non è di proprietà , dato che il nuovo palazzo della Regione è un “leasing in costruendo”. Il fondo avrà  una durata ventennale e potrà  indebitarsi per 200 milioni.
Le quote di partecipazione saranno del 33% della Regione e del 66% di investitori privati.
Nel secondo fondo, definito Fondo immobiliare sanitario (Fis), confluiranno immobili degli ospedali per un miliardo di valore, avrà  durata venticinquennale, potrà  indebitarsi per 350 milioni e le quote di partecipazione saranno del 66% delle aziende ospedaliere e del 33% di investitori terzi (identificati come investitori etici, quindi fondazioni bancarie, fondi pensione). Il secondo fondo comprende pure gli immobili ospedalieri destinati all’attività  di ricovero.
Cioè vengono tolte alle Aziende sanitarie le proprietà  e l’ospedale dovrà  pure pagare l’affitto al fondo. In questo caso non è chiaro a chi verrà  affidata la gestione degli immobili.
Probabilmente, per proseguire sulla scia della privatizzazione dei servizi, così come sta avvenendo già  con altri provvedimenti in campo sanitario, a grosse società  o multiservizi.
E sempre ai privati si potranno assegnare servizi quali, manutenzione, edilizia, pulizie.
Non è detto che con queste operazioni la Regione riesca a far cassa, specie se non bada a spese quando deve scegliere gli uomini che affiancano il governatore o società  esterne che gestiscono in maniera manageriale anche la sanità .
È certo che seminerà  indebitamenti e mutui per 20 anni. E i provvedimenti sono inderogabili.

Angela Corica
(da “il Fatto Quotidiano“)

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DA GILETTI BERLUSCONI HA PURE SPARATO LA BUFALA FINALE COMPLETAMENTE FALSA: “A UN OPERAIO LE TASSE DI MONTI SONO COSTATE 2.500 EURO”

Dicembre 24th, 2012 Riccardo Fucile

UN DATO INVENTATO, LO STUDIO DELLA CGIA DI MESTRE DICEVA BEN ALTRO: LA CIFRA E’ DI 400 EURO E DERIVA IN GRAN PARTE DALLE TASSE IMPOSTE DAL GOVERNO BERLUSCONI

Finale con bufala per la movimentata apparizione di Silvio Berlusconi all’”Arena” di Domenica in, presentata da Massimo Giletti.
A tempo scaduto, Berlusconi ha voluto giocare l’ultima carta, affermando il governo Monti ha tolto “2.500 euro a famiglia”.
Quindi, ha spiegato, alla “famiglia di un operaio che guadagna 1.250 euro al mese ha tolto due mensilità  per spese in più”.
Un finale col botto anti-Monti, al termine di una breve intervista durante la quale il Cavaliere si è alterato e ha minacciato di lasciare lo studio di fonte alle domande del giornalista.
Berlusconi, come suo solito, non ha citato la fonte del dato.
Ma 2.500 euro a famiglia è esattamente l’impatto della manovra “salva Italia” del governo tecnico varata nel dicembre 2011, secondo la stima dell’autorevole ufficio studi della Cgia di Mestre.
Tutto vero, allora? Solo all’apparenza.
Per prima cosa, i 2.500 euro rappresentano l’impatto medio della manovra, che dunque è minore per i redditi più bassi, come quelli di un operaio.
Ma questo è il meno: la cifra, dice la Cgia, è spalmata non su uno ma su tre anni, nel periodo 2012-2014, dettaglio decisivo che Berlusconi ha omesso. Sempre stangata è, ma un anno o tre fa una bella differenza.
Non è finita.
La Cgia ha stimato in 62,9 miliardi il costo complessivo del “salva Italia” per le famiglie italiane.
Ecco che cosa ha dichiarato allora il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi: “Se agli effetti economici della manovra Monti aggiungiamo anche quelli esplicati dalle due manovre d’estate redatte quest’anno dal Governo Berlusconi, l’ effetto complessivo, nel periodo 2011-2014, sale a addirittura a 208 miliardi di euro. Pertanto, il costo che ogni nucleo familiare dovrà  farsi carico nel quadriennio 2011-2014, sarà  pari a 8.266 euro, poco più di 2.000 euro all’anno”.
Se la matematica non è un’opinione, alle famiglie italiane Berlusconi è costato più di Monti.
Che di bufala berlusconiana si tratti è confermato ulteriormente dalle stime diffuse dalla stessa Cgia di Mestre pochi giorni fa, aggiornate con le novità  fiscali del 2012.
L’associazione propone degli scenari divisi per tipo di contribuente.
E l’operaio citato da Berlusconi — per giunta senza famiglia a carico — non paga affatto “2.500 euro”, ma circa 400 euro in più all’anno.
Ma il Cavaliere ha voluto aggiungerci un tocco di classe: prima di lanciare la sua bufala, ha esortato gli italiani “a non lasciarsi incantare dai pareri che vengono dati a destra e a sinistra”, e a guardare invece “cifre e dati”.
Il grande falsario ha colpito ancora.

(da “il Fatto Quotidiano“)

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QUESTA CI MANCAVA: A VERONA ERANO MILITANTI DI FORZA NUOVA QUELLI CHE ASSALTARONO A FEBBRAIO IL CIRCOLO DI CASAPOUND

