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KATHARINA SCHULZE, L’ASTRO NASCENTE DELLA GERMANIA: “DALLA BAVIERA DIFENDEREMO L’EUROPA, ORBAN E SALVINI NON DISTRUGGERANNO UN SOGNO”

Ottobre 14th, 2018 Riccardo Fucile

LA VERA VINCITRICE DELLE ELEZIONI IN BAVIERA HA 33 ANNI, E’ DEFINITA LA MIGLIORE ORATRICE DELLA GERMANIA, PALADINA DI UNA POLITICA OLTRE LA DESTRA E LA SINISTRA: LEGALITA’, STATO DI DIRITTO, EUROPA UNITA, INTEGRAZIONE DEGLI IMMIGRATI, TUTELA DELL’AMBIENTE

È il volto nuovo del partito dei Verdi, Katharina Schulze, e soprattutto la vera vincitrice delle elezioni di oggi in Baviera, che ha definito «storiche».
Trentatrè anni, giovane, sorridente, dalla retorica travolgente, la capogruppo dei Verdi al Parlamento regionale è una dei due candidati di punta del partito, insieme a Ludwig Hartmann.
Schulze ha studiato psicologia e politica e ha imparato come si fa campagna elettorale negli Usa nel 2008, seguendo le prime presidenziali di Barack Obama.
Il suo ambito è la politica interna e il suo cavallo di battaglia è insolito per un partito come quello dei Verdi: più poliziotti nelle strade, per garantire uno stato di diritto più forte e, al tempo stesso, «meno polizia ai confini bavaresi visto che viviamo in un’Europa unita», come ha detto di recente in un’intervista televisiva.
Per il resto cavalca i temi tradizionali del suo partito: qualità  dell’aria e delle acque, agricoltura sostenibile, pensioni minime garantite.
Sul tema, scottante per la Baviera, della migrazione il motto di Schulze è che la migrazione «va guidata e non semplicemente amministrata», e in particolare gli ‘Ankerzentren’, uno specifico tipo di centri di accoglienza per migranti, non sono una soluzione auspicabile perchè ostacolano l’integrazione invece di favorirla.
Schulze ha fatto una campagna elettorale a tappeto, senza mancare mai un appuntamento o un’occasione e sempre con un microfono in mano.
Presenzialista, la definiscono i media. Un vero talento per la comunicazione, concorda il Circolo degli oratori bavaresi in lingua tedesca (VrdS) che l’ha nominata migliore oratrice delle elezioni bavaresi del 2018.
La sua carriera del resto è stata fulminea: in nove anni è passata dall’essere una giovane neo-iscritta nella sezione giovanile dei Verdi nel 2008 a capogruppo del partito nel parlamento del Land nel 2017.
Della sua vita privata non si sa nulla, solo che non è sposata, non ha figli e non è nata in Baviera, ma a Friburgo, nel Baden-Wuerttemberg.
La candidata dei Verdi condivide il suo ruolo insieme al 40enne Ludwig Hartmann: è prassi nella politica del partito avere un doppio candidato di punta.
Ma è lei la nuova stella nascente.

(da “il Messaggero”)

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PENSIONI D’ORO, UN MILIARDO DI GETTITO? ALTRA BUFALA GRILLINA

Ottobre 14th, 2018 Riccardo Fucile

INPS E CGIA: AL MASSIMO SI RICAVANO 150 MILIONI

“Fonti governative del M5S” dicono all’Ansa che la soglia per tagliare le pensioni d’oro non sarà  abbassata da 4.500 a 3.500 euro netti al mese. Un’ipotesi – quella di 3.500 euro al mese – che i tecnici ed esperti di previdenza reputano compatibile con 1 miliardo di gettito, il nuovo traguardo di incasso esplicitato dal ministro del Lavoro Luigi Di Maio venerdì 12 ottobre davanti a una platea di piccoli imprenditori di Rivarolo Canavese.
Se l’ipotesi è dunque sbagliata, il ministro dovrebbe invece spiegare come si fa a ricavare 1 miliardo di euro da una platea tutto sommato esigua di “pensionati d’oro”.
D’altro canto, da un punto di vista squisitamente matematico, per arrivare a 1 miliardo le opzioni sono due.
O si amplia la platea, abbassando la soglia di pensione da tagliare (e questa ipotesi ora viene esclusa).
Oppure si taglia molto di più sulla platea esistente: anzichè tra il 3 e il 20%, un’aliquota davvero molto più alta (ma il meccanismo di calcolo ipotizzato, tra mille dubbi di costituzionalità , non lo prevede).
Secondo il presidente dell’Inps Tito Boeri – l’ha detto in audizione alla Camera giovedì 11 ottobre – si tratta di sole 30 mila persone. Il taglio predisposto dal disegno di legge 1071 che ora Di Maio vuole mettere nel decreto legge fiscale, quindi in vigore subito (quello con il condono, in arrivo domani in Consiglio dei ministri) agirebbe sugli assegni percepiti da questi 30 mila italiani. Il ricavato, secondo Boeri, non andrebbe sopra i 150 milioni. Cifra confermata anche dalla Cgia di Mestre.
Sette volte meno del nuovo obiettivo di Di Maio. Forse non del governo, viste le resistenze della Lega.

