Settembre 18th, 2018 Riccardo Fucile
MAASSEN ERA AL CENTRO DELLE POLEMICHE DOPO LA CACCIA ALLO STRANIERO SCATENATA DAI NEONAZISTI A CHEMNITZ
Rimosso dall’incarico il capo dell’intelligence interna tedesca, Hans-Georg Maassen, accusato di
contiguità con l’estrema destra.
La notizia è stata data al termine di una riunione della coalizione di governo durante la quale i socialdemocratici hanno chiesto con forza un provvedimento di questo tipo.
Maassen era finito nel mirino dopo le violenze xenofobe di Chemnitz, dove i neonazisti avevano organizzato una vera e propria caccia allo straniero.
E sulla questione il capo degli 007 si era scontrato con la cancelliera Angela Merkel. Ora diventerà segretario di Stato al ministero dell’Interno.
Maassen aveva pubblicamente criticato la politica di apertura ai rifugiati abbracciata dalla Merkel nel 2015.
Il leader dell’intelligence interna si era poi sentito rafforzato dall’arrivo al ministero dell’Interno del bavarese Seehofer, deciso sostenitore di una stretta sui migranti e rivale di Merkel.
Nuove polemiche erano però sorte quando erano emersi suoi incontri con leader del partito di estrema destra Alternativa per la Germania (AfD), accuse alle quali Maassen aveva replicato dicendo di incontrare esponenti di tutte le formazioni politiche.
Massen aveva assunto nel 2012 la guida dei servizi del BfV – la cui sigla indica “Ufficio federale per la protezione della Costituzione” – dopo che la reputazione di questo organismo era stata gravemente danneggiata dalla vicenda dei delitti del kebab. Allora era emerso che negli archivi del BvF erano stati distrutti alcuni files relativi alla serie di assassini di immigrati turchi, di cui fu poi trovata colpevole una cellula neonazista rimasta a lungo ignorata dai servizi.
(da agenzie)
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Settembre 18th, 2018 Riccardo Fucile
ALLORA SI APPLICHI ANCHE AL COMUNE CITTADINO LA POSSIBILITA’ DI POTER PAGARE I DEBITI IN 81 ANNI… RAGGIUNTO UN ACCORDO CHE E’ UN PREMIO A CHI RUBA
Intesa raggiunta tra la procura di Genova e gli avvocati della Lega Nord sulle modalità di esecuzione dei sequestri dei 49milioni di euro.
Saranno sequestrati centomila euro a bimestre, per un totale di 600mila euro l’anno. Perchè si arrivi al totale, insomma, saranno necessari 81,6 anni.
Gli avvocati, comunque, hanno intenzione di andare avanti nel processo:”Abbiamo depositato il ricorso in Cassazione”.
Lo hanno annunciato Giovanni Ponti e Roberto Zingari. Il ricorso è contro la decisione del tribunale del Riesame di Genova che lo scorso 6 settembre ha dato il via libera al sequestro dei 49 milioni di euro al Carroccio.
I soldi, secondo l’accusa, sarebbero il frutto della maxi truffa ai danni dello Stato che il senatore Umberto Bossi e l’ex tesoriere Francesco Belsito avrebbero orchestrato per ottenere indebitamente i rimborsi elettorali.
Il sostituto procuratore generale Enrico Zucca ha intanto chiesto, nella requisitori, la conferma della condanna in primo grado a 4 anni e 10 mesi per l’ex tesoriere della Lega, Francesco Belsito nell’ambito del processo d’appello per truffa allo Stato.
Lo scorso luglio il pg aveva chiesto la condanna a 1 anno e 10 mesi per Umberto Bossi, 2 anni per i revisori Diego Sanavio e Antonio Turci e un anno e 3 mesi per Stefano Aldovisi. Belsito deve rispondere di truffa e appropriazione indebita.
Secondo il sostituto procuratore generale, “il partito non può essere schermo per atti illeciti” e “tutte le operazioni erano deliberate dai vertici della Lega”.
(da agenzie)
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Settembre 18th, 2018 Riccardo Fucile
SFUMA IL PROGETTO DELLE OLIMPIADI INVERNALI 2026 A MILANO, TORINO E DOLOMITI
“Per il governo la proposta della candidatura è morta qui”. Lo ha detto il sottosegretario con
delega allo Sport, Giancarlo Giorgetti, in audizione al Senato, relazionando sulla candidatura italiana ai Giochi olimpici invernali del 2026.
