Maggio 27th, 2016 Riccardo Fucile
ROMA SOTTO TUTELA DI UNO STAFF, A BOLOGNA NIENTE PRIMARIE, A MILANO CAMBIO IN CORSA
C’è chi è sotto tutela e chi no. Chi ha firmato un codice etico e chi no. Città che vai, regole che trovi.
Virginia Raggi, se diventerà sindaco di Roma, avrà un mini-direttorio politico, uno staff, che vigilerà su di lei orientandone le decisioni.
L’ufficialità , arrivata pochi giorni fa, rispetta quanto previsto nel contratto firmato tra la candidata 5 Stelle e il Movimento.
Il caso Raggi è però isolato ed è da collocare in una realtà , quella della Capitale, dove il Movimento è molto frastagliato e dove non mancano le correnti e i dissensi. Quindi paletti più stretti per evitare fughe in avanti.
Invece a Torino, Chiara Appendino, in corsa per conquistare la città , quando le hanno chiesto se da primo cittadino sottoporrà i suoi provvedimenti amministrativi e le nomine all’approvazione della Casaleggio associati, ha risposto senza mezzi termini: “Credo che i sindaci debbano lavorare in autonomia”.
Qualcuno ha paragonato il genere suo a quello di Federico Pizzarotti, il sindaco di Parma adesso sospeso, che non ha mai esitato a dire ‘no’ a Beppe Grillo e prima ancora a Gianroberto Casaleggio, e che corrisponde a quel modello che riesce comunque a mantenere una certa distanza dal blog e dai suoi dettami.
Anche i contratti firmati dai candidati sono diversi da città a città .
Mentre i romani se tradiranno il mandato cambiando casacca saranno costretti a pagare una multa di 150mila euro, i torinesi avranno un trattamento più soft.
Al momento un regolamento messo nero su bianco, nel capoluogo piemontese, non c’è. Sul sito del Movimento appare ancora quello dell’anno precedente.
Tutto lascia immaginare che le regole di ingaggio comunque saranno diverse e che siano state studiate e applicate alla luce delle correnti locali.
E poi ancora, la candidata di Torino sta pensando alla creazione della Giunta passando per un bando pubblicato sul sito del Movimento: “E chi l’ha detto che gli assessori devono essere dei 5Stelle?”, è l’osservazione che ha fatto.
Quindi la squadra, qualora diventasse sindaco, potrebbe essere formata da urbanisti, professori universitari e ingegnere.
Non dovrebbe neanche esistere alle sue spalle uno staff modello Raggi. L’aspirante primo cittadino di Roma ha giustificato la diversità di trattamento spiegando che “si è iniziato da Roma con il codice di comportamento e con lo staff per il ruolo di Capitale e per la vicenda Mafia Capitale che ha provato molto la città e i cittadini”.
Inizialmente la stessa Raggi aveva parlato di un staff più somigliante a un ufficio legale, figure cioè che l’avrebbero dovuta aiutare nella stesura delle leggi.
Poi però, anche per rimediare alla gaffe sui garanti Grillo e Casaleggio che avrebbero deciso le sue sorti, è comparso uno staff dallo stampo prettamente politico, formato dalla senatrice Paola Taverna e dalla deputata Roberta Lombardi.
Tra quest’ultima e la Raggi, non a caso, c’è stato un po’ di freddo nelle ultime settimane, fino all’intervento di Beppe Grillo, arrivato a Roma proprio per mettere pace tra le due, incontrando prima una e poi l’altra.
Così, dopo aver calmato le acque, ha nei fatti imposto la creazione di questo staff di controllo e di aiuto a causa delle incertezze degli ultimi tempi.
Roma resta quindi un unicum, con il suo staff e le sue regole. Uno strappo alle classiche regole 5Stelle è stato fatto a Milano.
Dove Gianluca Corrado è il candidato sindaco dopo aver vinto le primarie “confermative” sul blog di Beppe Grillo, prendendo il posto dell’ex candidata grillina Patrizia Bedori, costretta a fare un passo indietro tra le polemiche: “Mi avete chiamata casalinga e grassa”.
Se le comunarie, poi disconosciute, a Milano sono state almeno fatto, a Bologna invece neanche sono state disputate.
Nel capoluogo romagnolo la candidatura singola di Max Bugani e la sua lista di 26 candidati non sono state sottoposte al giudizio della base scatenando non poche battaglie interne. Non solo.
Bugani, poco tempo dopo, è entrato a far parte dello staff di Casaleggio jr. Discorso ancora diverso a Napoli, senza regolamento e senza staff, dove il mite Matteo Brambilla prova a conquistare una città in cui gli umori grillini sono ormai da tempo in appalto a Luigi De Magistris.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 27th, 2016 Riccardo Fucile
INSULTI A SAVIANO, NIENTE SCUSE, PARENTI DEI BOSS SUI MANIFESTI
Orgoglio cosentiniano è prima l’insulto a Roberto Saviano e Rosaria Capacchione,
giornalisti sotto scorta, perchè minacciati dalla mafia. Poi niente scuse.
