Giugno 14th, 2015 Riccardo Fucile
PER IL PRIMO SI RISCHIA UN CONFLITTO BELLICO CON LA LIBIA, PER IL SECONDO UNO DIPLOMATICO CON LA GRAN BRETAGNA
Un Piano B sull’emergenza immigrazione. Un piano segreto e con tre possibili facce. La prima: un intervento di polizia sulle coste libiche con il doppio obiettivo di impedire la partenza dei barconi e distruggere, affondare, le imbarcazioni vuote e che — dato più importante — prescinde dal via libera delle Nazioni Unite.
La seconda: interdire l’attracco nei porti italiani alle navi inglesi, ma anche a quelle militari straniere, che stanno navigando nel canale di Sicilia nell’ambito dell’operazione Triton-Frontex.
La terza: agire su qualche altro dossier, magari economico, perchè “l’Italia non può più essere il buco nero di uno scarica-barile insopportabile”.
Il premier Renzi ha preso in mano il dossier immigrazione.
Nell’intervista al Corriere della sera ha annunciato l’esistenza di un “Piano B”. Un piano segreto. Che, come dice il ministro dell’Interno Angelino Alfano, “mostrerà un’Italia fin qui sconosciuta perchè questa situazione non è più tollerabile”.
Palazzo Chigi stoppa ogni speculazione.
Il Piano B appartiene a quel tipo di operazioni che “si fanno e non si annunciano”. Indiscrezioni raccolte presso più fonti di governo sembrano però condurre verso la decisone di “dare il via a quell’operazione di polizia internazionale che prescinde dal via libera del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e ha invece la propria giustificazione normativa nella lotta contro una nuova forma di schiavismo quale è la tratta dei migranti che è un crimine contro l’umanità ”.
Si spiega che l’Italia “potrebbe avere l’appoggio di qualche partner europeo (e in questo senso potrebbero essere letti gli incontri di Renzi con Cameron e Hollande previsti tra mercoledì e domenica, ndr) ma anche di qualche paese arabo”.
E’ chiaro che l’operazione deve avere anche il via libera di “almeno uno dei governi libici”. Tobruk sarebbe inutile perchè non controlla le spiagge da dove partono le imbarcazioni.
Con Tripoli, governo islamico non riconosciuto dalla comunità internazionale, “potrebbe essere in corso una forma di interlocuzione”.
Sarebbe una guerra navale sulle coste libiche.
La seconda faccia del Piano B sa un po’ di provocazione ma sarebbe sacrosanta.
Nei giorni scorsi è accaduto un episodio che ha molto irritato palazzo Chigi. La nave militare inglese Bulwwark, impegnata nel canale di Sicilia nell’ambito di Triton-Frontex, ha soccorso un migliaio di migranti in mare e poi li ha scaricati nel porto di Pozzallo in Sicilia.
La manovra era stata sconsigliata dalla Capitaneria di porto che aveva invece pregato la nave di Sua Maestà di attraccare nel porto di Ancona perchè la Sicilia era già in overbooking.
Per tutta risposta il comandante ha disatteso gli ordini sostenendo che “l’unità navale inglese risponde alle disposizioni di Sua Maestà ”. E cioè consegnare i migranti nei porti siciliani.
In casi del genere, suggerisce Sandro Gozi, il sottosegretario con delega agli Affari europei, “possiamo appellarci ad un principio sacrosanto del diritto marittimo internazionale per cui l’attracco deve avvenire nel porto più sicuro. E il porto più sicuro potrebbe non essere italiano”.
Possiamo anche vederla così: Francia, Austria, Slovenia blindano i valichi di frontiera dispiegando gendarmeria e controlli e noi rendiamo indisponibili i nostri porti.
Un braccio di ferro assurdo. Un’ipotesi estrema ma praticabile.
La nave inglese sarebbe così costretta a tenersi il carico di migranti soccorsi.
La via maestra resta sempre il Piano A che prevede due pilastri e senza rinvio: distribuzione dei profughi che hanno diritto all’asilo; immediato rimpatrio nei paesi di origine per chi non ha i requisiti; applicazione immediata, a luglio.
Gozi lavora personalmente al dossier che sarà nuovamente discusso a Bruxelles il 25 giugno.
