Giugno 28th, 2015 Riccardo Fucile
ORMAI IN SIMBIOSI CON LA LEGA , VUOLE USARE LA RUSPA PER DRAGARE I FIUMI…INTANTO METTE IN GIUNTA IL SUO VICINO DI CASA E L’AMICA DELLA MOGLIE
Il centrodestra che ha vinto per miracolo le elezioni in Liguria (grazie alle divisioni della sinistra e al peggior candidato che il Pd potesse proporre) non poteva che ritrovarsi in convento per celebrare degnamente la nascita della nuova giunta regionale.
Appuntamento al monastero di Santa Croce a Bocca di Magra, con panorama sulle Apuane e il magico mare di Luni.
Le truppe liguri per l’occasione hanno ricevuto la visita anche del frate godereccio lombardo (fra Bobo) e dell’incursore lagunare (fra Renato).
Il primo ha spiegato come si fa a favorire le aziende sanitarie private in Lombardia, il secondo ha lanciato la catena di moda LoVeLi (sarebbe la solita alleanza tra Lombardia, Veneto e Liguria, quella che prima prevedeva la stessa simbiosi con il Piemonte e che ha portato sfiga a Cota, caduto su “mutande verdi”).
Ma quelle di Maroni e Brunetta non sono state le uniche apparizioni sacre materializzatesi in convento, Toti è riuscito ad andare oltre.
A un certo punto ha enunciato un elemento chiave del suo programma: “occorrono leggi più liberali per dragare i fiumi e non essere schiavi della trota iridea”.
Panico tra i leghisti che sono abituati a favorire solo chi spara ai torni.
Perplessità anche da parte di Ilaria Cavo (in quota Mediaset e amica della moglie di Toti) che ama dire “la Liguria mi ha dato tanto, è giusto che restituisca qualcosa” (ma non intende gli 8.000 euro di stipendio da consigliere, tranquilli).
Senza parole ma sempre sorridente anche il futuro assessore al welfare Giampedrone, il giovane sindaco di Ameglia che non sappiamo se sia “stato sociale”, ma per certo “è stato” (e lo è ancora) vicino di casa di Toti.
In ogni caso tutti d’accordo per le ruspe sui fiumi e la lotta dura alle trote iridee.
Peccato che nessuno faccia notare al presidente “ruspante” che l’operazione sembra fatta per favorire gli edili che così eviterebbero i maggiori costi per acquistare la ghiaia in Trentino e che la trota iridea è un pesce importato dall’America per i pescasportivi da stagno e che nei nostri corsi d’acqua non si riproduce neppure.
L’ennesima gaffe del Gabibbo bianco che peraltro una corte di miracolati è ben disposta a considerare una grande rivelazione delle sacre scritture.
In attesa del processo agli indagati in Giunta, che la processione intanto abbia inizio.
Con la moltiplicazione dei pani e delle trote iridee.
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Giugno 28th, 2015 Riccardo Fucile
“CI SENTIAMO IN FAMIGLIA”
Filippo Cogliandro ha un ristorante a Reggio Calabria.
Professione tranquilla, direbbe qualcuno, ma non in una terra di mafia, malaffare e sbarchi.
“Denunciare e far arrestare gli esponenti della ‘ndrangheta che mi chiedevano il pizzo è stata la scelta più importante della mia vita”, racconta l’imprenditore, molto vicino a Libera, il movimento di don Ciotti.
Il ragazzo è stato colpito due volte dalla mafia, dagli estorsori, che, quando era ragazzo, gambizzarono il padre, Demetrio, e questo fatto doloroso fu di esempio per Filippo per affrontare la nuova sfida: ha avuto il coraggio, nella solitudine e nei disagi economici nei quali si era ritrovato, di denunciare i delinquenti che poi furono arrestati.
Oggi Filippo è diventato un simbolo, ha accanto don Luigi Ciotti e Claudio La Camera, Presidente dell’Osservatorio sulla ndrangheta, è seguito dai media nazionali ed è diventato un esempio per la Calabria e l’Italia.
