Destra di Popolo.net

IL PIANO DI RENZI: PRIMARIE IL 7 MAGGIO E VOTO A SETTEMBRE

Febbraio 20th, 2017 Riccardo Fucile

NO ALL’OFFERTA DI EMILIANO PER L’ASSISE IN ESTATE… ORLANDO SI PREPARA ALLA SFIDA

“È andata benissimo. Ora il congresso entro maggio e il voto a settembre”. Matteo Renzi non ha esitazioni. C’è già  anche una data per le primarie: 7 maggio. La rotta è segnata. Del resto non ha lasciato nulla al caso.
La sceneggiatura dell’Assemblea dei mille delegati dem è stata studiata dal segretario per arrivare al risultato e mostrare che anche senza Bersani, Speranza e Rossi il Pd non sarà  monco della sinistra.
Eccola la sinistra del partito di Renzi. Sale sul palco subito dopo le stoccate di Guglielmo Epifani, portavoce unico degli scissionisti. Prima tocca a Piero Fassino. Poi Teresa Bellanova. Infine il pezzo da novanta: Walter Veltroni. La tradizione della sinistra erede di Enrico Berlinguer.
Tre jolly che sono un manifesto politico post rottamazione. Il segretario compulsa il telefonino mentre il dramma politico del Pd accade. Manda messaggi agli amici in sala, segue su Twitter e Facebook le reazioni, i commenti del popolo dem e degli addetti ai lavori.
“È andata come prevedevamo”, scrive in un sms a fine dell’Assemblea. “Loro avevano già  deciso, qualsiasi mossa avessi fatto non gli sarebbe andata bene. Non ho io la colpa di questa scissione”. Ne è convinto Renzi. Ha usato toni il più possibile misurati. Niente riferimenti a gufi e rosiconi, nessuna provocazione o battutacce.
Però nessuna apertura, non è arretrato di un millimetro, convinto che l’unico obiettivo della sinistra dem sia sempre stato quello di logorarlo.
Resta aperto il capitolo Emiliano. Renzi ritiene che Michele Emiliano potrebbe ripensarci. Del resto dividere la sinistra dem è sempre stato obiettivo del segretario.
Il governatore pugliese è il più incerto sul da farsi.
È trattativista a oltranza, al punto da sbilanciarsi dal palco a sorpresa: “Siamo a un passo dall’evitare la scissione”. Per smentirsi subito dopo. Su Emiliano, Renzi fa un discorso chiaro: “Michele vuole restare? Allora si candidi nel Pd”.
Sarebbe una bella sfida. Però non si fida, dopo tante giravolte. Emiliano dovrebbe mettersi d’accordo con se stesso, dal momento che ha detto tutto e il contrario di tutto: prima “ho appoggiato Renzi, scusatemi”, quindi “Matteo non ti ricandidare” e ieri infine “puoi rivincere da segretario”.
Di certo – ragiona Renzi – non è stato Emiliano l’uomo del giorno. “Vuoi sapere chi sono stati i migliori? – dice a Matteo Orfini, il presidente-reggente del partito – Bellanova, Veltroni, Fassino”.
Teresa Bellanova, ex sindacalista Cgil, vice ministra allo Sviluppo economico, è introdotta sul palco dal segretario stesso: “È molto più di sinistra quello che ha fatto Teresa, di ciò che hanno fatto certi convegni per anni e anni”.
Fassino – l’ultimo segretario dei Ds ed ex sindaco di Torino sconfitto – è primo nella scaletta a difendere il Pd renziano.
E il segretario lo applaude a lungo, del tutto archiviate le ruggini più e meno antiche, come quando Renzi disse che con un volto fresco Torino sarebbe stata contesa ai 5stelle.
Quindi Veltroni, il fondatore del Pd, il primo leader. Renzi lo mise nella lista dei rottamati, ai tempi della sua scalata alla guida nel partito.Ieri lo indica in platea come il più prezioso dei regali che gli siano fatti. Nel giorno in cui cambia tutto.
Attende defilato Andrea Orlando, il Guardasigilli. Se Emiliano lascia il Pd, Orlando potrebbe essere lui lo sfidante.
La decisione non è presa ma il suo discorso è stato da candidato in pectore: “Il Pd va rifondato”.

