Giugno 12th, 2015 Riccardo Fucile
DA 47.708 A 52.671 PROFUGHI … NEL 2013 SETTE NAZIONI IL CUI PIL E’ 1/5 DI QUELLO UE HANNO ACCOLTO DA SOLE 5.439.700 PROFUGHI, L’EUROPA DELLA VERGOGNA SI STRAPPA LE VESTI PER ACCOGLIERNE 40.000
Da set ti mane si agita lo spet tro delle per sone sbar cate in Ita lia per cer care rifu gio nel nostro o negli altri paesi euro pei.
In realtà , il loro numero dall’inizio dell’anno al 7 giu gno è di 52.671.
Quindi, poco più dei 47.708 regi strati nello stesso periodo dell’anno scorso.
Sulla base di que sto trend è cal co la bile un numero di 190.000 a fine anno (200.000 secondo altri).
Come si giu sti fi cano, allora, le posi zioni estreme e i toni, talora quasi para noici, rag giunti nel dibat tito su que sto feno meno in Ita lia e in Europa?
Dav vero si vuol far cre dere che l’arrivo di alcune cen ti naia di migliaia di per sone costi tui sca una minac cia per gli equi li bri eco no mici e sociali di un gruppo di paesi tra i più ric chi del mondo?
In realtà , stiamo assi stendo a una gros so lana mistificazione.
Intanto, sem bra smar rito ogni senso delle pro por zioni e si parla come se s’ignorassero dati di fatto signi fi ca tivi.
I paesi mem bri dell’Ue, alla fine del 2013, con ta vano un numero di immi grati di prima gene ra zione (cioè nati all’estero), rego lar mente regi strati ed attivi nelle
rispet tive eco no mie assom manti a più di 50 milioni, di cui circa 34 milioni nati in un paese non euro peo.
Que sti immi grati, come gli altri che li hanno pre ce duti, con cor rono diret ta mente alla pro du zione e alla ric chezza di quei paesi.
E non si vede pro prio come nuovi flussi che si aggiun gono a quelli regi stra tisi negli anni pre ce denti non pos sono essere assor biti con van taggi demo gra fici, eco no mici e socio-culturali, solo che si adot tino poli ti che appro priate e posi tive d’inclusione sociale.
In secondo luogo, invece di con tra stare sen ti menti xeno fobi, che pure alli gnano in parti della popo la zione, li si stru men ta lizza e inco rag gia pur di gua da gnare con sensi elet to rali nel modo più spre giu di cato.
L’esempio più vicino di tale irre spon sa bile com por ta mento viene dalle dichia ra zioni dei gover na tori di alcune delle regioni più ric che del paese che sem brano igno rare che pro prio la van tata ric chezza di quelle regioni è dovuta anche al mas sic cio sfrut ta mento del lavoro degli immi grati.
Sfrut ta mento tanto più facile e pesante con i clan de stini.
E que sto ci porta dritto alla seconda misti fi ca zione cui stiamo assi stendo in Ita lia e in Europa.
Indi care gli immi grati come una minac cia serve a moti vare misure di con tra sto e leggi restrit tive che in realtà ser vono a sfrut tare al mas simo il loro lavoro, indu cen doli a lavo rare in nero, in impie ghi pesanti e mal pagati, in affitto, a chia mata e simili. Infatti, sono pro prio le soglie di sbar ra mento all’integrazione, poste sem pre più in basso, e il man cato o dif fi col toso rico no sci mento dei diritti ai lavo ra tori immi grati che per met tono ai gruppi diri genti eco no mici e ai loro alleati poli tici di sfrut tare anche l’immigrazione per spin gere verso la con cor renza al ribasso delle con di zioni di lavoro. In tal modo, si ren dono più age voli le poli ti che di restri zione dei diritti dei lavo ra tori e di sman tel la mento dello Stato sociale.
In terzo luogo, agi tare lo spet tro del peri colo immi gra zione occulta altre
respon sa bi lità .
Il fatto, cioè, che i mag giori paesi euro pei, Gran Bre ta gna e Fran cia in testa, ma seguiti anche da Ger ma nia e Ita lia si sono fatti pro mo tori, accanto agli Stati Uniti e insieme ad altri, di pesanti inter venti politico-militari in Africa e in Medio Oriente.
L’elenco è lungo. Si può comin ciare dall’interminabile guerra in Afgha ni stan. Si può pro se guire con il sup porto dato alla ribel lione con tro il regime siriano, rin fo co lando con flitti civili e reli giosi che ora sfug gono ad ogni con trollo.