(da agenzie)

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BASTA CON LA PALLA DELLA STAFFETTA GENERAZIONALE: NON E’ VERO CHE SE UN ANZIANO VA IN PENSIONE AL SUO POSTO VIENE ASSUNTO UN GIOVANE

Ottobre 14th, 2018 Riccardo Fucile

LA DOMANDA DEL LAVORO NON E’ PIU’ FISSA, O CRESCE L’ECONOMIA NEL SUO INSIEME O LE AZIENDE NON ASSUMONO

Vado subito al dunque: il nostro sistema pensionistico è SENZA TESORETTO (“a ripartizione”), in quanto le pensioni ogni anno sono pagate dai contributi previdenziali e — se questi contributi non bastano — da un trasferimento di fondi dallo stato all’INPS.
Un sistema pensionistico senza tesoretto va in crisi finanziaria se le persone in media vivono più a lungo (ottima cosa) e se le generazioni successive sono più piccole delle precedenti (a motivo di un numero troppo basso di figli).
Sotto questo profilo, è una banalità  osservare come l’immigrazione possa riempire in tutto o in parte questo divario.
Vi sono quattro modi per gestire questa crisi del sistema pensionistico:
1) aumentare i contributi previdenziali, cioè tassare di più il lavor
2) abbassare le pensioni
3) aumentare il trasferimento dallo stato tassando di più e/o tagliando altre spese
4) aumentare l’età  pensionabile.
E come mai l’idea di utilizzare il deficit — cioè con lo Stato che si fa prestare più soldi — per coprire questo divario tra uscite ed entrate del sistema pensionistico non è di solito una buona idea?
La ragione sta nel fatto che di solito questa crisi del sistema pensionistico non è temporanea (breve periodo di troppo pochi lavoratori per pensionato) ma PERMANENTE.
Che cosa racconta la storia italiana recente? Dal 1992 le riforme del sistema pensionistico italiano hanno utilizzato in varia misura tutti e quattro i meccanismi di cui sopra.
Tuttavia, se non si vuole abbassare il tenore di vita dei pensionati e/o schiacciare il mercato del lavoro con troppi contributi previdenziale, la strada maestra è UNA SOLA: per gestire in maniera razionale la crisi del sistema pensionistico è necessario AUMENTARE l’età  pensionabile.
Se ci pensate, il meccanismo è molto sensato: si vive in media di più e dunque una parte di questa vita aggiuntiva la si passa lavorando.
E se ci pensate ancora di più, ogni tanto sorge il sospetto che coloro i quali non vogliono questa soluzione per il sistema pensionistico non abbiano dimestichezza con il lavoro, oppure non amino il lavoro.
Ecco dunque la ragione per cui le riforme Dini, Maroni, Sacconi e Fornero aumentano l’età  pensionabile.
In queste settimane il governo Conte pensa invece di tornare indietro sull’età  pensionabile, diminuendola. Anche per colpa dei sindacati, il governo sembra credere all’idea della cosiddetta STAFFETTA GENERAZIONALE: ogni prepensionato lascia lo spazio all’assunzione di un giovane.
Mettiamo le cose in chiaro: nel breve periodo è possibile che imprese i cui lavoratori devono andare in pensione DOPO a motivo di una riforma come quella di Monti-Fornero che aumenta l’età  pensionabile decidano di assumere meno giovani.
Lo stesso Tito Boeri, presidente dell’INPS difficilmente tacciabile di inclinazioni politiche grilline o leghiste, ha un articolo in cui dimostra ciò.
Tuttavia, l’effetto è di breve periodo e riguarda la singola impresa che si trova “bloccata” con un aumento dell’età  pensionabile dei suoi lavoratori. Che cosa sarebbe successo se la riforma Monti-Fornero si fosse invece basata sull’aumento dei contributi previdenziali? Quale sarebbe stato l’effetto sulla domanda di lavoro da parte delle imprese in questo caso?
I ragionamenti sugli effetti delle riforme non vanno fatti solo sulla base dei dati microeconomici ma anche del modo in cui vengono finanziate.
Se aumenti l’età  pensionabile per gestire la crisi finanziaria del sistema pensionistico stai di fatto evitando di fare altro. Che cosa? Ricorri di meno alle altre scelte possibili: abbassare le pensioni, alzare i contributi, aumentare il trasferimento da parte dello stato.
Se ora il governo vuole ABBASSARE l’età  pensionabile deve ragionare sul finanziamento di tali scelte. In questo caso: più deficit.
E nel lungo periodo la teoria della staffetta generazionale è FALSA.
I paesi in cui l’occupazione degli anziani cresce di più sono esattamente i paesi in cui anche l’occupazione dei giovani cresce di più.
Nei paesi che hanno un PIL crescente (la torta che diventa più grande) sia lavoratori anziani che giovani contribuiscono a produrre questa torta più grande, lavorando in numero maggiore.
Che dire della situazione attuale? Il governo mette in pericolo i conti pubblici inseguendo teorie farlocche sugli effetti di lungo termine della staffetta generazionale, in quanto crede a un triste modello superfisso in cui la domanda di lavoro è fissa, e dunque l’unico modo per assumere più giovani consiste nel prepensionare i lavoratori anziani.
Come mettere una pezza a questa difficile situazione, quando non sembra che vi sia la volontà  politica di mettere la retromarcia?
A motivo dei ragionamenti di cui sopra, si potrebbe al massimo pensare a una TEMPORANEA riduzione dell’età  pensionabile, lasciando ben ferme le riforme Maroni e Fornero nei loro effetti di medio-lungo termine.