Ma c’è di più perchè due anni fa ha chiesto al Tribunale dei Minori l’affidamento di due migranti arrivati in Italia con i barconi.
Un ragazzo senegalese, Salihu, e uno del Gambia, Abdou, che oggi hanno 18 anni e che sono stati assunti con regolare contratto come aiuto cuoco nel suo ristorante.
“Li ho conosciuti a un corso di cucina etnica organizzato nel centro di accoglienza”, ricorda Cogliandro.
“Il mio sogno è quello di diventare uno chef come Filippo, ritornare in Gambia e aprire un ristorante lì. — confessa Abdou — perchè quando guardiamo la televisione e ci accorgiamo che i politici ce l’hanno con noi”
Lucio Musolino
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 28th, 2015 Riccardo Fucile
RISCHI PER IL BILANCIO PUBBLICO, I RISPARMIATORI, LE BANCHE E LE IMPRESE
E adesso? Ora che i timori di un’uscita della Grecia dall’Eurozona si fanno più consistenti sono in molti a domandarsi quali possano essere le conseguenze di una rottura per il nostro Paese.
Innanzitutto bisogna considerare di quale rischio stiamo parlando.
Da una parte bisogna considerare le conseguenze di breve-medio periodo che uno shock come l’uscita della Grecia dall’Eurozona potrebbe portare sui mercati, con il probabile rialzo dei rendimenti dei titoli di Stato e quindi degli spread, e il relativo maggior costo per il bilancio dello Stato, dall’altro bisogna considerare i rischi legati all’esposizione diretta e indiretta del nostro Paese sul debito pubblico ellenico.
Da ultimo si possono ipotizzare i rischi più immediati per risparmiatori, banche e imprese italiane.
Il boom dei rendimenti. Più spese per interessi. Meno risorse per lo Stato.
La prima conseguenza di un ipotetico Grexit, o almeno quella più immediata, potrebbe avere le sue prime anticipazioni già lunedì, alla riapertura dei mercati.
Nei momenti di maggiore instabilità i rendimenti dei titoli di Stato salgono perchè gli investitori tendono a considerare più rischioso l’investimento sul debito di un Paese, e quindi a chiedere per questo un premio più alto.
Per le casse pubbliche l’aumento dei rendimenti (che si riflette nel cosiddetto spread, cioè un indice che confronta il rendimento dei nostri titoli decennali con gli equivalenti bund tedeschi), significa un maggior costo per il servizio del nostro debito pubblico, cioè maggiori spese per interessi da sostenere durante l’anno.
Secondo Il Sole 24 Ore un rialzo permamente di 2 punti percentuali dei rendimenti costerebbe circa 4/5 miliardi all’anno.
Proprio l’abbassamento dei tassi aveva portato il nostro governo a mettere in conto una sorta di “dividendo spread”, cioè di risparmi assicurati dai bassi rendimenti ipotizzati per l’anno.
Questo dividendo, cioè queste minori spese, rischiano di erodersi se non di prosciugarsi. Per l’esecutivo significa dovere reperire le risorse altrove: tagliando le spese o aumentando le tasse. A cascata, quindi, un impatto diretto sulla vita dei cittadini.
L’antitodo
A differenza di alcuni anni fa, la zona Euro è ora dotata di meccanismi di protezione in grado di contenere e arginare shock macoreconomici.
L’ultimo e il più importante è proprio il Quantiative Easing della Bce, cioè il massiccio piano di acquisto di titoli sul mercato secondario dei Paesi dell’area Euro. L’intervento dell’Eurotower infatti può infatti, in sintesi, limitare l’aumento dei tassi. Tamponando per tempo i possibili rischi appena elencati.
I Crediti italiani con la Grecia
Anche se in qualità di Stato, la Grecia non è diversa da un comune debitore. L’abbandono, eventuale, della moneta unica non la esonererebbe automaticamente dagli obblighi legati al proprio enorme debito pubblico.
