Destra di Popolo.net

CHIEDEVANO DANNI AI CRONISTI, CONDANNATI FORMIGONI E MONTEZEMOLO

Giugno 18th, 2015 Riccardo Fucile

L’EX PRESIDENTE DELLA LOMBARDIA DOVRA’ PAGARE 5.000 EURO PER LITE TEMERARIA E 7.000 DI SPESE PROCESSUALI PER AVER CITATO IN GIUDIZIO MILENA GABANELLI… MONTEZEMOLO QUASI 50.000 EURO PER AVER CITATO OSCAR GIANNINO E DUE CRONISTI UMBRI

Chi di citazione ferisce di citazione a volte perisce.
E così capita che chi chieda i danni ai giornalisti, contro cui spesso sono brandite come armi di intimidazione le vie legali (penali e civili), non solo perda ma venga condannato a pagare per la cosiddetta lite temeraria.
Ne sanno qualcosa Roberto Formigoni e Luca Cordero di Montezemolo, come riporta il Corriere della Sera, che avevano rispettivamente citato Milena Gabanelli e Oscar Giannino.
All’ex presidente della Lombardia e oggi senatore e presidente della commissione Agricoltura è stata inflitta una sanzione di 5mila euro, mentre l’ex presidente della Ferrari, che voleva 800mila euro di danni, dovrà  sborsare agli avversari spese processuali per quasi 50mila.
L’ex governatore, coinvolto in più inchiesta, aveva chiesto conto di quanto contenuto in una puntata di Report intitolata “Il Papa re” il 4 novembre 2012 sui Rai3.
Ma il giudice, dopo aver verificato che i fatti riferiti erano stati riportati in base ad atti non più coperti da segreto, ha accolto la richiesta dell’avvocato Caterina Malavenda di sanzionare l’esponente Ncd anche con oltre 7 mila di spese di giudizio.
Montezemolo, invece, voleva 700mila euro da Oscar Giannino e 100 mila da due giornalisti del “Corriere dell’Umbria” che nel febbraio 2013 avevano scritto di un comizio del giornalista allora candidato nel movimento “Fare — Per fermare il declino” in cui si parlava di “spartizione di poltrone” e di “seggi sicuri”»; e poi sul mancato accordo con i “montiani” aggiungeva “che si era confrontato anche con Montezemolo», leader di Italia Futura.
Il giudice ha ritenuto che, in considerazione del “sistema elettorale” che “non prevedeva la possibilità  di esprimere preferenze” risultava “decisiva la posizione assunta all’interno delle varie liste per l’assegnazione dei probabili seggi in Parlamento”, per il magistrato i presenti quindi non avrebbero potuto considerare le parole di Giannino come un’accusa.
E così il giornalista, difeso dall’avvocato Carlo Melzi d’Eril, è uscito indenne dalla citazione,   e i cronisti presenti “hanno del tutto legittimamente dato la notizia”.
In questo caso il giudice ha condannato Montezemolo al solo pagamento di 24 mila euro di spese processuali a favore di Giannino e altri 24 mila a favore dei cronisti umbri.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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TIRRENO POWER: ANCHE PAITA E BURLANDO INDAGATI PER DISASTRO AMBIENTALE DOLOSO

Giugno 18th, 2015 Riccardo Fucile

SONO 86 I NOMI DEI POLITICI COINVOLTI NELL’INCHIESTA SULLA CENTRALE DI VADO… TRA I REATI ANCHE OMICIDIO COLPOSO E ABUSO D’UFFICIO