“Possiamo limare sul numero — dice – scendere rispetto ai 40 mila iniziali ma è chiaro che i 25 paesi devono offrire accoglienza a chi è in fuga da guerre, carestie e persecuzioni”.
E’ indispensabile poi che il piano diventi subito operativo perchè “aspettare settembre significa mettere in ginocchio l’Italia nei mesi estivi”.
Nella IV parte del Piano europeo è tornata, dopo essere scomparsa per qualche giorno, la direttiva su rimpatri e riammissioni. Il tasso europeo di rimpatri si aggira sul 39 per cento.
Quello italiano è molto più basso: nel 2014 sono state riportate nei paesi di origine 14 mila persone che non avevano diritto all’asilo.
Tutto dipende dagli accordi con i paesi ed è chiaro che l’Europa, soprattutto Francia e Inghilterra, ha più potere contrattuale. E abbatterebbe di parecchio i costi.
Un dato è certo: l’Italia non può più sostenere l’emergenza nell’emergenza, le centinaia di “transitanti” che vogliono raggiungere il nord Europa e bloccati ai valichi e nelle stazioni.
L’Italia è per loro solo un luogo di passaggio. Ma alle spalle hanno il mare.
E davanti, da dieci giorni, trovano solo frontiere chiuse.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 14th, 2015 Riccardo Fucile
A MAGGIO MENO 25% DEI VISITATORI PREVISTI… LA TABELLA CON LE PREVISIONI SUI VISITATORI SMENTISCE SALA… “MAGGIO STRAORDINARIO”? NO, LE STIME SI AVVICINANO ALLA REALTA’ SOLO NEL FINE SETTIMANA
Resta in vigore l’incredibile embargo sui dati di Expo: segreto il numero degli ingressi giorno per giorno, segreto il numero dei biglietti del metrò (che porta al sito gran parte dei visitatori), segreti perfino i dati sulla spazzatura rimossa.
Segreto anche quanto cibo viene buttato ogni giorno — a proposito di sprechi alimentari.
È l’ultimo paradosso di Expo: di giorno predica contro gli sprechi, di notte butta quintali di cibo.
La Caritas ha chiesto di poter ritirare e distribuire ai poveri ciò che viene scartato, ma non ha ancora avuto il permesso d’accesso al sito.
A maggio, 900 mila ingressi in meno di quelli stimati nel documento riservato
Sui visitatori, il commissario Giuseppe Sala per un mese ha tenuto nascosti i numeri, poi ha ammesso che per maggio era sensata la valutazione di Federalberghi (1 milione e 900 mila persone), ma infine ha dichiarato, con grande enfasi, che gli ingressi sono stati 2 milioni e 700 mila: “Maggio è stato straordinario, i risultati del primo mese sono molto soddisfacenti”. Un successo, dunque.
Al Fatto quotidiano risulta che i visitatori di maggio siano meno di quanto dichiarato. Forse Sala conteggia gli “ingressi” quotidiani anche delle migliaia di persone che lavorano nel sito.
Ma anche fosse vera la sua dichiarazione, il risultato è del 25,2% inferiore alle previsioni della sua stessa società (pubblica, dunque tenuta alla trasparenza nei confronti dei cittadini che la finanziano con le loro tasse).
Per dare un contributo di trasparenza, il Fatto mette online le cifre di un documento Expo riservato che stima le presenze giorno per giorno, nei sei mesi dell’esposizione. È il termine di paragone per valutare con oggettività il successo o l’insuccesso della manifestazione.
Per maggio, erano previsti 3 milioni e 610 mila visitatori.
Quindi ben 900 mila in più di quelli dichiarati da Sala come fossero un grande successo.
Se il trend non migliora, sarà difficile arrivare ai 24 milioni di ingressi previsti nei sei mesi. Maggio era considerato già nelle stime il mese più difficile (3.610.000).
Per giugno le previsioni salgono (4 milioni), scendono di poco per luglio (3.960.000), poi una risalita ad agosto (4.250.000), piccola flessione a settembre (3.840.000) e record nel mese finale, ottobre (4.390.000).
I biglietti venduti? Non sono 15 milioni, come dichiarato, ma solo 6 milioni
Sala intanto ripete che “l’unico dato certificabile” sono i biglietti venduti (chissà perchè, visto che la centrale operativa di via Drago controlla minuto per minuto tutti gli ingressi).
