Dicembre 29th, 2015 Riccardo Fucile
IL BILANCIO DEGLI ULTIMI DUE MESI TRA STOP E RINVII
L’Ars torna oggi a riunirsi per un prevedibile rush di fine anno.
Non inconsueto, se è vero che Sala d’Ercole è storicamente abituata a tentare di colmare i ritardi con ostentati “straordinari” in periodi festivi o prefestivi.
E d’altronde mai, come in quest’ultimo scorcio di legislatura, il Parlamento siciliano ha girato a vuoto.
Basti pensare che negli ultimi due mesi, dal 31 ottobre a oggi, l’aula ha lavorato per poco più di due ore a settimana. Esattamente 17,4 minuti al giorno o, se volete, circa otto ore e mezzo al mese.
Il dato, da solo, salta agli occhi, anche perchè non è che le commissioni, in una fase di rinnovo dei vertici, abbiano lavorato molto di più.
Insomma, l’ultima seduta prenatalizia, quella che ha fatto registrare il clamoroso tonfo del Dpef, ha chiuso (chiuso?) una stagione grama.
Impressionante lo stallo della prima metà di dicembre: nella settimana che si è chiusa il 6 sono stati 29 in tutto i minuti di attività dell’Ars, in quella successiva appena 26.
Entriamo nel dettaglio: il 2 dicembre i parlamentari si sono ritrovati alle 16,07 e hanno lasciato l’aula alle 16,36.
Otto giorni dopo, il 10 dicembre, la riunione di Sala d’Ercole è cominciata alle 17,03 e i lavori si sono chiusi alle 17,29.
Il bilancio di quei preziosi minuti di attività ? C’è stato l’annuncio di mozioni e interpellanze, la comunicazione all’aula del nuovo ufficio di presidenza del gruppo del Pd, l’ufficializzazione della sostituzione di un componente della commissione antimafia.
Un minuto, o su di lì, è stato dedicato al ricordo dell’uccisione di due braccianti agricoli a sud di Siracusa, avvenuta nel 1968.
Emanuele Lauria
(da “La Repubblica”)
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Dicembre 29th, 2015 Riccardo Fucile
PER RISTRUTTURARE IL TRATTO FERROVIARIO OCCORREREBBERO ALMENO 6 ANNI (SENZA INTOPPI)
Un’illusione, una boutade a voler essere buonisti, è concretare tale prospettiva in pochi mesi o
anni.
Genova Principe e Milano Centrale distano 154 chilometri e gli Intercity impiegano un’ora e 30′.
Togliendo qualsiasi fermata (tra perditempo di frenata, accelerazione e sosta) si scenderebbe a un’ora e 24′. Per arrivare a soli 60 minuti si dovrebbe viaggiare a una media impensabile.
Attualmente, Intercity e Frecciabianca, in rango C di velocità , toccano i 160 solo tra Voghera e Lungavilla (meno di 10 km) e in prossimità di Rogoredo, i 155 tra Cassano Spinola e Tortona e alle porte di Arquata, i 150 tra Bressana Bottarone e Pavia (13 km scarsi) e brevissimamente vicino a Locate Triulzi.
Per il resto la linea consente un massimo di 120 km/h con due micidiali attraversamenti di stazioni, quelli di Ronco Scrivia (non si può andare oltre i 60) e di Tortona (80): per velocizzarli servirebbe la totale rivoluzione del piano binari.
Otto anni fa il treno no-stop Principe-Rogoredo impiegava 1 ora e 10′ ricorderà qualcuno. Ma, primo, il chilometraggio era più basso, e, secondo, fu il costante ritardo giornaliero di almeno 10 minuti, oltre agli orari poco appetibili dai viaggiatori, a decretarne vita breve per la bassissima frequentazione: 4 mesi durò l’offerta dal lunedì al venerdì, altrettanti la sola proposta al lunedì mattina e al venerdì sera.
Allora, sottolinea il comitato viaggiatori che da anni monitora la Genova-Milano, non esisteva la ricchissima offerta per i pendolari tra Pavia e la metropoli lombarda nelle ore di punta, le stesse in cui dovrebbe inserirsi la traccia di un treno veloce da/per la Liguria che possa essere apprezzato dall’utenza (e quindi, seguendo la primaria logica di mercato delle aziende di trasporto, vedere i costi coperti dall’introito della bigliettazione).
Tra le 7.30 e le 8.30 e tra le 17.30 e le 18.30 in quella tratta si arriva a distanziamenti minimi di tre minuti fra convogli di ben sette categorie, diversissimi nelle prestazioni di marcia.
