Destra di Popolo.net

TORNA GRILLO L’EPURATOR: CACCIATA LA FUCKSIA CON UN PRETESTO

Dicembre 28th, 2015 Riccardo Fucile

L’ESPULSIONE RIAPRE IL TEMA DELLA DEMOCRAZIA DENTRO IL M5S

In principio furono gli emiliani Valentino Tavolazzi, Giovanni Favia e Federica Salsi.
Era la fine del 2012, il movimento 5 stelle non aveva ancora fatto la sua clamorosa irruzione in Parlamento e nella sua culla emiliana già  si agitavano i primi dissidenti contro il duo ribattezzato “Grilleggio”.
Furono espulsi prima ancora che la vera avventura partisse, giusto per sopire sul nascere l’embrione di un movimento fuori dal controllo dei due leader.
Ora, dopo mesi in cui il fenomeno delle espulsioni a 5 stelle sembrava concluso – complice anche l’epurazione o l’uscita spontanea di tutti gli ex dissidenti- tocca a Serenella Fucksia. L’ultima dei Mohicani, si potrebbe definire, visto che a molti osservatori era parsa curiosa la sua permanenza nel movimento, visto che senatrice marchigiana si era iscritta al “partito dei critici” subito dopo le elezioni del 2013, tuonando su giornali e tv contro le espulsioni dei colleghi (a partire da Adele Gambaro, rea di aver criticato Grillo in una intervista a SkyTg24: “Il problema del movimento è lui”) e mettendosi più volta in rotta di collisione coi diarchi.
Fino al punto di non ritorno, quando una settimana fa ha osato schierarsi a favore di Maria Elena Boschi nel giorno in cui si votava la mozione di sfiducia presentata dal M5s.
“Chapeau”, ha scritto la Fucksia su Facebook parlando del discorso della ministra delle Riforme che “merita l’applauso di tutti per chiarezza, misura ed eleganza”.
Oplà , in rete si sono scatenati i troll a 5 stelle e anche a Milano hanno capito che bisognava tirare una riga.
Anche se controvoglia, perchè in una fase di ascesa come questa i vertici del M5s, a partire da Di Maio, non volevano tornare su giornali e tg con il marchio degli epuratori.
Il pretesto è stato subito trovato con i famosi scontrini e la restituzione degli stipendi.
“A differenza di tutti gli altri suoi colleghi, la senatrice Serenella Fucksia non ha ancora restituito le eccedenze degli stipendi di aprile, maggio, giugno, luglio, agosto, settembre 2015, così come richiesto dallo Staff e nonostante i diversi solleciti inoltrati con scadenze in data 8, 21 e 26 dicembre”, si legge sul blog di Grillo, dove è annunciata la votazione per l’espulsione.
“Fucksia – conclude il post – ha violato ripetutamente il codice di comportamento dei Parlamentari 5 Stelle. Ti chiediamo se debba essere espulsa”.
Beppe Grillo ha poi comunicato il risultato della consultazione sul blog: “Ha votato SI il 92,6%, pari a 24.667 voti. Ha votato NO il 7,4%, pari a 1.963 voti”. Serenella Fucksia è stata espulsa dal Movimento 5 Stelle.
La risposta è stata piuttosto scontata, come era avvenuto con i precedenti deputati e senatori, partendo da Marino Mastrangeli, nell’aprile 2013, reo di eccessive presenze negli studi di Barbara D’Urso, fino al fatto più politico, l’espulsione del poker di senatori dissidenti composto da Francesco Campanella, Fabrizio Bocchino, Lorenzo Battista e Luis Orellana, quattro dirigenti di peso che da tempo ponevano questioni di merito sulla linea politica.
Era la fine di febbraio del 2014, e non fu una votazione bulgara: 29.883 a favore e 13.485 contro, con Grillo che si spese pubblicamente per invitare i militanti a votare sì.
Nei giorni successivi per protesta si dimisero altri cinque senatori guidati da Maurizio Romani (Monica Casaletto, Laura Bignami, Alessandra Bencini, Maria Mussini).
Nel giro di una settimana, gli ultimi cinque vennero espulsi con un post sul blog, senza neppure una votazione.
Quelle espulsioni, seguite dal flop del M5s alle europee (doppiato dal Pd di Renzi) segnarono la fase più bassa dei grillini in questa legislatura. Il momento in cui il M5s sembrava davvero in crisi. Poi però i tanti espulsi non sono riusciti a dare vita a una forza parlamentare, si sono dispersi nei mille rivoli del gruppo misto, in parte con la maggioranza e in parte contro.
Romani e Bencini hanno dato vita al gruppo dell’Italia dei valori in Senato, mentre Adele Gambaro viene data in avvicinamento al gruppo Ala di Verdini, tanto per capire l’impazzimento della diaspora.
Fucksia, invece, pur sfiduciata dal meet up di Fabriano già  nel marzo 2014, ha resistito quasi altri due anni, passando persino da un’intervista in cui giustificava il parallelo di Calderoli tra il ministro Kyenge e un orango, fino al più recente episodio (settembre 2015) in cui aveva mostrato dubbi nel votare l’arresto del senatore Ncd Giovanni Bilardi.
In quel caso fu il collega di giunta Michele Giarrusso a tirarle le orecchie, il suo voto a favore alla fine fu decisivo ma lei continuò a parlare di “moralismo spicciolo”, denunciando il “troppo accanimento verso i politici”.
Il suo vicino di banco Vito Petrocelli dichiarò che non si sarebbe più seduto vicino a lei. La stessa scena che si era verificata nel consiglio comunale di Bologna a fine 2012, quando due consiglieri M5s (uno era l’attuale candidato sindaco Max Bugani) si sedettero platealmente distanti dalla collega Federica Salsi, bastonata da Grillo per aver cercato il “punto g” nel salotto di Ballarò.
Negli ultimi mesi in Parlamento il fenomeno delle espulsioni sembrava andato ad esaurimento, fatta salva l’uscita spontanea di una decina di deputati dissidenti (guidati da Walter Rizzetto) a gennaio 2015.
Sulle cronache comparivano solo le spaccature nei governi locali, da Livorno fino al recentissimo caso di Gela, dove il sindaco M5s Domenico Messinese ha licenziato tre assessori del suo stesso partito, ed è in rotta di collisione con il suo stesso gruppo in consiglio.
Sul web le due fazioni se le stanno dando di santa ragione, con accuse che spaziano dal “tradimento” ai “metodi clientelari”. Ora i grillini e loro faide tornano sotto i riflettori nazionali di palazzo Madama.
“Il voto mi ha colto alla sprovvista”, spiega Fucksia. “Il rendiconto lo sto facendo, ho avuto problemi logistici e di salute. In molti stanno finendo di rendicontare in questi giorni. I vertici del M5s hanno perso il controllo della situazione”.
“La procedura di espulsione è una scusa, una manovra costruita ad arte da qualcuno. Evidentemente sono scomoda perchè non sopporto l’ipocrisia”, aggiunge, parlando già  da ex grillina. “Si sa, quando crescono i numeri nascono anche gelosie…”.
E ancora: “C’è una lotta di potere in corso e si è trovata questa scusa per parlare di altro, per non affrontare il problema. Ma questo modo di comportarsi non fa onore al Movimento, è un altro autogol”.
Sull’altro fronte, Giarrusso le ricorda di essere stata a favore del Jobs Act e della Buona scuola, mentre in rete alcuni attivisti ricordano i suoi 253 voti in dissenso dal gruppo.
Il Pd, dal canto suo, gioisce per questo ritorno del M5s ai metodi della fase più buia della sua breve storia. “Se pensi differente dal M5S ti espellono. Altro che democrazia della rete, è la dittatura di Casaleggio, il lato oscuro della forza”, twitta il vicesegretario Lorenzo Guerini.
Il renzianissimo senatore Andrea Marcucci ricorda che si tratta del 19esimo dissidente cacciato da un gruppo che nel 2013 contava 54 membri: “Ecco la nuova ‘purga’ di Grillo”.