Stesso orgoglio che aveva ostentato Vincenzo D’Anna, sabato scorso, nell’elogiare Nicola Cosentino, nel corso della presentazione della lista di Ala a Napoli. E nell’attaccare Rosaria Capacchione.
Ecco il comunicato, firmato Vincenzo D’Anna, Pietro Langella e Antonio Milo: “Gli inutili polveroni sollevati in queste ore non ci distoglieranno dal perseguire, con tenacia e determinazione, l’affermazione di Ala e di Valeria Valente a Napoli”.
Già , il “polverone”. Ovvero l’insulto a Saviano, bollato da D’Anna ventiquattrore fa come “icona farlocca dell’Antimafia” e meritevole, al pari di Rosaria Capacchione, di essere privato della scorta. Parole che costringono lo stesso Verdini a scusarsi.
Da uomo di mondo, mandando un fascio di orchidee alla Capacchione. Si dissocia, si dissociano parecchi parlamentari di Ala. Parole.
Roberto Speranza è allibito: “Per favore, puoi scrivere che per me il Pd non deve avere a che fare con persone come D’Anna? Niente a che fare. Io esprimo solidarietà a Saviano. Ma che diavolo di punto siamo arrivati?”.
Ventiquattrore dopo gli insulti, l’imbarazzo, di molti ma non di tutti perchè nessuno, nel giro stretto del premier, dice una parola, dopo 24 ore, dicevamo, arriva il comunicato dell’orgoglio: “Polveroni inutili”. Ovvero, niente scuse.
Firmato dagli artefici della lista di Ala a Napoli, che sosterrà Valeria Valente, candidato del Pd e vicina al guardasigilli Andrea Orlando.
Gli artefici sono Vincenzo D’Anna, uomo forte di Nick ‘o Merikano, che dopo una delle sue ultime visite in carcere concesse un’intervista per consegnare al mondo il suo messaggio.
L’altro è Antonio Milo, un discreto trasformismo alle spalle: nato nel Pdl campano di Cosentino, transitato nel gruppo di Fitto, ora con Verdini.
La terza firma è quella di Pietro Langella, seduto a due metri da Verdini sabato scorso, alla presentazione di Ala. Incensurato, si porta addosso l’ingombrante storia dei suoi avi, i “Paglietta”, così chiamavano il clan, ammazzati nel corso di una faida di camorra.
Il Fatto ha raccontato come “i loro nomi e l’elezione di Langella al consiglio comunale furono citati nel 2006 nella relazione della commissione prefettizia tra le cause dello scioglimento del comune di Boscoreale per infiltrazioni camorristiche”.
I tre sono i veri artefici delle liste di Ala a Napoli.
“Se andiamo a vedere, in ogni famiglia napoletana c’è qualcuno che ha pagato per reati di camorra”. Si è presentato così Vitale Calone, candidato al consiglio comunale per Ala, figlio di Vincenzo Calone, presunto boss di Traiano con una condanna per traffico internazionale di droga.
L’altro in lista è Calone jr, Vincenzo, il nipote e candidato nelle zona in cui operava lo zio. Ogni giorno, a proposito delle liste verdiniane a Napoli, esce un caso imbarazzante. Altro titolo su Repubblica di qualche giorno fa: “Ala, il manifesto col cognato del boss defunto. Il candidato verdiniano omaggia il parente di un uomo legato alla camorra”. Parenti dei presunti boss nelle liste, parenti nei manifesti. Chi fa le liste, invece, prima insulta i simboli dell’Antimafia e poi non si scusa.
Prima delle orchidee, Verdini a Napoli aveva parlato di “diritto all’oblio”. Soprattutto a Napoli.
Perchè Ala, partito inesistente nel resto d’Italia, esiste soprattutto lì, dove ha ereditato ciò che resta del sistema di potere di Nicola Cosentino, ora in carcere con l’accusa di concorso esterno in associazione camorristica per presunti rapporti con il clan dei casalesi.
Un sistema di potere cresciuto all’epoca del potere berlusconiano nella contrapposizione con la sinistra, anzi “i comunisti”.
In questo senso gli insulti a Saviano e alla Capacchione sono un segnale politico a quel mondo, come a dire: ci alleiamo con i “comunisti”, ma non significa che cambia qualcosa. Le mancate scuse rafforzano il se
gnale, perchè l’ammissione dell’errore sarebbe stato letto come un segnale di debolezza. A testa alta e attaccando Saviano, ciò che resta del sistema di potere di Nick ‘o Merikano abbraccia il Pd.
Orgoglio cosentiniano.
(da “Huffingtonpost“)
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Maggio 27th, 2016 Riccardo Fucile
“MA 4 ANNI SENZA ESSERE PROCESSATI E’ UNO SCANDALO”
Lo ha sempre detto e lo ribadisce anche nel giorno in cui la Corte Suprema indiana dà il via libera al
rientro in Italia di Salvatore Girone: i due marò italiani sono colpevoli e dovrebbero essere giudicati da New Delhi.