A fine maggio Sala ha annunciato trionfante che i biglietti venduti sono già ben 15 milioni.
Peccato che poi abbia dovuto ammettere che però quelli già pagati sono solo 6 milioni. Gli altri sono parcheggiati presso tour operator e grandi dealer, ma non ancora collocati ai visitatori in carne e ossa.
Dunque i biglietti venduti sono non 15, ma 6 milioni.
Gianni Barbacetto
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 14th, 2015 Riccardo Fucile
GLI UOMINI E DONNE DELL’ESERCITO CURDO SFONDANO LE LINEE DELL’ISIS
E’ la pop star curda a firmare il primo inno anti-Isis.
Helly Luv è in visita alle truppe peshmerga impegnate in Siria contro Isis ed ha cantato “Revolution”, il motivo del nuovo video nel quale veste la divisa dei combattenti curdi mentre ferma i tank del Califfato, guidando civili e militari al riscatto contro gli aggressori.
Nelle immagini la “Shakira curda”, come viene sovente chiamata, innalza striscioni con le scritte “End the War” e “No Violence”, mostrandosi con la kefiah biancorossa dei curdi mentre si batte a fianco dei peshmerga che difendono i propri villaggi dagli attacchi di Isis.
“Siamo uniti” canta Helly Luv e in alcuni fotogrammi appare uno striscione con i simboli di tutte le fedi – dalla mezzaluna alla croce fino alla stella di David ed alla ruota buddista – per sottolineare l’importanza di agire assieme contro i terroristi.
«Sono voluta venire qui, fra i peshmerga, per fare qualcosa per loro, considerandomi una di loro» ha detto la pop star durante una tappa della tournee ad Arbil.
«Il mondo deve unirsi ai peshmerga per battere Isis» ha aggiunto, identificando in questa richiesta il messaggio di “Revolution”.
Nel frattempo i curdi siriani del movimento YPG, sostenuti da nuclei di ribelli e dai raid della coalizione, sono a pochi chilometri dalla cittadina di Tal Abyad, al confine con la Turchia.
La campagna lanciata dai curdi con movimenti da Est e da Ovest ha confermato ancora una volta come i militanti islamici, quando incontrano un avversario motivato e deciso, non sono invincibili.
I curdi li hanno battuti a Kobane, quindi hanno sviluppato un’offensiva paziente che li ha portati, villaggio dopo villaggio, fino a Tal Abyad. E questo nonostante il loro armamento sia infinitamente inferiore
Tal Abyad riveste un ruolo importante per lo Stato Islamico.
E’ la porta sul territorio turco, può essere usata per ogni tipo di traffico, dunque ha un valore economico, è snodo di transito per i volontari provenienti dall’estero, è sull’asse stradale che conduce a Raqqa, la città -covo dell’Isis, “casa” dei dirigenti e prigione di tanti ostaggi e rappresenta un cuneo, una frattura, tra l’area curda di Kobane e quella di Cizere.
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Giugno 14th, 2015 Riccardo Fucile
“L’EUROPA HA UNA VISIONE RISTRETTA, NOI SPENDIAMO 6 MILIARDI DI DOLLARI L’ANNO PER ASSISTERLI, SIAMO ALLIBITI DALLE VOSTRE REAZIONI”
Nei giorni in cui alcune centinaia di rifugiati alle stazioni ferroviarie di Roma e Milano sembrano mandare in tilt l’Italia, l’ambasciatore turco Aydin Adnan Sezgin, se non avesse lo standing di un Boris Biancheri, potrebbe tranquillamente dichiararsi allibito.
«In Turchia noi abbiamo, dallo scoppio della guerra civile in Siria, qualcosa come 2 milioni e mezzo di profughi» dice soltanto sfogliando le carte del dossier «e, si badi bene, questi dati riguardano solo la Turchia».
Qual è la situazione, e quali problemi dovete affrontare?
«Duecentocinquantamila rifugiati siriani sono ospitati nei campi profughi. Ma i nove quinti di quei 2 milioni e mezzo vivono liberi in Turchia, con tutti i problemi connessi. Sono siriani, per lo più, e iracheni di ogni confessione. Il costo, per il nostro Stato è di 6 miliardi di dollari all’anno, l’Unione europea ci riconosce una cifra pari solo a 400 milioni dollari. Non critico Bruxelles, ma di certo la comunità internazionale europea ha una visione assai ristretta del problema dei flussi migratori».