(da “Huffingtonpost”)

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QUELLE RAGAZZE DEL CALCIO CHE LA MAFIA NON FERMERA’

Dicembre 28th, 2015 Riccardo Fucile

LA VICENDA DI LOCRI NON E’ ISOLATA: AL SUD LO SPORT E’ TERRENO DI CONQUISTA

Ma è necessario che il prefetto di Reggio Calabria disponga “adeguate misure di prevenzione” verso una squadra femminile di calcio a 5 perchè ci si accorga di quello che sta succedendo laggiù?
Non sappiamo ancora chi abbia minacciato il presidente della squadra Ferdinando Armeni nè chi abbia avvicinato alcune giocatrici. E del resto Armeni non ha neppure fatto riferimento nella sua denuncia a ‘ndranghetisti ma più genericamente a “sciacalli”. Sappiamo però di certo che la situazione dello sport al Sud, e ancor più in Calabria, è drammatica.
A qualcuno – come forse a Tavecchio e a Malagò – questa sarà  anche sembrata una vicenda straordinaria, tale cioè da richiedere il loro intervento immediato. Giusto.
Eppure che la situazione sportiva al Sud fosse un disastro si sapeva da molto tempo.
Già  nel 2014, appena un anno fa, proprio in provincia di Reggio Calabria, a Rizziconi, era stata sequestrata alle ‘ndrine un’area trasformata in un campo di calcio.
Gli affiliati intimidirono per lungo tempo i ragazzi: volevano che quel campo rimanesse vuoto. Dovette intervenire Libera, l’associazione antimafia di don Ciotti, che riuscì a far arrivare la Nazionale di calcio italiana per riaprire il campo.
Sempre lo scorso anno, a Polistena, e quindi sempre in provincia di Reggio Calabria, l’istituto San Giuseppe, che fa parte dell’Aspi e lavora al recupero di minori a rischio, altro episodio.
La piccola squadra di calcio fu fermata dalla ‘ndrangheta e minacciata – e anche quei ragazzi dovettero lasciare. Solo tempo dopo, tra mille problemi, riuscirono a riprendere l’attività .
Basta così? Ormai dovrebbe essere chiaro: indipendentemente dalle origini delle minacce di Locri – siano esse state di natura mafiosa o personale – nel Mezzogiorno d’Italia anche lo sport è diventato terreno di conquista delle organizzazioni.
Per la verità  lo è sempre stato: ma è vero che in questa fase lo è diventato molto di più.
Le squadre di calcio, dai dilettanti ai professionisti, servono – si sa – a creare consenso. Perchè se guardiamo invece agli investimenti e agli “spostamenti di soldi”, alle mafie le piccole squadre in fondo servono poco.
Quello che invece vogliono è controllare la “gestione” dello sport: e alle loro condizioni. In modo che tutto, cioè, resti sott’acqua. Invisibile, eppur visibilissimo.
Pubblico come un evento sportivo: ma lontano dalle luci dell’attenzione nazionale.
Nell’inchiesta Dirty Soccer, il pentito Pietro Mesiani Mazzacuva (genero di Mico Molè, boss della piana di Gioia Tauro) afferma: “Molte squadre di calcio dilettantistiche sono in mano alla ‘ndrangheta”.
Ecco perchè la vicenda di Locri, nella sua drammaticità , al Sud è una storia di tutti i giorni: palestre chiuse, difficoltà  imprenditoriali ad aprire qualsiasi progetto sportivo, sponsor in miseria.
Perchè anche lo sport, nel Mezzogiorno, si deve appellare a straordinarie iniziative dei singoli, fino al sacrificio totale di qualche appassionato.
Ma è possibile dover fare ogni volta appello ai giovani, alle coscienze, alla speranza, alla denuncia, alla perseveranza, mentre il Sud continua a restare un deserto?
ll rischio vero, ora, è che tutto possa essere messo a tacere qualora si finisse per scoprire che queste di Locri non sono in fondo vere minacce mafiose.
Questo sì che sarebbe un errore gravissimo. Perchè lo spazio ludico, sportivo, formativo, al Sud continua a essere occupato dai clan, dall’imprenditoria corrotta, che usa anche questi luoghi – anche lo sport – per ricattare, procacciare voti, costruirsi il consenso.
Ecco perchè, di fronte a quello che è accaduto a Locri, ma anche e soprattutto di fronte a quello che ogni giorno continua ad accadere al Sud, non ci stancheremo mai di ricordare il dovere di intervenire, intervenire, intervenire.
Oggi, come si dice, è già  troppo tardi.

Roberto Saviano
(da “La Repubblica“)

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IL BILANCIO DI RENZI 2015 ALLA PROVA DEI FATTI: ECCO COME E’ ANDATA DAVVERO