Ancor più diretto è stato l’intervento in Libia, col risul tato di una situa zione, se
pos si bile, ancor più con fusa e ingo ver na bile.
Si è sof fiato sul fuoco di vec chi con flitti tra le popo la zioni in Africa Centro-orientale per se guendo obiet tivi tutt’altro che chiari.
E lo stesso può dirsi per gli inter venti in Mali e altri paesi.
Nel 2013, il numero di pro fu ghi che hanno cer cato di fug gire da zone di guerra,
con flitti civili, per se cu zioni e vio la zioni dei diritti umani è stato di 51,2 milioni. Anche a con si de rare circa un quinto di essi, vale a dire gli 11,7 milioni di per sone che, in quell’anno, si tro va vano sotto il diretto man dato dell’Alto com mis sa riato per i rifu giati delle nazioni unite e per i quali dispo niamo di dati certi, vediamo che più della metà era costi tuito da per sone che fug gi vano dalla guerra in Afgha ni stan (2,5 milioni), dall’improvvisa defla gra zione del con flitto in Siria (2,4 milioni), dalla recru de scenza degli scon tri da tempo in atto in Soma lia (1,1 milione).
Ad essi segui vano i pro fu ghi pro ve nienti dal Sudan, dalla Repub blica demo cra tica del Congo, dal Myan mar, dall’Iraq, dalla Colom bia, dal Viet nam, dall’Eritrea.
Per un totale di altri 3 milioni, sem pre nel solo 2013.
Altri richie denti asilo cer ca vano di scam pare dai «nuovi» con flitti in Mali e nella Repub blica Centrafricana.
La grande mag gio ranza di que ste e altri milioni di per sone fug gite da situa zioni di peri colo e sof fe renza, sem pre nel 2013, non hanno cer cato e tro vato acco glienza nei paesi più ric chi d’Europa o negli Usa, bensì nei paesi più vicini.
Paesi con un Pil pro capite basso e variante tra i 300 e i 1.500 dol lari l’anno.
Infatti, fin dallo scop pio della guerra del 2001, il 95% degli afgani ha tro vato rifu gio in Paki stan.
Il Kenya ha accolto la mag gio ranza dei somali. Il Ciad molti suda nesi.
Men tre altri somali e suda nesi hanno tro vato rifu gio in Etio pia, insieme a pro fu ghi
eri trei.
I siriani si sono river sati in mas sima parte in Libano, Gior da nia e Tur chia.
Di fronte all’entità di que sti flussi, il numero delle per sone che, sem pre nel 2013, hanno cer cato pro te zione inter na zio nale in 8 dei paesi più ric chi dell’Ue, con Pil pro capite dai 33.000 ai 55.000 dol lari, assom mava a 360mila (pari all’83% dei rifu giati in tutta l’Ue).
Que sti dati di fatto dimo strano l’assoluta man canza di fon da mento e la totale
stru men ta lità che carat te rizza la discus sione in atto tra i paesi mem bri e le stesse
isti tu zioni dell’Ue.
Si discute di pat tu glia menti navali, bom bar da menti di bar coni, per con clu dere con quello che viene defi nito un «salto di qua lità » nel dibat tito e che con si ste rebbe nella pro po sta di acco gliere nei 28 paesi mem bri dell’Ue un totale di 40.000 rifu giati in due anni.
Nel 2013, Paki stan, Iran, Libano, Gior da nia, Tur chia, Kenya, Ciad, Etio pia, da soli, ne hanno accolti 5.439.700.
Il che signi fica che un gruppo di paesi, il cui Pil è 1/5 di quello dei paesi dell’Ue, ha accolto in un anno un numero di immi grati e rifu giati che è 136 volte più grande del numero di quelli che sono dispo sti ad acco gliere i paesi della grande Europa in due
Lo spet ta colo di tanta pochezza poli tica e morale induce a chie dersi se i nostri gover nanti e i diri genti di Bru xel les si ren dono conto che stanno asse stando un altro colpo alla cre di bi lità dell’Unione europea.
Ignazio Masulli
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Giugno 12th, 2015 Riccardo Fucile
NESSUNO LO DICE MA, A CAUSA DEL G7, NON C’E’ LIBERA CIRCOLAZIONE FINO AL 15 GIUGNO…. E I “TRANSITANTI” RESTANO BLOCCATI DALLE FRONTIERE CHIUSE
“Adesso è scattata la trappola: alle spalle il mare, davanti agli occhi le frontiere chiuse di Schengen. Il problema è che in trappola ci siamo anche noi, c’è l’Italia”.
La voce del poliziotto in servizio in queste ore a Ventimiglia arriva via telefono.