Direte: un treno che non ferma ovunque può superare gli altri. No, perchè fra Pavia e Milano Rogoredo non esiste più un solo binario di precedenza, tutti sacrificati allo sciagurato piano nazionale “Rete snella” messo in opera dagli anni Novanta per tagliare progressivamente il personale, disabilitando le stazioni ed eliminando migliaia di scambi, col risultato che qualunque perturbazione in linea si trasforma in un calvario (come martedì scorso quando il blocco di un treno merci a Locate Triulzi ha causato enormi ritardi).
Dunque, per poter andare da Genova a Milano in ferrovia in un’ora occorre innanzitutto che la linea Pavia-Rogoredo sia quadruplicata, riservando ai treni “veloci” i nuovi binari e facendo loro guadagnare almeno 10 minuti di percorrenza: il progetto giace da anni, dimenticato, presso il Comitato Interministeriale Programmazione Economica, e al di là delle dichiarazioni di facciata nè Trenord nè Regione Lombardia hanno particolare interesse a togliervi da sopra la polvere.
Ed è indispensabile che divenga operativo tra Genova e Novi Ligure il Terzo Valico (dove si potranno toccare i 250 km/h di velocità ) col successivo raddoppio fino a Tortona. Se anche i finanziamenti venissero erogati, se i cantieri procedessero spediti, se le contestazioni mai sopite fossero superate, una prospettiva ragionevole è quella del 2021.
Tutto il resto è sogno (o presa in giro).
(da “La Repubblica”)
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Dicembre 29th, 2015 Riccardo Fucile
SUON DI FANFARE PER UN GENOVA-MILANO CHE NON FA FERMATE E IMPIEGA UN’ORA E MEZZA COME UN COMUNE INTERCITY CHE FA DUE FERMATE…IL COMUNICATO CHE FA RIDERE TUTTA ITALIA: “LAVORI PER DUE TERZI A CARICO DELLA LOMBARDIA, UN TERZO ALLA LIGURIA E IL RESTANTE (MA QUALE?) A CARICO DI RFI E GOVERNO”
La giunta regionale ligure annuncia trionfalmente l’idea di un collegamento ferroviario, con un comunicato che non è proprio dei migliori, il treno diretto Genova – Milano in treno “in modo diretto”.
Promessa di Giovanni Toti: «Un’ora». In realtà ci vuole un’ora e mezza, dettagli.
Con la complicità dei compari in politica della Lombardia, s’inventa questo schema chiarissimo: «Questa è una scommessa, è la prima prova di un convoglio che può collegare Genova e Milano in modo diretto, in un tempo che noi ci auguriamo stia tra un’ora e venti e un’ora e cinque, se Ferrovie ci daranno una mano a risistemare la rete».
«Oggi grazie alla collaborazione della Regione Lombardia, grazie a Trenord e grazie al fatto che crediamo in un progetto comune che coinvolge i due capoluoghi, contiamo di poter arrivare, entro diciotto mesi, a concretizzare questo progetto».
Queste le comiche rappresentate dal presidente della Regione Liguria Giovanni Toti a bordo del treno no stop, partito da Genova Principe alle 15.20 e giunto a Milano centrale alle 17 circa.
Un viaggio sperimentale a cui ha preso parte tutta la giunta – d’altra parte, non è che ci sia altro da fare – con il presidente della Lombardia Roberto Maroni, insieme all’assessore ai trasporti lombardo Alessandro Sorte, i vertici di Trenord e di Rfi.
L’obiettivo, ci insegna la Regione, è quello di costruire un percorso per arrivare, con la primavera prossima, a sette collegamenti di treni giornalieri per unire i due capoluoghi, in modo da poter ”costruire l’area del Nord Ovest”.
A tale scopo i due “Governatori” hanno firmato una lettera di intenti che verrà portata nei prossimi giorni all’attenzione del Ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio per riuscire a ottenere quegli investimenti necessari a sbloccare i nodi sulla rete ferroviaria per consentire il collegamento entro l’ora.
«Chiediamo a Delrio — hanno detto Toti e Maroni — un tavolo che coinvolga le due regioni, gli operatori e i gestori della rete per superare i quattro nodi che impediscono attualmente di raggiungere la massima velocità : in corrispondenza di Milano Rogoredo, Ronco Scrivia, Tortona e la galleria dei Giovi».
Non si capisce la divisione dei costi, almeno come viene spiegata nel comunicato: due terzi alla Lombardia, un terzo la Liguria e i restanti (quali?) a carico di Rfi e del Governo.