Dicembre 28th, 2015 Riccardo Fucile

DA TASSE A LAVORO, DA MIGRANTI A RIFORME: LE PROMESSE E I RISULTATI

Il 2015 “ha visto l’approvazione di leggi attese da molto tempo. E spesso passate sotto silenzio. Dall’articolo 18 alla legge elettorale, dalla tassa sulla prima casa all’Expo“. Passato il Natale, il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha dedicato la sua e-news del giorno al bilancio dei risultati che il governo rivendica di aver ottenuto in questi 12 mesi.
“Vorrei mettere in fila i fatti. E mi piacerebbe che tutti potessero giudicare senza preconcetti o ideologie”, chiosa il capo del governo nella lettera agli italiani, prima di elencare “le primi quindici cose che mi sono venute in mente”, dalla ripresa economica “all’impegno inedito” per il Mezzogiorno. ​
Ilfattoquotidiano.it ha verificato punto per punto i successi elencati dal presidente del Consiglio, mettendoli a confronto con i dati ufficiali — quando si tratta di numeri — e con l’effettivo stato di avanzamento di quelle che secondo il capo dell’esecutivo sono promesse mantenute.
Ecco l’esito di questo fact-checking.
1 Un anno fa il Pil dell’Italia aveva il segno meno per il terzo anno consecutivo (2012 -2,3%; 2013 -1,9; 2014 -0,4). Quest’anno abbiamo cambiato verso: segno più. Più 0,8%.
Tirare le somme sulla crescita del Pil di quest’anno il 27 dicembre è impossibile, visto che l’Istat diffonderà  il dato definitivo solo l’1 marzo 2016. All’inizio di dicembre l’istituto di statistica ha comunque sottolineato che il ritmo della ripresa è progressivamente rallentato: nel terzo trimestre il prodotto è aumentato dello 0,2%, dopo il +0,4% del primo e il +0,3% del secondo.
Va infine ricordato che il governo, nella nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza, aveva fissato l’asticella della crescita attesa allo 0,9%.
2 Un anno fa dicevano che non avremmo mai realizzato il Jobs Act. Quest’anno il Jobs Act è legge. La disoccupazione è scesa dal 13,2% all’11,5 (ancora alta, ma in discesa, finalmente). E ci sono oltre trecentomila occupati in più. Molti sono contratti a tutela crescente. Non è un caso se i mutui sono cresciuti in questo anno del 94%!
In effetti secondo l’Istat il tasso di disoccupazione generale a ottobre (ultima rilevazione) è calato all’11,5%, il più basso dal 2012.
Ma il dato è falsato dall’aumento (+32mila in un mese) degli inattivi, cioè le persone che sono uscite dal novero dei disoccupati non perchè hanno trovato lavoro ma perchè hanno smesso di cercarlo.
Peraltro sempre a ottobre la disoccupazione giovanile è risalita al 39,8%, +0,3% su settembre.
Quanto agli effetti del Jobs Act e degli sgravi contributivi nel promuovere occupazione stabile, basti dire che gli italiani con un contratto a tempo indeterminato a ottobre erano 14.527.000 contro i 14.550.000 del marzo 2015, quando la riforma del lavoro è entrata in vigore: 23mila in meno.
A ottobre 2014 erano 14.515.000. L’ultima volta che il dato ha superato i 15 milioni è stato nel maggio 2009.
Quanto ai mutui, il +94% citato da Renzi è l’incremento che si è registrato in termini di nuove erogazioni nel periodo gennaio-ottobre 2015 rispetto allo stesso periodo del 2014.
Ma l’ultimo rapporto Abi, quello del 17 dicembre, da cui il dato è tratto, spiega che “l’incidenza delle surroghe sul totale dei nuovi finanziamenti è pari, nei primi 10 mesi del 2015, a circa il 31%”.
Vale a dire che quasi un terzo dei finanziamenti non è stato acceso per comprare una nuova casa ma semplicemente per sostituire un mutuo contratto in precedenza con un’altra banca.
Peraltro, nel report di novembre la stessa lobby degli istituti di credito ammetteva che a settembre 2015 “è tornata su valori prossimi allo zero la dinamica del mercato dei mutui per l’acquisto di abitazioni: -0,04% la variazione annua dello stock”.
Insomma: nessun boom degli acquisti in seguito alla riforma dei contratti. I prestiti in essere, in valore assoluto, sono più o meno quanti erano nell’autunno 2014.
3 Un anno fa dicevano che l’Italicum sembrava incagliato in Parlamento. Adesso abbiamo una legge elettorale che garantisce la scelta dei cittadini e la stabilità  del Governo. Un impegno mantenuto.
La legge elettorale e il disegno di legge sulle riforme istituzionali (quella che trasforma il Senato) hanno segnato, più di altro, il 2015 del governo Renzi ed è probabile che resteranno la sigla principale di tutto il mandato dell’esecutivo. L’Italicum è stato approvato definitivamente.
Così com’è, sembra tutelare — come dice il presidente del Consiglio — sia la scelta dei cittadini (con il primo turno in senso proporzionale che garantisce la rappresentanza) sia la governabilità  (con il premio di maggioranza e l’eventuale turno di ballottaggio). Tutto questo a prescindere dal fatto che siano stati presentati i ricorsi alla Corte Costituzionale per presunte similitudini con il Porcellum (già  censurato dalla Consulta).
Resta da capire, inoltre, se come chiede tra gli altri il presidente emerito Giorgio Napolitano, la legge sarà  modificata o integrata per tornare a una sfida tra coalizioni.
4 Un anno fa si diceva a mezza voce che non avremmo mai eliminato la componente costo del lavoro dall’Irap e che sarebbe stato impossibile ottenere la copertura per gli 80 euro. Adesso non solo abbiamo confermato queste voci di bilancio, ma abbiamo anche eliminato le tasse sulla prima casa, le tasse agricole e gli 80 euro sono anche per tutte le forze dell’ordine. L’economia torna su, le tasse vanno giù.
Le singole misure citate dal premier sono andate in porto, ma gli 80 euro sono stati estesi alle forze dell’ordine una tantum, solo per il 2016. Mentre restano esclusi pensionati e incapienti.
Quanto all’affermazione che “le tasse vanno giù”, nonostante l’eliminazione della Tasi sulla prima casa è falsa.
Come evidenziato da Francesco Daveri su lavoce.info, “le entrate totali delle pubbliche amministrazioni dopo la legge di Stabilità  non caleranno e anzi continueranno ad aumentare. Saliranno di 10,6 miliardi nel 2016 rispetto al 2015 (da 788,7 a 799,3 miliardi), di 20,7 miliardi nel 2017 rispetto al 2016 e di 25 miliardi nel 2018 rispetto al 2017″.
E’ vero invece che la manovra evita che aumentino ancora di più: “Di 28,7, 25,8 e 23,5 miliardi, rispettivamente, nel 2016, 2017 e 2018″.
Ma gran parte della differenza è legata al fatto che la Stabilità  “disinnesca” le clausole di salvaguardia, cioè gli aumenti automatici di Iva e accise che sarebbero scattati se non si fossero trovate coperture alternative. In questo caso, maggior deficit.
5 Un anno fa la riforma costituzionale era alla prima lettura. Adesso è a un passo dal traguardo. Prima però saremo noi a chiedere il referendum perchè gli italiani possano esprimersi nel merito di questo lavoro di semplificazione
Il ddl sulle riforme istituzionali è stato approvato al Senato e sarà  approvato alla Camera, dove il Pd ha una larghissima maggioranza. Per l’ok finale serve il voto di un referendum confermativo che sarà  fissato nell’autunno prossimo.
Ma non lo chiede nè il governo nè il suo presidente: non è obbligatorio, ma è sufficiente che venga chiesto da un quinto dei membri di una Camera, come è previsto dalla Carta nei casi in cui le leggi di riforma costituzionale non abbiano ricevuto i voti dei due terzi del Parlamento. (Nello specifico i sondaggi sul tema danno gli italiani favorevoli alla riforma).
Quanto alla “semplificazione” il discorso si fa più complesso. In effetti il ddl Boschi trasforma il Senato, gli toglie il potere di dare la fiducia e cancella il bicameralismo perfetto (accelerando così l’iter legislativo), elimina enti inutili come il Cnel e abolisce definitivamente le Province.
Ma di contro dovranno essere applicati 4 requisiti per l’elezione dei consiglieri regionali-senatori in Regioni diverse tra loro per popolazione, servirà  una legge che dovrà  specificare come dovrà  avvenire l’indicazione degli elettori, manca un regolamento del nuovo Senato, esistono iter legislativi di vario tipo a seconda delle leggi e in caso di contenziosi tra Camera e Senato il ddl rimanda solo a una “intesa tra i presidenti” e tra l’altro una modalità  di elezione del presidente del nuovo Senato ancora non c’è. I nuovi quorum necessari per l’elezione del presidente della Repubblica, infine, sono più alti degli attuali e quindi daranno ampio “potere di resistenza” alle opposizioni con conseguente rischio di stallo: sistema di garanzia per un capo dello Stato “di tutti”, ma non di “semplificazione”.
6 —Un anno fa la questione migrazione era un problema solo italiano e qualche specialista della paura parlava di invasione. Adesso scopriamo che è un problema europeo e che l’Europa — per la prima volta — prova (prova) ad affrontarlo, sulla base delle sollecitazioni del nostro Paese.
In effetti l’Europa (o meglio: la Commissione europea) sembra più consapevole in materia di immigrazione.
Più difficile da provare è che ciò sia avvenuto per le “sollecitazioni del nostro Paese” che pure ci sono state.