Dicembre 24th, 2012 Riccardo Fucile

LA SPEDIZIONE PUNITIVA CONTRO IL CIRCOLO CUTTY SARK PER L’EGEMONIA DELLA   STESSA AREA… VI FURONO DUE FERITI

Sarebbe una questione tutta interna alla estrema destra i cui esponenti, alla ricerca di voti e consenso soprattutto fra le fasce più giovani della popolazione, stanno dando vita a una “battaglia” senza esclusione di colpi. Questa, secondo quanto riportato dal quotidiano L’Arena, la convinzione dei carabinieri che stanno indagando sull’assalto avvenuto nella notte tra il 17 e 18 febbraio nel circolo Casapound “Cutty Sark” di via Poloni a Verona, durante il quale la sede del locale è stata devastata e due persone sono rimaste ferite.
Secondo gli inquirenti gli autori del blitz punitivo a suon di bastonate e pugni sarebbero una quindicina di non ancora identificati soggetti appartenenti al movimento di estrema destra Forza Nuova.
Indagine per niente facile quella che da dieci mesi stanno portando avanti i militari dell’Arma, che si sono dovuti continuamente scontrare con un muro di gomma.
Testimoni che non parlano, vittime dell’assalto che minimizzano, nessuna presa di posizione ufficiale da parte del Movimento di estrema destra Casapound.
Addirittura se non fosse stato per i residenti vicino al circolo, che hanno allertato i carabinieri svegliati in piena notte da urla e rumori molesti riconducibili alla devastazione in atto ne locale, è probabile che nessuna delle cinque persone all’interno del circolo a quell’ora avrebbe mai denunciato il fatto.
Ma proprio questo alone di mistero, questa reticenza a parlare anche da parte di chi ha preso le botte, fin da subito ha fatto affermare agli inquirenti che in quest’episodio c’era qualcosa di strano.
Ma come sono andate le cose quella notte di febbraio?
Era mezzanotte e mezza.
All’interno del locale di via Poloni c’erano soltanto cinque persone, compreso il barista.
Qualcuno suona alla porta e proprio quest’ultimo va ad aprire beccandosi immediatamente un pugno in faccia come biglietto da visita.
Messo fuori uso il barista il gruppetto di quindici persone, armato di bastoni e spranghe, entra e inizia a spaccare tutto.
A farne le spese, oltre agli arredi del locale, anche due ragazzi presenti al momento dell’aggressione: uno è il barista, che prende un diretto sul volto, l’altro un simpatizzante di Casapound che rimedia una ferita sul collo.
Ma nessuno dei due si rivolge al pronto soccorso per farsi medicare.
Esaurita la spedizione il gruppetto, senza proferire parola, esce dalla sede e si dilegua nella notte.
I pochi testimoni che hanno visto qualcosa parlano di persone con abbigliamenti non riconducibili a qualche formazione politica in particolare. Dopo mesi di indagini i carabinieri, che non hanno mai abbassato la guardia sull’episodio ritenendolo gravissimo e riconducibile a una non ben identificata “strategia della tensione” in perfetto stile anni di piombo, sono arrivati a una prima conclusione: ad entrare in quel circolo e a devastarlo, ferendo due persone, è stato un gruppo di 15 persone appartenenti al movimento Forza Nuova.
E ci sarebbe anche il movente.
Da parecchio tempo, infatti, i rapporti fra il movimento di Roberto Fiore e quello che si ispira allo scrittore e poeta Ezra Pound, sono tesi e quest’assalto sarebbe un episodio chiave nella lotta per l’egemonia della destra estrema, alla ricerca di consensi soprattutto fra i giovani.
Sembra infatti che Casapound stia sottraendo voti e consensi a Forza Nuova. E Verona è un buon bacino di consensi per i movimenti di quest’area.
Una conferma ulteriore delle divisioni fra i due schieramenti è arrivata lo scorso primo dicembre.
In occasione della visita a Verona del premier Mario Monti, Forza Nuova e Casapound hanno dato vita a due cortei di protesta separati e controllati a vista dalla polizia, preoccupata che i due gruppi neofascisti venissero a contatto.
Un altro segnale di tensione che potrebbe portare a nuovi episodi violenti.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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AGENDA MONTI, ECCO IL MANIFESTO POLITICO DEL PROFESSORE; DALLA LOTTA ALLA CASTA ALLE RIDUZIONE DELLE TASSE

