Giugno 7th, 2015 Riccardo Fucile
L’EX SINDACO DI BARCELLONA POZZO DI GOTTO, MARIA TERESA COLLICA, SI RICANDIDA CON UNA LISTA CIVICA E SUPERA IL SUO EX PARTITO… DISTURBAVA TROPPO I POTENTI E IL PD NON L’HA RIPRESENTATA
Eletta a furor di popolo dalla società civile, considerata il sindaco della rivoluzione in un territorio che ha fatto da feudo a Cosa Nostra, quindi sfiduciata dai quelli che dovevano essere i suoi stessi alleati.
Adesso Maria Teresa Collica, per trentatrè mesi primo cittadino di Barcellona Pozzo di Gotto, quarantamila abitanti in provincia di Messina, è di nuovo in pista: dopo essersi ricandidata con una lista civica, è approdata a sorpresa al ballottaggio, nonostante il boicottaggio dei vecchi alleati del Pd, desiderosi di eleggere un sindaco fedele agli ordini di scuderia, ma sconfitti al primo turno e costretti a guardare da lontano la sfida tra il forzista Roberto Materia e l’ex sindaco sfiduciato.
Eletta nel 2012, lo stesso anno che ha sancito il ritorno di Leoluca Orlando alla guida della città di Palermo, e pochi mesi prima del successo del Movimento Cinque Stelle alle regionali siciliane, Collica è stata più volte paragonata a Renato Accorinti, il sindaco pacifista che ha vinto a sorpresa le elezioni nella Messina di Francantonio Genovese.
È per questo che dopo la vittoria, i giornali hanno parlato di “primavera di Barcellona”, un territorio dove fino a quel momento si erano succeduti soltanto lunghissimi inverni fatti di agguati mafiosi, logge massoniche coperte e giornalisti assassinati.
È a Barcellona che nel 1993 si nascondeva protettissimo il boss Nitto Santapaola, ed è sempre a Barcellona che viene assassinato nello stesso anno il giornalista Beppe Alfano: paga probabilmente l’avere individuato la presenza del capo dei capi di Cosa Nostra catanese in città .
Ma non solo: nel paesotto affacciato sull’Adriatico hanno dimora da tempo immemore personaggi border line capaci di agire come “uomini cerniera” tra cosche mafiose, pezzi dei servizi segreti e logge occulte.
È questo il ritratto fornito dalla direzione antimafia di Messina sull’avvocato Rosario Pio Cattafi, considerato l’ultimo boss di Barcellona, con un passato tra estremisti neri e una frequentazione con Pietro Rampulla, l’artificiere della strage di Capaci.
I fenomeni criminali della città peloritana poi fanno registrare un’altra peculiarità : sono pochissimi i collaboratori di giustizia.
Uno degli ultimi a “pentirsi” è stato il killer Carmelo D’Amico, autore di dichiarazioni che tirano in ballo pesantemente l’ex vicepresidente del Senato Domenico Nania: l’esponente del Pdl è indicato come il capo di una loggia massonica occulta che dava asilo a importanti boss mafiosi. Ecco perchè nel 2012 l’elezione di Collica viene salutata come una rivoluzione: da queste parti è considerato un atto inedito e particolarmente coraggioso persino l’ormai diffusissima decisione di costituire il comune come parte civile nei processi per mafia.
Già tre anni fa per la verità il Pd piuttosto che sostenere Collica, vincitrice delle primarie, aveva preferito puntare su un fedelissimo di Nania, l’ex presidente del consiglio comunale di An Filippo Marte.
Poi aveva iniziato a dialogare con il sindaco fino a quella drammatica notte del 13 marzo: le lancette dell’orologio avevano appena toccato l’una, quando dopo una seduta fiume il consiglio comunale aveva approvato la mozione di sfiducia per il sindaco.
Una mozione decisa dai voti del Pd, sulla carta alleato della Collica, ma ormai dilaniato da violenti scontri intestini, dovuti soprattutto alla mutazione genetica che il partito ha avviato proprio nel laboratorio politico siciliano.
“Volevano fermare quest’amministrazione prima che i risultati fossero visibili a tutti e per loro sarebbe stato troppo tardi”, spiegava con amarezza il sindaco in un affollatissimo comizio di piazza convocato subito dopo la sfiducia.
Nei trentatrè mesi di amministrazione, Collica assicura di essere riuscita ad ottenere 20 milioni di euro di finanziamenti europei da investire nelle scuole, nel mercato ortofrutticolo, nelle infrastrutture.
Poi ecco la sfiducia, con i consiglieri comunali che stranamente preferiscono fare harakiri e tornare al voto pur di mettere un punto alla primavera cittadina.
“Perchè mi hanno sfiduciato? Perchè erano arrivati i fondi per finanziare servizi sociali e opere pubbliche: era il momento in cui sarebbero state impegnate queste somme, ed evidentemente il vecchio establishment ha pensato di tornare al potere in città ”, dice oggi l’ex sindaco, dopo aver staccato di oltre mille voti Giusi Turrisi, il candidato del Pd, che da queste parti è il feudo di Genovese, l’ex deputato arrestato nel maggio scorso per associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio, al peculato e alla truffa.