Dal punto di vista della “consapevolezza” degli Stati europei (e tra l’altro non tutti), la cronaca degli ultimi mesi dice che il punto di svolta è stata l’immagine di Aylan, il bambino morto su una spiaggia turca a inizio settembre.
Pochi giorni prima la Germania, protagonista di un cambio di tendenza di alcune cancellerie europee, ha aperto le porte soprattutto ai siriani che arrivavano dalla “rotta balcanica” (quella che dalla Grecia sale fino all’Ungheria e infine in Austria e in Baviera).
Alla buona volontà  della commissione Ue che ascolta i Paesi che vivono il maggiore impatto dei flussi migratori (Italia e Grecia), corrispondono per ora scarsi risultati: ad oggi sono stati effettuati 184 ricollocamenti su 40mila previsti in due anni (fonte ministero dell’Interno).
Anzi, nel frattempo è stata aperta una procedura d’infrazione contro l’Italia, accusata di non prendere le impronte digitali ai migranti.
7 — Un anno fa la riforma della Pubblica Amministrazione procedeva a rilento. Adesso è legge dello Stato. E i primi decreti di attuazione saranno all’attenzione del Consiglio dei Ministri a gennaio.
Il 4 agosto ha ottenuto il via libera definitivo del Senato il disegno di legge delega sulla riforma della pubblica amministrazione. Ma si tratta solo di una cornice che va riempita di contenuti con i decreti attuativi, appunto.
Il governo si era impegnato a varare i primi già  a settembre e a chiudere il cantiere entro dine anno. Per ora, invece, il Consiglio dei ministri non ne ha approvato neanche uno.
8 Un anno fa la Buona Scuola era in fase di consultazione. Nonostante le polemiche siamo andati avanti e adesso migliaia di professori hanno la certezza di poter insegnare, educare, approfondire con i propri ragazzi.
Nin ci sono dati da confrontare: il ddl Buona Scuola ha portato all’assunzione di 100mila insegnanti che, iniziata dal primo settembre scorso, si completerà  entro il 30 giugno 2016.
9 Un anno fa il dibattito sulla giustizia era sempre sulle solite questioni: falso in bilancio, responsabilità  civile dei magistrati, corruzione, prescrizione, reati ambientali. Abbiamo trasformato in leggi queste discussioni eterne. E grazie al lavoro svolto, oggi abbiamo ridotto di circa il 20% le pendenze giudiziarie. L’arretrato, insomma.
La legge sulla responsabilità  civile dei magistrati è stata approvata in via definitiva il 24 febbraio ed è entrata in vigore il 19 marzo. La legge anticorruzione, approvata il 21 maggio, è entrata in vigore il 14 giugno.
All’interno anche la reintroduzione del falso in bilancio, anche se restano perplessità  sulla legge, ritenuta non efficace.
E’ legge anche il testo sugli ecoreati, approvato il 19 maggio. Di certo non è stato approvato, come dice il presidente del Consiglio, il ddl sulla prescrizione (con il nodo del raddoppio dei tempi per i reati di corruzione) approvato a marzo alla Camera, ma in attesa di vedere la luce al Senato.
Quanto alle pendenze non si capisce se il riferimento del capo del governo è al totale o a un settore (penale, civile). Il dato a disposizione della flessione del 20 per cento di arretrato riguarda certamente il dato sulle cause civili (fonte ministero della Giustizia), dovuto però a un decreto del 2014.
10 Un anno fa la questione autonomia a venti musei sembrava una provocazione. Adesso ci sono venti dirigenti nuovi che gestiscono venti luoghi che tutto il mondo ci invidia. E abbiamo aumentato i soldi per la cultura, in tutti i settori, dal cinema ai giovani. Forse non si mangia, ma con la cultura ci si nutre.
La “questione autonomia a venti musei” è cosa fatta.
Secondo quanto scritto nella legge di Stabilità  appena approvata, inoltre, il bilancio del ministero dei Beni culturali aumenterà  del 27 per cento, passando da un miliardo e mezzo del 2015 a oltre due miliardi per il prossimo anno.
Quanto ai giovani è confermato nella legge di Stabilità  il bonus da 500 euro da spendere in attività  culturali. Su questo è nata una polemica che riguardava l’esclusione dal provvedimento dei giovani di cittadinanza non europea. Alla Camera è stato approvato poi un ordine del giorno che impegna il governo a estendere la misura anche agli extracomunitari.
11 Un anno fa l’Italia assisteva ai colloqui di Vienna sull’Iran dalla televisione, perchè non eravamo invitati. Adesso siamo protagonisti sia a Vienna sulla Siria, che a Roma e New York sulla Libia. Un italiano sta per assumere la guida dell’alto commissariato per i profughi, un’italiana sta per assumere la guida del Cern. L’Italia è tornata
Su Iran e Libia i fatti ci sono: l’Italia è al tavolo di Vienna e è un interlocutore sulla crisi libica. Roma ha dato più volte la propria disponibilità  a guidare l’operazione di stabilizzazione dell’area.
Alla guida dell’Unhcr andrà , poi, l’ambasciatore Filippo Grandi, che comunque lavora alle Nazioni Unite ormai da trent’anni (l’ultima parte dei quali all’agenzia per i rifugiati palestinesi). La nomina di Fabiola Gianotti a capo del Cern è del novembre 2014 e, peraltro, la scienziata lavora al centro di Ginevra dal 1987.
12 Un anno fa chiedevamo flessibilità  all’Unione Europea. Adesso la flessibilità  fa parte delle regole e vale fino all’1% del PIL, per l’Italia oltre 16 miliardi di euro.
Il presidente del Consiglio dà  per scontato che la Commissione Ue consenta all’Italia di portare il rapporto deficit/Pil al 2,4% contro l’1,4% previsto nel Def.
Sfruttando non solo, per una somma pari allo 0,5% del pil, la “clausola delle riforme“, ma anche quella “per gli investimenti ” (0,3% del pil) e, ciliegina sulla torta, un ulteriore 0,2% “per l’emergenza sicurezza“. In totale, appunto, l’1% del pil, pari a circa 16 miliardi.
Peccato che Bruxelles abbia sospeso il giudizio sulla manovra fino alla prossima primavera, avvertendo che è “a rischio di non conformità ”: Roma rischia l’apertura di una nuova procedura di infrazione.
13 Un anno fa rischiavamo di perdere miliardi di euro per i fondi europei, a cominciare da Pompei. Adesso abbiamo inaugurato sei domus e ci siamo dati appuntamento al 24 agosto 2017 per chiudere tutta la parte di restauro eccezionale.
L’ultimo aggiornamento sull’uso dei fondi Ue, diffuso dall’Agenzia per la coesione il 23 dicembre, evidenzia che al 31 ottobre “i pagamenti registrati nel sistema nazionale hanno complessivamente raggiunto l’86,1% della dotazione totale” per il periodo 2007-2013, che ammontava a 46,6 miliardi totali.
Vale a dire che restavano da spendere, per non perderli definitivamente, ben 6,5 miliardi. Quanto a Pompei, secondo alcuni calcoli, con i soldi messi a budget si potrà  ristrutturare al massimo il 5 per cento dei monumenti all’interno del parco archeologico.
14 Un anno fa i gufi preconizzavano (e forse auspicavano) il fallimento dell’Expo. Adesso possiamo dire che è stato un successo. E l’agroalimentare italiano vola come export più del doppio degli altri prodotti che esportiamo.
Il bilancio economico dell’esposizione universale resta un mistero ben custodito. I conti preliminari che Expo spa ha reso pubblici il 21 dicembre non svelano infatti se la manifestazione abbia chiuso in utile o in perdita.
La società  guidata da Giuseppe Sala, neo candidato alle primarie del centrosinistra per la scelta del candidato sindaco di Milano, si è limitata a far sapere di aver registrato “un margine operativo lordo positivo per 14,9 milioni di euro”. Ma per arrivare all’ultima riga del conto economico mancano diverse voci di costo, tra cui gli oneri finanziari.
15 —Un anno fa (anche meno) ci accusavano di esserci dimenticati il sud. Adesso si sono dimenticati delle loro critiche di allora. Perchè nessuno ha mai fatto tanto per il Mezzogiorno come questo Governo: credito di imposta, Terra dei fuochi, Bagnoli, Ilva, Salerno Reggio Calabria, Continuità  territoriale, Abruzzo post-sisma, Napoli-Bari, tavoli di crisi. Si può discutere dei risultati, come sempre. Ma non si può negare che ci sia un impegno inedito per affrontare la questione Mezzogiorno.
Al di là  dei proclami e del “Masterplan” presentato a novembre, le misure per il Mezzogiorno inserite dal governo nella legge di Stabilità  sono poco più che simboliche, visto che non ci sono risorse ad hoc ma solo la promessa di dirottare alle aziende, sotto forma di crediti di imposta o di sgravi contributivi, fondi europei comunque destinati al Sud. Sempre che Bruxelles lo conceda.
Colpisce, poi, che il premier citi tra i successi proprio l’Ilva: sull’Italia pende in questi giorni l’apertura di una nuova procedura di infrazione per i presunti aiuti di Stato concessi al siderurgico e i piani dell’esecutivo si sono scontrati con lo stop, da parte dei giudici svizzeri, al rientro in Italia degli 1,2 miliardi sequestrati alla famiglia Riva, che i commissari contavano di usare per il risanamento ambientale. A un anno dall’ingresso dell’Ilva in amministrazione straordinaria, il destino del gruppo è quanto mai in bilico.
Dopo l’ennesima capriola, ora palazzo Chigi punta a cederlo a privati entro il 30 giugno. Con il rischio che ad aggiudicarsi il siderurgico siano gli indiani di Arcelor Mittal che avevano manifestato interesse già  lo scorso anno, in cordata con la Marcegaglia. Ma a questo punto il prezzo sarà  molto più basso.