Dicembre 24th, 2012 Riccardo Fucile

LEGGE ANTICORRUZIONE E RITORNO DEL FALSO IN BILANCIO…MENO SOLDI PUBBLICI AI PARTITI E TRASPARENZA… FISCO PIU’ SEMPLICE

Meno soldi pubblici ai partiti, più trasparenza nella gestione dei fondi.
Un ritorno alla carica su legge anticorruzione e falso in bilancio. Nessun passo indietro sulla riforma del lavoro.
Spesa pubblica sì, ma per la crescita economica e solo dopo aver tagliato gli sprechi.
Un fisco più semplice ed equo e lotta all’evasione fiscale, anche se la riduzione delle tasse è sottoposta alle “condizioni” che si verificheranno.
E una nuova legge elettorale, subito.
Ecco finalmente il testo integrale dell’”Agenda Monti“, il documento che il Presidente del consiglio uscente propone come faro illuminante della prossima legislature e come condizione per accettare (“su richiesta”) un ritorno a Palazzo Chigi nel caso le urne non restituissero un vincitore netto, soprattutto per quanto riguarda la maggioranza al Senato, dove Monti gode di una scranno a vita.
Più che un’”Agenda”, quello di Monti appare come un vero e proprio manifesto, dal quale traspare l’ambizione non solo di indicare un programma, ma di rivoluzionare il modo in cui si fa politica in Italia.
”A quelle forze che manifestassero un’adesione convinta e credibile, sarei pronto a dare il mio apprezzamento e incoraggiamento e, se richiesto, una guida” scrive Monti nella lettera di introduzione del documento, che mette nero su bianco l’annuncio sul suo possibile futuro politico dato nella conferenza stampa di fine anno.
“Mi auguro che le idee contenute nell’agenda possano contribuire ad orientare le forze politiche nel dibattito elettorale dei prossimi mesi e a suscitare energie nuove presenti nella società  civile”.
Questa presa di posizione, precisa, “ovviamente non coinvolge nessuno dei ministri che con me hanno collaborato e di cui sono orgoglioso”.
PARTITI: MENO SOLDI PUBBLICI, PIU’ TRASPARENZA.
”Gli italiani hanno accettato sacrifici economici e sociali molto pesanti, mostrando un elevato senso di responsabilità  civile e di comprensione della gravità  del momento vissuto dal Paese”, si legge nell’Agenda Monti. Devono essere dunque “meno comprensivi verso la cattiva politica e i comportamenti non virtuosi di coloro che hanno responsabilità  politiche, a tutti i livelli. Serve riconciliare la politica con i cittadini per far sì che i cittadini si riconcilino con la politica, mettendo in campo regole chiare e rigorose per l’attività  di partiti e istituzioni, imponendo standard di totale trasparenza e di integrità ”.
Il manifesto del professore definisce “inaccettabili” i “recenti episodi di corruzione e malcostume emersi nelle cronache”.
Che rendono necessaria “una sterzata: la drastica riduzione dei contributi pubblici anche indiretti ai partiti e ai gruppi parlamentari e dei rimborsi elettorali, con l’introduzione di una disciplina di trasparenza dei bilanci con la perfetta tracciabilità  dei finanziamenti privati e una soglia massima per gli stessi contributi”.
E ancora, “chi riveste cariche pubbliche dovrà  dichiarare i propri interessi economici e patrimoniali al momento dell’ingresso in carica e alla fine del suo incarico, in modo da verificare eventuali casi di arricchimento indebito. Va previsto il divieto di cumulo tra indennità  parlamentare e le retribuzioni da altre attività  professionali”.
ANTICORRUZIONE E FALSO IN BILANCIO
L’”agenda” non si occupa solo di moralità  pubblica: “Deve ora essere impostata una azione generale di rafforzamento del principio di legalità  e trasparenza e di condanna dell’illegalità ”.
Per farlo, “va introdotta una coerente disciplina del falso in bilancio e completata la normativa sull’anticorruzione, l’antiriciclaggio e l’autoriciclaggio. Va rivista la riduzione dei termini di prescrizione per garantire in modo più adeguato l’azione di prevenzione e contrasto di diversi gravi reati”.
NUOVA LEGGE ELETTORALE
”Il primo atto del nuovo Parlamento deve essere la riforma della legge elettorale, così da restituire ai cittadini la scelta effettiva dei governi e dei componenti delle Camere”, si legge nell’agenda Monti.
LAVORO, INDIETRO NON SI TORNA.
Secondo l’Agenda, la riforma del mercato del lavoro “rappresenta un passo avanti fondamentale del nostro Paese verso un modello di flessibilità  e sicurezza vicino a quello vincente realizzato nei Paesi scandinavi e dell’Europa del Nord”.
Ma, aggiunge, la modernizzazione del mercato del lavoro italiano richiederà  inoltre di intervenire innanzitutto per “una drastica semplificazione normativa e amministrativa in materia di lavoro.
Un corpus di regole più semplice, più snello, che non sia una barriera, ma una carta da giocare con chi vuole investire e creare lavoro nel Paese. Senza perdere niente in garanzie di sicurezza dei lavoratori o tutela dei diritti”.
Secondo Monti, occorrerà  superare “il dualismo tra lavoratori sostanzialmente dipendenti protetti e non protetti.
Bisognerà  “ridurre a un anno al massimo il tempo medio del passaggio da un’occupazione all’altra rendendo più fluido e sicuro il passaggio dei lavoratori dalle imprese in crisi o comunque meno produttive a quelle più produttive o comunque in fase di espansione”.
Sarà  necessario “coniugare il massimo possibile di flessibilità  delle strutture produttive con il massimo possibile di sicurezza economica e professionale dei lavoratori nel mercato del lavoro”.
Infine, si dovrà  lavorare per “spostare verso i luoghi di lavoro il baricentro della contrattazione collettiva, favorendo il collegamento di una parte maggiore delle retribuzioni alla produttività  o alla redditività  delle aziende attraverso forme di defiscalizzazione, come avvenuto nell’accordo firmato dalle parti sociali nell’ottobre scorso”.
GIOVANI, UN PIANO PER L’OCCUPAZIONE.
“I giovani sono stati al centro di molte misure adottate dal governo. Bisogna rilanciare con un Piano occupazione giovanile con incentivi a sostegno della formazione e dell’inserimento nel mercato del lavoro e con forme di detassazione per chi assume lavoratori tra i 18 e i 30 anni”.
PIU’ INVESTIMENTI PUBBLICI, MA PER LA CRESCITA.
“Se la corsa della spesa pubblica non viene fermata e la dinamica del debito non è invertita, il Paese non può ripartire”, è l’analisi contenuta nell’agenda di Monti.
“Ma i tagli devono avvenire in modo intelligente e selettivo. Spending review non vuol dire solo ‘meno spesa’, ma ‘migliore spesa’.
Vuol dire eliminare ciò che non è efficace o non ha ragioni di essere mantenuto e creare spazi per la spesa che produce crescita.
E’ necessario creare gli spazi per aumentare gli investimenti pubblici per la crescita e l’occupazione, invertendo il trend discendente di questi ultimi anni”.
Perchè secondo il professore “la crescita si può costruire solo su finanze pubbliche sane”.
Si possono “anche criticare obblighi europei, e anche il governo le ha criticate, per certi aspetti, ma bisogna ricordare che esse sono oggi il test della credibilità  della politica fiscale seguita dagli Stati che devono rientrare da un debito eccessivo.
Bisogna rovesciare la prospettiva e prendere il quadro europeo come lo stimolo a cercare la crescita dove essa è veramente, nelle innovazioni, nella maggiore produttività , nella eliminazione di sprechi”
FISCO PIU’ SEMPLICE ED EQUO.
Sul fronte fiscale, spiega il documento, “servono meccanismi di misurazione della ricchezza oggettivi e tali da non causare fughe di capitali. In questo modo”, afferma l’Agenda, “il fisco diventa strumento per perseguire anche obiettivi di maggiore equità  nella distribuzione del peso dell’aggiustamento. Bisogna inoltre realizzare un nuovo Patto tra fisco e contribuenti per un fisco più semplice, più equo e più orientato alla crescita. Seguendo l’impostazione tracciata dalla legge delega in materia fiscale, il cui esame non è stato completato dal Parlamento, occorre riformare il sistema tributario”.
MENO TASSE (SE POSSIBILE).
Su questo fronte, Monti rivendica i risultati ottenuti in un anno di governo e lascia intravedere la possibilità  di una riduzione delle tasse: “L’aggiustamento fiscale compiuto quest’anno a prezzo di tanti sacrifici degli italiani ha impresso una svolta”.
Con l’avanzo primario raggiunto,” il debito è posto su un sentiero di riduzione costante a partire dal prossimo anno. Per questo, se si tiene la rotta, ridurre le tasse diventa possibile. Per la prossima legislatura occorre un impegno, non appena le condizioni generali lo consentiranno, a ridurre il prelievo fiscale complessivo, dando la precedenza alla riduzione del carico fiscale gravante su lavoro e impresa”.
L’obiettivo potrà  essere raggiunto anche attraverso la redistribuzione del reddito. “Questa va comunque perseguita anche trasferendo il carico corrispondente su grandi patrimoni e sui consumi che non impattano sui più deboli e sul ceto medio“.
ANCORA LOTTA ALL’EVASIONE.
“In questo anno è stata fatta una lotta all’evasione fiscale profonda, che ha raccolto 13 miliardi di maggiori entrate. E’ una questione di finanza pubblica. E’ una questione di legalità .
E’ una questione di equità ”.
E’ quanto si legge nell’Agenda Monti, secondo cui “chi froda il fisco mette le mani nelle tasche dello Stato e riduce i servizi che esso può fornire a tutti i cittadini.
L’azione di contrasto all’evasione fiscale deve però essere proseguita attraverso interventi finalizzati a identificare innanzitutto le grandi aree di illegalità . E’ inoltre essenziale introdurre meccanismi di tracciabilità  dei pagamenti”.
SCUOLA, INVESTIRE SU CAPITALE UMANO.
Sul fronte dell’istruzione ”c’è bisogno di invertire la rotta”.
L’Agenda Monti si prefigge di “rompere uno schema culturale per cui il valore dello studio e della ricerca e il significato della professione di insegnante sono stati mortificati.
Gli insegnanti devono essere rimotivati e il loro contributo riconosciuto, investendo sulla qualità . Il modello organizzativo — si legge nel programma messo a punto dal premier — deve cambiare puntando su autonomia e responsabilità  come principi fondanti”. In tema di valutazione, “da subito occorre completare e rafforzare il nuovo sistema di valutazione centrato su Invalsi e Indire, basato su indici di performance oggettivi e calibrati sulle caratteristiche del bacino di utenza e dei livelli di entrata degli studenti”.
Occorre inoltre “inserire con gradualità  meccanismi di incentivazione dei dirigenti scolastici basati sulla valutazione del rendimento della struttura ad essi assegnata, e degli insegnanti, ad esempio attraverso un premio economico annuale agli insegnanti che hanno raggiunto i migliori risultati”. Man mano che riduce il debito pubblico e si tagliano le spese inutili, conclude l’Agenda del professore, “possiamo creare nuovi spazi per investimenti nell’istruzione.
La priorità  dei prossimi cinque anni è fare un piano di investimenti in capitale umano“.