I due “Governatori” a quanto pare hanno tanto alito politico e sforzo amministrativo da piegare la matematica.
«L’esperimento è riuscito — ha concluso il presidente della Regione Liguria Toti – oggi c’è stato un avvio simbolico, contiamo molto sul fatto che vada a buon fine, grazie anche al ruolo di fratello maggiore svolto dalla Regione Lombardia e all’impegno del Governo e di Rfi. ”
Anche se, a quanto pare, Rfi avrebbe nicchiato rispetto a quest’ipotesi.
Tutti d’accordo, dunque, tranne la matematica e un paio di nozioni che qualunque vecchio ferroviere avrebbe potuto fornire ai due “Governatori”: la linea appenninica è vecchia e non supporta mezzi di nuova generazione, quindi anche se (“se”) l’offerta commerciale di Rfi dovesse (“dovesse”) trovare interessante questo strano treno che, a quanto pare, anche a fronte di nuovi pesanti interventi strutturali su una linea concepita più di cento anni fa non permetterebbe più di 20-30 minuti di anticipo (esagerando) rispetto agli attuali Intercity, non è detto che l’approverebbe.
Piccolo dettaglio finale: un normale Intercity, facendo due fermate intermedie, impiega un’ora e mezza per arrivare a Milano. Ieri senza fermate il treno dei desideri ci ha messo lo stesso tempo.
Le comiche di Toti continuano, attendiamo la prossima puntata dal binario 17.
(da “il Secolo XIX”)
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Dicembre 29th, 2015 Riccardo Fucile
LA SFIDA DEL PRESIDENTE DELLA SQUADRA FEMMINILE MINACCIATA: “GIOCHEREMO, SBAGLIATO ARRENDERSI”
“Io non ho ancora preso una decisione, ma una cosa la posso dire: le ragazze il 10 gennaio saranno in campo contro la Lazio”.
Anche ieri è stata una giornata intensa per il presidente dello Sporting Locri, Ferdinando Armeni. Una giornata fatta di incontri, di telefonate di solidarietà , di attestati di stima, ma nella quale non è mancata “qualche amarezza”.
A tarda sera però la decisione: “La squadra giocherà la prossima partita di serie A del campionato di Calcio a 5”.
Presidente, quindi è deciso…
“Guardi, io penso che sia giusto così. Che sia giusto giocare. Naturalmente devo confrontarmi con gli altri soci e con le istituzioni, bisogna che vi siano tutte le condizioni, ma mi piacerebbe vedere in campo le ragazze. Se lo meritano e lo merità la città “.
Questo significa che la squadra non sarà ritirata e che l’avventura continua?
“No, per quanto mi riguarda non ho preso ancora una decisione e restano in piedi tutte le mie perplessità . In questo momento non riesco a pensare a nulla, non ho la giusta serenità , troppe cose sono accadute e troppo in fretta. Io resto dell’idea di lasciare, di cedere il testimone a chiunque abbia voglia di impegnarsi per il futuro dello Sporting e di Locri. Ma non ho deciso nulla, devo riflettere”.
Il presidente della Lazio Valerio Piersigilli ha detto di aver paura di venire a giocare a Locri.
“Mi ha molto ferito quell’affermazione e anche per questo dobbiamo scendere in campo. Locri è una città civile, abbiamo mille problemi purtroppo, ma le parole di Piersigilli sono offensive. Ha espresso solidarietà , le sue giocatrici hanno fatto tante telefonate alle nostre ragazze, questa sua uscita però è incomprensibile. Tra l’altro per sapere di questa terra gli basterebbe chiedere alle sue atlete, alcune di loro sono della provincia di Reggio Calabria e altre hanno giocato tante volte anche a Locri. Dovrebbe informarsi meglio. Anche per questo dobbiamo giocare, dobbiamo far vedere quanto è bella e civile la nostra realtà , e questo a prescindere dalla presenza di una minoranza di criminali ignoranti”.
Presidente, a distanza di qualche giorno ha potuto farsi un’idea delle ragioni alla base delle minacce?
“No, mi creda. Non ho idea. Tra l’altro so che i carabinieri stanno facendo il loro lavoro con cura ed io ho piena fiducia nelle istituzioni. Non posso fare altro che collaborare con gli investigatori e attendere l’esito delle indagini”.
Ma che interessi potrebbero esserci attorno alla squadra?