È lungo la frontiera dove da qualche giorno sta ingrossando un piccolo esercito di migranti, per lo più eritrei e sudanesi, arrivati in Italia dal mare, ma con un chiaro progetto migratorio che li porta nei paesi del nord Europa.
Un giovane sudanese tira su un cartello dove è scritto: “Grazie Italia per tutto, ma vogliamo andarcene”.
Ecco, dice il poliziotto, “il fatto è che in Francia non riescono ad entrare, in Italia non vogliono restare e meno che mai vogliono farsi identificare. Se entrano nel circuito Eurodac dall’Italia (se si fanno prendere le impronte digitali in Italia, ndr) poi dovranno attendere tutta la procedura per la richiesta di asilo nel nostro Paese”.
Ogni procedura impiega in media 215 giorni, e siamo anche molto migliorati.
È il famoso accordo di Dublino, la madre di tutte le trappole che risale ai governi di Silvio Berlusconi, è stato reiterato con Roberto Maroni ministro e l’ultima volta sotto il governo di Enrico Letta.
E quindi che succede?
Adesso parla uno dei dirigenti del Viminale che si occupa di immigrazione: “Quello a cui assistiamo in questi giorni è un fenomeno atteso: li chiamiamo i transitanti, migranti che sbarcano in Italia, nei confronti dei quali non esiste l’obbligo di identificazione e che si mettono nuovamente in viaggio risalendo la penisola per raggiungere i paesi del nord Europa”.
Le “criticità ” di questi giorni, il numero sempre più alto di stranieri fermi nelle grandi stazioni di Milano e Roma, sono il risultato del numero di sbarchi sempre più alto ma anche del fatto che in occasione del G7 in Germania, Angela Merkel ha chiesto e ottenuto di sospendere Schengen e ripristinare i controlli alle frontiere per motivi di sicurezza legati allo svolgimento del summit internazionale a Garmish.
A Berlino si è accodata Vienna. La commissione europea ha detto sì.
E dal primo al 15 giugno le frontiere europee sono tornate chiuse.
Il G7 a Garmish è durato 48 ore, lo scorso week end. Ma per precauzione le frontiere restano chiuse.
Ora, la sospensione di Schengen è una prassi in occasione dei vertici internazionali (chissà perchè a noi italiani riesce sempre molto poco), ma farla durare due settimane rispetto ad un evento di poche ore, sembra un po’ una scusa.
Nessuno però ha obiettato quando la Commissione Ue l’ha autorizzata.
Il risultato è quello che vediamo: frontiere chiuse al Brennero e dintorni. Sull’onda del G7 si sono accodati anche altri valichi, compresi quelli della Francia di Francois Hollande.
“Ecco che a Milano — spiega il funzionario dell’immigrazione – dove in genere i transitanti sostano al massimo 36 ore, il tempo di rifocillarsi, riposare e ripartire, in questi giorni restano fermi nei pressi della stazione anche una settimana”.
Analogo discorso può essere fatto per Roma, per Ventimiglia.
È come se ci fosse un tappo: senza lo sbocco, i migranti restano chiusi, in trappola.
E l’Italia con loro.
Il sospetto, che avanza qualcuno anche al Viminale, è che “questo Schengen sia stato una prova generale per decisioni più a lungo termine”.
Il resto d’Europa – quello che non vuole le quote di migranti, ha mandato le navi nel Mediterraneo per soccorrere barconi e gommoni ed evitare naufragi e li consegna sempre ai porti italiani — accusa l’Italia di non rispettare gli accordi.
Angela Merkel non perde occasione per rimproverarci di “non sapere fare finger printing”. Cioè di non voler identificare i nuovi arrivati che altrimenti, in base a Dublino (lo status di rifugiato è a carico del paese delle prima identificazione) , dovrebbero restare in Italia per un tempo lunghissimo.
Si spiega al Viminale: “Per identificare tremila persone, sempre che siano consenzienti, servono in media venti giorni. In un week end sono arrivate seimila persone. Come possiamo fare?”. E’ chiaro che vengano lasciati andare. “Vogliono raggiungere il nord Europa e non abbiamo alcuna possibilità di fermarli perchè non esiste l’obbligo di identificazione”.
Al di là delle parole parlano i numeri: nel 2014 sono sbarcate sulle nostre coste 170 persone. Nei Centri sono state assistite 70 mila persone.