(da “La Repubblica”)

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PD, L’EX BRACCIANTE AGRICOLA CONQUISTA L’ASSEMBLEA: “NOI, DALLA PARTE DEGLI ULTIMI”

Febbraio 20th, 2017 Riccardo Fucile

LA BELLANOVA HA INIZIATO COME SINDACALISTA DELLE LAVORATRICI AGRICOLE, POI IL SOSTEGNO A CUPERLO E INFINE L’INGRESSO AL GOVERNO

“Mettiamoci in marcia”. L’ovazione più grande l’assemblea Pd l’ha riservata a lei.
A quell’esortazione che ricorda Il quarto stato di Pelizza da Volpedo. E che potrebbe suonare stonata nel partito di Matteo Renzi se non venisse da una con la sua storia. Perchè Teresa Bellanova, 58 anni, viceministro allo Sviluppo economico, quando ne aveva quattordici, finite le scuole medie, già  lavorava nei campi.
Una dei tanti braccianti della campagna pugliese, poi la loro sindacalista: “Nel discorso ho messo la mia storia — racconta ad assemblea appena conclusa — quella di una famiglia povera che non poteva mandarmi a scuola, delle colleghe braccianti che facevano decine di chilometri per una giornata di lavoro, rischiando la vita”.
Gli ultimi, insomma. Quelli che il Pd, secondo la minoranza, ha dimenticato.
E che Bellanova sostiene invece di aver sempre difeso da quando a febbraio 2014, bersaniana e sostenitrice di Cuperlo, Renzi l’ha chiamata: “Mi ha indicata la minoranza, ma quel giorno ho detto ai compagni che non si poteva stare un po’ al governo e un po’ all’opposizione”.
Ha fiutato il vento, dicono alcuni: “Alla mia età  non devo fare carriera”, risponde. “Con Renzi ho parlato per la prima volta il giorno del giuramento e dal quel momento mi ha sempre fatto sentire con discrezione che non ero sola”.
Sottosegretario, poi viceministro allo Sviluppo economico con delega alle crisi industriali, tavoli caldi come quelli sull’Ilva o i call center di Almaviva, migliaia di lavoratori in gioco: “La nostra priorità  sono sempre state le persone, non è un approccio di sinistra?”.
Domenica pomeriggio Bellanova, sposata con un traduttore di origine marocchina incontrato durante una missione con la Cgil in Africa, un figlio studente di 25 anni, i risultati del governo li ha difesi tutti.
Dai 600 mila occupati in più alla norma contro il caporalato. Perchè forse, nonostante le slide, “il grande comunicatore non è riuscito a comunicare così bene”.
E l’abolizione dell’articolo 18, di sinistra anche quella? “Abbiamo risolto pasticci creati dai governi precedenti”, replica. “E per la mia cultura quando crei occupazione stabile sei parte della soluzione”.
Soluzione che però non sembra arrivata agli operai, che votano in massa 5Stelle. O al suo Sud, che ha asfaltato la riforma costituzionale di Renzi: “La disaffezione della base era già  in corso con i Ds, non si può dare tutta la responsabilità  a chi è arrivato dopo. Ma è vero: non abbiamo ancora la soluzione, anche per questo serve un congresso”.
Dal palco ha definito “slogan” quelli della minoranza, la bandiera rossa, il reddito minimo: “Non accetto lezioni, ci vuole rispetto reciproco”.
Fatto sta che quasi tutti i compagni di una volta, quelli che ora sembrano avvaiti alla scissione, sono dall’altra parte della barricata. Non riocnosce in loro la sua stessa passione? Neppure un argomento valido? “Le buone ragioni si fanno valere all’interno delle regole, nel congresso, non con le spaccature”.
Lo ha ribadito anche Veltroni, il padre del Pd. Ma l’ovazione (“inaspettata” dell’assemblea, e l’abbraccio di Renzi, domenica se li è presi lei.