Come ha spiegato qualche settimana fa il presidente dell’Eurogruppo Dijsselbloem, “se un Paese lascia l’Eurozona il suo debito resta”.
Certo è tutto da vedere se e in che modo sia in grado di onorarlo.
Sempre il Sole 24 Ore oggi fa i conti di questa esposizione totale. Si tratta — va ribadito — non di una perdita secca in caso di Grexit, ma della somma di tutte le possibili “somme” in periciolo.
Il totale, calcola il quotidiano economico, vale 65 miliardi di euro.
Si parte innanzitutto dai prestiti bilaterali concessi dal governo italiano a quello di Atene e ammontano a 10 miliardi di euro.
La fetta più consistente dei soldi concessi alla Grecia è arrivata attraverso i due fondi salva stati Efsf e Esm.
L’Italia contribuisce pro-quota a questi fondi quindi il mancato rimborso a queste due istituzioni varrebbe, rispettivamente, 23,3 e 14,2 miliardi di euro.
Si parla, va ricordato, di perdita teorica, visto che in pochi immaginano che un default di Atene significhi un azzeramento dei propri debiti.
C’è poi il capitolo più complesso della Banca Centrale Europea, che in questi anni ha anch’essa prestato soldi alla Grecia.
Attraverso la Banca d’Italia, il nostro Paese detiene il 12,3% del capitale dell’Eurotower ed è esposta per 6,6 miliardi circa, a cui secondo Il Sole 24 Ore bisogna aggiungere 10,94 della quota della linea di liquidità Ela concessa ad Atene, che però non rappresenta un’esposizione diretta della Bce, visto che è innanzitutto la Banca Centrale greca a farsi carico dei 95 miliardi concessi alle banche greche.
Solo in ultima istanza la Banca Centrale Europea potrebbe dovere “ripianare” questa somma.
Quindi? Quale impatto per banche, risparmiamiatori e imprese italian
Rispetto al passato si è ridotta sensibilmente la quota di titoli di stato greci nel portafoglio degli Italiani.
Quindi un possibile default greco, se parliamo di impatto diretto e immediato, avrebbe conseguenze molto meno pesanti rispetto al passato.
Anche l’esposizione delle nostre banche sul debito ellenico è sensibilmente diminuita. Come ha mostrato uno studio del think tank Bruegel è di appena 800 milioni di euro, su un debito complessivo di circa 315 miliardi, cifre confermate oggi anche dal presidente dell’Abi Antonio Patuelli.
Rischi un po’ più rilevanti, almeno più diretti, non riguardano la salute finanziaria dello Stato greco, ma a cascata quella dell’intero Paese.
Per le nostre aziende esportatrici un default greco vorrebbe dire mettere in pericolo i rapporti commerciali in atto e i relativi crediti.
Tuttavia, ricorda il Corriere della Sera, citando il capo economista di Intesa San paolo Gregorio De Felice, la quota di esportazioni italiane nel Paese vale solo lo 0,9% del totale, lo 0,2% del Pil. Una cifra, quindi, relativamente molto bassa.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 28th, 2015 Riccardo Fucile
LA MAGGIORANZA DEI GRECI FAVOREVOLE A UN ACCORDO CON I CREDITORI
“Sono certo che il popolo greco si solleverà davanti a queste circostanze storiche e dirà un sonoro ‘no’ all’ultimatum”, ha affermato il premier Alexis Tsipras prima del voto in Parlamento.
Ma non è detto che la mossa di sottoporre l’accordo con i creditori al popolo greco non gli riservi brutti scherzi.
La decisione del premier di Atene di indire il referendum il prossimo 5 luglio per chiedere ai greci se fare o meno l’accordo con le istituzioni internazionali può infatti riservare delle sorprese, lo dicono i sondaggi.