Gli altri centomila hanno silenziosamente superato i valichi di frontiera. Che adesso sono stati chiusi. Momentaneamente. Almeno si spera.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 12th, 2015 Riccardo Fucile
“HO INVITATO ZAIA E SALVINI A FARMI VISITA, COSI’ SI RENDONO CONTO DELLA REALTA'”
“Quando io e mia moglie Nicoletta abbiamo detto che volevamo ospitare dei profughi a casa nostra, alla prefettura di Treviso ci hanno guardato esterrefatti. Da quattro giorni viviamo con sei giovani africani accampati in taverna e siamo felici, persino i nostri vicini leghisti vengono a portare cibo e vestiti per loro”.
Antonio Silvio Calò, cinquantaquattrenne professore di storia e filosofia al Liceo Classico Canova di Treviso, è un caso unico.
Mentre in tutta Italia politici, sindaci e prefetti si accapigliano sulla difficile gestione dei richiedenti asilo, Calò e la sua famiglia hanno deciso di passare al concreto.
E così hanno aperto la porta della loro villetta di Camalò di Povegliano, a pochi chilometri dal capoluogo, a sei ragazzi sbarcati nelle scorse settimane in Sicilia: due nigeriani, due ghanesi e due gambiani. Tutti dai 19 ai 30 anni.
Una generosità che è costata all’insegnante insulti su Facebook, ma che allo stesso tempo ha fatto emergere una solidarietà inaspettata: in una terra ad alto tasso leghista, nessuno dei concittadini ha osato alzare la voce contro la famiglia Calò.
Che ora si trova a gestire una convivenza fuori dall’ordinario, giornate colme di appuntamenti con il medico, spese gigantesche al supermercato e una riunione serale che è diventato il momento nel quale la nuova famiglia allargata si scambia parole di vita: “Sono ragazzi giovani, sofferenti. Uno di loro ci ha raccontato di non avere nessuno al mondo, mi ha guardato e mi ha detto: ‘Tu adesso sei mio padre’.
Un altro ha cominciato il Ramadan con dieci giorni di anticipo per ringraziare Allah di avere trovato una casa in Italia”.
L’arrivo dei sei profughi è stato annunciato nei giorni scorsi con una telefonata dal capo di gabinetto della prefettura: “Senta, signor Calò, qui arrivano decine di richiedenti asilo. Non potrebbe prendersene un po’?”.
A Treviso, come in molte altre città , è difficile trovare strutture in grado di dare riparo a persone che non hanno nemmeno una valigia.
Il sindaco Giovanni Manildo (Pd), insieme con altri sindaci veneti, ha chiesto un incontro urgente con Luca Zaia: in zona giornalmente si palesano decine di profughi senza un posto dove andare.
“A dire il vero avevamo chiesto donne e bambini perchè sappiamo che sono le persone più vulnerabili, ma abbiamo capito che la necessità era forte: ultimamente ne sono arrivati tanti in zona”, racconta l’insegnante, che per il momento rimane l’unico cittadino ad avere fatto una richiesta di questo tipo.
“L’idea è venuta dopo aver visto il naufragio degli 800 in televisione. Sono tornato a casa e ho parlato con mia moglie, immediatamente abbiamo coinvolto i nostri quattro figli e insieme abbiamo deciso che dovevamo dare una testimonianza civile come cittadini di uno Stato e come credenti”.
I sei profughi per il momento occupano la taverna: “È molto grande e molto fresca”, assicura Antonio.
Mentre i due figli più grandi, Elena e Francesco, vivono ormai fuori casa e hanno una vita indipendente, i due più piccoli Andrea e Francesco si sono trovati a condividere i due bagni e la cucina con ragazzi che non avevano mai visto prima. “Andrea mi ha già ringraziato per l’esperienza che sta vivendo”, dice il padre. Che ha già fatto un discorso chiaro agli ospiti: entro una o due settimane dovranno decidere se rimanere a Povegliano oppure dirigersi verso altri luoghi.
“Non è un ultimatum, ma se il desiderio è quello di raggiungere parenti e amici in Europa allora è giusto che lo facciano presto, per lasciare spazio ad altri profughi. Noi vogliamo continuare a ospitare persone che sbarcano”.
Calò è preoccupato non soltanto dei commenti razzisti, ma anche delle polemiche sul denaro che riceve per ospitare i ragazzi africani: 30 euro al giorno ciascuno. “Voglio subito mostrare il conto della spesa: 800 euro serviranno per il cibo, perchè avranno bisogno di mangiare molto e recuperare le forze. 600 euro andranno in bollette. Poi ci sono tutte le visite mediche, i vestiti da acquistare, schede prepagate per il cellulare e una paghetta giornaliera di due euro e mezzo. Infine, per tacitare chi pensa che questi soldi vadano soltanto agli stranieri, abbiamo assunto una donna trevigiana disoccupata per le faccende domestiche e la preparazione dei pasti: prenderà uno stipendio di 1300-1400 euro. Come vede, queste situazioni possono anche creare lavoro”.