Claudio Burlando, Raffaella Paita, Angelo Vaccarezza, Lorena Rambaudi, Marylin Fusco, Piero Santi, Angelo Berlangieri: sono alcuni dei nomi dei politici indagati nell’ambito dell’inchiesta su Tirreno Power.
I reati vanno dal disastro ambientale doloso, all’omicidio colposo, all’abuso d’ufficio.
Ecco gli 86 indagati
Tirreno Power
Emilio Macci , Stefano La Malfa , Pasquale D’Elia , Giovanni Gosio , Massimiliano Salvi , Massimo Orlandi , Mario Molinari , Andrea Mezzogori , Francesco Claudio , Dini Antonio, Fioretti Jacques , Hugè Denis , Lohest Adolfo , Spaziani Andrea , Mangoni Sergio , Corso Pietro , Musolesi Domenico, Carra Marco , Ferrando Roberta , Neri Luigi , Castellaro Jean , Carriere Marco, Staderini Mario , Leone Olivier , Jacquier Giovanni , Chiura Sergio , Agosta Aldo , Chiarini Pascal, Renaud Agostino , Scornajenchi Ferdinando , Pozzani Giuseppe , Gatti Alberto , Bigi Charles , Hertoghe Gianluigi , Riboldi Ugo , Mattoni Maurizio , Prelati Guido , Guelfi Andrea , De Vito Claudio , Ravetta Luca Camerano
Ministero ambiente
Mariano Grillo
Regione
Claudio Burlando , Marylin Fusco , Giovanni Barbagallo , Angelo Berlangieri , Giovanni Boitano , Gabriele Cascino , Raffaella Paita , Lorena Rambaudi , Sergio Rossetti , Claudio Montaldo , Renzo Guccinelli , Renata Briano , Giovanni Vesco , Matteo Rossi , Gabriella Minervini
Provincia Savona
Angelo Vaccarezza , Pietro Santi Santiago , Vacca Andrea Berruti , Pietro Revetria , Vincenzo Gareri
Comune Quiliano
Nicola Isetta , Alberto Ferrando , Mara Giusto , Massimo Rognoni , Pierluigi Lavazelli , Katiuscia Giuria
Comune Vado Ligure

Carlo Giacobbe , Attilio Caviglia , Monica Giuliano , Fabio Falco , Mirella Olivieri , Sergio Verdino, Ennio Rossi
Ippc
Marco Mazzoni , Salvatore Tafaro , Marco Di Giovanni , Paolo Bevilacqua , Lidia Badalato, Marco Correggiari , Sandro Berruti , Luigi Genta
Commissione via
Maurizio Croce , Graziano Falappa, Antonio Castelgrande

(da “il Secolo XIX”)

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ROMA, IL GRANDE DEGRADO E LE REGOLE SVANITE