Chiara Brusini e Diego Pretini
(da “il Fatto Quotidiano“)

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CAOS M5S, GRILLO VUOLE ESPELLERE LA FUCKSIA: REFERENDUM ON LINE

Dicembre 28th, 2015 Riccardo Fucile

“NON HA RESTITUITO PARTE DELLO STIPENDIO”.. LEI “FALSO, GRILLO HA PERSO IL CONTROLLO”

Il blog di Beppe Grillo lancia un referendum per decidere se espellere la senatrice Serenella Fucksia, colpevole, secondo i M5s, di non aver restituito parte dello “stipendio da parlamentare” per sei mesi.
E tra i commenti parte la polemica, la maggior parte attacca e invoca l’espulsione, qualcuno la difende e chiede ulteriori solleciti, altri sostengono che sia considerata ‘scomoda’ per aver difeso la Boschi.
“Chi non restituisce parte del proprio stipendio come tutti gli altri – si legge nel blog – non solo viola il codice di comportamento dei cittadini parlamentari MoVimento 5 Stelle, ma impedisce a giovani disoccupati di avere ulteriori opportunità  di lavoro oltre a tradire un patto con gli elettori”.
Grillo dà  poi la parola agli elettori. Che per lo più attaccano la parlamentare. Se ci sono le regole vanno rispettate, dicono.
“Ogni mese – si legge sul blog – i parlamentari del Movimento 5 Stelle si tagliano lo stipendio e donano quei soldi ad un fondo per far partire nuove imprese e quindi nuovi posti di lavoro in Italia. A differenza di tutti gli altri suoi colleghi, la senatrice Serenella Fucksia non ha ancora restituito le eccedenze degli stipendi di aprile, maggio, giugno, luglio, agosto, settembre 2015, così come richiesto dallo Staff e nonostante i diversi solleciti inoltrati con scadenze in data 8, 21 e 26 dicembre. La Senatrice Fucksia ha violato ripetutamente il codice di comportamento dei Parlamentari 5 Stelle”.
A stretto giro la risposta della senatrice: “Rendiconti sono una scusa, Grillo ha perso il controllo”.
“Davvero è stato aperto un voto contro di me sul blog di Grillo? Non lo sapevo, mi ha colto alla sprovvista” dice la senatrice. “Sto facendo proprio in questo momento la rendicontazione”, racconta la parlamentare parlando tuttavia della gestione del Movimento da parte dei vertici, che – spiega – avrebbero “perso il controllo della situazione”.
“Sono in ritardo perchè non ho avuto con me il collaboratore. E quindi stavo approfittando delle vacanze di Natale per ultimare gli inserimenti. Avevo anche mandato una mail a Tirendiconto.it per spiegare che avrei completato tutto. Il voto contro di me comunque è assurdo”, si sfoga.
“Ho avuto problemi logistici e di salute, lo sanno tutti”, rivela la parlamentare. Evidentemente sono scomoda dal momento che non sopporto l’ipocrisia”.
“Voglio comunque aspettare l’esito della votazione online per affrontare il tema in modo più dettagliato”, aggiunge Fucksia, che però parla già  da ex, puntando il dito contro la gestione del movimento di Grillo e Casaleggio, ai quali, insiste Fucksia, “è sfuggita di mano la situazione. Si sa, quando crescono i numeri nascono anche gelosie…”.
Ma gli utenti del blog si scatenano. “Faceva meglio a inventare altre scuse per non aver pagato.. tipo, lo chef Ramsey mi ha cucinato una ribollita che mi ha fatto perdere i sensi e anche la memoria, ecco perchè non ho restituito nulla…” scrive Mauro da Roma, uno tra le centinaia.
Più paziente Davide, “sulla pagina FB della Fucksia ieri sera c’era scritto che aveva quasi finito di rendicontare. Forse sarebbe stato meglio aspettare domani?”, qualcuno invece si allarga, come Zampano: “12 eurodeputati M5S su 17 non rendicontano da un anno e mezzo”, qualcuno la difende: “Occorrerebbe conoscere anche la difesa della ‘imputata’, altrimenti siamo nel fascismo”, scrive Alessandro da Lucca.
Ma c’è anche chi parla di complotto.
Prima di decidere chiedete se vuole o meno versare gli arretrati con risposta scritta altrimenti che democrazia è. Guarda caso è colei che ha espresso Shapò alla ministra Boschi” dice Fabio da Palermo, che aggiunge: “Questa è una scusa solo perchè ha detto shapò dopo il discorso puerile della Boschi…Coincidenza? Ce lo faranno notare e giù con l’assenza della democrazia…Perchè lo stesso non vale per gli altri? Basta con l’autolesionismo, votiamo no”.
Tra i commenti a favore anche quelli del blogger bergamasco Daniele Martinelli ‘uscito’ dal Movimento 5 Stelle che poco dopo le elezioni lo aveva assunto per gestire la comunicazione del gruppo parlamentare alla Camera.
Già  lo scorso anno, Fucksia era stata a rischio espulsione dal Movimento. In un’intervista al Fatto, aveva infatti sollevato dubbi sulle reali motivazioni che avevano portato ad un voto di sfiducia da parte di un’assemblea di militanti napoletani nei confronti del senatore Bartolomeo Pepe. “Gelosie di territorio nate per la nomina a presidente della Commissione d’inchiesta sui rifiuti? E’ questa la ricostruzione dei giornalisti? Confermo, ci hanno visto lungo”, commentava la senatrice di Fabriano. Affermazioni che avevano scatenato le ire della base.
Il Movimento 5 Stelle di Fabriano aveva quindi sfiduciato la senatrice: “Da questo momento noi riteniamo che la Fucksia non possa essere considerata più una portavoce, concetto che comunque le è stato estraneo da sempre avendo fatto mancare totalmente il contatto con il territorio ed essendosi da sempre espressa unicamente su posizioni personali”, si leggeva sul sito del meet-up marchigiano.