“Guardi non credo che ce ne siano di veri. Tendo ad esludere che i clan si interessino di una piccola realtà come la nostra. Ritengo che si tratti di cretini, di imbecilli, magari pericolosi, che non si rendono conto di quello che hanno fatto e dell’immagine che stiamo dando della Calabria. Per il resto girano solo cattiverie gratuite”.
A cosa si riferisce?
“Si è detto che la società o io abbiamo dei debiti, ma non è vero. Non c’è un solo fornitore che possa vantare un solo centesimo di credito. Si è persino detto che sotto sotto c’è una questione di donne. Figuriamoci, ho una bella famiglia e una bimba piccola. Sono solo volgarità . Io non ho nulla da nascondere, tanto che ho già consegnato i bilanci societari agli inquirenti”.
E se si trattasse di un mitomane?
“Lo ripeto, non posso escludere nulla. Se si trattasse di un pazzo e venisse arrestato domattina saremmo tutti più sereni. Per quanto ne so io può trattarsi di qualsiasi cosa, ed è questo che mi preoccupa”.
Giuseppe Baldessarro
(da “La Repubblica”)
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Dicembre 28th, 2015 Riccardo Fucile
E CHI SCAPPA A GAMBE LEVATE DAVANTI AI VECCHI AMICI DEI CENTRI SOCIALI DA’ DEI CONIGLI AGLI ALTRI
La pagina Facebook del leader della Lega Nord Matteo Salvini ieri sera avrebbe subito un attacco
anonimo: le foto di profilo e di copertina sono state sostituite da due immagini raffiguranti la maschera di Guy Fawkes, uno dei simboli del gruppo di hacktivisti di Anonymous.
Il defacing, così si chiama questo genere di attacchi, sarebbe durato solo pochi minuti: lo staff del leader leghista sarebbe intervenuto subito per riportare la pagina alla normalità e su Facebook è contestualmente comparso un post del politico: «Ma quei conigli mascherati di Anonymous (saranno loro?) non possono dedicarsi all’ISIS?».
L’attacco, però, non è stato rivendicato da Anonymous e potrebbe anche non avere nulla a che fare con l’organizzazione di attivisti informatici.
Fa bene Salvini a chiedere “saranno loro?”, anzi potrebbe far intervenire la polizia postale per le opportune verifiche, perchè qualcosa non quadra.
In primo luogo Anonymous rivendica immediatamente le proprie azioni con un comunicato.
In secondo luogo lascia quasi sempre un monito, non si limita a sostituire due foto.
In terzo luogo vandalizza la pagina, rendendola non raggiungibile per diverso tempo, non certo per soli 20 minuti.
Magari non si tratta di Anonymous, ma di qualcuno “tutt’altro che anonimo” che aveva un qualche interesse nella vicenda…
In ogni caso Salvini è riuscito, oltre a trarre pubblicità dalla vicenda, a non dimenticare la sua vena umoristica: che a dare dei “conigli” agli autori del presunto blitz sia uno che è scappato a gambe levate a Bologna di fronte a qualche ex suo amichetto dei centri sociali è veramente dettaglio da scompisciarsi dalle risate.
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Dicembre 28th, 2015 Riccardo Fucile
DA TORINO A NAPOLI SI DISCUTE AD ARCORE COME AI VECCHI TEMPI: ECCO I NOMI
Lui non vorrebbe concedere «vantaggi» al centrosinistra, e vorrebbe tenere le carte coperte fino all’ultimo minuto utile.
Ovvero, almeno fino a quando il Pd non scioglierà i propri nodi con le primarie che «finiranno per dividerli».
Ma a pochi mesi dal voto per le amministrative, l’immobilismo del centrodestra rischia di diventare un problema.
Tanto che Silvio Berlusconi sta accelerando su «focus group» e sondaggi per testare i candidati che dovranno tentare di portare a casa un risultato perlomeno onorevole.
E ieri sera ha incontrato ad Arcore – ufficialmente solo per uno scambio di auguri – Matteo Salvini.
Una settimana fa era stato proprio Berlusconi a snocciolare i nomi di qualche papabile, in particolare per Milano: il corteggiatissimo Paolo Del Debbio, che però finora ha sempre detto di no; Stefano Parisi, che secondo alcuni azzurri non sarebbe mai stato ancora seriamente contattato; Alessandro Sallusti, lui sì avvertito della possibilità ma non scalpitante all’idea di correre.
Il nodo d’altronde è tutto politico: scegliere un candidato «identitario», come vorrebbe Salvini, o «inclusivo», che apra anche all’alleanza con i centristi, come vorrebbero i due governatori Toti e Maroni che coi centristi governano e che oggi si ritroveranno a Milano.