(da “il Fatto Quotidiano“)

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AGENDA MONTI, ECCO IL MANIFESTO POLITICO DEL PROFESSORE: DALLA LOTTA ALLA CASTA ALLE RIDUZIONE DELLE TASSE

Dicembre 24th, 2012 Riccardo Fucile

LEGGE ANTICORRUZIONE E RITORNO DEL FALSO IN BILANCIO…MENO SOLDI PUBBLICI AI PARTITI E TRASPARENZA… FISCO PIU’ SEMPLICE

Meno soldi pubblici ai partiti, più trasparenza nella gestione dei fondi.
Un ritorno alla carica su legge anticorruzione e falso in bilancio. Nessun passo indietro sulla riforma del lavoro.
Spesa pubblica sì, ma per la crescita economica e solo dopo aver tagliato gli sprechi.
Un fisco più semplice ed equo e lotta all’evasione fiscale, anche se la riduzione delle tasse è sottoposta alle “condizioni” che si verificheranno.
E una nuova legge elettorale, subito.
Ecco finalmente il testo integrale dell’”Agenda Monti“, il documento che il Presidente del consiglio uscente propone come faro illuminante della prossima legislature e come condizione per accettare (“su richiesta”) un ritorno a Palazzo Chigi nel caso le urne non restituissero un vincitore netto, soprattutto per quanto riguarda la maggioranza al Senato, dove Monti gode di una scranno a vita.
Più che un’”Agenda”, quello di Monti appare come un vero e proprio manifesto, dal quale traspare l’ambizione non solo di indicare un programma, ma di rivoluzionare il modo in cui si fa politica in Italia.
”A quelle forze che manifestassero un’adesione convinta e credibile, sarei pronto a dare il mio apprezzamento e incoraggiamento e, se richiesto, una guida” scrive Monti nella lettera di introduzione del documento, che mette nero su bianco l’annuncio sul suo possibile futuro politico dato nella conferenza stampa di fine anno.
“Mi auguro che le idee contenute nell’agenda possano contribuire ad orientare le forze politiche nel dibattito elettorale dei prossimi mesi e a suscitare energie nuove presenti nella società  civile”.
Questa presa di posizione, precisa, “ovviamente non coinvolge nessuno dei ministri che con me hanno collaborato e di cui sono orgoglioso”.
PARTITI: MENO SOLDI PUBBLICI, PIU’ TRASPARENZA.
”Gli italiani hanno accettato sacrifici economici e sociali molto pesanti, mostrando un elevato senso di responsabilità  civile e di comprensione della gravità  del momento vissuto dal Paese”, si legge nell’Agenda Monti. Devono essere dunque “meno comprensivi verso la cattiva politica e i comportamenti non virtuosi di coloro che hanno responsabilità  politiche, a tutti i livelli. Serve riconciliare la politica con i cittadini per far sì che i cittadini si riconcilino con la politica, mettendo in campo regole chiare e rigorose per l’attività  di partiti e istituzioni, imponendo standard di totale trasparenza e di integrità ”.
Il manifesto del professore definisce “inaccettabili” i “recenti episodi di corruzione e malcostume emersi nelle cronache”.
Che rendono necessaria “una sterzata: la drastica riduzione dei contributi pubblici anche indiretti ai partiti e ai gruppi parlamentari e dei rimborsi elettorali, con l’introduzione di una disciplina di trasparenza dei bilanci con la perfetta tracciabilità  dei finanziamenti privati e una soglia massima per gli stessi contributi”.
E ancora, “chi riveste cariche pubbliche dovrà  dichiarare i propri interessi economici e patrimoniali al momento dell’ingresso in carica e alla fine del suo incarico, in modo da verificare eventuali casi di arricchimento indebito. Va previsto il divieto di cumulo tra indennità  parlamentare e le retribuzioni da altre attività  professionali”.
ANTICORRUZIONE E FALSO IN BILANCIO
L’”agenda” non si occupa solo di moralità  pubblica: “Deve ora essere impostata una azione generale di rafforzamento del principio di legalità  e trasparenza e di condanna dell’illegalità ”.
Per farlo, “va introdotta una coerente disciplina del falso in bilancio e completata la normativa sull’anticorruzione, l’antiriciclaggio e l’autoriciclaggio. Va rivista la riduzione dei termini di prescrizione per garantire in modo più adeguato l’azione di prevenzione e contrasto di diversi gravi reati”.
NUOVA LEGGE ELETTORALE
”Il primo atto del nuovo Parlamento deve essere la riforma della legge elettorale, così da restituire ai cittadini la scelta effettiva dei governi e dei componenti delle Camere”, si legge nell’agenda Monti.
LAVORO, INDIETRO NON SI TORNA.
Secondo l’Agenda, la riforma del mercato del lavoro “rappresenta un passo avanti fondamentale del nostro Paese verso un modello di flessibilità  e sicurezza vicino a quello vincente realizzato nei Paesi scandinavi e dell’Europa del Nord”.
Ma, aggiunge, la modernizzazione del mercato del lavoro italiano richiederà  inoltre di intervenire innanzitutto per “una drastica semplificazione normativa e amministrativa in materia di lavoro.
Un corpus di regole più semplice, più snello, che non sia una barriera, ma una carta da giocare con chi vuole investire e creare lavoro nel Paese. Senza perdere niente in garanzie di sicurezza dei lavoratori o tutela dei diritti”.
Secondo Monti, occorrerà  superare “il dualismo tra lavoratori sostanzialmente dipendenti protetti e non protetti.
Bisognerà  “ridurre a un anno al massimo il tempo medio del passaggio da un’occupazione all’altra rendendo più fluido e sicuro il passaggio dei lavoratori dalle imprese in crisi o comunque meno produttive a quelle più produttive o comunque in fase di espansione”.
Sarà  necessario “coniugare il massimo possibile di flessibilità  delle strutture produttive con il massimo possibile di sicurezza economica e professionale dei lavoratori nel mercato del lavoro”.
Infine, si dovrà  lavorare per “spostare verso i luoghi di lavoro il baricentro della contrattazione collettiva, favorendo il collegamento di una parte maggiore delle retribuzioni alla produttività  o alla redditività  delle aziende attraverso forme di defiscalizzazione, come avvenuto nell’accordo firmato dalle parti sociali nell’ottobre scorso”.
GIOVANI, UN PIANO PER L’OCCUPAZIONE.
“I giovani sono stati al centro di molte misure adottate dal governo. Bisogna rilanciare con un Piano occupazione giovanile con incentivi a sostegno della formazione e dell’inserimento nel mercato del lavoro e con forme di detassazione per chi assume lavoratori tra i 18 e i 30 anni”.
PIU’ INVESTIMENTI PUBBLICI, MA PER LA CRESCITA.
“Se la corsa della spesa pubblica non viene fermata e la dinamica del debito non è invertita, il Paese non può ripartire”, è l’analisi contenuta nell’agenda di Monti.
“Ma i tagli devono avvenire in modo intelligente e selettivo. Spending review non vuol dire solo ‘meno spesa’, ma ‘migliore spesa’.
Vuol dire eliminare ciò che non è efficace o non ha ragioni di essere mantenuto e creare spazi per la spesa che produce crescita.
E’ necessario creare gli spazi per aumentare gli investimenti pubblici per la crescita e l’occupazione, invertendo il trend discendente di questi ultimi anni”.
Perchè secondo il professore “la crescita si può costruire solo su finanze pubbliche sane”.
Si possono “anche criticare obblighi europei, e anche il governo le ha criticate, per certi aspetti, ma bisogna ricordare che esse sono oggi il test della credibilità  della politica fiscale seguita dagli Stati che devono rientrare da un debito eccessivo.
Bisogna rovesciare la prospettiva e prendere il quadro europeo come lo stimolo a cercare la crescita dove essa è veramente, nelle innovazioni, nella maggiore produttività , nella eliminazione di sprechi”
FISCO PIU’ SEMPLICE ED EQUO.
Sul fronte fiscale, spiega il documento, “servono meccanismi di misurazione della ricchezza oggettivi e tali da non causare fughe di capitali. In questo modo”, afferma l’Agenda, “il fisco diventa strumento per perseguire anche obiettivi di maggiore equità  nella distribuzione del peso dell’aggiustamento. Bisogna inoltre realizzare un nuovo Patto tra fisco e contribuenti per un fisco più semplice, più equo e più orientato alla crescita. Seguendo l’impostazione tracciata dalla legge delega in materia fiscale, il cui esame non è stato completato dal Parlamento, occorre riformare il sistema tributario”.
MENO TASSE (SE POSSIBILE).
Su questo fronte, Monti rivendica i risultati ottenuti in un anno di governo e lascia intravedere la possibilità  di una riduzione delle tasse: “L’aggiustamento fiscale compiuto quest’anno a prezzo di tanti sacrifici degli italiani ha impresso una svolta”.
Con l’avanzo primario raggiunto,” il debito è posto su un sentiero di riduzione costante a partire dal prossimo anno. Per questo, se si tiene la rotta, ridurre le tasse diventa possibile. Per la prossima legislatura occorre un impegno, non appena le condizioni generali lo consentiranno, a ridurre il prelievo fiscale complessivo, dando la precedenza alla riduzione del carico fiscale gravante su lavoro e impresa”.
L’obiettivo potrà  essere raggiunto anche attraverso la redistribuzione del reddito. “Questa va comunque perseguita anche trasferendo il carico corrispondente su grandi patrimoni e sui consumi che non impattano sui più deboli e sul ceto medio“.
ANCORA LOTTA ALL’EVASIONE.
“In questo anno è stata fatta una lotta all’evasione fiscale profonda, che ha raccolto 13 miliardi di maggiori entrate. E’ una questione di finanza pubblica. E’ una questione di legalità .
E’ una questione di equità ”.
E’ quanto si legge nell’Agenda Monti, secondo cui “chi froda il fisco mette le mani nelle tasche dello Stato e riduce i servizi che esso può fornire a tutti i cittadini.
L’azione di contrasto all’evasione fiscale deve però essere proseguita attraverso interventi finalizzati a identificare innanzitutto le grandi aree di illegalità . E’ inoltre essenziale introdurre meccanismi di tracciabilità  dei pagamenti”.
SCUOLA, INVESTIRE SU CAPITALE UMANO.