(da “la Repubblica”)

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E I MUSULMANI SU TWITTER SBEFFEGGIANO AL-BAGHDADI

Dicembre 28th, 2015 Riccardo Fucile

“‘ISIS CHIAMA ALLE ARMI ? DEVO VEDERE STAR   WARS”

Un appello per ribadire che i raid russi e della coalizione anti Is non hanno indebolito lo Stato Islamico, continuare la guerra contro le nazioni occidentali, colpire Israele: è il messaggio audio di 24 minuti, pubblicato su un account Twitter legato allo Stato Islamico e attribuito al califfo Abu Bakr al-Baghdad.
Un invito indirizzato anche a tutti i fedeli musulmani, chiamati a unirsi alla lotta del Califfato in Iraq, in Siria e in ogni parte del mondo.
Questa volta però, a disinnescare la propaganda dei terroristi, non sono servite nè azioni di intelligence, nè l’adozione di particolari misure di sicurezza, ma è bastata l’ironia.
Le risposte alla “chiamata alle armi” dell’Is non si sono fatte attendere da ogni angolo del globo, ma non sono certo quelle che i militanti del Califfato si aspettavano.
“Domenica c’è Star Wars, magari dopo”, twitta un ragazzo.
Altri improvvisano un vero e proprio controappello per ridicolizzare i terroristi. C’è chi proprio non può arrivare perchè impegnato a guardare Netflix, qualcuno sottolinea le difficoltà  per raggiungere la Siria e l’Iraq “con questi trasporti ferroviari”, qualcun altro ammette ironicamente: “Scusa Is, questo musulmano si è appena svegliato e ha bisogno di un caffè e di un weekend di Natale a fianco alla sua famiglia”.
E se c’è chi si spinge a considerare gli aspetti dottrinali della chiamata alle armi del Califfo, trovandoli alquanto discutibili, qualcun altro ammette sarcasticamente che proprio non può lasciare la sua sessione di Football Manager per andare a combattere in Siria o in Iraq. L’ennesima conferma forse, di come il mondo musulmano sia molto più composito di quanto alcune visioni semplicistiche e demagogiche tendano a rappresentarlo e di come una risata si possa trasformare in uno dei migliori antidoti contro il fanatismo terrorista.

(da agenzie)

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“LADRI, LADRI”: AD AREZZO ESPLODE DAVANTI A BANCA ETRURIA LA RABBIA DEI RISPARMIATORI

Dicembre 28th, 2015 Riccardo Fucile

PUGNI E TENTATIVO DI FORZARE L’INGRESSO: “GIUSTIZIA POPOLARE”

“Ladri, ladri”! Con questo grido un gruppo di risparmiatori truffati da Banca Etruria in protesta ad Arezzo ha cercato di entrare dentro la sede centrale dell’istituto dopo aver colpito con i pugni più volte la porta a vetri d’ingresso.
Alcuni hanno quindi provato a forzare anche il secondo accesso dopo aver guadagnato l’atrio, ma non è riuscito ad entrare fino nella sede della banca.
I contestatori sono circondati dalle forze dell’ordine. La strada dove si trova la banca è stata bloccata dai vigili urbani.
Gli ex obbligazionisti subordinati di Banca Etruria, che hanno perso tutti i loro soldi in seguito al decreto varato dal governo il 22 novembre, sono arrivati in treno e auto, sfidando il freddo e la nebbia, per protestare contro quella che definiscono “una truffa” ai loro danni.
Hanno issato striscioni e cartelli con scritto “Qui giace la fiducia nel sistema bancario” e “Rivogliamo tutti i soldi che ci avete rubato”.
La manifestazione era stata annunciata dal comitato Vittime del Salva banche, che domenica sera ha pubblicato sul proprio sito una lettera di risposta al comunicato della vigilia di Natale in cui Roberto Nicastro, presidente delle “nuove” Banca Marche, Etruria, Carife e Carichieti, ha sostenuto che i quattro istituti “non possono essere oggetto di azioni risarcitorie da parte dei precedenti azionisti ed obbligazionisti subordinati
I risparmiatori “trovano assolutamente appropriato il comunicato del Sig. Nicastro. Quale miglior occasione, per regalare ulteriore serenità  e gioia ai risparmiatori traditi ed azzerati, come quella della vigilia di Natale?”, si legge nella missiva.
Che continua: “Sta partendo forse la più grande forma di giustizia popolare del nostro Paese, una giustizia fatta dal basso, da chi è stato tradito. Sig. Nicastro, contribuiremo con tutte le nostre forze a minare la già  precaria stabilità  delle 4 nuove banche e del sistema bancario italiano”, si legge nella missiva.
“E a differenza vostra, lo faremo nel pieno rispetto della legalità , semplicemente informando in maniera adeguata tutti i cittadini riguardo i rischi che stanno correndo lasciando il loro risparmi nelle banche italiane. Non ci spaventano le sue dichiarazioni, sulla presunta inattaccabilità  delle good banks; saranno i giudici a stabilirlo, vi inonderemo di cause, a tutti i membri dei nuovi e vecchi Cda, ai commissari di Bankitalia e a tutti gli organi apicali coinvolti”.
“Noi stiamo trasferendo quello che rimane dei nostri risparmi nelle filiali italiane di banche estere o alle Poste”, rincara il comunicato diffuso questa mattina.
La lettera a Nicastro prosegue chiedendo “lo stop alle risposte e alle proposte di soluzione di sistema” e “l’adozione di misure straordinarie alla stregua di quelle che sono state adottate per azzerare i risparmi”.
La conclusione è che “da domani i presidi si spostano nelle vostre sedi, pacificamente le visiteremo una ad una, per poi tornare a palazzo Koch. Fino al raggiungimento del nostro obiettivo, senza sosta. Dal 1 gennaio sarete azzerati. Non ci interessa lo scaricabarile, non ci interessa chi sia titolato a darci titoli in cambio, non ci interessa l’arbitrato ed il fondo di solidarietà  del governo. Vogliamo quello che ci spetta, i risparmi che ci avete rubato. Come siete riusciti ad azzerarci tutti con operazioni straordinarie, altrettanto dovreste fare per consentirci un adeguato ristoro”.
A queste prese di posizione minacciose il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, risponde indirettamente con un’intervista alla Stampa in cui afferma: “Il diritto non è finito nè immutabile. Di norme intangibili vedo solo le tavole di Mosè e la Costituzione”.
Insomma, anche se le nuove banche hanno ribadito che le azioni legali per i risarcimenti potranno essere rivolte solo ai vecchi istituti di cui hanno preso il posto, il numero uno della lobby degli istituti di credito sostiene che “ci sono anche altre strade a disposizione del cittadino: può fare una richiesta di rimborso alla propria banca, che non è preclusa, un esposto all’arbitro bancario e finanziario, un esposto all’autorità  giudiziaria. Senza contare che si possono fare esposti anche alle autorità  di vigilanza”.