Il problema è un po’ lo stesso che si ripropone a Roma, dove in campo sembrano esserci solo Giorgia Meloni e Alfio Marchini.
Anche in questo caso, ogni candidato presume un diverso assetto di alleanze, con la difficoltà ulteriore che, se Marchini pretende di avere alle spalle soprattutto movimenti civici sganciati dai partiti, la Meloni è assolutamente indisponibile all’appoggio sia della sua candidatura che del modello di alleanza.
E, stando a quanto emerge dai contatti degli ultimi giorni, a questo punto sembra essere proprio lei il candidato più probabile del centrodestra.
I sondaggi sono lusinghieri almeno per il primo turno, dove la leader di Fratelli d’Italia farebbe il pieno di voti di area, mentre difficile sarebbe lo scoglio del ballottaggio soprattutto se la sfida fosse con il M5S.
Lei non ha sciolto la riserva, ma la sensazione è che, con il passare dei giorni, salgano le quotazioni della Meloni e si avvicini il momento in cui i partiti di centrodestra (il tavolo delle candidature fra Matteoli, Giorgetti e La Russa si riunirà il 15 gennaio) le chiederanno di rompere gli indugi e di candidarsi.
Apparentemente più semplice la situazione in altre città chiamate al voto: a Cagliari avanza l’ex senatore azzurro Piergiorgio Massidda, a Trieste viene considerato molto forte l’ex sindaco Roberto Dipiazza, che potrebbe tornare in pista, a Napoli è praticamente da mesi già in corsa Lettieri di FI.
Tra Torino e Bologna infine potrebbe essere siglato un accordo incrociato tra FI e Lega: per la sfida tutta in salita a Fassino crescono le chances dell’azzurro Osvaldo Napoli, nel capoluogo emiliano sarebbe quindi la Lega ad indicare come aspirante sindaco Lucia Borgonzoni, sulla quale punta Salvini .
Paola Di Caro
(da “il Corriere della Sera”)
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Dicembre 28th, 2015 Riccardo Fucile
ENTI LOCALI DIVISI, PROTOCOLLI ZERO…PISAPIA: “MARONI LA SMETTA DI BLATERARE”… LA REGIONE SE LA PRENDE CON IL GOVERNO
Polveri sottili, tutti contro tutti. Il Comune chiama in causa la Regione, la Regione chiama in causa
lo Stato e Bruxelles.
Ma alla fine, in mancanza di precise regole di intervento, la patata bollente torna nelle mani delle città . Che agiscono ciascuna a suo modo.
Il caso è quello della Lombardia, dove Milano ha adottato la decisione più drastica, con il blocco del traffico per tre giorni. Ma la confusione regna in tutta Italia: c’è chi ha seguito l’esempio milanese, come Pavia, chi ci ha pensato ma poi ha virato sulle targhe alterne, come Roma, chi ha soltanto incentivato l’uso dei mezzi pubblici, come Torino.
L’unica certezza è che non esiste una regola comune che stabilisca come intervenire in questi casi. E proprio in questi giorni, si organizzano una serie di tavoli per coordinare le azioni dei vari enti locali, nella speranza di trovare quell’unità di azione che finora è mancata.
L’esempio più chiaro, in questo senso, si può trovare in Lombardia e, in particolare, a Milano.
Qui, il Comune ha deciso il blocco del traffico per tre giorni, dal 28 al 30 dicembre. “E’ evidente che manca un coordinamento — spiega a ilfattoquotidiano.it Pierfrancesco Maran, assessore all’Ambiente di Milano — A livello legislativo, la delega della qualità dell’aria è affidata alle Regioni. Prima di attuare il blocco, abbiamo sollecitato Regione Lombardia a prendere misure su un’area più vasta, anche perchè tutti gli esperti concordano che questi interventi sono tanto più efficaci quanto più grande è l’area dove si effettuano. Abbiamo deciso di agire con il blocco del traffico dopo che è stata rifiutata una misura più ampia”.
E aggiunge: “A livello di città metropolitana, abbiamo provato a dotarci di un protocollo per tutti comuni. Ma visto che la delega è in mano alla Regione, il protocollo non scatta come obbligatorio e ogni volta bisogna andare di comune in comune a chiedere la conferma dell’adesione”.
Sulla stessa linea, l’intervento del sindaco Giuliano Pisapia, che dalle colonne di Repubblica è passato all’attacco, sostenendo che il Comune “in questi anni è stato lasciato a combattere da solo”.