Tanti rifugiati perchè, anche se forse è poco noto alla pubblica opinione italiana, la Turchia è una frontiera prevista dal regolamento di Dublino. Quei finanziamenti li ricevete proprio perchè trattenete sul vostro territorio il grosso dei migranti.
«È così, ed è evidente lo squilibrio che è nel regolamento di Dublino. L’Italia non riceve migranti solo dalla Libia, esiste un flusso che arriva dall’Est Mediterraneo: la Turchia è quella frontiera, e c’è una cooperazione con l’Italia per prevenire quel flusso migratorio.Teniamo regolari riunioni tecniche, le ultime sono state il 26 e il 29 maggio con importanti delegazioni, qui in ambasciata. Solo nel 2014 abbiamo fermato 59mila migranti irregolari, e di questi ne abbiamo salvati in mare 15mila. Dall’inizio del 2015 i guardacoste turchi hanno bloccato 7.237 migranti irregolari. Noi cooperiamo con l’Italia. Rispettiamo e ammiriamo quel che fa l’Italia con il salvataggio in mare di tante vite umane, e per i centri d’accoglienza. Ma non si può non notare che le poche decine di migliaia di migranti che sono in Italia o negli altri paesi dell Ue sono un goccia rispetto al mare di profughi che ospitiamo in Turchia, Giordania, Libano».
E che arrivano a un totale di circa 6 milioni. Vorreste maggiori aiuti dalla Ue? La Turchia è sospettata da molti analisti anche internazionali di benevolenza verso l’Isis, di lasciar andare molti combattenti verso la Siria e l’Iraq. Avendo poi pure il problema dei «foreign fighters».
«La Turchia riceve ogni anno 35 milioni di turisti, come controllarli? È impossibile. E difficile è anche controllare le centinaia di chilometri di nostre frontiere con l’Iraq. Possiamo fermare solo i sospetti, e coloro su cui abbiamo informazioni, e lo facciamo. Sta alla Ue prevenire, e impedire ai potenziali terroristi di partire dai Paesi Ue. Adesso comincia ad esserci una miglior cooperazione tra le intelligence, abbiamo 11.500 terroristi sulla lista di coloro che non possono entrare i Turchia, e tra questi 7 sono italiani. Abbiamo rinforzato i controlli stradali, in porti e aeroporti, e facciamo tutto quanto è possibile per non essere utilizzati come paese di transito verso il Califfato. Ma è evidente che, oltre la cooperazione esistente, anche i paesi della Ue devono impegnarsi al massimo».
Antonella Rampino
(da “La Stampa”)
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Giugno 14th, 2015 Riccardo Fucile
QUAGLIARELLO: “RICORDATEVI CHE IL SEDICESIMO CONSIGLIERE LO ABBIAMO NOI”… ED E’ GIA RISCHIO RIBALTONE
Povero Gabibbo bianco: neanche il tempo di insediarsi e prima gli respingono l’incauto ricorso per avere tre consiglieri gratis in più, ora arriva Quagliarella a ricordargli che, se Ncd si schierasse all’opposizione, Toti andrebbe sotto 15 a 16, e addio Giunta.
Quindi meglio dargli l’assessorato che peraltro gli era stato promesso.
Le parole di Quagliarello sono chiare: “Nel centrodestra, con metodi veterocomunisti, qualcuno continua a darci dei traditori, ma in Liguria esprimiamo il sedicesimo consigliere”.
Tradotto: ad Area popolare spetta un assessore, Toti non pensi di fare il furbo.
Ma i posti sono pochi (sette) e Toti non sa più a che santo votarsi: la Lega ne vuole tre (premio per avere due inquisiti), Forza Italia pure (ma di inquisiti eletti ne ha uno), Fratelli d’Italia strilla per uno (con un inquisito).
Da dove si può far uscire un posto per Area popolare (capolista inquisito) ?
Restano le poltrone di sottogoverno, in attesa magari che un inquisito venga condannato e decada per la Legge Severino.
Sensazione diffusa: Toti entro un anno bucherà la gomma e resterà a piedi.