Sul fronte dell’istruzione ”c’è bisogno di invertire la rotta”.
L’Agenda Monti si prefigge di “rompere uno schema culturale per cui il valore dello studio e della ricerca e il significato della professione di insegnante sono stati mortificati.
Gli insegnanti devono essere rimotivati e il loro contributo riconosciuto, investendo sulla qualità . Il modello organizzativo — si legge nel programma messo a punto dal premier — deve cambiare puntando su autonomia e responsabilità  come principi fondanti”. In tema di valutazione, “da subito occorre completare e rafforzare il nuovo sistema di valutazione centrato su Invalsi e Indire, basato su indici di performance oggettivi e calibrati sulle caratteristiche del bacino di utenza e dei livelli di entrata degli studenti”.
Occorre inoltre “inserire con gradualità  meccanismi di incentivazione dei dirigenti scolastici basati sulla valutazione del rendimento della struttura ad essi assegnata, e degli insegnanti, ad esempio attraverso un premio economico annuale agli insegnanti che hanno raggiunto i migliori risultati”. Man mano che riduce il debito pubblico e si tagliano le spese inutili, conclude l’Agenda del professore, “possiamo creare nuovi spazi per investimenti nell’istruzione.
La priorità  dei prossimi cinque anni è fare un piano di investimenti in capitale umano“.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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GIAMPAOLO PANSA: “SILVIO E’ DIVENTATO IL NONNO DI GRILLO”