“Sfiduciandomi, i partiti dicevano d’interpretare la volontà popolare. Io però vedevo fiducia attorno a me: e l’unico modo per capire quale fosse la vera volontà della città era ricandidarmi”, continua Collica, aspirante sindaco di una terra che per troppi anni è stata allergica alle primavere e alle rivoluzioni.
Giuseppe Pipitone
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 7th, 2015 Riccardo Fucile
TRA UNA SETTIMANA IL DOSSIER DEGLI ISPETTORI AL PREFETTO…IL COMUNE RISCHIA IL COMMISSARIAMENTO PER PIU’ DI UN ANNO
Da qualche giorno uno spettro è tornato a Palazzo Senatorio: quello dello scioglimento per mafia.
E non solo perchè ad agitarlo, mentre il Pd lo esclude, è praticamente l’intero centrodestra.
Il 15 giugno scade infatti il termine entro il quale la Commissione di accesso agli atti, insediata a metà dicembre, dovrà consegnare la relazione sull’eventuale inquinamento dell’amministrazione.
Nominata in seguito all’esplosione dell’inchiesta Mondo di Mezzo, è presieduta dal prefetto Marilisa Magno e coadiuvata da una struttura investigativa formata da carabinieri, polizia, Dia e Finanza.
Una squadra che da quasi sei mesi setaccia ogni delibera di giunta, verbale di consiglio, gara d’appalto, determina dirigenziale votata o firmata negli ultimi sette anni in Campidoglio, aziende partecipate e municipi: i cinque di Alemanno e i primi due di Marino
Un lavoro immane che confluirà nella relazione da inviare – entro una settimana – al neo-prefetto Franco Gabrielli.
Il quale, pur non conoscendo l’esito dell’attività ispettiva, spiega che «la Commissione sta producendo una relazione corposissima, ha già superato le 700 pagine, e anche a causa degli ulteriori sviluppi dell’inchiesta si prenderà tutto il tempo fino al termine».
Dunque il 15 giugno. «Poi il prefetto avrà a disposizione 45 giorni, in cui formulerà le sue valutazioni, anche sentito il Comitato per l’ordine e la sicurezza allargato al procuratore Pignatone. Non vorrei sembrare Quinto Fabio Massimo il Temporeggiatore», precisa Gabrielli, «ma esaminare tutto richiederà tempo».
E si arriva al 30 luglio.
A quel punto la palla passerà al ministro dell’Interno che «farà un’ulteriore istruttoria e se dovesse ritenere che il Comune sia infiltrato proporrà lo scioglimento al Consiglio dei ministri, organo cui spettano questi provvedimenti».
Anche se poi, tecnicamente, è il presidente della Repubblica a emettere il decreto.
Non fa previsioni, Gabrielli, ma valutazioni quelle sì, e non sono confortanti: «Non posso escludere nulla. Quanto emerso dalle carte, gli intrecci, le relazioni, sono molto preoccupanti e grandemente disarmanti, un quadro lesivo della credibilità delle istituzioni».
Tutto è dunque possibile.
Nell’ipotesi peggiore, il Campidoglio resterebbe commissariato dai 12 ai 18 mesi prorogabili fino a 24.
Dopodichè si andrebbe a nuove elezioni. Escludendo per incandidabilità il sindaco, i consiglieri e gli assessori uscenti, compresi quelli municipali.
Significherebbe azzerare l’intera classe politica attuale.
Scenari shock che l’assessore ex pm Alfonso Sabella esclude: «Le criticità necessarie per sciogliere devono essere “attuali”. Ma noi abbiamo voltato pagina».
Giovanna Vitale
(da “La Repubblica”)
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Giugno 7th, 2015 Riccardo Fucile
IL 20 IN PIAZZA COI MIGRANTI
“Il punto è che nessuno di noi l’ha mai fatto questo percorso… Non è facile, nè semplice, nè scontato. E sarebbe rassicurante se si potesse dire: da oggi nasce una nuova forza politica. Sarebbero tutti più contenti sui giornali. E invece continueranno a non capire cosa sta succedendo… E fanno bene ad avere timore”.
Non è il discorso di un criptico intellettuale. E’ Maurizio Landini, l’ex saldatore a capo della Fiom, che arringa la platea gremita del centro congresso Frentani a Roma. Secondo giorno di assemblea della ‘sua’ coalizione sociale.
Oltre 200 interventi solo nella prima giornata di ieri, a nome di 300 associazioni di 80 città d’Italia. Qui lo considerano un successo.
Non tanto per i numeri – “siamo all’inizio”, premette Landini – ma per quello che definiscono un ‘mix riuscito’.
Tra sindacato e precari non iscritti al sindacato, l’intellettuale Stefano Rodotà e il militante del centro sociale, la Fiom e i comitati che occupano stabili per “il diritto alla casa”, sdogana Landini, lui che ammette: “Da metalmeccanico queste cose non le capivo…”.
Dopo la due giorni, il primo appuntamento è per “il 20 giugno a Roma contro le stragi nel Mediterraneo e per porre il problema di come affrontare il tema dei migranti”, dice il segretario della Fiom.