Quattro giorni sono pochi per un bilancio.
La sistemazione dei sei ragazzi è ancora provvisoria (“stiamo preparando una camera aggiuntiva”) e per sbrigare le faccende burocratiche come la richiesta di asilo è intervenuta l’associazione marocchino-trevigiana “Hilal”.
Tuttavia le idee di Calò sono cristalline: “Dovranno integrarsi e rispettare le leggi italiane. Poco a poco inseriremo questi ragazzi nel mondo del lavoro attraverso corsi e stage, in Africa lavoravano e dunque non partono da zero. Due di loro faranno il ricongiungimento della moglie e della figlia, uno continuerà ad allenarsi come calciatore. Ci vuole poco a capire che se ogni Comune prende cinque o sei profughi, il problema sarà risolto senza isterismi. Questa non è una emergenza, l’arrivo di persone dall’Africa continuerà per trenta o quarant’anni”.
Ecco perchè, al termine della telefonata, Calò dice che vorrebbe lanciare gli Stati Generali dell’Immigrazione, un tavolo tecnico e politico per gestire gli sbarchi “con buon senso”.
“Qualcuno mi chiede: e se la notte uno degli africani si sveglia e ti ammazza? Io rispondo: se pensassi in questo modo, non avrei fatto nulla. Non la pensano così nemmeno i miei vicini di casa e gli abitanti di Povegliano: anche quelli che mettono le bandiere della Lega alle finestre sono venuti a chiedermi se quei ragazzi hanno bisogno di vestiti e cose da mangiare. Per questo ho già mandato un invito a Matteo Salvini e a Luca Zaia: venite a farmi visita”.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 12th, 2015 Riccardo Fucile
ADIJANA VASILJEVIC E’ STATA CANDIDATA ALLE COMUNALI DI FOGGIA ED ERA L’AMANTE DELL’EX DIRETTORE DELL’ISTITUTO, ORA IN CARCERE
Candidata alle ultime elezioni comunali di Foggia con Forza Italia, dipendente come addetta stampa della casa della Divina Provvidenza, Classe 1986, Adijana Vasiljevic è stata arrestata nell’inchiesta della procura di Trani sul crac dell’omonima casa di cura per malati psichici con sede a Bisceglie, Foggia e Potenza, in cui è coinvolto anche il senatore Ncd Antonio Azzollini.
Secondo gli inquirenti, La ragazza sarebbe l’amante di Dario Rizzi, 64enne ex direttore dell’istituto (in carcere come uno dei responsabili del crac) e sarebbe stata assunta nonostante la crisi e i licenziamenti, per poi essere trasferita a disposizione del direttore generale.
Il racconto della vicenda, sulle pagine di Repubblica Bari.
La ragazza è stata candidata alle ultime elezioni comunali a Foggia con Forza Italia e lavora alla Casa Divina Provvidenza e ha avuto “un passato da prostituta”, scrive il gip nell’ordinanza: circostanza “ben nota” al direttore generale, Dario Rizzi, sessantenne di cui la donna è amante.
A Rizzi viene contestato di averla assunta nell’ufficio stampa, nonostante la crisi e i licenziamenti, per poi trasferirla a disposizione della direzione generale.
“Il tutto – si legge in uno dei capi di imputazione contestati a Rizzi, che è stato portato in carcere – anche allo scopo abietto di ottenere prestazioni sessuali dalla Vasiljevic, anche sodomitiche”.
Fra l’altro la signora, che nei video della campagna elettorale raccontava di aver “avuto tanto da Foggia” e dunque di voler dare qualcosa lei ai “foggiani” (ma andò molto lontana dall’elezione), non andava molto per il sottile.
E quando per esempio il suo posto traballava, perchè il cda aveva eliminato il ruolo di ufficio stampa, si rivolgeva così a Rizzi: “Visto che tu mi stai rompendo i coglioni a me, mo’ io gli, mo’ io non è che chiamo tua moglie, chiamo a tua figlia e gli dico che padre che c’ha! Va bene? Ti piace il fatto? Vado a trovare la tua moglie che se ne sta bella serena e non sa che il suo marito adesso, invece di riposare, rompe i coglioni alla sua amante”
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 12th, 2015 Riccardo Fucile
E BERLUSCONI CHIAMA I SENATORI ALFANIANI: “LASCIATE RENZI, RIUNIAMO IL CENTRODESTRA”
Senato, mercoledì sera. Come un pugile suonato, così il Nuovo centrodestra sbanda sul ring.