(da “La Repubblica”)

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UN MOVENTE ECONOMICO DIETRO LE CANDIDATURE FANTASMA DI “NAPOLI VALE”?

Febbraio 20th, 2017 Riccardo Fucile

NOVE CITTADINI SI SONO RITROVATI NELLA LISTA DI APPOGGIO DELLA CANDIDATA PD VALENTE A LORO INSAPUTA… LA PISTA DEI 26.000 EURO DI RIMBORSI ALLA LISTA

Qualcuno ha già  soprannominato “listopoli” l’inchiesta sulle liste del Partito Democratico a sostegno della candidatura a sindaco di Napoli della deputata Dem Valeria Valente candidata renziana fortemente voluta dall’allora segretario alla Presidenza del Consiglio Luca Lotti.
La vicenda è quella delle persone inserite a loro insaputa nelle liste collegate alla Valente.
Tra di loro risulta esserci anche Federica D.S., 23 anni, affetta da sindrome di down che fu collocata in lista al sedicesimo posto nella civica Napoli Vale. Ed è proprio la lista civica ad essere finita nel mirino dei magistrati della Procura di Napoli che hanno individuato la presenza di altri otto candidati messi in lista senza saperlo.
Gli inquirenti, coordinati dal pubblico ministero Stefania Buda, hanno individuato nove nominativi, tra questi, oltre a Federica, anche l’avvocatessa Donatella Biondi che ha scoperto di essere stata candidata per la Valente quando la Corte d’Appello — come è prassi per i candidati — le ha chiesto di presentare il rendiconto delle spese sostenute durante la campagna elettorale per le amministrative del maggio 2016.
La Biondi ha raccontato che, dopo aver contattato la segreteria del Partito Democratico per chiedere spiegazioni su come il suo nome fosse finito nella lista dei candidati, ha avuto un incontro con una persona (che pare fosse Gennaro Mola, compagno della Valente) che le ha chiesto di firmare un modulo nel quale dichiarava di non aver sostenuto spese durante la campagna elettorale.
Si trattava presumibilmente dell’autocertificazione che i candidati sono tenuti a presentare dopo la conclusione del procedimento elettorale ma che l’avvocatessa ha rifiutato di firmare.
Tutte le vittime del raggiro hanno affermato di non aver mai avuto l’intenzione di candidarsi a sostegno della Valente e di non aver mai sottoscritto alcuna candidatura, pertanto le firme dei candidati e quelle nove candidature raccolte dai collaboratori della Valente sarebbero false.
La Valente — che non è indagata — non è stata fino ad ora in grado di spiegare come mai i nomi di quelle persone siano finite all’interno di una lista che sosteneva la sua candidatura a sindaca di Napoli e non ha escluso nemmeno l’ipotesi di un complotto ai suoi danni: «Non essendo in grado di ricostruire come sono andate le cose, non posso escludere assolutamente niente, non mi piace pensare ai complotti e mi viene difficile, ma nelle condizioni in cui sono non escludo niente. Sarebbe l’ipotesi più triste, che mi amareggerebbe ancora di più   ma non posso escludere niente, alcuna ipotesi, un complotto, un pasticcio dell’ultim’ora o disattenzione».
Per la verità  le ipotesi di un pasticcio o di una disattenzione sembrano poco probabili perchè ai nove nomi corrispondeva anche la corretta data di nascita, se di disattenzione si fosse trattato quantomeno non ci dovrebbe essere corrispondenza tra da nome e data di nascita, cosa che invece c’è. Riguardo al complotto per danneggiare la Valente — che non ha vinto le elezioni — non se ne capisce il motivo.