Dicembre 24th, 2012 Riccardo Fucile

CERCA DI IMITARLO MA ORMAI E’ TEMPO CHE SI RITIRI DALLE SCENE

Silvio Berlusconi sembra diventato il nonno di Beppe Grillo.
E ogni giorno, per un sortilegio che cercherò di spiegare, tende sempre di più ad assomigliare al nipote. Non dal punto di vista fisico, naturalmente.
Il Cavaliere è ben più anziano del capo delle Cinque Stelle. E ha un aspetto che l’incalzare dell’età , le tante ore di lavoro quotidiano indefesso, gli strapazzi pubblici e privati, rendono davvero poco bello a vedersi.
Come tutti gli esseri umani che cercano il consenso popolare, Berlusconi è sempre stato molto attento alla propria faccia.
La voleva perfetta, giovanile, attraente, persino sexy. Ma oggi il suo volto è un disastro. Coperta in eccesso dal cerone, la pelle sembra di cartapesta. Gli occhi sono ridotti a fessure dentro una maschera troppo tesa allo scopo di nascondere le zampe di gallina.
Le orecchie risultano tanto diafane da apparire ali di farfalla. I denti sono rovinati e rendono pericolosi i sorrisi.
Diciamo la verità : Grillo non è più un ragazzo, ma sembra davvero il nipote del Cavaliere.
Questa estate ha persino attraversato a nuoto lo stretto di Messina per comiziare in Sicilia.
Ma allora in che cosa Silvio è identico a Beppe? Soprattutto nella voglia di mostrarsi uguale a lui.
Lo dice il populismo berlusconiano, greve, pesante, cupo, un’imitazione di quello grillino, più fantasioso e goliardico.
Berlusconi è sempre stato affascinato da Grillo.
Nel settembre di quest’anno, partecipando alla crociera dei lettori del Giornale, in un lungo colloquio con Alessandro Sallusti di fronte alla platea dei naviganti, il Cavaliere aveva rivelato di studiare con attenzione i comizi di Grillo.
Li riteneva spettacoli perfetti, con uno schema che non cambiava mai, sorretti da battute sempre uguali.
Secondo Berlusconi era un copione scritto da qualcun altro, però molto efficace. Tanto da convincere Silvio ad adottarlo per farne l’arma vincente della propria campagna elettorale.
Lo spettacolo del Cavaliere crocerista veniva recitato quando la crisi del governo Monti era ancora lontana. Ma sin da quel momento Silvio ha iniziato a presentare il copione che in seguito avrebbe offerto di continuo al pubblico. Lo attestano le pagine del Giornale del 17 settembre.
Via l’Imu, ho abolito l’Ici e toglierò anche la nuova tassa sulle case. Basta con i sacrifici e le imposte che deprimono la crescita. Ribellione ai diktat della Merkel. Guerra all’Europa che ci schiavizza. Condanna dei tecnici che si accucciano davanti alla Germania.
E via delirando, sino a immaginare l’uscita dell’Italia dall’area dell’euro.
La campagna elettorale di oggi è la crociera di settembre, moltiplicata, indurita, rivolta agli italiani che mangiano televisione e vivono con la radio accesa.
È su questi media che il grillismo di Berlusconi appare in tutta la sua geometrica potenza.
Ma svela anche i lati deboli del Cavaliere 2012.
Il Silvio di questa fine d’anno è molto diverso dal Silvio sceso in campo nel 1994 e pure nel 2008.
Adesso è un attore spompato che replica uno show già  visto troppe volte.
È permaloso («Monti non mi ha nemmeno telefonato per ringraziarmi di avergli proposto la guida dei moderati»).
È bugiardo («Sono io che ho chiesto ai popolari europei di invitare Monti»).
È spaccone («Il centro di Casini è soltanto un centrino»).
È vendicativo, perchè si propone di fare polpette dei parlamentari tentati di abbandonarlo.
È insultante («Monti si fa guidare dalla Merkel»).
Ma è soprattutto un leader disperato. Nel 2007 aveva costruito una bomba nucleare, il Pdl, che gli era servita per il trionfo elettorale del 2008.
Quattro anni dopo quell’arma non esiste più.
È diventata un residuato bellico.
Incrinato da molte fughe individuali, come quella di Gianfranco Fini e dei suoi fedeli, e oggi dalla scissione pesante dei Fratelli d’Italia che si portano via una fetta robusta di Alleanza nazionale.
Con il contorno malvagio di sondaggi da funerale.
Tuttavia, credo che la disperazione più profonda del Cavaliere venga dal constatare che la fortuna lo ha abbandonato.
Alla vigilia del 1994, Silvio era un grande imprenditore televisivo rispettato da mezzo mondo.
Aveva un seguito grandioso di tifosi che amavano le sue tivù.
Era portato in palma di mano dall’intera business community, ossia da tanti padroni del vapore.
Oggi è l’ombra di se stesso.
A conferma di una verità  implacabile: non si può essere l’uomo di tutte le stagioni.
A rovinarlo non sono stati soltanto gli eccessi con ragazze pimpanti.
La sua vera sconfitta è l’incapacità  di concretare la rivoluzione liberale sempre promessa e mai attuata. Insieme al vizio innato di non dire la verità , quando gli conviene sostenere il falso.
Molti ricorderanno che cosa affermava nell’autunno 2011, mentre la tempesta globale stava già  assalendo l’Italia: «La crisi non esiste. I ristoranti sono strapieni e gli aerei tutti prenotati».
Adesso è un ex potente, ridotto a mendicare una comparsata da Michele Santoro, il televisionista che impose di cacciare dalla Rai con l’editto bulgaro. La speranza di essere ammesso al talk show santorista svela un’altra delle piaghe che affliggono il berlusconismo odierno.
È l’ideologia debole fondata sull’illusione che le presunte virtù di un capo servano da sole a vincere la guerra elettorale.
Eppure lo stare molto in tivù accresce il rischio di commettere errori.
E induce una noia profonda per un vecchio leader che ripete le stesse battute.
Nel Cavaliere odierno tutto è prevedibile. Si può essere certi che se il premier Monti deciderà  davvero di non candidarsi, Silvio sarà  il primo a urlare: «È merito mio!».
Si affannerà  a spiegare che l’uscita di scena del Professore e dei suoi tecnici è un bene per l’Italia, poichè sono loro ad aver mandato il Paese in recessione.
E troverà  chi è pronto a dargli spago.
Il nostro è un curioso Paese. Dove non mancano quelli che dovrebbero congratularsi con il vigile del fuoco che li ha salvati da un incendio distruttivo e invece si dichiarano felici di veder sparire la squadra dei pompieri.
Monti sì o Monti no, sotto gli occhi di tutti c’è una tragica realtà . Il sistema politico italiano non è più in equilibrio.
Sul versante di sinistra esiste un asse robusto costituito dal Pd di Bersani e dalla Sel di Vendola.
Quel campo sarà  dominato da loro, non certo dagli Arancioni guidati dal fosco pubblico ministero Ingroia.
Il centro, se davvero risulterà  orfano di Monti, è destinato a contare poco.
Sul versante di destra non vedremo nessuna formazione in grado di offrire agli elettori una forza moderata in grado di aspirare al governo.
Ci sarà  il superstite Berlusconi, il partito degli ex An appena fondato da La Russa, la Lega di Maroni, più qualche altra parrocchietta.
Molto lontani da un’alleanza che li unisca per davvero.
Per il Cavaliere sarà  assai difficile vincere.
Si troverà  schiacciato tra le Cinque stelle di Grillo e la sinistra di Bersani. Il blocco del Pd più Sel è simile alla Juventus di Antonio Conte: ha fame di vittoria, la sente vicina e cercherà  di mandare al tappeto tutti gli avversari, con ogni mezzo.
Se davvero andrà  così, le elezioni del 2013 saranno la tomba di Berlusconi.
E allora, forse, il Cavaliere metterà  giudizio.
Dopo tante battaglie, potrà  riposarsi. La sua solitudine personale è finita.
Ha trovato anche una fidanzata molto giovane, evento non disprezzabile per un signore di 76 anni.
Si prenda cura di lei e di se stesso.
Il Bestiario gli augura buona fortuna