E’ la risposta che s’incastra bene nella cronaca del giorno, diretta al governatore della Lombardia Roberto Maroni che ha intimato ai comuni di non accogliere i migranti in arrivo dal nord Africa, pena la perdita dei finanziamenti regionali.
“Un modo barbaro di affrontare temi complessi”, denuncia Landini. Ma, al di là del 20 giugno, la coalizione sociale si muove senza calendari alla mano e consapevolmente senza una forma. Se non nei temi.
Per orientarsi, forse può risultare utile la traccia di Stefano Rodotà : “La democrazia si salva se si sprigiona tutta la creatività sociale di associazioni e movimenti: questo è il compito che abbiamo davanti. Solo così si potrà dire che il potere non sta tutto da una sola parte”.
Standing ovation per lui e anche uno, due tre, “Ro-do-tà ! Ro-do-tà !” che ricordano piazza Montecitorio alle elezioni quirinalizie 2013.
Altri tempi. Oggi la ‘parte con il potere” di cui parla il professore è Matteo Renzi, naturalmente bersaglio di tutti gli interventi.
“Il premier fa bene a preoccuparsi di chi c’è fuori dal Pd — attacca Landini — ma sarebbe ora che si occupasse anche di chi mettono dentro il Pd!”.
Da Vincenzo De Luca a Mafia capitale: “La corruzione è un sistema in questo paese che serve per avere più potere e più soldi…”, continua il leader Fiom. E
di fronte alla corruzione si esercita un “garantismo peloso e ipocrita, da prima Repubblica… – scandisce Rodotà — Renzi non dovrebbe guardare al codice penale ma all’articolo 54 della Costituzione sulla disciplina e l’onore che dovrebbero contraddistinguere chi è nelle istituzioni pubbliche”.
La griglia è questa. E Renzi è anche quello che ha fatto il Jobs Act, che porta avanti la sua ‘Buona scuola’.
Per Landini i tempi sono maturi per mollare gli ormeggi. E si lancia in un territorio finora sconosciuto alla Fiom.
“Io mi sono sempre battuto per l’applicazione delle leggi. Ma non posso chiedere l’applicazione del Jobs Act: piuttosto devo battermi contro. E così sulla scuola o sul diritto alla casa”.
L’ammissione: “Io delle occupazioni non ero entusiasta… Lo capisci solo quando tocca a un metalmeccanico. E allora: se ci sono case sfitte o spazi inutilizzati bisogna fare qualcosa…”. Gli applausi gli coprono la voce.
E’ qui che si salda l’asse tra mondi diversissimi.
E’ questo il cuore della coalizione sociale, esperimento che vuole incrociare “battaglie sul reddito e salario”, urla Michele De Palma, responsabile Auto della Fiom, un altro “piccolo Landini” — nota una signora in platea – che infiamma il Frentani.
Perchè “il contratto a tutele crescenti non ha nulla a che fare con il tempo indeterminato: è solo un altro contratto precario”.
Sul reddito minimo la coalizione sociale proverà a muoversi in autunno. “Tra 2-3 mesi ci si ritrova qui per lanciare le mobilitazioni d’autunno — propone Landini — ma nel frattempo bisogna costruire tante piccole coalizioni sociali nei territori…”. E si va avanti. Con l’idea fin troppo chiara che “ci siamo rotti le scatole di essere sempre quelli che pagano le tasse e si fanno il mazzo dalla mattina alla sera” (sempre Landini). Avanti, ma a ruota libera.
Così libera che oggi al Frentani le citazioni dotte hanno coperto archi finora imprevedibili a sinistra.
C’è Marx: “La coalizione è sempre l’esito di collisioni”, dice Francesco Raparelli, precario del Laboratorio per lo sciopero sociale: “La nostra coalizione deve avere la capacità di collidere”.
C’è anche Eduardo Galeano: “Il cammino lo facciamo insieme”, dice Giuseppe De Marzo di Libera: “Perchè i tre milioni e 200mila ‘working poors’ in Italia non dovrebbero esistere: sono incostituzionali!”.
C’è l’Italo Calvino de ‘Le città Invisibili’: “L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà ; se ce n’è uno, è quello che è già qui…”, recita — sì, recita — Gianmarco De Pieri del Tpo di Bologna.
Ma c’è anche Winston Churchill, citato da Landini: “Ci sono tre tipi di bugie: le piccole, le grandi e le statistiche… sull’occupazione di cui ci inondano da mesi senza che cambi nulla”.
E ci sono le mondine. Anche Rodotà recita alla fine: “Sebben che siamo donne, paura non abbiamo, abbiam delle belle buone lingue, in lega ci mettiamo…”.
In platea c’è chi ironizza: “Veramente il canto continuerebbe così: ‘E la libertà non viene, perchè non c’è l’unione, crumiri col padrone, son tutti da ammazzar…’”.
Alt: è solo un canto. E di altri tempi, ovviamente sì.
(da “Huffingtonpost“)
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Giugno 7th, 2015 Riccardo Fucile
IL COMUNE VERSERA’ UN SUSSIDIO DI 1.200 EURO AI CITTADINI CHE SI IMPEGNERANNO A PARTECIPARE A CORSI DI FORMAZIONE
Un sussidio di 1.200 euro per i disoccupati che aderiscono a un programma di inclusione attiva.