Sembra invece che la presenza di quelle nove candidature “fantasma” fosse strumentale a colmare i vuoti nella lista Napoli Vale e a rendere possibile la presentazione della lista che altrimenti avrebbe avuto il problema di non avere abbastanza candidature e Mola avrebbe ammesso che «Dopo il numero venti i nomi erano riempitivi» come spesso accade nelle liste elettorali dove è necessario raggiungere un numero minimo di candidati per la presentazione, peccato però che Federica D. S. era candidata al sedicesimo posto nella lista.
Circostanza che sembra essere confermata da un articolo del Mattino di Napoli di dieci giorni dove veniva rivelato che i candidati “sicuri” della lista Napoli Vale erano “al massimo 14” (ben al di sotto della soglia minima per la presentazione) mentre “i restanti aspiranti consiglieri non si sa chi li abbia proposti, indicati ed infine inseriti tra i 40 candidati ufficiali“.
Che il comitato elettorale della Valente abbia commesso qualche errore sembra essere fuori discussione anche perchè la validazione dei nominativi sarebbe avvenuta in un’unica giornata, il 6 maggio 2016, alla vigilia della scadenza del termine per la presentazione delle liste.
Da quale banca dati i collaboratori della Valente hanno attinto i dati necessari a falsificare quelle nove candidature, e soprattutto perchè?
Il dubbio — visto e considerato che fin’ora le persone ascoltate dai magistrati non sono riuscite a chiarire la natura dell’errore — è che dietro la lista gonfiata si celi un movente di tipo economico.
Il Mattino di Napoli, che a gennaio aveva dato la notizia della candidatura a sua insaputa di Federica fa rende noto che stando ai conti presentati dallo staff della Valente la lista Napoli Vale ha sostenuto spese elettorali pari a circa 26mila euro.
Il conto avrebbe dovuto essere pagato dal Partito Democratico che forse quindi potrebbe risultare parte lesa di quella che sembra essere una truffa ai danni del partito nella quale le nove persone candidate a loro insaputa sono le vittime.
E proprio a riguardo dei costi e delle spese sostenute domani la Procura di Napoli ascolterà  la testimonianza di Gennaro Mola.
La Procura — che sembra puntare proprio in direzione del movente di tipo economico — ha anche convocato Mario Casillo (capogruppo Pd in Regione) e due parlamentari del PD campano: Marco Di Lello — che aveva fornito sei nominativi da inserire in lista le cui firme furono autenticate regolarmente — e Leonardo Impegno al quale era stato chiesto di indicare altri nomi da candidare.
Per il momento l’unica persona iscritta nel registro degli indagati per violazione della legge elettorale è il consigliere comunale Pd Salvatore Madonna che secondo gli inquirenti avrebbe indicato i nove nominativi “fantasma” da inserire nella lista Napoli Vale.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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PIGNORATI 10 MILIONI DI EURO A ROMA METROPOLITANE, AZIENDA SULL’ORLO DEL BARATRO