«Non possiamo restare immobili, nè continuare a subire passivamente — scandisce Gaetano Quagliariello — Quanto dobbiamo ancora farci aggredire? Dobbiamo essere noi, piuttosto, ad aggredire il governo! E, nel frattempo, ricostruire il centrodestra ».
Rancori e faide ministeriali, inchieste e senatori pronti a tutto: benvenuti nel caos centrista, ventre molle della maggioranza, nuovo incubo di Palazzo Chigi.
E’ qui, tra i banchi degli esuli del berlusconismo, che rischia di andare a sbattere Matteo Renzi.
Non tanto per volontà ribaltonista, piuttosto per l’estrema confusione di cui è preda Ncd. E se ai piani alti del Pd l’allerta è tornata a crescere, Silvio Berlusconi ha fiutato l’odore del sangue.
L’ex Cavaliere ripreso a telefonare con una certa insistenza ai senatori di Alfano: «Se mollate il governo, io rompo con Salvini per ricostruire assieme a voi il centrodestra ».
A mettere in fila i problemi si consumano in fretta le righe.
La doppia batosta giudiziaria è il colpo più visibile e più recente. «Ma vi pare che noi dobbiamo accettare che Orfini chieda l’arresto di Azzollini senza conoscere le carte? — domanda Guido Viceconte — Neanche ai tempi di Stalin e delle sue purghe. Questo è un plotone d’esecuzione, altrochè!».
Il ministro dell’Interno, però, ha già deciso la linea: guerra senza quartiere per difendere Giuseppe Castiglione — potente sottosegretario a lui legato da incrollabile sodalizio — barricate di cartone per il presidente della commissione Bilancio. Non a caso, due big del calibro di Maurizio Lupi e Renato Schifani mettono le mani avanti: «Azzollini? La tenuta dell’esecutivo non si discute»
In realtà si discute, eccome se si discute.
Per il pressing insistente di Berlusconi, innanzitutto.
Perchè una fetta di senatori Ncd (si parla di un paio di calabresi, di un campano e di un lucano) valutano di passare con Denis Verdini, aumentando la confusione interna al gruppo.
E perchè il prezzo da pagare per sostenere il governo schiaccia il futuro dei centristi.
«C’è spazio per ricostruire il centrodestra, lontani dagli estremismi di Salvini», è la linea illustrata da Quagliariello ai senatori.
«Rompere prima che sia troppo tardi», soffiano sul fuoco Maurizio Sacconi e Carlo Giovanardi. Il problema, insomma, è soprattutto quello di capire come e quando staccarsi dall’attuale esecutivo. «Abbiamo sempre detto che la collaborazione con il Pd è temporanea — ricorda Roberto Formigoni — e forse Renzi, a volte, dimentica di riconoscere il nostro ruolo. A un certo punto è ovvio che ci sarà uno sganciamento, ma non penso prima del referendum costituzionale ».
E però stavolta calcoli e prudenze rischiano di non bastare.
Non tutto si può controllare, quando la casa scricchiola e non sai se reggerà .
L’ala filo- dem, capitanata dal ministro Beatrice Lorenzin, è già di casa al Nazareno.
I berlusconiani di ritorno dialogano con Nunzia De Girolamo e cercano di rientrare nelle grazie di Arcore.
Qualche senatore, sottovoce, spera addirittura che Alfano usi il pugno di ferro sciogliendo presto il consiglio comunale di Roma per scatenare l’inferno nel Pd. Poi ci sono gli appetiti ministeriali.
Ad entrare al governo al posto di Lupi mira Quagliariello.
Ci punterebbe anche Renato Schifani, a dire il vero, e per questo difende a spada tratta l’esecutivo. Il premier, però, è stato chiaro: «Voglio una donna al governo».
Promozione per la deputata Dorina Bianchi, dunque? Apriti cielo. «Perchè non una senatrice, allora?», hanno tuonato nel corso della riunione di mercoledì Laura Bianconi e Federica Chiavaroli. Senatrici, naturalmente.
La verità è che in cima alle preoccupazioni centriste c’è questa benedetta (maledetta?) legge elettorale.
Con l’Italicum l’Ncd trema e l’ex Cavaliere ha gioco facile a tentare i vecchi compagni di strada: «Renzi alla fine vi scaricherà ».
Difficilmente, in effetti, il Pd potrà ospitare i centristi nelle liste dem. Per questo Lupi e Quagliariello si sono messi in testa di sponsorizzare la linea autonomista, puntando tutto sulla ricostruzione del centrodestra.