“Il governo non ritiene che una candidatura fatta così come è stata formulata possa avere ulteriore corso, quindi, la proposta non ha il sostegno del governo ed è morta qui”.
Lo ha detto il Sottosegretario Giorgetti in commissione Istruzione al Senato a proposito della candidatura di Cortina, Milano e Torino alle Olimpiadi 2026.
“Non intendo ribaltare la responsabilità su alcuni dei sindaci ma ritengo che una cosa così importante come una candidatura richieda una condivisione di spirito ed entusiasmo che io onestamente non ho rintracciato. Sono prevalse forme di dubbio e sospetto: il governo non ritiene che una candidatura fatta con questa formula possa avere ulteriore corso”.
Zaia e Fontana: “Avanti Lombardia e Veneto”.
“Arrivati a questo punto è impensabile gettare tutto alle ortiche. La candidatura va salvata, per cui siamo disponibili a portare avanti questa sfida insieme. Se Torino si chiama fuori, e ci dispiace, a questo punto restano due realtà , che si chiamano Veneto e Lombardia, per cui andremo avanti con le Olimpiadi del Lombardo-Veneto”. Luca Zaia e Attilio Fontana rilanciano – attraverso una nota congiunta – per una candidatura italiana ai Giochi capitanata da Milano e Cortina.
(da “Huffingtonpost“)
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Settembre 18th, 2018 Riccardo Fucile
ALL’ORIGINE LA “PACE FISCALE” ERA DESTINATA “AGLI OSTAGGI DI EQUITALIA CON CARTELLE FINO A 100.000 EURO”, ORA SIAMO ARRIVATI A UN MILIONE DI EURO
In principio doveva essere un intervento per soccorrere “milioni di cittadini ostaggio di Equitalia che hanno una cartella sotto i 100mila euro“.
Ora all’orizzonte c’è una “pace fiscale più ampia possibile come misura una tantum che chiuda tutte le liti pendenti per le cartelle, il contenzioso tributario e le multe” e con “un tetto non superiore al milione di euro“.
E’ la parabola che in otto mesi ha fatto lievitare di dieci volte gli importi sanabili con quello che era stato presentato come il primo passo di una nuova “riscossione amica“. Il provvedimento promosso dalla Lega — si parla di un decreto collegato alla manovra — è ancora da scrivere e il Movimento 5 Stelle ha già annunciato che si metterà di traverso.
Ma le intenzioni del Carroccio sono chiare. Ampliare la misura prevista dal contratto di governo per renderla — parola del sottosegretario al Tesoro Massimo Bitonci — “molto simile a quella del 2002“. Ovvero il condono tombale targato Giulio Tremonti.
Salvini a febbraio: “Non è condono perchè si pagherà la stessa aliquota della flat tax” — “Io dico no al condono usa e getta. Io propongo una pace fiscale, ci sono milioni di italiani ostaggio di Equitalia che non pagheranno mai. Io posso o far finta di niente o convocare uno per uno questi italiani, che hanno una cartella con un importo sotto i 100mila euro, e chiedere il 15% di quello che non mi daranno mai. Io incasso contante e tu torni a lavorare”.
Era il 14 gennaio 2018 e Matteo Salvini, ospite di 1/2h in più, dava i primi dettagli sulla sua proposta di maxi rottamazione delle cartelle.
L’aliquota del 15%, aggiungeva il leader del Carroccio il 6 febbraio in un’intervista al Sole 24 Ore, non era scelta a caso: “Il 15% che paga chi oggi è in debito con il fisco è lo stesso 15% che pagherà da domani grazie all’introduzione della flat tax“. Per questo “non parlerei di condono, perchè altrimenti si tratterebbe di una misura una tantum”.
Solo un’armonizzazione delle aliquote, dunque. Nel frattempo però l’ipotesi della flat tax per tutti è tramontata: nel 2019 partirà solo per le partite Iva e le aliquote saranno due, 15% per i redditi fino a 65mila euro e 20% tra i 65mila e 100mila.