E ha puntato il dito contro il Pirellone: “Alla Regione chiediamo di smetterla di blaterare e di fare finalmente qualche intervento su scala più ampia”.
Alle accuse del sindaco milanese replica Claudia Terzi, assessore all’Ambiente di Regione Lombardia. “A Pisapia sfugge che nel tempo gli interventi li abbiamo fatti e continuiamo a farli — è la sua replica — Le misure efficaci sono quelle strutturali, che però non hanno effetti nel breve periodo. E non sono i passi da prima pagina o spot elettorale di Pisapia”.
L’assessore ricorda gli interventi previsti dal piano regionale per la qualità dell’aria, adottato nel 2013: secondo il primo monitoraggio sulla sua attuazione, diverse misure sono già stati realizzate, come esenzioni fiscali per veicoli a bassa emissione, limitazioni per le vetture più inquinanti, incentivi all’installazione di filtri antiparticolato.
“I blocchi a spot del traffico sono poco efficaci — incalza Terzi — Dati alla mano, è stato verificato che non abbattono le emissioni nei periodi di blocco e implicano picchi di aumento nei giorni successivi. Possono servire per richiamare l’attenzione su una situazione difficile, ma non sono risolutivi”.
A fare chiarezza ci prova Guido Lanzani, responsabile dell’unità organizzativa qualità dell’aria di Arpa Lombardia (Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente), organo di natura tecnica.
“Il problema dell’inquinamento atmosferico non è legato alle emergenze, è un problema di lungo periodo che va affrontato con provvedimenti strutturali — spiega l’esperto — E’ quello che si fa ed è quello che dice la legge. C’è un autorità competente, Regione Lombardia, che ha fatto il piano di risanamento della qualità dell’aria, permettendo di avere risultati su scala di lungo periodo, come si evince anche dai dati: c’è un trend di miglioramento su scala pluriennale, le polveri sottili stanno diminuendo”.
Detto questo, ben vengano le iniziative di ciascun Comune: “Le singole amministrazioni fanno interventi positivi, che contribuiscono a limitare il problema, ma in quanto circoscritti nello spazio e nel tempo, rimangono parziali e limitati, non possono fare miracoli. In questo senso, non c’è da stupirsi che non esista un protocollo unico, perchè quello che c’è di unico e solido è il piano di risanamento. Poi è chiaro che più si agisce di concerto, meglio è”.
Ma non è finita qui. Perchè dalla Lombardia, la ricerca delle responsabilità vola ai piani sempre più alti, fino ad arrivare a Roma e poi Bruxelles.
“Io avevo chiesto all’allora ministro dell’Ambiente Andrea Orlando — ha affermato il governatore Roberto Maroni — di fare un incontro con tutte le Regioni interessate per definire un piano della pianura padana per la qualità dell’aria, da sottoporre poi all’Unione europea, per avere risorse adeguate per un intervento mirato in relazione alla specificità di questo territorio. Abbiamo riproposto la cosa al ministro Galletti, ma fino ad ora non ha avuto seguito”.
Da parte sua, il titolare dell’Ambiente ha ammesso la confusione di questi giorni, affermando la necessità di una strategia comune. “La nostra risposta deve essere coordinata e di sistema, non in ordine sparso”, ha spiegato il ministro.
E così ha convocato per mercoledì 30 dicembre una riunione di coordinamento degli interventi contro lo smog nelle città italiane, invitando i presidenti di Regione, i sindaci e il capo della protezione civile Fabrizio Curcio.
“La riunione di mercoledì sarà il momento per confrontare la riuscita delle varie iniziative adottate in questi giorni e per trovare un metodo unico di procedere da qui in avanti”, ha aggiunto il ministro.
Iniziativa analoga anche in Lombardia, dove Maroni ha convocato per il pomeriggio del 28 dicembre un tavolo con i vertici di Anci Lombardia e con tutte le principali istituzioni per coordinare l’azione dei Comuni lombardi sulle iniziative antismog.
E mentre i politici si rimpallano le responsabilità , sul campo rimangono i numeri che certificano la gravità della situazione.
Una settimana fa, Legambiente ha anticipato alcuni dati del rapporto “Pm10 ti tengo d’occhio”, che segnala le città più inquinate d’Italia.
Frosinone vince questa poco invidiabile classifica: nel 2015, il livello di pm10 ha superato per 110 volte i 50 microgrammi per metro cubo.
Eppure, la legge permette solo 35 sforamenti all’anno.
Tra i capoluoghi di regione, domina Milano con 86 giorni oltre il limite, seguita da Torino con 73, Napoli con 59 e Roma con 49.