Questo, in estrema sintesi, il progetto del Patto di riscatto sociale messo a punto dal Comune di Milano, che ha stanziato per l’iniziativa un fondo di 2,45 milioni di euro, coprendo una platea di 2.041 cittadini.
Il 14 maggio è stata pubblicata la graduatoria provvisoria dei potenziali beneficiari, mentre a giugno uscirà l’elenco definitivo.
“Siamo costretti a intervenire laddove lo Stato non interviene, “spiega Pierfrancesco Majorino, assessore alle Politiche sociali del Comune di Milano.
“Siamo convinti che quanto stiamo facendo dovrebbe essere realizzato a livello centrale dallo Stato, attraverso il reddito minimo garantito e misure simili. Il governo dovrebbe darsi una mossa ascoltando le città ”.
“Da un punto di vista quantitativo”, precisa Majorino, “il Patto di riscatto sociale non si può considerare una forma di reddito minimo garantito, perchè ne beneficeranno solo 2.041 cittadini. Però possiamo ritenerla una sperimentazione in questo senso, è la dimostrazione che si può fare”.
Con il Patto, gli aderenti al progetto si impegnano a partecipare a un programma di interventi di inclusione attiva della durata di sei mesi. ​
Il testo sarà concordato tra servizi sociali e il beneficiario del sussidio sulla base delle sue caratteristiche e comprenderà una serie di azioni, alcune obbligatorie, altre volontarie.
Tra le attività vincolanti, per esempio, rientrano la partecipazione a corsi di formazione e di riqualificazione professionale, la convocazione a colloqui e incontri proposti dai servizi sociali, la distribuzione del curriculum presso enti per la ricerca di un lavoro, un piano di rientro per il pagamento di affitto e bollette.
Per azioni non obbligatorie, invece, si intende la partecipazione a iniziative di volontariato, attività della biblioteca di zona, progetti proposti dai centri di aggregazione, corsi di specializzazione per un nuovo lavoro.
Una volta firmato il documento, il beneficiario riceverà un acconto di 400 euro. Alla fine del percorso, dopo sei mesi, gli saranno versati gli altri 800 euro.
L’assegno non sarà erogato in caso di “reiterate inadempienze economiche” del disoccupato nei confronti del Comune: per esempio mancato pagamento dell’affitto e di tasse o multe oltre i 5mila euro o occupazione abusiva di case comunali.
Il bando è stato pubblicato nel 2014 ed era rivolto a tutti quei disoccupati, residenti da almeno un anno a Milano, che avevano un indice Isee inferiore a 6mila euro, un’età compresa tra i 18 e i 65 anni e non erano beneficiari ​di ​altri tipi di sussidi sociali​.
Sulla base delle domande è​ stata redatta una graduatoria di 3.747 persone idonee a ricevere il sussidio.
​Ma i​ fondi stanziati​ bastano solo​ per 2.041 persone​. D​al Comune fanno sapere che si stanno studiando soluzioni per fare rientrare anche gli altri, in un secondo momento. Intanto, chi è rimasto escluso dalla graduatoria può presentare una richiesta di revisione entro il 12 giugno.
Scaduto quel termine, saranno redatti gli elenchi definitivi e si conosceranno finalmente i destinatari del sussidio, che comunque per ottenere il sostegno economico dovranno firmare il Patto.
Di esperimenti simili ne esistono solo a livello locale.
L’esperienza pilota in questo senso è quella della Provincia di Trento, dove dal 2009 è attivo il cosiddetto reddito di garanzia. Si tratta di un sostegno economico per le famiglie più deboli e a rischio esclusione sociale, erogato​ sotto forma di​​ ​assegni mensili per una durata di quattro mesi, eventualmente rinnovabili, fino a 6.500 euro annui.
Ne possono beneficiare tutti i residenti in Trentino da almeno tre anni che si impegnino nella ricerca attiva di un lavoro e non siano accusati o condannati per reati gravi.
A livello nazionale, invece, le proposte di legge di Movimento 5 Stelle e Sel sul reddito minimo garantito sono ancora ferme in Parlamento: l’Italia, insieme alla Grecia, è l’unico Paese a non avere uno strumento del genere, nonostante le raccomandazioni di Bruxelles.
Stefano De Agostini
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 7th, 2015 Riccardo Fucile
IL GIURISTA CONTRO IL PREMIER CHE HA DIFESO CASTIGLIONE: “LA COSTITUZIONE IMPONE DISCIPLINA E ONORE PER LE FUNZIONI PUBBLICHE”
“C’è un garantismo peloso e ipocrita che è nato nella deprecata Prima Repubblica, e cioè non si interviene prima che ci sia una sentenza passata in giudicato, il che ha voluto dire, negli anni, mai. Renzi ha assunto lo stesso modello”.
La stoccata al presidente del consiglio arriva da Stefano Rodotà , intervenuto all’assemblea di Coesione sociale, l’iniziativa politica lanciata da Maurizio Landini, all’indomani degli arresti di Mafia capitale due, che tocca anche la videnda del Cara di Mineo, per il quale è indagato a Catania il sottosegretario all’Agricoltura Giuseppe Castiglione.