Come riporta la Reuters, la rilevazione fatta dall’istituto Alco e pubblicato su Proto Thema, dice che il 57 per cento delle mille persone intervistate è favorevole a un accordo, mentre il 29 per cento vorrebbe la rottura dei negoziati.
Un 57 per cento quindi direbbe sì alle condizioni poste dai creditori, anche se a base di rigore e austerità .
Una tendenza confermata anche da un secondo sondaggio, fatto dalla Kapa Research: secondo questo istituto il 47,2 per cento degli intervistati si dice favorevole a un accordo, contro il 33 per cento che si dice contrario.
Un referendum che si farà : il Parlamento ha approvato nella notte la convocazione di una consultazione popolare indetta dal governo Tsipras per il 5 luglio, cioè domenica prossima, quando i cittadini greci saranno quindi chiamati a scegliere se accettare o rifiutare le condizioni poste dai creditori internazionali per l’accordo sul debito.
In aula, dove siedono 300 deputati, il sì al referendum ha avuto l’appoggio non solo dei due partiti di governo, cioè Syriza di sinistra e Greci indipendenti di destra, ma anche del partito neonazista Alba dorata.
Dopo un dibattito di oltre 14 ore, la votazione si è conclusa con 178 sì, 129 no e nessun astenuto.
La discussione in Parlamento si svolgeva proprio mentre l’Eurogruppo riunito a Bruxelles decideva di non concedere alla Grecia la proroga del piano di salvataggio oltre il 30 giugno, che era stata chiesta da Tsipras per consentire ai cittadini di votare senza pressioni.
In pratica il programma di salvataggio della Grecia e di conseguenza gli aiuti, senza l’accordo, si interromperanno il 30 giugno.
L’intesa con i creditori era necessaria per sbloccare l’ultima tranche di aiuti di salvataggio da 7,2 miliardi, che avrebbe consentito ad Atene di ripagare al Fondo monetario internazionale un prestito di 1,6 miliardi di euro che deve restituire entro il 30 giugno ed evitare il default.
L’annuncio shock del referendum era giunta da Tsipras venerdì sera, dopo che l’ultimo round di colloqui con i creditori non aveva dato i risultati sperati.
L’accordo proposto dalle istituzioni, secondo Tsipras, è un’offerta “barbara e umiliante”.
L’esecutivo non accetta la condizioni, ma ha deciso che a scegliere saranno i cittadini: Tsipras ha chiesto ai greci di pronunciarsi per il no, ma al tempo stesso ha promesso che lascia la porta aperta a un accordo.
(da “Huffingtonpost“)
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Giugno 28th, 2015 Riccardo Fucile
LA MIOPIA DELL’EUROPA SUL CASO GRECIA E’ FRUTTO DI UNA MANCANZA DI LEADERSHIP
Molti anni dopo la crisi dei missili a Cuba, l’allora ministro della difesa americana McNamara chiese a Fidel Castro, se — qualora attaccato–avrebbe risposto con i missili nucleari.
Stupito della risposta affermativa chiese a Castro se si rendeva conto che questo avrebbe comportato l’annientamento del suo popolo.
La risposta fu un agghiacciante «sì».
Per fortuna nella crisi greca non ci sono ordigni nucleari di mezzo. Ma questa è l’unica consolazione che abbiamo in un momento estremamente difficile.
Quello che la lezione di Cuba ci insegna e’ che i modelli di teoria dei giochi, che assumono la razionalità di tutti i giocatori coinvolti, non sempre funzionano.
Costretti all’angolo, alcuni giocatori antepongono l’orgoglio alla ragione e compiono scelte devastanti per loro e per tutte le persone coinvolte.
Questo sarebbe stato il caso di Castro se Kennedy avesse bombardato le postazioni dei missili a Cuba, e questo e’ il caso oggi con la decisione di Tsipras di indire un referendum sul accordo offerto dai creditori alla Grecia.
Molti ritengono che la scelta di Tsipras sia sommamente democratica, ed e’ vero.