Stefano De Agostini
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 28th, 2015 Riccardo Fucile
GRILLINI SPACCATI: UNA PARTE SOSTIENE IL SINDACO CINQUESTELLE, UN’ALTRA GLI FA OPPOSIZIONE
Tre assessori licenziati nel primo giorno utile dopo la sosta natalizia: sembra un semplice rimpasto di giunta ma rischia di essere l’inizio di una guerra politica cittadina.
Non c’è pace per il Movimento 5 Stelle a Gela, la città del petrolchimico Eni, roccaforte del Pd e del governatore siciliano Rosario Crocetta, conquistata dagli uomini di Beppe Grillo alle amministrative del giugno 2015.
A sei mesi esatti dalla vittoria delle elezioni, il sindaco Domenico Messinese ha defenestrato tre componenti della sua giunta: si tratta di Pietro Lorefice, Ketty Damante e Nuccio Di Paola, rispettivamente assessori ai trasporti, all’istruzione e alla programmazione.
Il motivo del triplice allontanamento? “La fiducia era venuta meno: non lavoravano per il bene della città , facevano summit esterni, tramavano contro la mia amministrazione. Ed io devo dare risposte alla città ”, spiega Messinese a ilfattoquotidiano.it.
Una mossa, quella del primo cittadino gelese, che spacca irrimediabilmente il Movimento a Gela: i tre assessori cacciati dalla giunta, infatti, sono esponenti storici dei 5 Stelle in città , punti di riferimento dei consiglieri comunali pentastellati.
Senza considerare che già due mesi dopo la sua elezione Messinese aveva dato il benservito a Fabrizio Nardo, anche lui esponente grillino della prima ora, estromesso dalla giunta perchè considerato “anarchico” rispetto alle scelte del primo cittadino.
Adesso, dopo settimane di polemiche culminate con la triplice defenestrazione, a Gela rischia di scoppiare una feroce guerra intestina tutta interna ai pentastellati.
Da mesi, infatti, in città esistono due meetup diversi: uno sostiene Messinese, mentre l’altro è da tempo oppositore del primo cittadino, accusato di utilizzare “metodi da prima Repubblica e compromessi di potere”.
Il riferimento è ai due incarichi legali, del valore di circa 11mila euro, che il comune di Gela ha affidato nell’ottobre scorso all’avvocato Lucio Greco, stimato professionista locale e candidato sindaco di una lista vicina al Nuovo Centrodestra alle ultime amministrative.
Dopo essere stato sconfitto al primo turno, Greco aveva offerto il suo sostegno al Movimento 5 Stelle, facendosi fotografare mentre abbracciava affettuosamente Messinese al termine di un comizio.
Quell’incarico affidato dal comune all’ex candidato di Angelino Alfano era stato uno dei tanti motivi di scontro tra il primo cittadino e la base dei 5 Stelle.
“Il mio stesso movimento ha cominciato ad offendere la mia amministrazione dopo soli due giorni: posso anche essere un sindaco cattivo, ma in due giorni non posso aver fatto così male. Io mi sento parte integrante dei 5 Stelle, sono loro invece che con il movimento non hanno nulla a che fare”, attacca Messinese.
Che un minuto dopo aver annunciato l’estromissione dei tre dalla giunta, ha già presentato i nuovi assessori. “Li ho selezionati tutti sulla base del curriculum”, assicura: segno che la defenestrazione di massa non è stata una mossa a sorpresa, ma preparata nel dettaglio.
“Vuole sapere se ho parlato con i vertici del Movimento prima di procedere al rimpasto? Assolutamente no, e non ho parlato neanche con il meetup. Gli assessori non sono eletti e devono essere di fiducia dell’amministrazione: la fiducia è venuta a mancare e io devo dare risposte ai 22mila cittadini che ci hanno eletti”.
Resta da capire che posizione prenderanno adesso i vertici del Movimento, dai massimi referenti regionali al famoso direttorio nominato da Grillo appena un anno fa. Nel frattempo, a Gela, una delle città più importanti di Sicilia, la faida targata 5 Stelle è già cominciata.
Giuseppe Pipitone
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 28th, 2015 Riccardo Fucile
“IO CE LA POSSO FARE, LASCIAMO DECIDERE GLI ELETTORI”
“Lo dico da mesi che come Pd abbiamo davanti una scalata molto difficile. E mentre a Napoli,
alcuni cercano candidati per battere me alle primarie, legittimamente s’intende, io mi muovo per sconfiggere de Magistris alle elezioni. Un confronto duro, ma non impossibile. Perciò mi sono battuto per fare le primarie: sono un bagno di umiltà fondamentale”.