Il contratto di governo: “Esclusa ogni finalità condonistica”
Il 4 marzo si vota: il Movimento 5 Stelle conquista il 32%, la Lega supera il 17%. Le due forze lavorano al contratto di governo, la cui versione definitiva viene pubblicata il 18 maggio.
Nel capitolo sul fisco entra la voce pace fiscale. “Esclusa ogni finalità condonistica“, si legge, “la misura può diventare un efficace aiuto ai cittadini in difficoltà ”.
La misura viene descritta come “l’estinzione del debito mediante un saldo e stralcio dell’importo dovuto, in tutte quelle situazioni eccezionali e involontarie di dimostrata difficoltà economica“.
L’ex commissario alla spending review Carlo Cottarelli, fresco di rinuncia all’incarico di formare un governo tecnico, è lapidario: “Ennesimo condono”.
Siri: “Tre aliquote a seconda delle condizioni del contribuente. Recuperabili 35 miliardi”
Il 6 giugno il senatore della Lega Armando Siri fa sapere che la pace fiscale sarà il primo intervento del governo e “ci saranno tre diverse aliquote, pari al 25%, 10% e 6% della somma dovuta, a seconda delle condizioni in cui si trova il contribuente”. “Fisseremo anche un limite massimo all’ammontare della cartella sanabile”, anticipa Siri, a cui quel limite non può essere indifferente visto che, come raccontato da Il Fatto Quotidiano, ha sul groppone 150mila euro di sanzioni per affissione abusiva di manifesti non pagate al Comune di Milano.
Poi si dice convinto che per quella via si possano recuperare 35 miliardi su una cifra esigibile di “600 miliardi”.
Gli addetti ai lavori fanno però notare che nel magazzino dell’Agenzia delle Entrate ci sono solo 51 miliardi di posizioni considerate “lavorabili”, per cui applicando quelle aliquote è ben difficile ricavare più di 5 miliardi. In più, dopo due voluntary disclosure (nel 2015 e 2016) e due rottamazioni delle cartelle (la prima si è conclusa nel 2017 e l’eventuale quinta rata di quella ancora in corso va pagata entro il 30 settembre), rimane davvero solo il fondo del barile.
Di Maio: “Non riguarda i grandi evasori ma le parti più deboli della società ”
L’8 agosto interviene Luigi Di Maio, che chiarisce: “Il saldo e stralcio era anche nel programma del M5S e dice semplicemente che le tasse si devono pagare, ma se a un certo punto negli anni tra le parti più deboli della società c’è chi non è riuscito ed è finito in un vortice per cui Agenzia delle Entrate e Equitalia non permettevano di pagare nè di ripartire gli si dice: mi devi questo, chiudiamola così. Stabiliamo un forfettario e, da domani, puoi ripartire con la tua vita senza più la persecuzione del fisco”.
Ma “non è un condono perchè non riguarda i grandi evasori e i grandi potentati del Paese; non sono gli scudi fiscali con cui si facevano rientrare i soldi della mafia al 5%. Stiamo parlando di gente rimasta sul campo con la crisi e che deve avere l’opportunità di ripartire, mettendo la parola fine ai contenziosi con le Entrate e la Pubblica amministrazione”.
Bitonci: “Pace più ampia possibile. Come il condono tombale di Tremonti”
Arriva settembre, si avvicina la manovra e diventa pressante la necessità di trovare coperture per l’avvio della flat tax, del reddito della cittadinanza e delle altre misure inserite nel contratto.
Il 7 settembre il premier Giuseppe Conte assicura che la pace fiscale non sarà un condono: “Il condono è una misura una tantum varata per fare cassa. Noi introduciamo una riforma organica, offrendo ai contribuenti la possibilità di mettersi in pari per entrare in una disciplina diversa”.
Ma il 9 settembre Bitonci, intervistato dal Messaggero, acclera: la pace fiscale “sarà la più ampia possibile”, annuncia. “Molto simile a quella del 2002“. Ovvero il condono tombale targato Tremonti, che fruttò oltre 20 miliardi (sulla carta dovevano essere 26, ma molti hanno aderito senza poi saldare tutto il dovuto).
Non a caso proprio di incassi “superiori ai 20 miliardi” ha parlato l’11 settembre Salvini a Porta a porta, pur assicurando che “non è un regalo, è gente che è disperata, che pagherebbe il 10% del dovuto, gente che per riavere un conto corrente correrebbe a pagare”.