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Giugno 14th, 2015 Riccardo Fucile
VENTIMIGLIA: LA POLIZIA ITALIANA DEVE ANCHE RESPINGERLI, COME NON AVESSE GIA’ ALTRO DA FARE… E SE CI SCAPPAVA IL MORTO?
Un gruppo di trenta idioti francesi, autoproclamatisi appartenenti a tale Generation Identitaire, con tanto di striscione xenofobo sono stati fatti passare dal varco di Ventimiglia dalla Gendarmerie (complimenti Hollande!) e appena in territorio italiano
si sono presentati vicino alla scogliera dove si trovavano un centinaio di migranti, in attesa di varcare il confine.
Pertanto questi 30 soggetti, in territorio italiano, con uno striscione di protesta a sfondo razzista. hanno gridato slogan contro i migranti.
Immediata la reazione di carabinieri e polizia che li ha fatti allontanare prima che i due gruppi venissero a contatto.
Sono così tornati in territorio francese senza che nessuna autorità italiana provvedesse alla loro identificazione e alla loro denuncia per resistenza a pubblico ufficiale e manifestazione non autorizzata.
Evidentemente la Francia non importa profughi ma esporta imbecilli.
Siamo in attesa di sapere se Alfano formulerà la doverosa protesta alle autorità francesi per aver consentito una provocazione che avrebbe potuto innescare gravi conseguenze in un clima già teso di suo.
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Giugno 14th, 2015 Riccardo Fucile
IL CORAGGIO DI GUARDARE LA REALTà€: SEMBRA CHE PRIMA DEL LORO ARRIVO VIVESSIMO NEL PAESE DELLE FATE
Viviamo in un’epoca di semplificazioni assolute, di esagerazioni dettate dalla pancia e di tragica mancanza di buon senso.
Un’epoca in cui manca la memoria ma ancor più la razionalità , non si tiene più conto di numeri, proporzioni e contesti.
Non si capisce che la complessità non si affronta e non si risolve con i proclami ma con un lavoro faticoso in cui l’egoismo dei singoli (siano essi Stati, Regioni o Comuni) rischia di essere letale.
Lo scorso anno sono arrivati dal mare 170 mila migranti (nei primi cinque mesi e mezzo del 2015 sono 56mila, in linea con lo scorso anno) e questo ha avuto il potere di destabilizzare un’Unione europea di ben 500 milioni di persone e di mettere in scena un vero e proprio psicodramma.
Significa che gli arrivi sono pari a uno ogni 3000 abitanti, ma ogni nazione si è chiusa a riccio, interpretando a suo favore le regole e chiudendo a singhiozzo le frontiere.
Negli ultimi tre anni in Turchia, nazione con 75milioni di cittadini, i rifugiati arrivati dalla Siria e dall’Iraq sono stati oltre due milioni: uno ogni 35 abitanti.
Duecentomila sono arrivati in pochi mesi solo dall’area di Kobane per sfuggire all’offensiva dell’Isis.
I turchi per gestire una migrazione di queste proporzioni stanno spendendo 6 miliardi di dollari l’anno a cui — ci racconta oggi l’ambasciatore di Ankara in Italia — la comunità internazionale collabora con soli 400milioni.
Ma non è il solo esempio della nostra miopia: in Libano si sono rifugiati 2 milioni di siriani, una cifra immensa e spaventosa se si tiene conto che i libanesi sono solo 4milioni.
E’ come se da noi italiani si scaricassero 30 milioni di rifugiati…
Tutto questo non diminuisce di certo il disagio, i problemi e i rischi che gli italiani devono affrontare e non ci rassicura, ma forse può aiutarci ad avere una visione più oggettiva di quello che sta accadendo.
Tutto questo dovrebbe invece spingere tutti a mettere in atto politiche nuove che abbiano come obiettivo quello di cercare di gestire i flussi e agendo concretamente in Nord Africa, garantendo sicurezza e legalità .
L’Europa ha cominciato a discutere un piano di rimpatri per coloro che non hanno i requisiti per restare come rifugiati ma latita nel definire quote di accoglienza.
Se la prima è una strada che andrà necessariamente percorsa, non può però prescindere dalla realtà quotidiana degli sbarchi e della necessaria accoglienza.
Ci preoccupiamo della sicurezza e delle questioni igienico sanitarie?