“Renzi non deve guardare agli avvisi di garanzia, ma all’articolo 54 della Costituzione dove è scritto che coloro ai quali sono affidate funzioni pubbliche devono adempierle con disciplina e onore — ha sottolineato — Questo è il tema che abbiamo di fronte, il tema della ricostruzione dell’etica civile, dell’etica pubblica compito al quale questo governo si sta sottraendo in modo più sfrontato del passato e lo sostiene con una sicumera che mi inquieta”.
Coesione sociale, ha sostenuto il giurista, “tra i suoi compiti dovrà avere anche questo della ricostruzione dell’etica civile”, ha concluso.
In che cosa consiste il garantismo “peloso” in salsa renziana, secondo il professore che fu candidato presidente della Repubblica in seguito alle Quirinarie del Movimento 5 Stelle? “Il presidente del Consiglio -ha chiarito il costituzionalista- si è limitato a dire ‘la magistratura faccia il suo mestiere’. Io, però, sono un garantista e non intervengo. C’è un garantismo peloso e ipocrita nato nella prima Repubblica, che diceva la stessa cosa: ‘Non possiamo intervenire in alcun modo su politici e amministratori, prima che ci sia la sentenza definitiva”. Ma attendere il sigillo della Cassazione, nel nostro Paese “ha voluto dire, mai, perchè le sentenze passate in giudicato arrivano dopo un decennio o quando la prescrizione è già intervenuta”.
Rodotà riapre con toni trancianti l’eterno dibattito italiano sulla sorte che dovrebbe toccare ai politici finiti in guai giudiziari.
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Giugno 7th, 2015 Riccardo Fucile
IN UNO STATO SERIO UN GOVERNATORE CHE NON OTTEMPERA ALLE DIRETTIVE DEL MINISTERO DEGLI INTERNI E RICATTA I COMUNI CON MINACCE VIENE COMMISSARIATO IN 24 ORE E DENUNCIATO… VENETO E LOMBARDIA HANNO LA QUOTA DI PROFUGHI PIU’ BASSA RISPETTO AL CENTRO-SUD, QUINDI IL VIMINALE RADDOPPI IL NUMERO PREVISTO… MARONI VUOL FARE DIMENTICARE CHE E’ INDAGATO PER I FAVORI ALLA SUA AMICHETTA PAGATI DALLA COLLETTIVITA‘
La campagna elettorale del partito che non dovrebbe neanche esistere continua: «Ai sindaci che li accoglieranno taglio i contributi» ha detto oggi Maroni con uno stile che ricorda le minacce della criminalità organizzata, visto che non può legalmente neppure farlo.
«È un fatto gravissimo», ha detto il presidente della Lombardia.
Il fatto gravissino non sarebbe che migliaia di persone rischiano la morte fuggendo da zone di guerra, ma che possano trovare temporanea accoglienza in Lombardia.
«Io lunedì scrivo una lettera ai prefetti lombardi diffidandoli dal portare in Lombardia nuovi clandestini» altro falso, non sono clandestini, ma profughi tutelati dalle convenzioni internazionali.
Majorino: «Maroni è un pagliaccio»
«Maroni è un pagliaccio»: così l’assessore alle Politiche sociali di Milano, Pierfrancesco Majorino, ha commentato su Facebook l’ipotesi ventilata dal presidente della Lombardia di ridurre i trasferimenti regionali ai Comuni che accoglieranno altri clandestini.
«Lo fa – ha osservato l’assessore – dopo che, nell’ordine: 1) nel 2011 da Ministro dell’Interno ha distribuito decine di migliaia di richiedenti asilo (cioè quelli che lui oggi chiama «clandestini») proprio presso i Comuni 2) come Presidente di Regione in questi anni se ne è bellamente fregato 3) Parla di tagliare trasferimenti ai Comuni annunciando qualcosa che non può nemmeno fare. O meglio: non così, visto, che spesso, effettivamente, la Regione ha evitato di aiutare le città proprio in relazione, che so, ai disabili o ai poveri lombardi».
Il piano di smistamento
La strategia è quella di distribuire gli stranieri in maniera equilibrata su tutto il territorio nazionale, a piccoli numeri.
La “stella polare” seguita nello smistamento è quella del piano sottoscritto insieme alle Regioni nel giugno dello scorso anno: un modello matematico che tiene conto della grandezza della regione, del numero di abitanti e del Pil.
Parametri che indicherebbero la Lombardia come la destinataria del maggior numero di migranti: 1.517 unità ogni 10mila migranti, 788 per il Veneto.
Ma la disponibilità dei territori del Nord, anche della piccola Val d’Aosta, è stata finora scarsa e le regioni settentrionali accolgono meno persone di quanto dovuto: la Lombardia ospita circa il 9% degli stranieri in accoglienza, il Veneto il 4%.