Ma Massimo Fini, giornalista e scrittore, oggi aggiunge una postilla: quattro anni di custodia cautelare senza processo sono intollerabili.
Fini, lei ha sempre sostenuto che era giusto lasciare che a giudicare i nostri marò fosse la magistratura indiana. È ancora di questo avviso?
«Sì, tranne per il fatto che un’attesa di più di quattro anni, durante i quali Girone e Latorre sono rimasti in carcere preventivo, sia pur morbido, e senza aver avuto neanche il processo, è inaccettabile. Il problema vero è che la giustizia indiana è peggio di quella italiana».
Non pensa che l’arbitrato internazionale sia più adeguato per una vicenda simile?
«Io penso che se la morte dei due pescatori fosse avvenuta al largo delle coste siciliane, i due marò sarebbero stati giudicati da un tribunale italiano».
C’è stato un momento in cui l’Italia ha pensato di non rimandare indietro i fucilieri. Sarebbe stata una scelta giusta?
«No. Se dai una parola la devi rispettare».
Le prove, però, sembrano dimostrare la loro innocenza.
«Non credo. Perchè è veramente difficile scambiare un barchino come quelli velocissimi con cui agiscono i pirati somali con una barca di pescatori che ha tutt’altra dimensione, tutt’altra velocità e tutt’altro tipo di equipaggio. Si è trattato di un errore, anche se grave. Un omicidio colposo».
In questi quattro anni sui social network, e non solo, è emerso un sentimento di disprezzo verso Latorre e Girone.
«Beh, certamente non dovevano essere accolti come eroi dal presidente della Repubblica, perchè eroi non sono. Ma ciò non significa che debbano essere disprezzati. Poi lasciamo stare ciò che passa sui social, dove si legge tutto e il contrario di tutto».
Pensa che il caso dei due marò sia stato anche strumentalizzato?
«Sì, certamente. Come sempre. La destra, ad esempio, se l’è presa col governo e la sua incapacità . Del resto mi pare che il mediatore fosse un certo Staffan de Mistura, un povero pirla, un cretino. Il governo non ha fatto certo tutto quello che poteva fare. D’altro canto non ci troviamo di fronte al Burkina Faso ma a una grande potenza, perciò vale il principio della realpolitik. Di certo si poteva fare di più per accelerare i tempi del processo».
Girone torna in Italia. Possiamo riconoscere questo merito al governo Renzi?
«Penso proprio di sì. Non tutto quello che fa Renzi è sbagliato».
Luca Rocca
(da “il Tempo“)
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Maggio 27th, 2016 Riccardo Fucile
IL RIENTRO DEL MARO’ PREVISTO PER DOMENICA
Non sa trattenere la gioia Vania Girone: suo marito, dopo 4 anni e 3 mesi, tornerà in Italia, presumibilmente nella giornata di domenica.
Salvatore arriverà a Ciampino con un volo di Stato e potrà riabbracciare la sua famiglia. L’unica cosa certa è che la moglie del marò che più è stato in India, ieri, a fine giornata, era esausta, ma incontenibile nella sua contentezza.
Perchè dopo un periodo che non sembrava finire più, finalmente il giorno in cui l’incubo sarà solo un ricordo, è vicino.
«L’ho sentito stamattina – racconta a Il Tempo – e ha detto che tra qualche giorno arriva. Sono corsa a dirlo ai miei figli che si sono commossi, mi hanno abbracciato fortissimo, non vedono l’ora di stringersi al papà ».
Una notizia inaspettata?
«Una notizia bellissima».
Quattro anni lontani, ora finalmente la fine di un incubo.
«Io mi sento come se fosse tutto un sogno. Finalmente, dopo tutto questo tempo, potrò svegliarmi con lui accanto e realizzare che finalmente è tornata la serenità . Ricominciamo a vivere tutti insieme, io, lui e i nostri figli».
Che cosa pensate di fare adesso?
«Sicuramente riprenderci in mano la vita che finora abbiamo perso. Vogliamo tornare a quattro anni e pensare alle cose semplici».
Il vostro desiderio più grande?
“Metterci alle spalle questa brutta storia e tornare alla normalità . Il tutto, ovviamente, lontano dai riflettori e nella massima riservatezza, questo sì, perchè fino a oggi ne abbiamo avuta poca”.
Come sono stati questi oltre quattro anni lontana da Salvatore?
«Difficili, solo tanto difficili».
Sono stati molti gli italiani che hanno fatto il tifo per voi. Se la sente di ringraziarli?
«Vorrei ringraziare tutti singolarmente, uno per uno. A tutti dico “grazie di cuore”. Grazie per esserci stati vicini, grazie per averci sostenuto e mai abbandonato. Voglio ringraziare i gruppi militari, quelli sui social network e poi la Marina militare, una grande famiglia, che ci ha accompagnato in questo lungo e complicato percorso. E un grazie sincero va anche ai giornalisti e ai media chi ci hanno appoggiato.
Chiara Giannini
(da “il Tempo”)
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