Ma qui e’ dove i tempi della democrazia non coincidono con quelli della finanza. Lunedì mattina la corsa agli sportelli, già cominciata da tempo, si trasformerà in un vero e proprio assalto.
Difficilmente la Banca Centrale Europea potrà aumentare la sua assistenza di liquidità , soprattutto dopo il 30 giugno, quando il mancato pagamento del prestito al Fondo Monetario Internazionale sarà ufficiale.
Bloccare i movimenti di capitale non basterà . La gente si metterà a ritirare contanti.
Se — come già in Argentina–si procederà anche ad un tetto mensile dei prelievi in contranti, ci sarà l’assalto ai negozi, con carte di credito.
Meglio comprare dei beni che non si svalutano che tenersi dei depositi che rischiano di svalutarsi del 40-50%.
In questa situazione e’ facile immaginare una rivolta di piazza ed una caduta del governo Tsipras.
Come in una situazione di guerra, così in una situazione di crisi finanziaria, la democrazia diretta non funziona. Bisogna delegare le scelte.
E chi è delegato deve assumersi la responsabilità di farle, anche a costo di sbagliare e poi essere smentito dall’elettorato.
Tsipras paga la sua ambiguità elettorale: aveva affermato contemporaneamente che non avrebbe mai ceduto ad ultimatum dei creditori ma che avrebbe tenuto la Grecia nell’euro, non specificando cosa avrebbe fatto se costretto a scegliere tra le due opzioni.
E invece di assumersi la responsabilità della scelta, la scarica sugli elettori. Probabilmente la loro risposta arriverà a giochi fatti.
Tutta colpa di Tsipras? No.
Certamente Tsipras ha commesso molti errori, ma le controparti europee non sembrano essere state da meno.
Non hanno capito che la vittoria di Syriza era un segnale importante del fatto che i greci erano arrivati al limite.
Invece di trovare un compromesso, hanno cercato in tutti i modi di screditare la controparte, sperando in una rapida caduta del Governo Tsipras.
Non solo questa strategia è sommamente antidemocratica (vi immaginate cosa succederebbe se il presidente americano Obama cercasse di far cadere un governatore repubblicano di uno stato del’Unione?), ma è pure miope.
Ignora che chiunque venga messo all’angolo, può reagire in modo sconsiderato. Questa miopia è il frutto di una mancanza di leadership.
In inglese si dice che un cammello è un cavallo disegnato da un comitato.
L’Europa è gestita da comitati, e continua a produrre cammelli.
Manca una ledearship europea degna di questo nome e con un forte mandato popolare. Durante la crisi di Cuba, contro l’opinione della maggioranza dei suoi consiglieri militari, Kennedy si assunse la responsabilità di non bombardare le istallazioni missilistiche sovietiche a Cuba. Scelse la trattativa.
Una scelta politicamente rischiosa per chi, come lui, in campagna elettorale aveva tuonato contro l’arrendevolezza di Eisenhower nei confronti di Fidel Castro.
Ma facendo questo evitò al mondo una guerra nucleare.
Per fortuna oggi non rischiamo la guerra nucleare.
Ma in questa crisi rischiamo non solo la catastrofe umanitaria in Grecia (molto peggiore di quella che già c’è), ma rischiamo la distruzione totale dell’idea di Europa. Di questo dobbiamo ringraziare la diplomazia europea, ma soprattutto il leader che non c’è.
Luigi Zingales
(da “il Sole24ore”)
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Giugno 28th, 2015 Riccardo Fucile
L’EX MINISTRO FRANCESE ED EX DIRETTORE GENERALE DEL FMI AMMETTE: “PER LA GRECIA ERANO NECESSARI PRESTITI PIU’ AGEVOLATI”
“Credo che abbiamo bisogno di pensare diversamente, di cambiare logica e di prendere una direzione radicalmente diversa nelle trattative con la Grecia. La mia proposta eÌ€ che la Grecia non riceva piuÌ€ alcun nuovo finanziamento da parte dell’Ue e dell’Fmi ma che benefici di una estensione molto ampia del termine del debito e anche una riduzione nominale massiccia del suo debito”.