Febbraio 20th, 2017 Riccardo Fucile

A RISCHIO METRO C E CONTI DEL COMUNE… LA SALINI-IMPREGILO HA OTTENUTO DAL GIUDICE IL BLOCCO DEI CONTI… L’AMMMINISTRATORE NOMINATO DALLA RAGGI ATTACCA LA GIUNTA GRILLINA

Un pignoramento da 10 milioni di euro rischia di far fallire la società  del Comune di Roma che realizza le opere di trasporto pubblico (metro, tram, filobus, funivie, ecc). Conti correnti bloccati, azienda sull’orlo del baratro e l’amministratore unico — nominato appena 2 mesi fa da Virginia Raggi — che attacca la giunta grillina e minaccia le dimissioni.
Roma Metropolitane è una polveriera e, se non accadrà  qualcosa nei prossimi giorni, rischierà  seriamente di essere al centro del prossimo ciclone di questa tempesta infinita che sta mettendo a dura prova l’amministrazione pentastellata.
Anche perchè in gioco c’e’, ancora una volta, la grande opera per eccellenza della Capitale: la metro C.
I CONTI IN ROSSO
Partiamo dalla fine. Giovedì scorso la Salini-Impregilo, nota società  di costruttori romani, ha ottenuto dal giudice il pignoramento dei conti della municipalizzata, in virtù di un credito vantato di “appena” 10 milioni di euro, relativo alla costruzione (ultimata nel 2015) della linea B1 del metrò.
Nonostante Roma Metropolitane abbia contenziosi aperti per quasi 1 miliardo di euro con varie aziende del settore, la visita pomeridiana dell’ufficiale giudiziario è bastata a bloccare definitivamente i flussi di cassa, già  da tempo sono pressochè nulli.
Da dove nascono le difficoltà ?
L’azienda, da tempo in perdita costante, non ha mai approvato il bilancio 2015 e, seguendo l’indirizzo di una mozione presentata dalla maggioranza M5S e approvata a novembre in Assemblea Capitolina, non ha proceduto alla ricapitalizzazione da 11 milioni di euro fondamentale per mantenerla in vita.
Tuttavia, a causa delle forti diversità  di vedute fra l’assessore ai Trasporti, Linda Meleo, e quello alle Partecipate, Massimo Colomban, la sindaca Raggi ha comunque deciso di nominare un nuovo amministratore unico, Pasquale Cialdini, in attesa di varare un piano complessivo di riordino delle società  capitoline, che però tarda ad arrivare.
TENSIONE AI VERTICI —
La tensione si taglia a fette. E’ probabile che questo mese i circa 200 dipendenti fra ingegneri e impiegati non prenderanno lo stipendio, motivo per il quale da giorni sono in assemblea permanente.
Durante un incontro con i sindacati, l’amministratore Cialdini — già  dirigente del Mit — ha avuto parole durissime nei confronti della giunta, minacciando di dare dimissioni e di portare i libri contabili in tribunale se entro la fine di febbraio non arriveranno direttive sul futuro della società .
I lavoratori venerdì pomeriggio hanno occupato simbolicamente il cantiere della metro C a San Giovanni, ma finora nessuno della maggioranza M5S si è espresso sul tema.
RISCHIO EFFETTO DOMINO
Ma cosa accadrebbe con il (possibile) fallimento di Roma Metropolitane? Il rischio è una specie di effetto domino che andrebbe a pesare direttamente sulle casse del Campidoglio, con ripercussioni economiche ben superiori all’effettivo valore della municipalizzata stessa.
Come detto, Roma Metropolitane funziona da “stazione appaltante” per le grandi opere; questo significa che la società  si accolla per conto del Comune tutti i rapporti finanziari con le aziende private che svolgono materialmente i lavori legati ai trasporti della Capitale.
Solo con il consorzio di imprese che sta costruendo la metro C — Vianini Caltagirone, Ansaldo Sts, Astaldi, Ccc e Cmb — la municipalizzata oggi diretta da Cialdini ha un debito certificato di quasi 200 milioni e un contenzioso aperto in tribunale civile per almeno altri 300 milioni.
L’ex amministratore unico, Paolo Omodeo Salè, stimava in 1 miliardo di euro l’importo totale di questi contenziosi, che in caso di fallimento andrebbero a pesare tutti sul Campidoglio, mandandone in tilt i flussi di cassa.
GLI EFFETTI SULLA LINEA C
Come noto, la metro C di Roma ad oggi è in funzione in un tratto ancora piuttosto decentrato, ovvero dall’estrema periferia est di Pantano fino a piazza Lodi (appena dentro le mura Aureliane).
Dopo molti tentennamenti, pare che Virginia Raggi e i suoi si siano convinti di portare avanti l’opera lungo il tracciato previsto, nonostante gli sprechi (extracosti per quasi 1 miliardo), i ritardi (ben 6 anni sulla tabella di marcia) e le inchieste aperte da Procura di Roma e Corte dei Conti.
In questo momento, il Campidoglio punta tutto sull’apertura della stazione di San Giovanni, ipotizzata per fine 2017, che permetterebbe alla linea C di incrociare la linea A. Un risultato che potrebbe essere messo in dubbio proprio dall’eventuale fallimento di Roma Metropolitane, punto di riferimento per il contraente generale e parafulmine economico per il Comune.