Il Viminale
Il ministro dell’Interno Filippo Bubbico, in un’intervista al Gr1, ha ribadito: «L’intervento di Maroni è del tutto illegittimo, soprattutto da parte di un presidente di una grande regione e di una persona che è stata ministro dell’Interno di questa Repubblica, che ha gestito un’emergenza immigrazione imponendo la presenza di immigrati nei diversi territori. Oggi si opera la concertazione con regioni ed enti locali», mentre secondo fonti del Corriere è attesa a breve una presa di posizione del Viminale che obbligherà i comuni e le province all’accoglienza
Le reazioni
Per Piero Fassino, sindaco di Torino e presidente Anci, “non è nei poteri di un presidente di regione decidere quale politica di accoglienza di profughi persegue il nostro paese. Tanto meno è accettabile che si minaccino in modo ritorsivo, e illegalmente, riduzioni di risorse ai comuni che ospitano profughi”.
Maurizio Landini definisce “barbaro” il modo con il quale si sta discutendo e affrontando il tema dell’immigrazione. “Non si può adottare una logica di condominio – ha detto a margine dell’assemblea della Coesione sociale – chiudere la porta del condominio e risolvere il problema”.
Il capogruppo dei deputati di Sel Arturo Scotto ha affidato la sua replica a Twitter: “Maroni ricatta i sindaci della Lombardia con metodi mafiosi. Niente trasferimenti ai comuni lombardi che accolgono immigrati. Il governo intervenga”.
Dietro a questa ennesima uscita di Maroni potrebbe in realtà esserci la necessità di distrarre l’opinione pubblica dalle vicende in cui si trova indagato e presto rinviato a giudizio per i trattamenti di favore alle sue amiche con cui ha avuto relazioni, facendo gravare i costi, secondo i pm, sulla collettività .
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Giugno 7th, 2015 Riccardo Fucile
LA CONFESSIONE DI PANZIRONI INGUAIA L’EX SINDACO E IL SUO BRACCIO DESTRO VISCONTI
Altri guai in vista per Gianni Alemanno. Il filone d’indagine in Mafia Capitale che riguarda un ex assessore comunale, Marco Visconti, suo delfino, in verità riguarda soprattutto lui, l’ex sindaco.
Sono indagati tutti e due per un finanziamento illecito da 400 mila euro di Salvatore Buzzi.
Sia Alemanno, sia Visconti, sono finiti nei guai per la testimonianza di Franco Panzironi, manager vicinissimo all’ex sindaco. Panzironi, detto «Il Tanca», è stato amministratore delegato dell’Ama ed è stato rinviato a giudizio nel 2012 per oltre 841 assunzioni irregolari.
Nella prima inchiesta Mafia Capitale era tra gli arrestati.
Secondo i pm, il suo ruolo sarebbe stato quello di fare da cerniera per gli appalti assegnati sui rifiuti. Panzironi è uno che sa, insomma.
E sta collaborando con la procura. In diversi interrogatori ha raccontato un episodio che è alla base di questo filone d’indagine.
«Visconti era assessore all’Ambiente, assessorato che ha un contratto di servizio con Ama e un forte potere di indirizzo verso la stessa azienda municipalizzata». Ovviamente Panzironi era di casa. In alcune riunioni incrociò anche Buzzi, che nel frattempo, con la sua cooperativa, si era aggiudicato il ricco appalto per la raccolta del multimateriale (carta, alluminio, plastica).
Raccolta che a Roma costa il triplo che nel resto d’Italia. «In uno di questi incontri, verso la fine di settembre 2012 – sintetizzano i pm – il citato assessore lo aveva chiamato in forma riservata e gli aveva detto che Buzzi era interessato a contribuire per le campagne elettorali del sindaco Alemanno e di Visconti medesimo con una cifra complessiva di 400mila euro da dividersi a metà ».
Duecentomila euro per uno, dunque.
Carburante indispensabile per la campagna elettorale. Questo racconta Panzironi. Finora, però, i pm hanno svelato soltanto la parte del racconto che riguarda l’ex assessore, la cui casa è stata perquisita due giorni fa: «A Visconti i soldi dovevano arrivare in contanti… I soldi Buzzi li avrebbe portati in Fondazione (la fondazione Nuova Italia di cui Visconti era segretario e Alemanno presidente, ndr) dove poi Visconti sarebbe passato a prenderli».
Nel 2013 sarebbero avvenute 10 consegne.
«La prima volta Buzzi gli aveva detto che nel plico che gli consegnava vi erano 15mila euro. La dinamica della consegna a Visconti era sempre identica. Veniva Buzzi, consegnava i plichi e successivamente venivano Visconti, il suo capo segreteria o un suo rappresentante a ritirarlo».
Proseguono intanto gli interrogatori degli arrestati di giovedì. Il giovane Luca Gramazio, già capogruppo regionale Pdl, ha risposto alle domande del gip Flavia Costantini. «Non ho preso manco una lira. Non ero al servizio di Buzzi. E non ho preso soldi da nessuno».
Ha risposto alle domande anche Franco Figurelli, membro della segreteria dell’ex presidente del Consiglio comunale Mirko Coratti, Pd.
Secondo l’accusa, intascava stabilmente un secondo stipendio da 1000 euro per favorire il sodalizio di Carminati e Buzzi. «Si è dichiarato assolutamente estraneo agli eventi», riferisce il suo legale, Antonio Stellato.