CosiÌ€ l’ex direttore generale dell’Fmi ed ex ministro francese, Dominique Strauss-Kahn commenta su Twitter la situazione greca.
Il Fondo monetario internazionale, sottolinea Dsk, “ha fatto degli errori e sono pronto a prendere la mia parte di responsabilitaÌ€. La diagnosi del Fmi secondo cui si eÌ€ di fronte a un problema classico di crisi di bilancio e della bilancia dei pagamenti non ha tenuto conto del fatto che la natura incompiuta dell’Unione monetaria europea sia all’origine di tutto il problema e che avrebbe dovuto essere un elemento essenziale per risolvere la situazione”.
Il Fondo, inoltre, aggiunge l’ex direttore generale dell’Fmi, “ha anche sottostimato l’ampiezza delle debolezze istituzionali della Grecia che imponevano un’assistenza molto piuÌ€ importante della Banca Mondiale e dei prestiti piuÌ€ agevolati”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 28th, 2015 Riccardo Fucile
IL TIMORE E’ DI VEDERSI ANNULLARE LA NOMINA E TROVARSI COMMISSARIATO… I LEGALI GLI HANNO CONSIGLIATO LA VIA DEL RICORSO IN TRIBUNALE PER RESTARE IN SELLA FINO A OTTOBRE
Il consiglio Regionale campano domani (lunedì 29 giugno) non si riunirà .
Tutto rinviato a data da destinarsi.
L’ha deciso Rosetta d’Amelio, che in quanto consigliera anziana presiede pro-tempore l’assemblea. «Sto inviando i telegrammi ai consiglieri per informarli che domani non ci sarà nessun consiglio – spiega lei – Non c’è ancora nessuna data. Voglio fare degli approfondimenti alla luce di quanto deciso dal consiglio dei Ministri che ha emanato un decreto di sospensione per il presidente della giunta».
Dunque Vincenzo De Luca non presenterà la sua giunta, evitando quello che per molti avrebbe costituito un vulnus istituzionale: la sua presenza in consiglio con la nomina del “governo” campano e il passaggio dei poteri al vice, scenario paventato nelle ultime ore, avrebbe scatenato la reazione delle opposizioni e anche il fastidio del Pd. Renzi, nel sospenderlo, aveva chiarito il perimetro nel quale il presidente-eletto avrebbe potuto muoversi: «Quanto previsto dall’interpretazione della legge Severino fornita dall’avvocatura generale dello stato».
Il timore di De Luca, a quel punto, era di vedersi annullare la nomina della giunta da un tribunale adito dalle opposizioni, col rischio sempre più concreto del commissariamento.
Ecco il perchè del rinvio, deciso di concerto con il presidente eletto: dare il tempo agli avvocati che difendono De Luca di presentare ricorso al tribunale di Napoli contro la sospensione.
Se dovessero ottenere una sentenza favorevole, sulla falsa riga di quella pronunciata per De Magistris, De Luca avrebbe tempo fino a ottobre per governare, in attesa del responso finale della corte Costituzionale.
Franesco Maesano
(da “il Secolo XIX”)
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Giugno 28th, 2015 Riccardo Fucile
LA SCONFESSIONE: “SONO DISONESTI, TRAVISANO LE SUE IDEE: LUI SOGNAVA L’INCONTRO DELLE CIVILTA'”
Mary de Rachewiltz contro Casa Pound.
La figlia di uno dei più importanti poeti americani del ‘900 non ci sta a vedere accomunato il nome del padre a quelli che si considerano «i fascisti del terzo millennio». Mary compirà 90 anni il 9 luglio, circondata dai massimi esperti di Ezra Pound provenienti da tutto il mondo.