Sabato i responsabili economici della Lega e il vicepremier si riuniscono per discutere delle novità fiscali da inserire in legge di Bilancio. E durante il vertice matura la decisione di alzare il tetto delle cartelle e liti sanabili. Non di poco: da 100mila a 1 milione di euro. “Piccoli e medi contenziosi”, sostiene Bitonci. “Abbiamo lasciato all’amministrazione finanziaria l’accertamento, la discussione e il contenzioso relativo alla grande evasione”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 18th, 2018 Riccardo Fucile
GOVERNO COSTRETTO A GALLEGGIARE DOPO TANTE PROMESSE IRREALIZZABILI E L’ITALIA CRESCE LA META’ DEGLI ALTRI PAESI EUROPEI
Mentre l’Italia nei primi due primi trimestri dell’anno è cresciuta dello 0,2 per cento, la metà
esatta dell’Eurozona e mentre segnali negativi giungono dal quadro internazionale, i problemi economici del nostro paese sono affidati al “gabinetto di crisi” che si è riunito ieri sera per mettere a punto la manovra.
Come emerge dalle immagini televisive: a capo tavola il premier Conte, poi il sempre presente Paolo Savona, il cortese e tenace ministro dell’Economia Tria, con i suoi due vice la grillina Laura Castelli e il leghista Garavaglia matita alla mano a prendere appunti.
Dopo le durissime parole di Mario Draghi che ha ricordato ai due vicepremier, Salvini e Di Maio, che le loro parole hanno fatto parecchi danni e che attendeva i fatti, le evoluzioni degli ultimi giorni confermano che toni, metodi e dossier stanno ritornando nell’alveo del possibile. Il linguaggio e le misure cambiano: dal contratto di 100 miliardi si è scesi a circa una decina.
La retromarcia è innescata e la coperta più corta naturalmente scatena le risse delle ulime ore.
La miracolosa flat tax da 50 miliardi è stata messa in soffitta e al suo posto la Lega punta sul rilancio e l’allargamento di una misura varata da Renzi e Padoan nel 2015 che consiste semplicemente nell’introdurre una aliquota forfettaria al 15 per cento ma solo per 1,5 milioni di lavoratori autonomi (la vera flat tax investirebbe, invece, 35 milioni di contribuenti!) che devono avere ricavi sotto i 65 mila euro all’anno, essere organizzati come ditta individuale (non vanno bene le società di persona ecc.) e non avere dipendenti.
Il reddito di cittadinanza grillino, come tutti sanno, nel programma corrispondeva ad un costo di 17 miliardi, ora ne chiedono dieci e sembrerebbero accontentarsi dell’innalzamento delle pensioni minime a 780 euro, che comunque avrebbe costi alti. Dunque anche su questo fronte ci sono ripensamenti e qualche M5S in televisione già parla di “reddito di sostegno” e non più di cittadinanza.
Sulle pensioni la mediazione al ribasso in un ambito di risorse in riduzione, sembrerebbe più facile.
Bisogna considerare che forse – se proprio vogliamo buttarla in politica – la spinta più forte e trasversale dal paese viene su questo fronte. La proposta della Lega 62 e 38 – come ammetteva ieri il sottosegretario al Tesoro Massimo Bitonci – può comprendere altri paletti e far scendere l’impegno finanziario a 6 miliardi.
Il conto è comunque molto alto e certo non potrà risolverlo un condono che perlatro dà risorse una tantum oltre ad avere insormontabili ostacoli etici.
Anche perchè la questione del deficit-Pil non è affatto superata.
L’Italia nel 2019 deva fare, secondo le regole europee, un deficit-Pil di 0,8 per cento, a quanto pare – nonostante tutto – l’Europa sembra intenzionata a concederci uno 0,7 in più di deficit (circa 12 miliardi) con i quali sistemare la sterilizzazione dell’Iva senza dolori.
Tuttavia i conti tendenziali, cioè come stanno andando senza interventi, ci dicono che siamo già abbondantemente sopra l’1,6 per cento: secondo Carlo Cottarelli saremmo a 2,3 per cento perchè bisogna computare la maggiore spesa per interessi per lo spread e le spese indifferibili, di conseguenza dovremmo prima trovare 12 miliardi per scendere all’1,6 per cento e poi cominciare a trovare le coperture, euro su euro, per le misure in ballo.