Antonio Bassolino trascorre le vacanze tra un incontro elettorale e un pranzo con i cinque nipotini.
Lucido nell’analisi, l’ex sindaco e governatore parla con Repubblica anche di Mezzogiorno, “vero banco di prova per Renzi”. E lancia un appello al premier.
Bassolino, nessuna sorpresa da questi sondaggi che danno il Pd quarto a Napoli e molto male anche a Roma?
“Il mio polso della situazione lo diceva: sto girando, sento persone in ogni quartiere, entro in tante case…”.
Ma solo pochi mesi fa De Luca ha vinto in Regione.
“La partita per il Comune è molto diversa. Alle regionali, il confronto era tra due schieramenti, con turno unico. Ora è tra 4, a doppio turno. E nè de Magistris, nè i 5 Stelle, nè il centrodestra, oltre al Pd, ha la certezza di superare il primo turno. Poi, per il ballottaggio, si riapre la partita e lì comincia un altro gioco”.
Eppure lei è in campo e ha sempre rivendicato di saper vincere. Quindi come crede di farcela?
“In primo luogo: con le primarie. Senza, Pd e alleati, con qualunque candidato, non entrerebbero neanche in partita. Invece occorre fare quel doveroso bagno di umiltà “.
Primarie di umiltà anche per lei, che ha governato molto e commesso anche errori politici.
“Certo, per Bassolino e per tutti. Un grande bagno. Di critiche, di ascolto, di prospettazione di idee. Guai a ogni boria, a ogni peccato di presunzione. Servono modestia, umiltà , sapersi confrontare”
Ma lei è al centro di un paradosso. Grande sostenitore e insieme ostacolo delle consultazioni, visto che tutti i ‘papabilì temono di perdere. Anche Guerini auspica “energie nuove” in campo.
“Ha ragione Lorenzo Guerini, lo dico sul serio. Anch’io mi auguro che si presentino altri candidati con la loro forza. In modo che siano poi i napoletani a decidere chi meglio può fare questa scalata e rappresentare idee nuove per la città in questa fase. Ma deve avvenire quanto prima e non sotto il 6 marzo: perchè la politica è anche tempo. E mentre noi cerchiamo, de Magistris ha già pronte alcune liste, così Lettieri per Fi; e i 5 Stelle sono in campagna elettorale sempre. Anche per questo mi sono candidato subito: per dare una sveglia”.
Ma dopo il suo ritorno, il Pd è ancora più diviso.
“Cosa dire? Mentre a Napoli alcuni cercano possibili candidati per battere me alle primarie, cosa legittima aggiungo, io cerco di battere de Magistris alle elezioni. E intendo vincere per Napoli. Poi, anche per il Pd, per quelli che non sono d’accordo. L’obiettivo è aprire una prospettiva per la città : oggi bloccata politicamente”.
La prospettiva di un nuovo patto con Roma?
“Certo. Una sinergia che spetta innanzitutto al sud stimolare. Difatti, la principale critica politica che io muovo al sindaco è quella di aver attivato una costante contrapposizione, in luogo della collaborazione indispensabile e necessaria, con il governo e con Roma. Quella collaborazione è il primo passo per innescare ogni cambiamento: per creare sviluppo, per trasformare Bagnoli, per lottare contro forme moderne e tragiche di una camorra di gang giovanili, a cui occorre rispondere con più scuola fino a sera, più spazi, più impianti sportivi”.
Bassolino, lei sta lanciando un appello a Renzi?
“La sfida è il sud. Sia Scalfari che Galli della Loggia hanno posto in questi giorni il grande tema del Mezzogiorno come un problema anche del governo. Questo è un tema anche culturale, non solo politico. Penso che il governo debba sforzarsi molto di più, nella sua visione e nell’approccio al problema meridionale. Perciò dico a Renzi, al Pd Nazionale: dobbiamo riuscirci insieme, sud e Roma, ma anche Mezzogiorno e Nord. Anche per questo mi ero battuto perchè le primarie si svolgessero nello stesso giorno a Milano e a Napoli. Poi noi le faremo il 6 marzo, va bene. Ma il presidente del Consiglio riesce a cambiare davvero il Paese nella misura in cui riesce a cambiare anche il Mezzogiorno. Ed è con questo spirito che io mi candido a Napoli”.
Conchita Sannino
(da “La Repubblica”)
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