Il suo castello di Brunnenburg, un piccolo maniero arroccato sui monti tirolesi sopra Merano, sarà la sede della prestigiosa International Pound Conference, una settimana di conferenze e dibattiti dedicati al Miglior Fabbro, come lo definiva T.S. Eliot.
In ottima forma grazie a una singolare dieta fatta di torte al cioccolato, formaggio e passeggiate su e giù per la ripida stradina che porta al villaggio di Tirol, Mary non nasconde il disappunto per il fatto che il nome del padre venga associato a un movimento di estrema destra.
Una ferita aperta che, nonostante le cause legali e i tanti appelli, non è stata ancora rimarginata: «Questi ragazzi non hanno nulla a che fare con noi. Travisano le idee di mio padre. Pound l’aveva già detto chiaramente nella famosa intervista a Pasolini: “Non è il mio sistema quello di scendere in piazza”. Sbandierano parole d’ordine, menano le mani, agiscono con violenza: come si può essere più antipoundiani di così?».
«Sfruttano il suo nome»
Certo il vecchio Ezra, il pacifista fautore dell’incontro tra civiltà e culture, mai avrebbe immaginato che un giorno sarebbe stato strumentalizzato da ragazzi che cercano lo scontro, vogliono innalzare muri, sbraitano contro gli immigrati.
«Sono dannosi», ribadisce la Mary de Rachewiltz, «hanno sfruttato il nome di Pound per fare colpo. In questo sta la loro disonestà ».
Che fare dunque?
«La causa legale per ora non va avanti», osserva, «eppure dovrebbe muoversi anche l’ambasciatore americano. Ezra Pound era un cittadino statunitense, si riteneva un patriota anche se fu trattato da traditore per aver trasmesso alcuni discorsi pacifisti da Radio Roma durante la Seconda guerra mondiale. Io ho la doppia cittadinanza, americana e italiana, e la mia famiglia è parte offesa in questa triste storia».
Ma perchè stupirsi se le rappresentanze statunitensi non si pronunciano? Basta ricordare come fu trattato dal governo americano il grande poeta, ingabbiato e rinchiuso per 13 anni in un manicomio criminale per aver urlato le sue ragioni contro la guerra, seppure incautamente da una radio nemica, l’Eiar mussoliniana.
Un errore pagato caro.
Mary preferisce dimenticare le polemiche dei nostri giorni. «Quella di mio padre è una poetica dell’incontro tra civiltà , lingue, religioni. Nei suoi Cantos troviamo l’antichità cinese, greca, egizia e romana, la luce del Medioevo e del Rinascimento e i drammi della modernità . Inoltre fu un pioniere nella valorizzazione della cultura orientale, soprattutto grazie al richiamo costante agli insegnamenti confuciani».
La sacralità del grano
Il tema della conferenza internazionale è «Pound ecologista», un aspetto poco conosciuto della poetica di questo maestro del modernismo letterario, che pure aveva ideato un’originale filosofia contadina basata sulla sacralità del grano e che già negli Anni 30 parlava di raccolta differenziata dei rifiuti.
«Considerava lo spreco un peccato mortale. Indro Montanelli lo prendeva in giro perchè insisteva sull’importanza del burro di arachidi e sul valore del mangiare sano. Ora, in tempi di Expo, sappiamo quanto sia importante riflettere sulle disuguaglianze che non permettono di nutrire a sufficienza il pianeta. Un pianeta che va rispettato. Non a caso tra gli eroi dei Cantos troviamo il pagano Apollonio di Tiana e il cristiano san Francesco d’Assisi, due ecologisti ante litteram. Pound tradusse il Cantico del sole di Francesco: lo riteneva un esempio mirabile di poesia e un modello di saggezza».
Alla «Ezuversity»
Mary de Rachewiltz, lei stessa poetessa raffinata, vive per una missione: trasmettere a più persone possibili il pensiero di suo padre.