La verità è che il contratto di governo, con le sue misure era calibrato e pensato per una politica di sfondamento dei parametri europei e per misure straordinarie (si ricorderà l’idea, apparsa e scomparsa, di congelare 250 miliardi di titoli acquistati con il Qe dalla Banca d’Italia).
Inoltre molte misure avrebbero dovuto agire attraverso un effeto shock: la flat tax si sarebbe addirittura autofinanziata se applicata in un colpo. E’ evidente come questi presupposti siano venuti a cadere.
A questo punto c’è da chiedersi se non sia il caso di tornare a politiche più tradizionali, tutto sommato nella linea di quanto fatto negli anni passati: cuneo fiscale, una limatina di tasse, qualche sostegno alla domanda, qualche incentivo agli investimenti nell’industria, un aiuto concreto a povertà e famiglia.
Come sanno gli economisti è poco, ma nel quadro di una stabilità finanziaria e di una buona reputazione sui mercati può fare molto.
(da “La Repubblica”)
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Settembre 18th, 2018 Riccardo Fucile
TUTTO FINALIZZATO AL CONSENSO ELETTORALE, MA I CONTI SONO ASETTICI E NON TORNANO
Lo schema è questo: a gennaio 2019 l’aumento delle pensioni fino alla soglia dei 780 euro in quello che i grillini chiameranno “pensione di cittadinanza” per spacciarla, come ha già fatto la viceministra senza deleghe all’Economia Laura Castelli, per il reddito di cittadinanza.
Intanto ecco il via alla riforma dei centri per l’impiego per un costo stimato di 4,5 miliardi di euro.
Poi, tra maggio e giugno e in concomitanza con le elezioni europee, il via al Reddito di cittadinanza, che prende il posto dell’attuale Reddito di inclusione, fissato alla stessa quota di 780 euro al mese, per una platea di quasi 5 milioni di cittadini in povertà .
Questo secondo passaggio, spiega oggi Il Sole 24 Ore, farebbe salire la dote finanziaria messa in campo a 9-10 miliardi.
Per le coperture si parte dall’utilizzo delle risorse stanziate per il Reddito di inclusione in corso (2,54 miliardi per il 2019 e 2,74 miliardi dal 2020), cui si aggiungerebbe un contributo pescato dal fondo sociale europeo.
Il resto dei soldi è da trovare e qui sta tutto il contrasto tra la Lega, il MoVimento 5 Stelle e il ministro dell’Economia Giovanni Tria.
Perchè c’è da coprire ancora gran parte della spesa per il reddito di cittadinanza e non si sa come.
Una delle idee tornata ad affiorare ieri è quella di usare il bonus 80 euro di Renzi, nel mirino soprattutto del MoVimento 5 Stelle: ma la Lega sta bloccando l’ipotesi perchè non vuole in nessun modo rischiare problemi dal punto di vista della fiscalità generale dopo l’antipasto di flat tax che sta per servire alle Partite IVA e ai professionisti.
In più la maggioranza continua a litigare sui punti di deficit, con la Lega che torna a pensare di poter “sfiorare” i vincoli europei e il MoVimento 5 Stelle che pensa di poter accarezzare l’idea per trovare maggiori risorse.
In questo quadro non stupisce che tornino a circolare le voci di Giovanni Tria pronto all’addio o addirittura alla giubilazione da parte della sua maggioranza: Di Maio non può permettersi di fronte al la base grillina di accettare la sanatoria leghista sulle cartelle fiscali.
E lo dice chiaramente a Salvini, alla presenza di Tria e di Conte. Soprattutto non lo può fare a quella cifra, un milione, che il partner di governo ha fissato come tetto, guardando all’elettorato più tradizionale del centrodestra.
La tragicomica supercazzola di ieri tra pace fiscale e condono è testimonianza delle difficoltà all’interno della maggioranza.
Il Sole 24 Ore scrive oggi che tra le coperture i dossier M5S contemplano anche due miliardi di tasse in più su di banche e assicurazioni con i tagli alla deducibilità degli interessi passivi; idea che incontra obiezioni tecniche anche al Mef per i rischi d’impatto sui conti bancari.