Vincenzo Bisbiglia
(da “il Fatto Quotidiano“)

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STADIO ROMA, SCENDE IN CAMPO GRILLO PER IL CALCIO D’INIZIO, CASALEGGIO TIRA LE FILE DALLA TRIBUNA

Febbraio 20th, 2017 Riccardo Fucile

OBIETTIVO “RICOMPATTARE” LA SQUADRA… FRANCESCHINI IRRITATO CON LA SOPRINTENDENZA … E SI ACCENDE IL DERBY: “IL FRATELLO DELLA EICHBERG E’ UN DIRIGENTE DELLA LAZIO”

Beppe Grillo oggi è a Roma per l’incontro con la sindaca che potrebbe tenersi in Campidoglio nel tardo pomeriggio o al massimo nella mattinata di domani.
Il garante del Movimento arriva nella capitale e apre l’ennesima settimana di passione per la giunta pentastellata alle prese con il nodo dello stadio della Roma
L’avvio dell’iter per il vincolo sull’Ippodromo di Tor di Valle voluto dalla Soprintendenza all’Archeologia cambia la cornice della vicenda e, forse, anche la posizione di Grillo, convinto nelle scorse settimane del via libera a un progetto che, così com’è, continua a dividere la base del M5S.
Grillo è arrivato ieri sera nella Capitale. Assieme al leader M5S, a Roma anche Davide Casaleggio, che in mattinata arriverà  in Senato per concludere gli incontri tematici che sta portando avanti con gli eletti 5 Stelle sul programma elettorale. Grillo, salvo cambi di programma, stamani dovrebbe invece restare al lavoro all’hotel Forum, l’albergo a due passi dai Fori Imperiali dove è solito soggiornare.
Domani, i rappresentanti del tavolo urbanistica romano (che raggruppa numerosi attivisti pentastellati) porteranno alla sindaca una bozza di delibera per annullare quella precedentemente approvata dalla maggioranza di Ignazio Marino nel 2014.
Un modo per stoppare definitivamente qualsiasi possibilità  di costruzione dell’arena a Tor di Valle.
Nel frattempo, però, il probabile faccia a faccia di oggi tra Raggi e Grillo dovrebbe definire meglio la posizione della giunta capitolina sul progetto. “Sul vincolo il Comune non ha voce in capitolo”, sottolinea una fonte in Campidoglio.
Certo è che l’atto della Soprintendenza (che ha indispettito anche il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini) è stato accolto positivamente dalla maggioranza a 5 Stelle che sul via libera rischiava di spaccarsi.
“La questione del vincolo dipende dal ministero – spiega il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio – io la penso come il sindaco: tutto si deve fare nel rispetto della legalità “. E che la palla sia in mano al Mibact lo conferma anche un decreto ministeriale di Franceschini in via di pubblicazione che prevede l’unificazione della soprintendenza a direzione di Margherita Eichberg (quella all’Archeologia che ha avviato l’iter di vincolo) con quella per l’area centrale di Roma attualmente guidata da Francesco Prosperetti che, a questo punto, potrebbe ritrovarsi a ereditare il procedimento avviato per vincolare l’Ippodromo di Tor di Valle.
Nel frattempo, oggi dovrebbe partire anche il ricorso al Tar della Roma contro il vincolo. Ieri la società  ha parlato attraverso il suo dg, Mauro Baldissoni: “È difficile restare in silenzio perchè sono state dette una quantità  industriale di sciocchezze da persone che non hanno mai visto il progetto. Continueremo, comunque a portarlo avanti: sono già  stati investiti più di 60 milioni di euro”.
Intanto sul web si è scatenata una polemica tra tifosi contro il fratello della soprintendente. Federico Eichberg è infatti vicepresidente della Società  Sportiva Lazio. Al di là  delle beghe “da derby”, però, resta la confusione su un progetto che il 3 marzo torna in Conferenza dei servizi.
Per quella data, la giunta di Roma dovrebbe avere anche un nuovo assessore all’urbanistica: dopo le dimissioni di Paolo Berdini, la sindaca è ancora alle prese con la selezione dei curricula.
L’annuncio, fanno sapere dal Comune, è atteso nei prossimi giorni.