Bene, allora non abbandoniamo la gente in mezzo alla strada, sotto i ponti o nelle stazioni.
È un discorso che vale per i Paesi della Ue come per le regioni: lo scarica-barile non migliora la situazione serve solo a fare propaganda politica.
E quei barconi che arrivano ogni giorno non possono essere l’alibi per un racconto della realtà completamente emotivo e slegato dalla verità .
Quando si parla di tassi di criminalità , di pirati della strada o di stazioni insicure si fa bene a pretendere più severità e un maggiore controllo del territorio, ma non raccontiamoci che prima vivevamo nel Paese delle fate.
Lo dicono le statistiche ma anche la memoria.
Le bande di stranieri che fanno le rapine nelle case sono un’emergenza?
Vanno affrontate con più forze dell’ordine nelle nostre province, ma non fingiamo di non ricordare anni di malavita italiana o la drammatica stagione dei rapimenti.
«Investono la gente ubriachi e drogati!».
Guardate ai fatti di cronaca, ai pirati della strada, e nella maggioranza dei casi troverete rispettabili padri di famiglia italiani o i loro figli.
Chi ha ucciso un quindicenne a Monza a marzo e poi è scappato non era un rom ma un quarantenne brianzolo con un’Audi.
«Sono pericolosi ed efferati!».
Olindo e Rosa non sono musulmani, Yara non pare sia stata uccisa da un albanese e la cronaca quotidiana è piena zeppa di delinquenti italiani.
Le stazioni oggi ci fanno paura?
Ce ne accorgiamo perchè sono luoghi più belli e puliti di quanto non lo fossero 10o 20anni fa, con i negozi, i bar, i ristoranti e allora lo notiamo.
A me la Stazione Centrale di Milano o Roma Termini facevano molta più paura vent’anni fa, piene di tossici e spacciatori.
Questi sono i problemi della nostra epoca, migrazioni dovute a guerre, estremismo, miseria, fame e cambiamenti climatici.
Non possiamo pensare di arrenderci o soccombere ma nemmeno di nascondere il problema o scaricarlo sul vicino, bisogna avere il coraggio di essere adulti, chiamare tutti alle responsabilità e chiamare le cose con il loro nome.
Costruire percorsi virtuosi (di accoglienza, studio, rispetto delle regole per chi ha i requisiti) e insieme meccanismi di rimpatrio e di aiuto ai Paesi da cui partono, ma evitare di voltare la testa dall’altra parte regalando migliaia di disperati al lavoro nero e alla criminalità organizzata.
Mario Calabresi
(da “La Stampa”)
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Giugno 14th, 2015 Riccardo Fucile
PRESENTERA’ IL SUO NUOVO LIBRO, OSPITE DEI CONSERVATORI RIFORMISTI DI RAFFAELE FITTO
Che ci farà il guru americano anti tasse a Roma, sede di governi che, al di là dei colori politici, non hanno fatto altro che aumentarle negli ultimi decenni?
Grover Norquist mercoledi presenterà il suo nuovo libro “End the Irs before it ends us”, ospite del nuovo raggruppamento politico di Fitto e Capezzone, particolarmente attivo nel tentativo di delineare una destra che faccia riferimento ai conservatori inglesi e ai repubblicani americani.
Norquist è uno dei 50 cervelli più influenti negli States, presidente dell’Americans for Tax Reform, diventato, soprattutto grazie al pledge (il patto) che fece firmare a Bush figlio, uno dei più potenti gruppi di pressione a stelle e strisce.
La sua idea fondamentale è quella di far giurare ai politici di non alzare le tasse: il candidato deve firmare un “pledge” (patto) pubblico e solenne, con cui si impegna a non votare mai per qualunque legge che comporti un aumento della pressione fiscale.
In questo modo originale, lo storico think tank di Washington da anni svolge azione di pressione sul Congresso federale statunitense per impegnare deputati e senatori a non alzare spesa pubblica e tasse.
Norquist ritiene che sia meglio avere aliquote fiscali basse piuttosto che alte: un’ampia tassazione di base, come ad esempio una “flat tax” sul reddito o la stessa IVA, riduce al minimo la perdita secca imposta all’economia.