Giugno 18th, 2015 Riccardo Fucile

DALLA TRATTORIA CHE CHIEDE 579 EURO (PIU’ 115 DI MANCIA) A UNA COPPIA DI GIAPPONESI ALL’IMPERO AMBULANTE DI TREDICINE

Basta questa frase, che non scapperebbe mai a una persona perbene, a dare l’idea dell’aggressività  con cui un pezzo della Roma peggiore si intromette nel grande affare del turismo con la prepotenza («te metto le budella in mano») dei bulli d’una volta. Quelli descritti nel ‘600 ne «Le stupende forze e bravure del Capitano Spezzacapo et Sputasaette» da Antonio Pardi: «Son quel gran Spezzacapo alto e superbo, / a la cui forza ogni altra forza cede, / spezzo, rompo, fracasso, frango, snerbo»
Qualche anno fa Francesco Merlo, dopo l’arresto di sei «centurioni», ci è andato con la moglie inglese: «Il Colosseo fuori dal Colosseo è un posto senza legge, dove si mangia, si frega e si fa subito a cazzotti, come ai tempi del Belli, “pe’ schiaffasse in saccoccia li quadrini”».
Immediato l’arrivo dei finti romani antichi: «Could you take a photo of me wearing your “cucullus”?». Alla romana: «Che te fai ‘na foto che me metto er cucullo tuo?».
La zona franca intorno al Colosseo tra abusivi e bancarelle
È una specie di zona franca, il cuore archeologico del mondo, dominata dai potentissimi Tredicine, una famiglia che, nella scia del vecchio Donato, un abruzzese che cominciò alla fine degli Anni 50 con le caldarroste, possiede gran parte dei 69 camion-bar sparpagliati nelle zone più battute dal turismo.
Un feudo cresciuto a dismisura facendosi largo nel suq mediorientale tra venditori abusivi di cartoline, venditori abusivi di tappeti, venditori abusivi di occhiali e soprattutto tra gli «urtisti», che oggi sono 112 e conservano il nome degli ambulanti ebrei che giravano urtando i passanti col permesso d’una bolla papale e reggendo con una banda a tracolla una cassetta, poggiata sulla pancia, con un po’ di souvenir.
Ignazio Marino, a quel feudo dei Tredicine che pagano per stazionare nei luoghi più pregiati e affollati 325 euro al mese per i camion più grandi (dieci euro al giorno: due panini) e 250 per quelli più piccoli (otto euro al dì: un panino e una coca) ha mosso guerra.
In nome del decoro della città  i bar ambulanti saranno spostati in tempi brevi (era ora!) in zone meno vistose. Immaginatevi le resistenze. Le polemiche. Le collere.
La grande risorsa dei turisti che Roma maltratta
Che il turismo sia un grandissimo business planetario lo dicono i numeri.
Dal ’90 a oggi i turisti internazionali sono passati da 440 milioni a un miliardo e 138. Con una crescita nell’ultimo anno di 51 milioni.
Fate i conti: un’accelerazione del 158%.
Parallelamente l’Italia è cresciuta la metà : da 26,7 a 48,6 milioni, cioè +82%.
Roma al contrario, anche se gli ultimi anni sono stati così così a causa dei clienti italiani in difficoltà , ha fatto il botto: in venticinque anni è schizzata da quattro a quasi 16 milioni e mezzo di arrivi. Il quadruplo. E i pernottamenti da 11 a 39 milioni.
Ovvio, il turismo organizzato internazionale concentra tutto in pacchetti standard ridotti all’osso.
Se vendi a un canadese o un coreano due settimane standard in Europa come fai a non metterci, tra le tappe, Roma?
Aggiungete l’instabilità  progressiva in alcune aree del mondo… Fatto sta che troppi romani già  sicuri che Roma sia «caput mundi» (l’ex vicesindaco Mauro Cutrufo si spinse a dire che da sola «ha il 30-40% dei beni culturali del mondo»: bum!) han visto la conferma di una loro convinzione: «Sempre qua devono veni’».
E, se i turisti di tutto il pianeta «devono» venire a Roma, sono i romani a fare loro una gran gentilezza accettando di farsi pagare per farli dormire in alberghi che sono talvolta delle topaie, dare loro da mangiare spesso male a cifre folli, scorrazzarli col taxi (tirando a volte pacchi terrificanti: «tassametro rotto, broken…»), fornire loro tre tiramisù e tre cappuccini per 72 euro come un bar di via Cavour…
Su tutti, svetta il caso della trattoria Passetto vicino a piazza Navona, chiusa dopo avere rifilato a due fidanzati giapponesi un conto di 695 euro di cui 115,50 di «mancia», che i due non si erano mai sognati di autorizzare.