Figurelli è l’interlocutore al quale Salvatore Buzzi in una telefonate intercettata dice «la mucca deve mangiare, per essere munta».
Coratti, nel suo interrogatorio, l’ha già scaricato: «Di quello che ha fatto Figurelli io non rispondo».
Qualche ammissione l’ha fatta invece Michele Nacamulli, un collaboratore di Buzzi, che ha confermato di gare pilotate.
Francesco Grignetti
(da “il Secolo XIX”)
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Giugno 7th, 2015 Riccardo Fucile
PD O FORZA ITALIA NON CONTA: L’ELETTORATO SOLIDO SI’
Oltre i capi d’accusa, e soprattutto oltre la discussa mafiosità della vicenda, ci sono i numeri.
I tre politici del Partito democratico arrestati giovedì mattina sono fra i sei più votati alle elezioni comunali del 2013, quelle che hanno condotto Ignazio Marino in Campidoglio: Mirko Coratti (ex presidente dell’Assemblea capitolina) arrivò secondo con 7 mila e 860 voti, Pierpaolo Pedetti (ex presidente della Commissione politiche abitative) fu quinto con 5 mila e 238 voti, Daniele Ozzimo (ex assessore alla Casa) fu sesto con 5 mila e 174 voti.
Nessuno sano di mente sospetta che il sindaco Marino abbia avuto ruoli della formazione del Pd romano, nè che conoscesse più che superficialmente i rapporti di forza da cui è dominato, ma è anche vero che tutte quelle preferenze hanno contribuito alla sua elezione, così come le preferenze dei forzisti Giordano Tredicine (7 mila 860) e Luca Gramazio (prima che passasse al consiglio regionale, dov’è entrato con quasi 19 mila crocette sul suo nome) contribuirono all’elezione di Gianni Alemanno.
In tempi nei quali si mitizzano le preferenze come strumento di liberazione dell’elettore privato del diritto di scelta, mettere giù due cifre e due considerazioni non fa male.
Tredicine è stato il secondo degli eletti nella lista del Pdl, Gramazio jr (è figlio di Domenico, per quattro legislature parlamentare di An dov’era conosciuto col soprannome di er Pinguino) è stato il primo degli eletti nella lista Pdl delle Regionali, e Massimo Caprari, anch’egli arrestato, fu l’unico eletto del Centro democratico, il partito di Bruno Tabacci.
I nomi dunque dicono poco a chi non avesse la costanza di seguire la politica romana, i dati invece dicono qualcosa di interessante e cioè che i coinvolti nell’inchiesta (e gli si augura di uscirne bene, ci mancherebbe) godono di un solido elettorato, anche se non per forza malavitoso.
Tredicine è il campione dei caldarrostai e più in generale degli ambulanti che vendono souvenir e grattachecche, ruolo per cui è vittima di scontate ironie (in consiglio comunale gli indirizzano il coro «dacce du’ castagne / Tredicine dacce du’ castagne…»); è l’ultimo erede di una piccola dinastia nostrana fondata dal nonno Donato che arrivò a Roma dall’Abruzzo per vendere caldarroste.
Coratti è invece il punto di riferimento dei tabaccai di cui si occupa con incrollabile costanza, della loro sicurezza, dei loro orari, delle loro licenze; non molti ricordano che Coratti, prima di passare alla sinistra via Udeur, era un berlusconiano combattivo e coraggioso, visto che una decina d’anni fa si incatenò al cancello di palazzo Grazioli per chiedere l’allontanamento del coordinatore Antonio Tajani: Silvio Berlusconi, non ancora abituato agli ammutinamenti, lo ricevette e lo rincuorò: «Mirko, il futuro sono i giovani».
Insomma, queste sono le biografie, questo soni i destinatari delle preferenze che, come tutti sistemi, sono buone o cattive soltanto in base all’uso che ne si fa.
L’ultima annotazione riguarda la carta di identità dei sei indagati.
Coratti ha quarantadue anni, Pedetti idem, Ozzimo ne ha quarantatrè, Tredicine trentatrè, Luca Gramazio trentaquattro, e il vecchietto del gruppo è Caprari con quarantasei anni.
Un piccolo contributo alla riflessione di chi ritiene che il rinnovamento generazionale salverà il mondo.
Mattia Feltri
(da “La Stampa“)
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Giugno 7th, 2015 Riccardo Fucile
“TUTTI CORROTTI, COSI’ AGGIUSTIAMO LE GARE”
Il comune, la Regione, certo, ma anche le municipalizzate. Rifiuti e trasporti. Massimo Carminati e Salvatore Buzzi volevano mettere la mani anche su quelle.
Non solo si davano da fare per aggiustare le gare, ma sceglievano anche chi doveva andare nei posti chiave, davano il loro parere sulle nomine di tecnici, dirigenti. Sempre secondo lo stesso criterio: «Mettiamoci una persona di nostra fiducia».
E, ovviamente, pagavano mazzette perchè, come teorizzava il ras delle cooperative: «Sono tutti corrotti».