(da agenzie)

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INTERVISTA A BONDI: “IO, CORTIGIANO PENTITO. BERLUSCONI E’ UGUALE AL CONTE UGOLINO”

Dicembre 28th, 2015 Riccardo Fucile

“SONO STATO UN SERVO MA HO CAPITO TUTTI I MIEI ERRORI, ORA VOGLIO ESSERE DIMENTICATO”

Parlo ora per la prima volta dopo nove mesi”, dice mansueto il freschissimo senatore verdiniano Sandro Bondi già  ministro della Cultura precipitato dalla poltrona con un pezzo di Pompei nel 2011 e ex cortigiano naturale e convinto di Berlusconi: “A Silvio, vita splendente…”, ricordate i suoi sonetti pro familia?
E dopo questa chiacchierata, onorevole?
“Tornerò nel silenzio”.
Improvviso impulso di vendetta e pentimento, il suo?
“Vorrei tentare una riflessione di carattere storico sul berlusconismo che ho attraversato. E un viaggio tra i miei molti, troppi errori”.
Cominciamo da Berlusconi.
“Berlusconi è stato brillante all’opposizione ma deludente se non fallimentare nell’arte di governare e nel portare a compimento quegli accordi politici che avrebbero cambiato in meglio il nostro paese. Non ha saputo esercitare, quando sarebbe stata opportuna, la sua tendenza al compromesso”.
Mi aspettavo un giudizio un po’ più letterario.
“Uno ce l’ho. Berlusconi potrebbe essere paragonato al Conte Ugolino che nella Divina Commedia divora il cranio dei suoi figli. E questo riferimento culturale è in fondo lusinghiero, perchè lo sguardo di Ugolino verso i figli è di disperazione, mentre quello di Berlusconi è quasi intinto di sadismo. In realtà  sono giunto alla conclusione che non vi è alcuna grandezza tragica in lui. Ma vorrei fare una premessa, se me lo permette”.
Faccia pure.
“La premessa è che ho chiuso definitivamente con l’impegno politico”.
Uscirà  di scena a fine legislatura?
“Sì, sono un reduce di tante battaglie e di tante passioni. Mi sento vecchio e superato, oggi che in Italia e in Europa è in atto un grande rinnovamento generazionale di cui Renzi è una delle espressioni”.
Faccia un bilancio anticipato in poche righe. Credo possano bastare.
“Sono diventato più maturo, anche se può sembrare paradossale dirlo all’età  di 56 anni. E grazie soprattutto al fatto di aver conosciuto una donna intelligente”.
Dal Pci a Forza Italia, da bardo del Cavaliere a ribelle fino a verdiniano con tendenza dem. Non mi sembra un percorso di specchiato equilibrio.
“Vero, ma una cosa me la faccia dire: non sono mai stato di destra. Fabrizio Cicchitto ed io, insieme con tanti altri, in particolare Gianni Baget Bozzo, abbiamo sempre parlato di Forza Italia come di una sintesi fra le migliori tradizioni democratiche non comuniste della storia d’Italia”.
Vuole farmi credere che ne era davvero convinto?
“Nel 2009 scrissi perfino un libro per tracciare un legame ideale fra Berlusconi e Adriano Olivetti”.
Edito da Mondadori, immagino.
“Esattamente. Ricordo che la figlia Laura, da poco scomparsa, m’incontrò e mi parlò con simpatia, ma mi fece capire con grazia che il mio saggio era quantomeno ardito nei confronti di suo padre. Aveva pienamente ragione”.
Lei ha sperato consapevolmente in una utopia politica berlusconiana?
“Sì, e non ero il solo. Ma di tutte queste cose Berlusconi non si curò mai. Ci lasciava giocare con la politica e con le idee, fino a che non toccavamo la sostanza dei suoi interessi e del suo potere. Ricordo che, quando ero ministro, osai parlare di un canale televisivo pubblico dedicato alla cultura senza pubblicità . Subito, il pur mite Fedele Confalonieri mi redarguì bruscamente”.
Le aziende venivano prima di tutto?
“Sempre. Al culmine della crisi del suo ultimo governo, Berlusconi, nonostante ciò che disse in seguito, diede il via libera a Monti durante una riunione a Palazzo Grazioli nel corso della quale ci fece preliminarmente ascoltare in viva voce ciò che ne pensavano Ennio Doris di Mediolanum e l’amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel. In questo modo eravamo messi sull’avviso della sua decisione”.
Ricorda quelle telefonate?
“Molto bene. Entrambi sostennero che la situazione economica e finanziaria del paese era disperata e non vi era altra possibilità  che quella di dare vita a un governo tecnico sostenuto anche da Forza Italia”.
Sta dicendo che i dirigenti e i ministri del partito non contavano nulla o perlomeno molto meno dei banchieri?
“La nostra autonomia politica era pari a zero. L’unico ad aver avuto la forza e il coraggio di un gesto di indipendenza è stato Angelino Alfano. All’epoca mi opposi a lui, nonostante l’amicizia che ci legava, per l’ennesimo atto di sottomissione a Berlusconi. Pure Fitto e Verdini furono in prima linea contro la scelta di Alfano, ma poco dopo Berlusconi li trattò alla stessa stregua. Mi creda, anche chi è rimasto prima o poi sopporterà  questa sorte”.
In una pletora di ominicchi lei dipinge Alfano come una sorta di eroe. E’ il cantore che dorme in fondo al suo animo a guidarla in maniera quasi pavloviana?
“La mia convinzione è che anche Alfano, se non fosse stato maltrattato pubblicamente, avrebbe chinato il capo un’altra volta, ma Berlusconi in realtà  non gli diede appello. L’intimazione di uscire dal governo Letta, come risposta alla sua condanna giudiziaria, avrebbe gettato l’Italia nel caos politico, favorendo probabilmente ancor più l’ascesa di Grillo e del suo movimento. Nell’occasione il ruolo di Napolitano è stato fondamentale. E’ stato lui a guidare l’Italia verso l’uscita dalla crisi. Berlusconi lo ha pregato di restare al Quirinale salvo poi accusarlo di ogni misfatto. Ha richiesto a Napolitano quello che non poteva ottenere e ha rifiutato ciò che invece il Presidente era disposto a riconoscergli”.
Ma poi c’è stato il patto del Nazareno.
“Merito di Verdini, che ha aiutato Berlusconi a rientrare in gioco, ottenendo da Renzi un riconoscimento politico non scontato e dovuto. Silvio avrebbe potuto utilizzare quest’ultimo attestato come un’opportunità  per lasciare una memoria positiva del suo ruolo nella storia d’Italia, ma l’ha rifiutata e sprecata. Ad un certo punto ho anche pensato che il ritorno del partito-azienda fosse il male minore, perchè almeno le sue imprese inseguono una certa razionalità  anche nella sfera politica. Oggi Forza Italia è incomprensibile per chi non conosca la vita privata di Berlusconi. Più che la politica, la letteratura e forse la psicologia possono dare un’interpretazione alla sua parabola esistenziale”.
Se Dante dovesse mettere Berlusconi nell’infernale lago ghiacciato di Cocito con Bruto, Cassio e Giuda, non dovrebbe riservare un posto anche per lei nella Giudecca, tra chi ha tradito i benefattori? Lei è stato servo, aedo e mammelucco, pronto a dormire sullo zerbino del padrone.
“Sono stato anche questo. Quando forse un giorno verranno pubblicate le mie lettere indirizzate nel corso di vent’anni a Berlusconi, frutto del mio lavoro di consigliere politico, si comprenderà  qual è stata davvero la mia figura. Sì, potrei essere accostato a Giuda. Ma chi ha letto il recente e bellissimo libro di Amos Oz, sa che Giuda è stato forse quello che ha preso più sul serio Gesù di Nazaret”.
La vedremo prossimamente con Renzi, un’altra croce da portare?
“Io con Renzi e nel Pd? No, grazie. Voglio essere dimenticato”.