I tempi, quelli li deciderà la politica.
«L’unica cosa certa — ammette Aldo Di Biagio — tutto si regge solo per assenze di alternative ».
Tommaso Ciriaco
(da “La Repubblica“)
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Giugno 12th, 2015 Riccardo Fucile
I TESTIMONI DI UN MONDO PIU’ LENTO E PRECISO
Franco Bonini, bolognese, pensionato e guardone ostinato di cantieri con una predilezione spiccata per quelli stradali è stato nominato direttore dei lavori ad honorem dall’amministrazione comunale di San Lazzaro di Savena.
La nomina del Bonini spalanca scenari interessanti per le migliaia di indomiti lavoratori a riposo che dedicano una porzione cospicua del proprio tempo alla contemplazione di una buca.
A Bologna li chiamano umarell. Gli operai ruotano, gli ingegneri si assentano, ma loro restano inchiodati al suolo, memoria storica del quartiere e del cantiere.
Nulla sfugge a quegli occhi velati da un’ombra di malinconia.
Possono distogliere lo sguardo solo se alle loro spalle un automobilista (di solito io) cerca di incastrare la sua vettura in mezzo alle altre, parcheggiate fin troppo bene. Allora si dedicano all’osservazione delle mosse dell’intruso con cipiglio attento ma equanime, pronti a registrare e, nel caso a segnalare, lo sfioramento di qualche carrozzeria collaterale.
Si accorgono di tutto, eppure finora nessuno sembrava essersi accorto di loro.
La carica onorifica dell’umarell di San Lazzaro va accolta come un primo parziale risarcimento.
Chi non vorrebbe una società capace di valorizzare le persone che pensano di non servire più a niente?
Testimoni di un mondo più lento e preciso. Il pensiero corre all’anonimo correttore di bozze che ogni mattina spedisce a «La Stampa» la lista dei refusi figli della fretta che il suo occhio di falco ha scovato sul giornale.
Il minimo che si possa fare è nominarlo caporedattore ad honorem.
Massimo Gramellini
(da “La Stampa”)
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Giugno 12th, 2015 Riccardo Fucile
DE LUCA VA A GIUGLIANO PER APPOGGIARE UN CANDIDATO SINDACO AL BALLOTTAGGIO A PROCESSO PER ASSOCIAZIONE A DELINQUERE
Vincenzo De Luca, l’esponente Pd vincitore delle elezioni regionali in Campania già condannato in primo grado per abuso d’ufficio e quindi destinato alla sospensione in base alla legge Severino, si è recato ieri a Giugliano, dove domenica si vota il ballottaggio per l’elezione del sindaco, per sostenere un candidato che alle elezioni si è presentato contro il Partito democratico.
Antonio Poziello era stato il vincitore delle primarie dem, ma essendo stato rinviato a giudizio per associazione a delinquere, non era stato poi candidato dal Pd.
Gli fu chiesto di ritirarsi, e di fronte al suo rifiuto fu commissariato il circolo e scelto un altro candidato.
Ma Poziello si è ugualmente presentato, anche senza il sostegno del partito, ed è stato premiato dagli elettori che lo hanno mandato al ballottaggio contro l’esponente di Forza Italia, lasciando fuori dai giochi il candidato ufficiale del Pd.
L’iniziativa del governatore in pectore è stata accolta con disappunto dai vertici locali del partito.
Quella di De Luca, dice il segretario regionale Assunta Tartaglione «è stata una scelta autonoma e individuale».
De Luca però replica dicendo di essere andato a Giugliano per un incontro con gli operatori balneari che rientrerebbe nelle sue consultazioni da futuro governatore campano.
Però l’incontro lo ha fatto insieme con Poziello che non ha alcun ruolo istituzionale ma era in piena campagna elettorale.
(da “il Corriere della Sera“)
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Giugno 12th, 2015 Riccardo Fucile
AVREBBE AUTORIZZATO UN INTERVENTO EDILIZIO ILLEGGITTIMO NELLA COSTRUZIONE DI UN BOX
Avrebbe permesso un illegittimo intervento edilizio consentendo la demolizione di una baracca a Brignano e la successiva ricostruzione di un box auto interrato realizzato attraverso un notevole aumento dell’originaria planimetria.
Scatta il processo per il dirigente del servizio Trasformazioni edilizie del Comune di Salerno Maddalena Cantisani attuale compagna dell’ex sindaco di Salerno, neo governatore della Regione Campania Vincenzo De Luca.