Giampaolo Pansa
(da “Libero”)

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IL RE DI ARCORE SCIVOLA IN TV

Dicembre 24th, 2012 Riccardo Fucile

E’ FINITO IL TEMPO DELL’OSSEQUIO

Attenzione sempre al linguaggio del corpo di Silvio Berlusconi, ma specialmente in campagna elettorale.
Premesso che c’è un che di eroico e disperato nel modo e nella vitalità  con cui il Cavaliere affronta questo tour de force televisivo, la novità  che deve suonargli sintomatica e allarmante è che con le dovute e comprensibili eccezioni i conduttori non strisciano più – e se il verbo suona un po’ forte, il fenomeno è così antico che assai prima dell’invenzione del piccolo schermo il barone Paul H. D. d’Holbach, compagno di Diderot all’Enciclopedia, aveva scritto un «Saggio sull’arte di strisciare ad uso dei Cortigiani» (Melangolo, 2009).
Comunque lo si è visto qualche giorno fa con Vespa a Porta a porta e ancora di più ieri pomeriggio con Massimo Giletti a Domenica In.
Entrambi inaspettatamente, o forse no, hanno mostrato un certo piglio, un certo polso, una certa inedita fermezza nei riguardi del Cavaliere; come se volessero mostrare al pubblico che il tempo dell’ossequio è giunto alla fine.
E questo costituisce senz’altro un problema aggiuntivo per un grande leader, ma altrettanto viziato da chi nei talk-show ha sempre cercato di tenerselo buono con inquadrature di favore, fondali accattivanti, applausi in studio, zero interruzioni, ingegni di scena, filmati e testimonianze di supporto, a parte il personale e manifesto favore del conduttore – che poi sono le cose che costruiscono il consenso.
Sta di fatto che Vespa, il quale nel 2008 era arrivato ad annusare la mano del neo presidente trionfatore per coglierne l’eventuale ”odore di santità ”, l’altra sera gli ha anche propinato alcuni personalizzati frammenti dello show di Benigni su cui l’ex premier – non si è capito se informà tone preventivamente – ha dovuto prodursi nel classico buon viso a cattivo gioco.
Ma certo stavolta non avrebbe chiamato Vespa “dottor Fede”, come invece accadde con significativo lapsus a suo tempo.
Mentre ieri la muta e sonante reazione di Berlusconi nei confronti di Giletti ha offerto uno spettacolo nello spettacolo.
Prima è parso di cogliere un palese fastidio con sbuffi, mani sul collo, occhiate di traverso, testa eretta tenuta all’indietro, gambe accavallate e riaccavallate, tutti segni di diffidenza e di chiusura.
Anche il sorriso, pure sollecitato dal conduttore, scopriva i denti, per niente rassicuranti.
L’ex premier come al solito voleva parlare e parlare e parlare, come sempre tutti o quasi gli hanno consentito.
Le solite tirate torrenziali, 10-12-15 minuti, con elencazioni di concetti e di numeri, veri e propri sproloqui al limite del narcotico e perfino anti-televisivi.
Ma solo a lui – ecco il punto – consentiti.
Giletti invece, che pure è un piemontese compito e riguardoso, l’ha interrotto. Una, due, tre volte.
A quel punto il Cavaliere ha fatto finta di abbandonare lo studio di Domenica In come fece effettivamente nel 2006 con Lucia Annunziata.
Si è alzato in piedi, poi si è rimesso a sedere, ma subito dopo si è ancora rialzato, “Me ne vado – ripeteva – me ne vado”.
Un po’ come fanno i venditori alle fiere – e lui, come si legge in “Guzzanti vs Berlusconi” di Paolo Guzzanti (Aliberti, 2010) da giovane ha anche venduto elettrodomestici.
Ma un altro po’ anche perchè sinceramente sorpreso e seccato di aver perso per la prima volta potere e autorità  sul video; e allora ha cercato di riguadagnare un certo tipo di distanza con l’interlocutore sovrastandolo sul piano fisico, tanto che la seconda volta Giletti si è dovuto alzare anche lui perchè Berlusconi continuava a concionare all’impiedi e con le mani giunte – “a guglia”, altro segno di superiorità  – e lui sulla poltroncina.
E sempre che tali faccende abbiano un qualche interesse politico, per non dire collettivo, va da sè che le modalità  e le strategie messe in atto anche inconsapevolmente in questo genere di performance si capiscono molto meglio rivedendo il filmato senza audio, o almeno assegnando alle parole un valore relativo.
In questo senso, e sulla base di quanto scrivono i due psicoterapeuti Allan e Barbara Pease nel loro fondamentale “Perchè mentiamo con gli occhi e ci vergogniamo con i piedi?” (Rizzoli, 2005), la scena più significativa e a suo modo anche spassosa è avvenuta proprio alla fine della trasmissione.
E precisamente quando, dopo una stretta di mano a braccio rigido del genere che gli esperti di body language definiscono “tritaossa” (e a cui attribuiscono 0/10 cioè il massimo di insincerità ) Berlusconi ha allestito una specie di balletto attorno a Giletti raccomandandogli di seguire l’esempio di Barbara D’Urso, “che è bella e anche molto brava e…”.
E qui si è fermato una frazione di secondo prima di passare all’aggettivo – “e gentile!” – che polemicamente gli premeva di sottolineare.
Però nel mentre pronunciava quella parola aveva già  sfoderato, come un pugnale, il dito indice, e poi davanti a qualche milione di telespettatori Berlusconi l’ha piantato sul cuore del conduttore.
Piccoli simbolici assassini televisivi e rivelatori di qualcosa che sta mutando nel pieno del medium, la tv, che ha favorito e in ogni accompagnato il berlusconismo.
Il messaggio si fa tosto, e ancora una volta, più del bla-bla elettorale, sono i corpi a farlo capire.