Dario Cresto Dina
(da “La Repubblica“)

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TRASPORTI SU GOMMA E ASSENZA DI VENTO, ECCO PERCHE’ LE CITTA’ STANNO SOFFOCANDO

Dicembre 28th, 2015 Riccardo Fucile

LE OPINIONI DEGLI ESPERTI

I grandi responsabili della trappola smog sono due assenti: il vento e il trasporto pubblico.
Il primo è stato inghiottito dal cambiamento climatico che ce lo restituisce raramente, spesso in forma violenta, qualche volta come tromba d’aria.
Il secondo è stato snobbato come arcaico e poco seducente privando gli italiani di un’alternativa di trasporto dignitosa e rinchiudendoli in una nuvola di polveri sottili che corrodono i polmoni. Dietro il dramma di questi giorni ci sono questi due fattori che si combinano formando una micidiale tenaglia.
Ma come è stato possibile ignorare per tanti anni la legge a tutela della salute pubblica?
E come mai i venti sono mutati in modo così radicale?
Il direttore di Legambiente Stefano Ciafani e Riccardo Valentini, membro dell’Ipcc, la task force degli scienziati Onu che studiano il clima, ci aiutano a ricostruire la ragnatela delle dimenticanze colpose.
Perchè è sparito il vento?
È cambiata la circolazione dei venti di alta quota che danno un contributo determinante al clima. L’allargamento dell’area tropicale li ha spostati verso Nord, creando in Italia una situazione di alta pressione che ormai è stabile da un tempo anomalo, eccezionalmente lungo. Le alluvioni in Gran Bretagna, nell’area ancora esclusa dalla tropicalizzazione che ha investito il Mediterraneo influenzando gli anticicloni, costituiscono l’altra faccia dello stesso fenomeno.
Una novità  imprevista?
Al contrario. Rientra nel quadro di evoluzione climatica disegnato da più di 20 anni dall’Ipcc. Ma per fermare il caos climatico servono misure drastiche di diminuzione dell’uso dei combustibili fossili. Solo con l’approvazione dell’accordo di Parigi sul clima, si sono create le premesse politiche che potrebbero portare al cambiamento delle politiche energetiche in direzione delle fonti rinnovabili e dell’efficienza.
Quanto tempo abbiamo avuto per metterci in regola con i limiti violati da molte città ?
Un tempo molto lungo. La direttiva europea che vieta di superare per più di 35 giorni all’anno il tetto di 50 microgrammi di polveri sottili per metro cubo è del 2002. In Italia è stata recepita con un decreto entrato in vigore il primo gennaio 2005. Ma è stato un atto formale: si è fissato un obiettivo e si è continuato a spendere in direzione opposta.
Gli esempi di trasporto innovativo messi in campo da alcune città  non sono serviti?
Hanno ottenuto buoni risultati a livello locale, ma non sono riusciti a cambiare verso alla spesa pubblica. A Milano la decisione di introdurre l’ingresso a pagamento in centro ha ridotto le emissioni nocive: meno 38% di polveri sottili nel 2014 rispetto al 2010, meno 59% di black carbon. Non è bastato. Come non sono bastate le zone con il limite a 30 km all’ora a Torino e i rigorosi standard energetici imposti a Bolzano sulle nuove costruzioni per abbattere il consumo energetico.
Quanto abbiamo investito in questi anni per pulire l’aria delle città ?
Molto poco. Nel periodo 2012-2014 la legge obiettivo ha destinato il 66% dei finanziamenti a strade e autostrade, il 15% alle metropolitane, il 12% alle ferrovie, il 7% all’alta velocità . Del programma “mille treni per i pendolari”, lanciato dal governo Prodi nel 2006, si sono perse le tracce: una buona quota dei 3 milioni di pendolari continua a essere costretta a usare la macchina.
Si potrebbe invertire la rotta?
Certo. Basterebbe invertire gli investimenti. In Italia tre quarti del trasporto merci avviene sulla gomma, imputato numero uno per lo smog: bisognerebbe riallinearsi con l’Europa scendendo al 50%. Ma da un decennio i governi hanno distribuito circa 400 milioni di euro l’anno (250 nell’ultima legge di stabilità ) in sgravi fiscali, riduzione del costo del carburante e minori pedaggi a vantaggio dei camion. Con i 4 miliardi di euro di fondi pubblici girati al trasporto su gomma si sarebbe potuto costruire una rete di tram in tutte le principali città : 200 chilometri.
Cosa rischia l’Italia?
L’Italia è stata messa in mora dall’Ue nel 2014 per aver disatteso le direttive sulla qualità  dell’aria. Se non correggiamo le politiche di trasporto e di edilizia spenderemo sempre di più in costi sanitari aggiuntivi e in multe. Pagheremo di più per respirare peggio.

(da “La Repubblica“)

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PISAPIA ATTACCA I PAROLAI: “ANNI DI LAVORO PER L’AMBIENTE, A MILANO I PROBLEMI NON SI AFFRONTANO CON LE CHIACCHIERE”

Dicembre 28th, 2015 Riccardo Fucile

“SALVINI IGNORANTE: SI LEGGA L’ORDINANZA CHE RIDUCE IL RISCALDAMENTO, E’ LA REGIONE CHE NON FA NULLA”…”GRILLO VENGA A VEDERE I 50.000 ALBERI NUOVI CHE CI SONO A MILANO”

“Forse chi parla è troppo impegnato a fare propaganda e ha un unico interesse: non quello di risolvere i problemi ma quello di guadagnare qualche voto”.
Giuliano Pisapia non ci sta e risponde a chi critica il blocco di tre giorni della circolazione delle auto deciso per fronteggiare l’emergenza smog rivendicando quanto fatto dalla sua amministrazione.
In una intervista a Repubblica elenca i provvedimenti degli ultimi quattro anni e i successi delle politiche di sostenibilità , “tanto che – dice – dal 2002, da quando si rilevano i dati dell’aria, gli ultimi quattro sono stati comunque gli anni migliori in termini di superamento dei limiti europei di Pm10”.
Dall’Area C, alla diffusione del car sharing e del bike sharing, con bici e auto elettriche; dal potenziamento dei mezzi pubblici con la disponibilità  anche dei bus notturni, alla nuova linea metropolitana; dalle zone 30 e le aree pedonali al teleriscaldamento ai 3 milioni di mq di verde in più.
Per il sindaco, “il blocco del traffico è solo una misura emergenziale che risponde a un’emergenza eccezionale; dura dalle 10 del mattino alle quattro del pomeriggio, dunque non ferma la città . Ma è un forte deterrente. E sono certo che i milanesi capiranno”.
Ma agli attacchi Pisapia replica deciso. “Salvini (che dice che il blocco è una cazzata, ndr) dimostra la sua ignoranza e non sa neppure che a Milano abbiamo un’ordinanza che abbassa il riscaldamento e che la maggior parte dei mezzi pubblici non sono inquinanti. Così come, forse perchè passa troppo tempo a sbraitare in televisione, non sa che già  stiamo acquistando bus elettrici”.
A Grillo, che lo accusa di “tagliare alberi secolari mentre la gente muore”, risponde con i 50 mila nuovi alberi e i 10 mila in arrivo a fronte di quelli (qualche albero, dice) tagliati per realizzare una nuova linea metropolitana. Ma Milano da sola non può fare di più.
Pisapia chiama in causa Regione e Governo. “Non esiste un coordinamento nazionale, e nemmeno regionale. La città  metropolitana, che copre un’aria vasta attorno alla città , potrebbe avere un ruolo importante. Ma non ha alcun potere e la Regione, che li ha, non fa nulla”.

Alessia Gallione
(da “La Repubblica”)

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