(da “La Repubblica”)

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“AL CARA DI MINEO SOVRAFFOLLAMENTO, CAPORALATO E NIENTE POCKET MONEY”

Febbraio 20th, 2017 Riccardo Fucile

LA DENUNCIA DELLE ASSOCIAZIONI: “RICHIEDENTI ASILO SEQUESTRATI DA DUE ANNI ALL’INTERNO DEL CARA”

“Migranti richiedenti asilo politico sequestrati per anni all’interno del Cara di Mineo”. La denuncia è di Alfonso Di Stefano, responsabile della Rete Antirazzista che dal 2011 si occupa dei migranti ospitati nella struttura al centro dell’inchiesta coordinata dalla Procura di Catania che nei giorni scorsi ha chiesto il rinvio a giudizio, tra gli altri, del sottosegretario Giuseppe Castiglione e del sindaco di Mineo Anna Aloisi.
“Conosciamo migranti che sono da oltre due anni qui dentro — aggiunge Di Stefano -. Dentro le villette del Cara c’è sovraffollamento con situazioni disumane: 4 o 5 migranti per camera con un unico bagno. Ci sono 3600 migranti, quasi il doppio del 2013. Siamo molto allarmati della notizia che vorrebbero costruire un hotspot. Al posto del pocket money gli danno le sigarette”.
La Rete Antirazzista segnala da tempo, inoltre, il fenomeno del caporalato che vede i migranti lavorare nei campi attorno a Mineo per 10-15 euro al giorno: “I caporali vengono qui a prenderseli”.
La Procura, intanto, ha fatto luce sulle irregolarità  dell’appalto per la gestione del Cara.
“Sin dall’inizio — ricorda Di Stefano — abbiamo detto che questa situazione si sarebbe trasformata in un laboratorio di nuove politiche segregazioniste anche per i richiedenti asilo. Il sindaco è stata eletta grazie al consenso elettorale che si è procurata in seguito al proliferare dei circoli del Nuovo Centrodestra. Lo stesso partito del sottosegretario Castiglione”.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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MONZA, FALSE ASSUNZIONI PER OTTENERE PERMESSI DI SOGGIORNO: COME I PADANI SPECULAVANO SUGLI IMMIGRATI

Febbraio 20th, 2017 Riccardo Fucile

COMMERCIALISTI E SOCIETA’ FITTIZIE, 11 ARRESTI, 171 INDAGATI

Sono 171 le persone indagate e undici i destinatari di misure cautelari nell’ambito di un’inchiesta della procura di Monza su una associazione che, secondo le accuse, avrebbe favorito l’immigrazione clandestina e la permanenza illegale in Italia attraverso la creazione di documentazione falsa da presentare per la richiesta del permesso di soggiorno.
Nella rete degli investigatori del commissariato di Monza sono finiti un commercialista brianzolo, titolari di ditte fittizie nelle quali assumere i cittadini stranieri e i procacciatori di clienti.
Le indagini hanno portato a scoprire la documentazione di oltre 30 ditte false che hanno assunto più di 1.500 dipendenti.
Dal 2012 a oggi il volume d’affari dell’associazione per delinquere è oscillato tra i 2 e i 3 milioni di euro.

(da agenzie)

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