Solo l’intervento sulle pensioni sociali vale 2 miliardi secondo i calcoli M5S, ma una spesa del genere restringerebbe di molto la platea.
Su tutto il dossier restano le obiezioni nel Carroccio. Per quanto riguarda il reddito, portare tutto l’intervento a regime da luglio richiederebbe 9-10 miliardi il prossimo anno, ma è evidente che ogni forma di anticipo aumenterebbe il costo in misura proporzionale ai mesi in più.
Anche per il taglio delle pensioni d’oro c’è maretta. Il MoVimento 5 Stelle fa affidamento sul contratto di governo per mettere spalle al muro la Lega.
Il Messaggero scrive oggi che nella nuova versione resta il meccanismo che lega la decurtazione dell’assegno all’età di pensionamento effettiva, ma la soglia di reddito al di sopra della quale scatta la tagliola sale da 80 mila a 90 mila euro lordi.
Ovvero in termini netti mensili, secondo quanto annunciato dal capogruppo pentastellato Francesco d’Uva, 4.500 euro invece che 4.000; anche se in realtà applicando pure le addizionali Irpef di Regione e Comune il netto risulta un po’ più basso (intorno ai 4.200-4.300).
Resta il nodo della penalizzazione per le categorie (donne, militari, manager in esubero) che per legge o per altri motivi erano stati costretti a lasciare l’attività lavorativa prima dell’età di riferimento, ovvero quella attuale della vecchiaia “corretta” all’indietro in base agli andamenti demografici.
Qui però a uscire allo scoperto è Alberto Brambilla, il leghista presidente di Itinerari Previdenziali e molto vicino alla poltrona dell’INPS dopo l’addio di Boeri, in programma per il 2019.
L’esperto di pensioni della Lega promuove quota 100 ma critica le pensioni di cittadinanza di Di Maio & Co. in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera: «Sulla pensione di cittadinanza dobbiamo partire dai numeri. Primo: a chi vogliamo darla questa pensione? Agli invalidi civili? Bene, sono quasi un milione. E per coprire la differenza tra quanto prendono ora (282 euro al mese per tredici mensilità , ndr.) e i 780 euro bisognerebbe spendere circa 6,3 miliardi in più all’anno. Vogliamo darla a chi prende l’assegno o la pensione sociale (453 euro al mese, ndr.)? Sono altre 860mila persone e in questo caso bisognerebbe sborsare altri 4 miliardi. Ci riferiamo invece ai 3,2 milioni di pensioni integrate al minimo (502 euro al mese, ndr.) o alle oltre 900mila pensioni con la maggiorazione sociale? Servirebbero altri miliardi ancora. Non ci sono le risorse.E si tratterebbe di un’operazione ingiusta perchè qui parliamo di pensioni per le quali non sono stati pagati contributi sufficienti o non sono stati pagati affatto».
(da “NextQuotidiano”)
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Settembre 18th, 2018 Riccardo Fucile
“VOGLIONO BLOCCARCI IL REDDITO DI CITTADINANZA”… DI MAIO E SALVINI VITTIME DELLE LORO BALLE IRREALIZZABILI CON CUI HANNO PRESO PER IL CULO GLI ITALIANI
Alla fine del vertice sulla manovra Luigi Di Maio era infuriato. 
Ha convocato i suoi con un sms per condividere la sua rabbia, che si rivolge in particolare contro il ministro dell’Economia, Giovanni Tria.
La battaglia più grande per il vicepremier M5S è quella sul reddito di cittadinanza. Sono però anche altri i punti di scontro all’interno del governo: tra questi la vicenda della ricostruzione del ponte Morandi e del commissario straordinario per Genova, il dossier servizi e la pace fiscale. Su quest’ultimo punto Di Maio assicura: “Il M5S non voterà nessun condono”.
Il vicepremier non è disposto a cedere sul reddito di cittadinanza, anche a costo di mandare a casa Tria. La guerra tra il ministro dell’Economia e il M5S ormai è iniziata, ma anche i rapporti con la Lega rischiano di diventare sempre più tesi.