«Già durante la guerra ha cominciato a istruirmi nel suo mestiere, la poesia. “Ho creato la mia traduttrice in italiano”, diceva. E così mi ha instillato questo senso del dovere». Lavorare sui Cantos è un impegno immane, potenzialmente infinito, visti i continui riferimenti ai più diversi personaggi, scritti, eventi che costellano il poema.
«La tecnica di mio padre nell’educarmi», conclude Mary, «non contemplava l’università , istituzione verso cui non aveva alcuna considerazione. Alla “Ezuversity”, come la chiamava, era fondamentale interagire con persone interessanti, che potevano darti qualcosa, come i Fitzgerald o Robert Lowell. D’altronde è proprio l’incontro, con scrittori, mondi lontani e personaggi del passato e del presente, il cardine della sua visione del mondo».
Andrea Colombo
(da “La Stampa”)
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Giugno 28th, 2015 Riccardo Fucile
IL REBUS DI UN GOVERNATORE ELETTO MA SOSPESO PER LEGGE E “CONGELATO”
Innanzitutto, da quando effettivamente decorre la sua sospensione ?
A differenza di altri decreti di sospensione dello stesso Renzi, quello di De Luca non riporta la specifica indicazione della data del suo congelamento. Retrodatandolo, poteva essere quella del giorno della proclamazione, il 18 giugno. Il decreto è datato 26 giugno, è già stato notificato in Regione, il Consiglio ne prenderà atto domani. In quel momento la sospensione diventerà operativa.
La mancata indicazione è un “aiutino” a De Luca per fargli fare la giunta?
Potrebbe essere solo una svista, perchè ormai De Luca entrerà in consiglio regionale già da sospeso.
De Luca può chiedere al tribunale di sospendere la sospensione. Poteva già farlo ieri?
A notifica avvenuta poteva farlo. Ma forse spera ancora di poter fare domani giunta e vicepresidente.
Domani De Luca può presentare il suo “governo”?
Da sospeso non può farlo. Anzi, non appena il Consiglio prende atto della sua sospensione, De Luca dovrebbe lasciare la sala, nella quale non ha più il titolo per rimanere.
Il parere dell’Avvocato generale dello Stato Massella Ducci Teri gli consente di restarci e ufficializzare la giunta?
L’avvocato Gianluigi Pellegrino replica così: «È come se un automobilista, cui è stata ritirata la patente, continuasse a guidare. Ancora: che cosa diremmo se un condannato per mafia, poi sospeso, continuasse ad agire?».
Il parere dell’Avvocatura mette in guardia dal rischio «paralisi».
Ma se De Luca, domani, prentasse di fare la giunta, rischierebbe di compiere un atto illegale. Che scatenerebbe, a sua volta, altri ricorsi.
È necessario che prima la sua sospensione sia sospesa?
Sì, a questo punto il suo destino di governatore è nelle mani della magistratura. Del resto, proprio Renzi gli ha consigliato la strada: presentare un ricorso come hanno fatto altri prima di lui, come De Magistris.
Che chance ha De Luca di ottenere dal tribunale la sospensione?
I fan del governatore sospeso ne sono certi, i giuristi sono divisi. È un fatto che molti amministratori, prima di lui, si sono visti bocciare la richiesta dal Tar, dal Consiglio di Stato, dallo stesso tribunale. Ma dopo De Magistris, la pronuncia del Tar (sospensiva e ricorso alla Consulta) – confermata dal giudice civile poichè la Cassazione ha inibito il Tar – le chance di ottenerla sono maggiori. Anche se nella sentenza di De Magistris è scritto che «non costituisce un precedente».
Se De Luca presenta il ricorso domani quanto tempo passa per il verdetto dei giudici?
Una settimana, dieci giorni.
Con la sospensiva può fare la giunta?
Sì,e può anche governare, finchè la Consulta, attivata dal tribunale, non decide sulla legge Severino.
E senza sospensiva?
La palla torna a Palazzo Chigi. Lo scenario si divide tra un commissario ad acta per la Campania e la prospettiva di nuove elezioni.
Liana Milella
(da “La Repubblica“)
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