Che senso c’è a trattare così chi contribuisce con l’11% al Pil di una città  non altrettanto forte su altri piani economici a partire da quello industriale?
Eppure così va: il turista, per molti, va prosciugato.
Lo spiegava pochi mesi fa un’indagine dell’osservatorio Trivago, il meta-motore di ricerca online che raffronta i prezzi di 700 mila alberghi e B&B del mondo: messi a confronto i prezzi dei nostri hotel con otto altre nazioni europee, è emerso che i listini italiani arrivano a una media di 144 euro contro i 139 del Regno Unito, i 112 della Germania, i 108 della Spagna. Ci batte, a 152 euro, la Francia.
Ma il servizio?
Risponde, dando ragione alle migliaia di lamentele online sulla distribuzione a capocchia delle «stelle» di qualità  (una per tutte: «la mia stanza non ha i requisiti del quattro stelle e nemmeno del tre, forse del due.
Niente aria condizionata… dei due cassetti dell’armadio uno è rotto e non si apre, l’altro era pieno di cracker e residui alimentari… nel frigo bar ho trovato un vecchio panino semi avariato… la tv non funziona, il bagno è microscopico, la doccia da ostello…») una ricerca della multinazionale delle prenotazioni online «hotel.info» sulla «customer satisfaction», la soddisfazione, dei clienti. Insomma, il rapporto qualità -prezzo.
Servizi scarsi o fuori norma ma nessuno controlla
Risultato: tra le città  europee Varsavia è in vetta con 7,92 punti, seguita da Helsinki (7,64), Berlino (7,59 punti) e giù a scendere.
Tra le nostre la prima è Bologna e le ultime, dietro Napoli, sono proprio Milano e Roma a 6,9.
E parliamo degli hotel ufficiali, figuratevi gli altri. Pare impossibile, infatti, ma tra i vari abusivismi capitolini esiste addirittura quello alberghiero.
Accanto ai 1.041 hotel, Bed & Breakfast e residence ufficiali, spiega il presidente di Federalberghi Giuseppe Roscioli, c’è un mondo di «forse quattromila esercizi clandestini.
Come almeno 25 mila letti destinati a raddoppiare. Visto che il Comune non era in grado di farlo, gli abbiamo fatto noi la mappatura del web: andate, controllate… Macchè. Ci sono pseudo B&B che scrivono sul loro sito: “Ultime 5 camere disponibili”. Ma se i B&B di camere possono averne al massimo tre!».
Insomma, accusa, il caos è tale che «puoi finire ospite a casa di Pacciani…». Il mostro di Firenze. Esagerato? «Per niente. Le catene internazionali, lo dico per esperienza personale, vengono una volta l’anno a controllare con una pignoleria notarile. Arrivano a sorpresa, guardano la polvere sotto i letti, misurano il microclima nei bagni, contano quanti squilli fa il telefono prima che la reception risponda… Se qualcosa non va, tolgono il loro marchio».
Da noi? «Da noi non controlla nessuno. Da anni. Due stelle, tre stelle, quattro stelle… Non vogliono dire niente, se non controlli. Magari un albergo era ottimo vent’anni fa, ma poi… Il caos è tale che, col Giubileo in arrivo e i rischi del terrorismo internazionale, abbiamo posto perfino al prefetto il problema delle registrazioni dei clienti».
Fa 143 mila addetti, il turismo «ufficiale», a Roma.
Più di tutti gli occupati italiani della chimica messi insieme. Poi c’è il «nero». Presumibilmente almeno ventimila persone.
Per una parte gestito da sedicenti «brave persone» che trovano normale rifiutare la carta di credito («Ahi ahi, la linea non funziona…») per farsi pagare in nero e fregare il Fisco, per un’altra da figuri dal profilo ambiguo o direttamente legati alla piccola o meno piccola criminalità .
L’allarme sicurezza sui siti dei consolati stranieri
A farla corta: l’acquazzone di turisti che dal ’90 si abbatte felicemente sulla capitale d’Italia non viene usato male ma malissimo. Uno spreco.
Con l’aggiunta di figuracce internazionali non solo sul piano del rapporto qualità -prezzo (dice l’ultimo Brand Index che tra il 2012 e 2014 siamo scesi dal 28 º al 57 º posto e Roma ci mette molto di suo) ma della stessa sicurezza.
Basti ricordare come, dopo l’allerta nel 2009 di TripAdvisor contro «Roma ladrona», lo stesso sito del governo britannico gov.uk , alla voce «crime», mesi fa raccomandava: «Attenti alle bande a Termini e sui bus, lasciate gli oggetti di valore in hotel». Con doppia attenzione sulla «linea 64 diretta in Vaticano».