E le bustarelle erano il modo per assicurarsi di avere più amici possibili. Due le municipalizzate citate nell’ordinanza di Mafia Capitale, Ama e Atac, e una controllata, Eur Spa.
Un potere che avevano grazie ai rapporti con l’amministrazione, ma non solo.
“IL BANDO DELL’AMA”
Gennaio 2014, Buzzi e gli altri vogliono mettere la mani sulla gara Ama per la raccolta del multimateriale. Franco Panzironi non c’è più e nonostante il potere che ancora ha in azienda, il gruppo deve organizzarsi in altro modo.
Il “Panzi” potrebbe non bastare. Bisogna rivolgersi a MirkoCoratti, allora presidente del Consiglio Comunale (arrestato giovedì, ndr).
Scrive il gip, Flavia Costantini: «Il ruolo di Coratti nella vicenda viene evocato da Buzzi nel corso di una conversazione con i suoi collaboratori, laddove si fa riferimento alle coperture politiche di cui il gruppo disponeva in sede di Consiglio Comunale e allo specifico ruolo del Presidente».
Buzzi : «Senti, allora la gara l’aggiustiamo così… i nostri assi nella macchina per farci vincere la gara dovrebbero essere la Cesaretti per conto di Sel… Coratti che venerdì ci vado a prendere un bel caffè e metto in campo anche Cosentino».
Alessandra Garrone : «Ah! Ama. Quindi noi andiamo su tre lotti e dai il subappalto a Serviplus».
Buzzi : «A proposito di Coratti, c’ho una cosa per 10 mila euro. Ecco qua, già prima ancora di parlare 10mila euro. Riesci a fare la cosa e darmi la contabile che io venerdì prendo il caffè e gliela porto come… Eriches?»
Garrone : «Fai una fattura per servizi».
Claudio Bolla : «Uno ci si deve attrezza- re, già una volta me lo hai fatto fare al nostro amico Panzi».
Buzzi : «Che tu mi dai la ricevuta e io venerdì vado a piglia’ il caffè e gliele porto».
LA TRATTATIVA SULLA MAZZETTA
Il gruppo si era dato parecchio da fare per far nominare prima e per proteggere poi Giovanni Fiscon come direttore generale di Ama. Ed essendo lui un amico, quando si tratta di vincere l’appalto Ama per il multimateriale, il braccio destro di Carminati sa con chi “trattare”. Con i suoi parladell’incontro che Guarany avrà con Fiscon.
Emanuela Buggitti : «Allora lunedì Guarany va da Fiscon per questo 5 per cento?».
Buzzi : «No 5, può parti’ dall’1 pe’ arriva’ fino a 5. Perchè se tu parti con 5 quello te chiede il 10, no?».
Buggitti : «Certo!».
Buzzi : «Noi partiamo dall’1».
Buggitti : «Perchè volendo io metto l’1 perchè lui mi ha detto: “datemi un valore simbolico”».
Buzzi : «Io voglio sape’ da te quant’è il li- mite dove posso arriva’ io perchè la trattativa… e a lui con il 5 ce possiamo arriva’».
Buggitti : «A voglia!».
Buzzi : «Allora parti dall’1 cerchi de ferma’, magari arriva al 2, a Carlo (Guarany, ndr ) gli devi da’ dei parametri soprattutto perchè quello non se sa regola’».
Buggitti : «No, non gli dico 30, gli dico al massimo 5».
Scrivono i carabinieri del Ros che si tratta della «promessa di un 5% commisurato al valore dell’appalto». E il gip chiosa: «La gara citata è stata aggiudica il 17 luglio 2014, a una settimana da tali eventi».
“ALL’ATAC CI HANNO CHIESTO L’1%”
Tra le persone perquisite ma non indagate dai carabinieri su mandato del procuratore aggiunto Michele Prestipino e dei pm Giuseppe Cascini, Paolo Ielo e Luca Tescaroli, c’è anche Andrea Carlini, ex consigliere di amministrazione di Atac. Carlini è amministratore unico della società “Segni di Qualità Srl” il cui rappresentate legale è Pierpaolo Pedetti, consigliere comunale del Pd e presidente della Commissione Patrimonio (arrestato giovedì, ndr). Buzzi e Carminati parlano dei due a proposito della richiesta fatta a Buzzi dal consigliere comunale di acquistare due appartamenti intestati alla loro società . E il presidente della 29 Giugno fa riferimento a una mazzetta pagata per un appalto Atac.
Buzzi : «Questa è una società di consulenza, eh, che raccoglieva i fondi per la campagna elettorale… tanto è vero che quando noi abbiamo vinto l’Atac, ci hanno chiesto l’uno per cento».
Carminati : «Ah, ah».
Buzzi : «L’uno per cento è niente, gliel’ho dato subito. Sai cosa mi da fastidio, Massimo? È come quelli della Metro che vogliono fare la prepotenza no! Gli devi dare i soldi e poi vuoi… faccio la prepotenza».
Carminati : «Vieni col cappello in mano e te famo…. regali. E non ce frega un cazzo… però se vieni a fa’ il prepotente te sfonno, ma chi te s’è mai inculato?».
Maria Elena Vincenzi
(da “La Repubblica”)
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