Filippo Ceccarelli
(da “La Repubblica”)

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MONTI TENTA LA RIVOLUZIONE DELLA POLITICA ITALIANA: NON PIU’ UN LEADER CHE IMPONE LA PROPRIA POLITICA, MA LE PRIORITA’ DEL PAESE CHE INCORONANO IL LEADER

Dicembre 24th, 2012 Riccardo Fucile

MONTI, NON SOLO AGENDA, MA IL TENTATIVO DI USCIRE DAL VENTENNIO BERLUSCONIANO

Mario Monti è in campo. A modo suo. Con l’idea non solo di dare un’agenda politica credibile al Paese, ma anche di rivoluzionare il modo con cui si è fatto politica negli ultimi vent’anni.
Non più un leader che impone la propria politica al Paese, ma le priorità  del Paese che disegnano e incoronano il leader che può centrare gli obiettivi. Uomini al servizio della comunità , dunque, non più i cittadini che “servono” le istanze dei partiti assecondandone, con il voto, gli appetiti.
Si potrebbe parlare di vera rivoluzione se non fosse che la parola appare stonata   visto che il protagonista è un conservatore, ma di certo quello che cercherà  di imporre Monti è un netto cambio di registro; non più una convergenza su un nome e su una leadership, ma l’idea — forte — di scompaginare il sistema partendo dai programmi.
“Questa è la mia agenda — ha detto Monti — mi piacerebbe che ci fosse un’ampia convergenza dei partiti su queste idee”.
Non andrà  al Quirinale, Monti. Lo ritiene “altamente improbabile”.
A palazzo Chigi, invece, tornerebbe eccome, casomai sospinto dall’onda di rinnovamento da lui stesso creata o, più verosimilmente, dall’assoluta ingovernabilità  del sistema che anche questa sua singolare “salita in campo” contribuisce a rendere più che probabile. Soprattutto al Senato.
Monti dopo Monti.
Il quadro comincia a chiarirsi.
Come si fa luce sul disegno “etico” del Professore legato alla politica.
Che deve tornare ad essere di servizio al cittadino e non motivo di potere per accrescere il proprio patrimonio e i propri affari: l’opposto esatto del berlusconismo.
Mario Monti, insomma, vuole ridiscutere le regole del gioco.
E lo vuole fare in un momento come questo in cui la sua immagine è ancora forte; tra qualche tempo potrebbe non essere più possibile, i sondaggi persistono nel non concedergli numeri lusinghieri.
Tant’è che se quella futura compagine politica che potrebbe aggregarsi intorno al suo programma non dovesse avere un riscontro netto dalle urne (si sta parlando, comunque, di un massimo del 15% difficile da raggiungere), per Monti sarà  senz’altro una sconfitta.
Ma al di là  del risultato elettorale, di sicuro questo suo aver lanciato un sasso nello stagno rischia di creare un vortice tale da rendere impossibile, poi, un ritorno all’antico.
Che per noi è, comunque, ancora il presente. Il “seme” di Monti costringerà  tutti a trovare un nuovo modo di intendere, leggere e declinare la politica.
Non tutti sono disposti a farlo, pochi vogliono rimettersi in discussione.
Non è un caso, infatti, se i segretari politici hanno accolto comunque con freddezza le parole di Monti.
Certo, il pensiero è all’immediato e a una campagna elettorale che, da oggi, non si potrà  più intendere come qualcuno s’immaginava impunemente di poter continuare a fare da indiscusso padrone delle ferriere.
La reazione scomposta di Berlusconi, ospite da Giletti, davanti ad un incalzare di domande alle quali non è certo abituato, hanno reso palpabile che il sistema sta uscendo dalle dinamiche e dal torpore del ventennio a colori.
Se nel segno di Monti lo si vedrà  presto.
Di fatto, però, la prossima campagna elettorale avrà  nel Professore un protagonista in più.
E’ “salito” in politica e lo ha fatto con una schiettezza senza precedenti: archiviato quasi con ferocia il suo predecessore Berlusconi — al quale ha riservato una lunga serie di durissimi attacchi — Monti ha anche lanciato la sfida a Pierluigi Bersani, incuneandosi nell’alleanza tra Pd e Sel e avvertendo il segretario democratico che confermare l’accordo a sinistra e il legame con la Cgil comporterà  il prezzo di perdite nell’ala montiana del partito. Scompaginare l’alleanza a sinistra per far perdere voti al Pd e “rubare” l’ala montiana al partito è un vecchio pallino centrista che ora, dopo questa uscita allo scoperto, diventa un obiettivo possibile.
Essere “guida” come vuole fare Monti, significa anche questo, agire come front-runner per palazzo Chigi preparando il terreno per l’alleanza più giusta che lo dovrà  sostenere: “Se una o più forze politiche con una credibile adesione a questa agenda, o ad una migliore, ma che anche io trovi convincente — ha detto infatti Monti — manifestassero il proposito di candidarmi a presidente del Consiglio, valuterei la cosa”.
E’ evidente, da queste parole, che il Professore vuole essere lui a dare le carte, così come sembra chiaro il perimetro di chi può pensare di aderire alla sua iniziativa.
Sicuramente non Berlusconi, ‘seppellito’ anche con sarcasmo feroce sulle “oscillazioni” e la “linearità  di pensiero”.
Non ne ha perdonata una, Monti, a Berlusconi: dall’accusa di vantare ascendenze inventate sui leader europei durante i Consigli Ue (“Chi vi partecipa sa che non è vero”) con tanto di ricordo delle “pacche sulle spalle cui seguivano i risolini” di Merkel e Sarkozy, alla demolizione delle argomentazioni usate in queste settimane dal Cavaliere per attaccare l’operato del suo governo, fino a quel riferimento a “festini imbarazzanti” che allontanano i cittadini dalla politica.
Lo ha persino preso in giro sulle “lusinghe” ricevute riguardo l’invito a guidare lui i moderati e al quale ha risposto proponendo un’agenda politica assolutamente inaccettabile per Berlusconi: Imu (“bello toglierla, l’anno dopo dovremmo raddoppiarla”), ripristino del falso in bilancio, interventi sulla prescrizione, “robusta” legge sul conflitto di interessi. Insomma, “leggi ad nationem e non ad personam“.
Ma se questo è il confine a destra, a sinistra la situazione è molto più complicata.
Le critiche alla Cgil per posizioni che “oggi rischiano di danneggiare i lavoratori” hanno segnato lo spartiacque, mettendo in discussione l’alleanza Pd-Sel.
Se Bersani vuole continuare un dialogo anche dopo le elezioni, per un’alleanza di governo, deve far fuori l’ala più radicale e “sinistra del suo partito”.
Altrimenti perderà  l’ala “montiana” del medesimo, già  pronta a correre con il Professore a partire da Pietro Ichino. Il valzer della campagna elettorale, in fondo, è appena iniziato.

Sara Nicoli
(da “il Fatto Quotidiano”)

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