Il rinvio a giudizio è stato disposto ieri dal Gup del tribunale di Salerno Donatella Mancini all’esito dell’udienza preliminare.
A processo con la donna, accusata di abuso d’ufficio — la stessa ipotesi di reato per la quale è stato condannato in primo grado il neo governatore nell’ambito della vicenda relativa al termovalorizzatore — anche Gabriella Landi, Responsabile del Procedimento S.U.E. – Ufficio Permessi di Costruire presso il Comune di Salerno; l’ingegnere Domenico Puglia progettista e direttore dei lavori, accusato anche di falso e i proprietari dell’immobile Maria Mastrullo e Massimo Pierro.
(da “il Mattino”)
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Giugno 12th, 2015 Riccardo Fucile
IL GIOCHETTO DURERA’ ANCORA POCO, E’ NECESSARIA UNA TERZA VIA
Tra i migliori trucchi per vincere, in qualsiasi campo, c’è quello di scegliersi il nemico.
Non è un trucco difficile: basta che siano tutti distratti o ipnotizzati ed è un giochetto da ragazzi. Come se il Barcellona potesse decidere da solo che una finalissima la giocherà , che so, contro la Battipagliese.
E’ un’operazione semplice: basta dire chi è l’avversario e assicurarsi una platea plaudente che si dica d’accordo, che magari si finga preoccupata dicendo cose come: “Ah, però, non sottovalutiamo la Battipagliese”.
Così Matteo Renzi and his friends indicano in Matteo Salvini il nemico, l’unica opposizione esistente, l’unico avversario.
Gli altri, o nominati con sufficienza o nemmeno citati: concentrarsi su Salvini sembra essere l’ordine di scuderia, forse nella speranza che al momento della scelta suprema e definitiva l’italiano di imprinting anche vagamente democratico preferisca il neocraxismo del Pd renzista alle ruspe dell’altro ragazzotto, quello con la felpa.
E’ una buona mossa, soltanto un po’ rischiosa.
Intanto perchè vista la rapidità con cui Renzi perde pezzi di elettorato le cose possono cambiare velocemente (si veda l’ingresso al Nazzareno dalla porta posteriore, essendo quella principale presidiata da ex elettori infuriati, insegnanti nella fattispecie).
E poi perchè per indicare un avversario bisogna in qualche modo mettersi sul suo piano, accettarne almeno il gioco, sfidarlo sullo stesso campo
Si ricorda per esempio en passant che mentre il Salvini gigioneggia in giro parlando di ruspe e pogrom, le ruspe sono state usate a Roma, alla favela di Ponte Mammolo, per cacciare senza preavviso gente che ci abitava da anni, senza soluzioni alternative accettabili.
Risultato: in una città dove si discute fittamente se gli affari sulla pelle dei migranti si possano o no chiamare “mafia” (una mafia decisamente bipartisan, tra fascisti conclamati, coop rosse e esponenti Pd), c’è ancora gente che dorme per strada davanti alla sua baracca spianata dalle ruspe.
Eroiche associazione di volontari e persone civili chiedono aiuto sui social: servono medicine, cibo, acqua, carta igienica.
Qualche tenda l’ha fornita una nota (e a questo punto: meritoria) catena di articoli sportivi, mentre le istituzioni si accapigliano sui giornali a proposito di inchieste e mandati di cattura.
Il salvinismo teorico di Salvini, insomma, si contrappone a un salvinismo reale, che le ruspe le usa davvero, ma si circonda di una narrazione umanitaria, confortevole pietosa.
C’è chi dice che l’onnipresenza di Salvini in tivù (è quello, non il brillante eloquio da seconda media, che gli procura consensi) sia incoraggiata e agevolata proprio a questo scopo: trasformare una dialettica politica complessa in un derby tra buoni e cattivi, o almeno tra peggio e meno peggio.
E’ una dietrologia complottista e quindi non le daremo peso.
Ma è certo che anche i media tifano per quella soluzione da pensiero binario: o il Matteo buono (?) o il Matteo cattivo (!), e non ci sarà altra scelta.
Sanno tutti che non è così, ma per il momento la cosa sembra funzionare: è una semplificazione, una caricatura, uno schema facile, e dunque — in tempi di distrazione di massa — conveniente.
Il giochetto non durerà a lungo: tra uno che straparla di ruspe e uno che dice “Ok, discutiamo” puntando la pistola, sarà inevitabile una qualche terza via.
Perchè il trucchetto di scegliersi il nemico ha questa controindicazione: qualcuno potrebbe pensare che sono nemici entrambi, e finiscono per somigliarsi.
(da “alessandrorobecchi.it”)
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