Eppure è così bella, la nostra Roma, così ricca di angoli suggestivi, così densa di atmosfere, così traboccante di piazze rinascimentali e siti archeologici e resti medievali da meritar davvero l’amore di tutti. Incantati come restò incantato, tra i tanti, Wolfgang Goethe.
Che ricordando una luna immobile e «limpidissima» sui Fori, scrisse: «Era uno spettacolo magico. Così bisogna vedere illuminati il Pantheon ed il Campidoglio, San Pietro e tutte le altre piazze e strade di Roma. E così anche il sole e la luna, come l’ingegno umano, hanno qui un ufficio ed un compito diverso da quello che hanno altrove; qui si offrono a loro masse prodigiose e pure, perfette…».
Dicono i numeri del ministero dei Beni culturali che dal 1996 a oggi, in vent’anni, i turisti a Castel Sant’Angelo sono raddoppiati, alla Galleria Borghese sono triplicati, al circuito archeologico del Colosseo, del Palatino e del Foro, un tempo separati, si son quadruplicati passando da meno di un milione e mezzo a oltre sei milioni.
Per non dire del Pantheon, salito da poco più di un milione di visitatori addirittura a sei e mezzo.
Un boom tale da spingere qualcuno a chiedersi: d’accordo, è ancora una chiesa, ma coi problemi finanziari che ha la cultura non sarebbe il caso di far pagare a tutti qualche euro?
Gli stessi numeri, però, mostrano come questo boom del turismo di massa, che concentra all’inverosimile anche i tavolini che invadono ogni centimetro di certe stradine, tagli fuori ciò che per la massa è un po’ più «scomodo» come le Terme di Caracalla, la villa dei Quintili e la tomba di Cecilia Metella, frequentate oggi più o meno quanto nel 2006 nonostante il biglietto cumulativo costi solo 6 euro: una miseria.
Oppure gli scavi di Ostia antica, che mostrano un +27% davvero modesto davanti alla quadruplicazione dei turisti. E non parliamo della meravigliosa villa Adriana: in vent’anni è riuscita addirittura a perdere quasi un quarto dei vecchi visitatori.
I conflitti amministrativi sulle zone archeologiche del centro
Più ancora colpisce, tuttavia, che perfino l’esorbitante centralità  del Colosseo, del Palatino e dei Fori non sia stata accompagnata da una sistemazione che altrove sarebbe stata scontata.
Pare impossibile ma l’area archeologica più famosa del pianeta è divisa fra due padroni. Un pezzo è del Comune, uno dello Stato. La Domus Aurea, ad esempio, è dello Stato ma non tutta: le murature delle terme di Traiano, costruite sopra la villa di Nerone, sono del Comune. Come il giardino sovrastante dove c’è un pino himalayano piantato ottant’anni fa.
Le radici sono penetrate così in profondità  da mettere a rischio una delle parti più preziose della dimora imperiale, la volta con la scena di Ulisse e Polifemo.
Dovrebbe esser eliminato ma chi lo deve togliere? Il Comune: il giardino è suo. E siccome c’è un comitato di cittadini che si oppone al necessario trapasso del vegetale, ecco che il Campidoglio ha nominato un mediatore culturale per risolvere la rogna. L’albero o gli affreschi? I cittadini di Colle Oppio sono pur sempre elettori…
Questa insensata dicotomia, per cui il Mausoleo di Augusto è comunale e il Colosseo statale (ma non l’area intorno, che appartiene a Roma Capitale!) va avanti dal 1925 (novant’anni!) senza che la politica si sia mai curata di risolverla.
Il parossismo è ai Fori: la parte di destra, percorrendo via dei Fori Imperiali da piazza Venezia verso il Colosseo, è statale. La parte di sinistra comunale. Ed ecco due soprintendenze, due amministrazioni, due sbigliettamenti…
Il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini ha promosso la costituzione di un «consorzio» almeno per la gestione comune dei Fori. Ma la soluzione vera, lo sanno tutti, sarebbe la fusione. Ma tant’è.
Chi glielo dice ai dipendenti? E chi si carica della rogna di ricongiungere le proprietà  di due demani diversi? E chi glielo spiega poi alla miriade di ditte private che da quella storica divisione hanno tutto da guadagnare?

Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella
(da “il Corriere della Sera”)

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RENZI 1, RENZI 2, MA PIU’ CHE ALTRO RENZI ZERO

Giugno 18th, 2015 Riccardo Fucile

BARCOLLO MA NON MOLLO

Verrebbe quasi da ridere, se non parlassimo del Presidente del Consiglio.
Matteo Renzi, dopo la doppia batosta alle ultime elezioni, sta barcollando non senza effetti spassosamente comici.
Le sue “interviste” al Corriere della Sera domenica e La Stampa martedì hanno chiaramente mostrato un bulletto incapace di perdere — ma ormai pure di vincere. Sarebbe tutto molto divertente se parlassimo di una macchietta marginale di un bar di provincia.
Di un personaggio minore in un film debole di Giovanni Veronesi.
Dell’Enea che rubava misteriosamente la fidanzata a Troisi in Pensavo fosse amore invece era un calesse.
Purtroppo parliamo di un Premier: caricaturale, ma pur sempre Premier. Dieci considerazioni.
1. Quando una persona parla in terza persona non è mai un bel segno. Lo faceva Diego Maradona, che poteva permettersi quasi tutto. Lo faceva Fabrizio Ravanelli, e già  lì qualche campanello d’allarme suonava.
Ora lo fa pure questo qua, che straparla di “Renzi 1″ e “Renzi 2″. In psicologia si chiama dissociazione mentale. Aiuto.
2. La storia del “Renzi 1″ e “Renzi 2″, oltre a essere abbastanza inquietante a livello psichiatrico, è pure una bischerata totale. Non è mai esistito un Renzi 1 o 2, ma solo e soltanto un Renzi 0. Una figura smisuratamente debole, tronfia, impreparata e tristemente paradossale. Il Presidente del Consiglio era così anche dieci, cinque e due anni fa. Semplicemente, al tempo, qualcuno ha voluto credere alle sue supercazzole (e addirittura c’è chi lo fa ancora).
3. Parlando domenica al Corriere della Sera con Maria Teresa Meli, nota giornalista pugnace e pervicacemente critica nei confronti del ‘governo’, Renzi ha più o meno esordito così: “Il paese sta benissimo, alla faccia di gufi e profeti di sventura”. Subito dopo, in molti hanno udito sirene dell’ambulanza avvicinarsi.
4. Renzi aveva concepito l’Italicum per uccidere i 5 Stelle. Ora si è accorto che, se va al secondo turno, il Pd rischia di perdere perchè M5S e destra fanno massa unica contro di lui. Un genio.
5. Dopo le Waterloo indicibili di Liguria, Veneto, Venezia, Arezzo eccetera (molto eccetera), Renzi ha tuonato contro le Primarie. Quelle stesse Primarie senza le quali, oggi, al massimo venderebbe i gelati a Ponte Vecchio. O verosimilmente li mangerebbe, vista la vieppiù crescente stazza. C’è, in Renzi, una propensione all’incoerenza al cui confronto Berlusconi era l’uomo più sincero del mondo.
6. Il Pd ha perso anzitutto laddove ha proposto queste imbarazzanti propaggini vacue che la stampa suole chiamare “renziani della prima ora”, ma Renzi sostiene che il Pd abbia perso perchè non è ancora troppo renziano.
Lo ha detto anche Faraone, quello che — non capendo nulla di scuola — si occupa di scuola.
Da qui la soluzione: “Decido solo io”. Un’allegra dichiarazione di intenti dittatoriali. Attendo fremente i commenti sdegnati di quella stessa intellighenzia “de sinistra” che, se queste cose le avesse dette o fatte Berlusconi, a quest’ora farebbe la marcia su Roma per protesta (o i girotondi, solitamente très chic).
7. Molti danno Renzi ‘finito’. Non diciamo sciocchezze: ce lo sorbiremo per vent’anni, con la stessa piacevolezza con cui l’amante della moglie di Renzo Montagnani si sorbiva (appunto) la minestrina in Amici miei.
Anche Berlusconi cadde pochi mesi dopo il ’94 e perse le elezioni nel ’96. Poi però è durato vent’anni. Auguri.
8 . E’ però vero, e Marco Travaglio lo spiega bene stamani sul Fatto, che dopo pochi mesi Renzi ha compattato un sentimento “anti” che in passato ha riguardato solo Fanfani, Craxi e Berlusconi.
Tutta gente, ovviamente, molto più preparata e scaltra di lui. In pochi mesi Renzi è passato da intoccabile a detestatissimo.
Non ha ucciso i 5 Stelle, forse persino più forti di prima. Salvini è molto più efficace e guitto di lui.
E la ‘classe dirigente’ renziana è quasi sempre composta da droidi e yesmen che non saprebbero manovrare neanche un modellino della Tamiya. Figuriamoci un paese complesso come l’Italia. Di Renzi stupisce la totale sopravvalutazione che ha di se stesso, del suo staff e dei suoi pretoriani.
E’ un Valerio Scanu convinto di essere Bruce Springsteen (con tutto il rispetto di Scanu, ovviamente).
Renzi è ancora forte perchè ha quasi tutta l’informazione a favore — a proposito: com’è che Renzi non si fa mai intervistare dal Fatto? — e perchè gode del ‘voto di abitudine’ (Voto Pd perchè una volta si chiamava Pci) come pure del ‘voto impaurito’ (O Renzi o morte). Sta però perdendo consensi con velocità  prodigiosa. L’antirenzismo è già  fortissimo. E il bello è che lui neanche se ne accorge.
9. Renzi ha perso perchè ha clamorosamente sottovalutato il problema immigrazione. Ha perso perchè si è inimicato i lavoratori, la scuola, i pensionati. Ha perso perchè, ogni volta che una Rotta o una Bonafè vanno un tivù, un elettore del Pd muore.
E ha perso perchè, politicamente e culturalmente, Renzi vale un po’ meno di una cernia lessa.
Lui però continua ad alzare i toni e sfrutta — per esempio — i precari della scuola come ricatto nei confronti dei dissidenti interni al partito. “Avevo detto che ne assumevo 100mila? No, ho cambiato idea. Scherzavo. E poi non ci sono mica i soldi, davvero credevate a quel pinolo di Faraone?”.
Un cinismo terrificante, di fronte al quale l’informazione dovrebbe come minimo trasecolare. E invece, troppo spesso, lo celebra. Ancora e nonostante tutto. Complimenti.
10. Nei sui monologhi con Corriere della Sera e Stampa, Renzi ha detto cose oggettivamente spassose.
Per esempio che non rivela i finanziatori del Pd perchè il Pd ha regole diverse da quelle della sua Fondazione Open (che mattacchione).
La battuta più bella riguardava però la frizione con la Francia. Il succo era più o meno questo: “O i cugini francesi ci ascoltano, o mi arrabbio sul serio e parto col piano B”. Premesso che nessuno ha ancora capito in cosa consista questo “piano B”, e a dire il vero nemmeno il piano A, mi immagino il terrore di Hollande e Merkel di fronte a tali minacce.
Hollande: “Oh, ha detto Berlusconi che se continuiamo così lui si arrabbia”. Merkel: “Si chiama Renzi, non Berlusconi”. Hollande: “Va be’, sono uguali”. Merkel: “No, forse il bassotto era pure meglio”. Hollande: “A dirla tutta credo anch’io”. Merkel: “E quindi ‘sto Renzi avrebbe detto che, se non lo ascoltiamo, lui, si arrabbia”. Hollande: “Già . Che dici, Angela?”. Merkel: “Dico sticazzi”. Hollande: “Eh sì, sticazzi”. Merkel: “Ciao, Franà§ois”. Hollande: “Ciao, Angela”.