Le parole di Di Maio sono riportate dal quotidiano La Stampa:
Il vicepremier del M5S è furioso. Non è per nulla contento di quello che ha sentito in oltre tre ore di discussione con il ministro dell’Economia Giovanni Tria, il premier Giuseppe Conte, il vicepremier della Lega Matteo Salvini, alla presenza anche del sottosegretario leghista Giancarlo Giorgetti e del ministro degli Affari europei Paolo Savona.
“Non vogliono consentirci di fare il reddito di cittadinanza…- minaccia il grillino – Non hanno proprio capito allora…Se continua così Tria può andare a casa”.
Il ministro del Lavoro rivendica la necessità dare spazio, nella legge di Bilancio, alle promesse che il Movimento 5 Stelle ha fatto ai suoi elettori.
Riferendosi a Salvini – come riporta La Stampa – dice: “Ora tocca alle nostre battaglie, basta inseguirlo sull’immigrazione”.
Nessuna apertura da parte di Di Maio alla pace fiscale messa in cantiere dalla Lega. Per il vicepremier altro non è che un condono e il movimento di cui fa parte, assicura, non lo voterà .
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 18th, 2018 Riccardo Fucile
FALLITI I TENTATIVI DI DIALOGO: “TUTTI PENSANO SOLO AL CONGRESSO PER SPARTIRSI UNA TORTA SEMPRE PIU’ PICCOLA”
Ai dirigenti del Pd “non importerà ” di perdere le prossime elezioni europee e regionali: “Quello che importa a loro è il congresso. Sta diventando un posto in cui l’unico segretario che si dovrebbe candidare è il presidente dell’associazione di psichiatria”. È duro Carlo Calenda, ex ministro dello Sviluppo economico, in un’intervista a Circo Massimo, su Radio Capital, in cui esprime il rammarico per la cena saltata con i leader dem.
In un passaggio del programma, è stato poi precisato dalla redazione di Circo Massimo che la frase “merita l’estinzione”, in un primo tempo attribuita all’ex ministro, era in realtà la parte finale della domanda di Massimo Giannini – conduttore assieme a Jean Paul Bellotto – alla quale Calenda ha risposto testualmente: “Sono convinto che alle prossime europee il Pd non ci debba essere, serve un fronte repubblicano […] che spazzi via un partito che ha come unico obiettivo quello di spartirsi una torta sempre più piccola tra dirigenti che sono usurati”.
Quanto alla cena convocata e poi annullata a casa Calenda, alla quale erano stati invitati Matteo Renzi, Paolo Gentiloni e Marco Minniti, è saltata perchè “Renzi si era sfilato ieri pomeriggio via agenzie e retroscena e a quel punto non aveva più molto senso”, scrive poi Calenda su Twitter rispondendo a un follower.
“Andiamo avanti con l’opposizione. Ognuno facendo il suo. Di più in questo momento non si può fare. Troppi ego e troppi conti da regolare”, aggiunge
“Con Gentiloni e Minniti parlo continuamente – prosegue Calenda – nel Pd c’è un’entità , che si chiama Renzi, che non si capisce cosa voglia fare e che va avanti per conto suo. È una roba un pò singolare. È stato un presidente del Consiglio che all’inizio aveva veramente voglia di cambiare l’Italia e che ha fatto cose buone. È un grosso peccato”.
Poi conclude: “L’unica cosa che vuole fare il Pd in questo momento è una resa dei conti fra renziani e antirenziani in vista di un congresso che doveva esserci, per me, settimane fa, e tutto sarà paralizzato in questa cosa di cui al paese non frega nulla. Nel frattempo, l’opposizione si fa in ordine sparso”.
Nessun pentimento, però, sull’aver preso la tessera del Pd: “È l’unico modo, finchè non ci sarà qualcos’altro, per dare un contributo. Mi sono iscritto, ho fatto proposte, e non è servito a nulla. Non sento il segretario del Pd da due mesi, quando è andato a Taranto non ha fatto neanche un colpo di telefono”.
A Calenda risponde a stretto giro il segretario dem Maurizio Martina: “Adesso basta, chiedo a tutti più generosità e meno arroganza. Il Pd è l’unico argine al pericolo di questa destra”. E fa un appello in vista della mobilitazione del 30 settembre a Roma: “È possibile chiedere a tutti i dirigenti nazionali del mio partito una mano perchè la manifestazione del 30 sia grande, bella e partecipata?”.