La sue tesi è che “le persone creano ricchezza, non le cose. I politici tendono a pensare che un’economia debole sia un pretesto per aumentare le tasse sui cittadini. Forse la debole crescita economica, i salari più bassi, il minor numero di lavoratori occupati dovrebbero essere segnali alla classe politica per ridurre la pressione fiscale sulle persone”.
A suo parere quindi occorre lavorare sui tagli agli sprechi e non ” fare nuove leggi e regolamenti per spremere più soldi ai suoi cittadini, in quanto “maggiore è il tasso di imposta, maggiore è l’incentivo ad evadere le tasse, mentre aliquote fiscali più basse riducono gli incentivi ad evadere la tassazione”.
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Giugno 14th, 2015 Riccardo Fucile
SILVIO: “NON CE LA FA AD ANDARSENE”… IL SENATORE: “STORIA FINITA”
«Secondo me, Denis non se ne andrà . Perchè non ha i numeri per aiutare Renzi sulle riforme. O, se ce li ha, non sono comunque sufficienti per blindare il governo o fare un gruppo parlamentare…».
Ieri mattina, quando parla con i dirigenti forzisti, Silvio Berlusconi gioca la carta della sicurezza. O della scaramanzia.
All’incontro di martedì con Denis Verdini, l’uomo che è stato il suo principale braccio operativo, mancano ormai pochissimi giri di orologio.
Forse gli ultimi di un «sodalizio» ultradecennale.
L’ex premier gioca comunque la carta della diplomazia, arrivando quasi ad assolvere il senatore toscano. D’altronde, ripete Berlusconi, «con Denis mi sono sempre trovato bene. L’unica volta che ci siamo trovati in disaccordo è stata proprio sul continuare o meno sulla strada del Patto del Nazareno dopo l’elezione di Mattarella. Lui sosteneva e sostiene che bisognasse andare avanti. Io che quel metodo usato da Renzi, al di là dell’apprezzamento umano per l’attuale presidente della Repubblica, fosse indigeribile…».
I toni della vigilia, almeno quelli che trapelano da Arcore, sembrano concedere qualche piccolo margine all’happy end.
Ma basta spostare l’obiettivo sul sabato mattina di Verdini e compagnia, e il canovaccio di questa storia cambia completamente verso.
Gli uomini del pallottoliere verdiniano, mettendo in fila nomi e cognomi di senatori che stanno sulla bocca di tutti nonostante le smentite di circostanza, azzardano che «al Senato la nostra pattuglia avrà un minimo di 12 parlamentari…».
E il senatore di Fivizzano, nelle ultime ricognizioni con amici e colleghi, si sarebbe spinto fino a dire che «almeno cinque o sei arriveranno direttamente da FI».
Dalla «V» di Verdini a quella di Villari, passando per Mazzoni, Conti e chissà chi altro.
Perchè Verdini, per quanto abbia acconsentito a lasciarsi una via di fuga, la sua scelta sembra averla già fatta.
«La mia storia con Berlusconi è chiusa», ripete da giorni. E anche quel «lodo» che l’ex Cavaliere gli avrebbe sottoposto durante la cena della settimana scorsa – «Potresti votare qualche articolo della riforma della Costituzione pur rimanendo dentro Forza Italia» – pare destinato ad essere respinto al mittente.
Come dimostra quella lettera-appello a favore delle riforme renziane che il senatore toscano ha già sulla scrivania, pronta per essere pubblicata «al momento opportuno».
Per fermare l’operazione «neoresponsabili», tolta la strada della diplomazia, a Berlusconi non rimane che sperare nella sua previsione.
Quella del «Verdini che non ha i numeri ».
Tra i suoi, c’è chi vorrebbe spingerlo a battere la strada della «contro-campagna acquisti», per tentare di sottrarre ai verdiniani la certezza dei numeri per fare un gruppo.
Ma l’ex Cavaliere aspetta di ritrovarsi faccia a faccia col suo ex coordinatore.
Nel frattempo, in questo fine settimana, il presidente di Forza Italia inizierà a mettere mano a una specie di «decalogo» del nuovo partito.
Che già contiene una sorpresa. Le parole «fisco e tasse», nell’ultima metamorfosi del berlusconismo, verranno dopo la nuova parola magica su cui l’ex Cavaliere ha intenzione di insistere prossimi mesi.
Una parola sola, «sicurezza».
Tommaso Labate
(da “il Corriere della Sera“)
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