Andrea Scanzi
(da “il Fatto Quotidiano”)

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IL BUCO INTORNO ALLA LEGGE

Giugno 18th, 2015 Riccardo Fucile

LA LEGGE SUL FALSO IN BILANCIO E’ UNA PATACCA

Martedì la Cassazione ha cassato senza rinvio le condanne dell’ex sondaggista berlusconiano Luigi Crespi, che in appello si era buscato 6 anni e 9 mesi per la bancarotta e i falsi in bilancio dell’Hdc.
Motivo: la legge Renzi sul falso in bilancio, orgoglio e vanto dell’Anticorruzione approvata dal Parlamento il 21 maggio ed entrata in vigore lunedì, è “più favorevole” della precedente, quindi si applica ai processi in corso e li manda in fumo. Traduzione: Renzi è riuscito nell’ardua impresa di peggiorare addirittura la legge scritta da Niccolò Ghedini e imposta dal governo Berlusconi nel 2002, mandando impuniti persino quei pochi che finora si riusciva a condannare.
Il Fatto, insieme a Luigi Ferrarella del Corriere, l’aveva scritto in tempo utile, ben prima che la riforma fosse approvata, sempre nella pia illusione che Renzi volesse davvero fare ciò che diceva: rendere di nuovo punibili i reati societari e contabili depenalizzati di fatto dal Caimano.
E che i buchi   che costellavano la nuova   norma fossero frutto di errori o sviste facilmente correggibili.
Naturalmente non era così, infatti il nostro allarme     fu bellamente ignorato e la     norma passò com’era: traforata e dunque inutile, anzi dannosa.
Bella a vedersi,     ben titolata, sontuosamente     confezionata e infiocchettata: poi uno apre e non c’è niente, o addirittura c’è qualcosa di peggio di ciò che si diceva di voler migliorare.
Come nelle vecchie truffe agli autogrill: una scatola con la foto e le istruzioni dell’impianto wi-fi e dentro due mattoni.
La legge Severino doveva alzare le pene per concussione e corruzione, poi si scoprì che una clausoletta scritta in piccolo mandava salvi i concussori per induzione (quelli che non impugnano le armi, cioè quasi tutti).
La legge sul voto di scambio doveva sanzionare più duramente chi contratta voti mafiosi in cambio di favori, poi si scoprì che il reato non c’è se manca la prova che il mafioso ha avvertito il politico che gli avrebbe procurato le preferenze con i suoi tipici metodi intimidatori: cioè non c’è mai.
L’autoriciclaggio doveva incastrare chi ripulisce da sè il bottino dei suoi stessi reati, poi si scoprì che il delitto non scatta se uno lo fa per godimento personale: cioè non scatta mai. Il decreto sui reati fiscali doveva bastonare evasori e frodatori, poi si scoprì che questi rischiano qualcosa solo se evadono e frodano più del 10% del fatturato dichiarato: cioè non rischiano niente.
È la versione renziana 2.0 del vecchio adagio “fatta la legge, trovato l’inganno”.

Marco Travaglio
(da “il Fatto Quotidiano”)

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