(da agenzie)
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Settembre 18th, 2018 Riccardo Fucile
AL TRANVIERE GARLASCHI CONTESTATO L’OMICIDIO AGGRAVATO DALLA CRUDELTA’ E DAI FUTILI MOTIVI
All’inizio si era detto che furono 40 le coltellate sul corpo di Jessica Valentina Faoro ma oggi si
scopre che sono state più del doppio: 85. Non cambia le cose, forse fa più male a noi, vivi, che restiamo qui con l’ennesimo femminicidio da spiegare ai nostri figli.
Perchè Alessandro Garlaschi ha colpito a morte una ragazzina di 19 anni proprio perchè non voleva essere sua, il femminicidio è questo: è un uomo che uccide quasi sempre una donna che conosce perchè lo rifiuta.
Dopo aver massacrato la ragazza aveva pure bruciato il tronco del corpo della giovane, ormai senza vita. Perchè si vuole cancellare completamente la donna come individuo, incenerire la sua persona.
Si sono chiuse così le indagini del pm Cristiana Roveda in vista della richiesta di rinvio a giudizio, nei confronti del tranviere 39enne. All’uomo viene contestato l’omicidio aggravato dalla crudeltà e dai futili motivi e il vilipendio di cadavere per quel terribile assassinio avvenuto nel febbraio scorso nel suo appartamento di via Brioschi a Milano.
Jessica però ha subito un altro grande torto, in una Italia tutta intrisa di razzismo.
E’ morta nel momento sbagliato, è morta nei giorni di Pamela, altra ragazza massacrata “in quanto donna” ma in quel caso i sospettati hanno la pelle scura quindi l’odio politico e dei social si è riversato tutto sul suo femminicidio.
Come se morire per mano di un nero sia peggiore, più doloroso e insopportabile.
Lo stesso femminicidio che portò Luca Traini a sparare a Macerata a degli innocenti, colpevoli di essere neri con la scusa della vendetta. Ma invece fu solo razzismo. Impossibile dimenticare quella settimana sanguinosa.
L’uomo è accusato anche di sostituzione di persona per aver presentato la moglie (risultata estranea all’indagine) come sua sorella.
Nella ricostruzione di inquirenti e investigatori la 19enne, che viveva in casa dell’uomo come ragazza alla pari, la sera prima di essere uccisa era uscita per un appuntamento con un ragazzo ed era rincasata intorno alle 21.
Mezz’ora dopo il 39enne aveva accompagnato la moglie dalla suocera a Novegro, nel Milanese, dove la donna aveva trascorso la notte. Aveva anche lasciato un biglietto sul comodino della camera da letto alla giovane, con scritto: “Ciao bimba, sai che tvb. E ci tengo un casino a te! Stasera spero che mi starai facendo `qualcosina’ oltre al dvd, ma devi fare tutto tu e dirmi quando iniziare. Mi raccomando con il tipo stasera…”.
Garlaschi ha messo a verbale che Jessica gli avrebbe detto “tu mi stai troppo addosso”. Poi lo avrebbe ferito probabilmente per minacciarlo di non avvicinarsi a lei, con lievi coltellate alle mani. Da lì sarebbe scattata la furia omicida dell’uomo, che nel corso degli interrogatori ha però affermato di non rammentare quanto accaduto e di ricordare solo di aver colpito Jessica con tre coltellate leggere e poi il “buio”.
Il tranviere, che ha negato qualsiasi approccio di tipo sessuale, ha ammesso però che Jessica gli piaceva e ha raccontato che in cambio dei lavori domestici, oltre a ospitarla, le avrebbe pagato i vestiti, il parrucchiere, e le avrebbe trovato anche un lavoro, aggiungendo che il giorno dopo il brutale assassinio, lei avrebbe dovuto sostenere un colloquio.
Il difensore di Garlaschi, l’avvocato Francesca Santini, ha nominato un consulente, uno psichiatra, affinchè accerti il suo stato di salute mentale e la sua capacità di intendere e volere.
Noi preferiamo ricordare Jessica e Pamela allo stesso modo. Perchè non conta chi le ha massacrate, conta che siano state massacrate e questo orrore non avvenga mai più.
(da Globalist)
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