(da “NextQuotidiano”)

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ZINGARETTI E UN POPOLO PIU’ AVANTI DEL SUO PARTITO

Ottobre 14th, 2018 Riccardo Fucile

UN PARTITO CHE CINCISCHIA SUL CONGRESSO MENTRE SEGNALI DI VITALITA’ ARRIVANO DALLA BASE

Bisogna riconoscere che l’iniziativa di Nicola Zingaretti è riuscita, in termini di partecipazione e di vitalità .
Si può condividere o meno l’approccio, la proposta, questo o quell’accento, ma gli va riconosciuto — oggettivamente – coraggio. Il coraggio di essere partito con una iniziativa politica in un partito ancora sotto shock, incapace di fare i conti con una debacle epocale, frutto di “sconnessione sentimentale” col paese preannunciata da quattro anni di sconfitte, annegate in una rimozione collettiva.
E incapace di fronte non a un incidente di percorso, ma a un tornante della storia, di abbozzare un minimo di discussione sulle ragioni profonde di quel che è successo.
“Se” si farà  il congresso del Pd, il luogo ovvio e naturale dove svolgere questo confronto su idee, programmi, visione del paese, sarà  principalmente merito di questa iniziativa.
“Se”, perchè è evidente che c’è, ancora, qualche scienziato in giro che vorrebbe rimandarlo a dopo le europee, magari con la scusa dello spread (per la serie: come si fa a contarsi tra di noi in questa emergenza?), ma con l’obiettivo vero di non mettere in discussione l’attuale assetto di potere, sia pur residuale: il chi fa le liste alle europee, il chi gestisce la fase, etc, etc.
E non è un caso che Paolo Gentiloni, intervenendo a Piazza Grande abbia riservato proprio a questo un passaggio del suo intervento: “A sette mesi dalla sconfitta elettorale parlare di Congresso del Pd non mi pare una scelta precipitosa e ringrazio Nicola per la sua determinazione”.
E non è neanche un caso che un politico navigato come Marco Minniti ancora non abbia sciolto la sua riserva. L’uomo è di antica scuola e di consumata esperienza. E anche per carattere difficilmente ama indossare i panni di un ciclista che parte per la volata in una corsa non iniziata e di cui non si conoscono ancora le tappe.
L’argomento “Congresso” del Pd, in quanto rivelatore delle dinamiche interne, ha un appeal pressochè pari a zero.
Il punto di fondo però è un altro. E riguarda, diciamo così, quanto il “centrosinistra” politico sia in ritardo rispetto a un popolo.
A Riace, qualche settimana fa, ha sfilato un’altra Italia rispetto a quella di Matteo Salvini, per difendere un modello di accoglienza e di integrazione.
A Piazza Duomo a Milano, l’Anpi e tante altre associazione hanno portato in piazza migliaia di cittadini “contro il razzismo”.
E poi la marcia Perugia-Assisi. E poi i cortei degli studenti, perchè non è vero che tutti i giovani votano i Cinque Stelle.
Si cominciano cioè a vedere i primi segni di un risveglio democratico, di cui fa parte la manifestazione del Pd a Piazza del Popolo e anche iniziative partecipate come quella di Zingaretti, piena di cittadini e associazioni che hanno aderito spontaneamente.
È la reazione ai “balconi” di Di Maio, alle deportazioni annunciate da Salvini, allo “snaturamento democratico” in atto, perchè non siamo solo di fronte a un Governo che governa, ma a un cambio di paradigma nella visione dello Stato, dove persino le Autorità  indipendenti vengono inserite tra i nemici del popolo, e della convivenza civile, col Viminale trasformato da Ministero di garanzia a Ministero di polizia.
Parliamoci chiaro. Se in parecchi sono scesi in piazza in queste settimane, lo si deve più agli anticorpi democratici del paese, che alla proposta e all’iniziativa autonoma del centrosinistra.
Non è un dettaglio di poco conto. Nel 1994, dopo otto mesi, Berlusconi cadde, grazie a una grande spinta popolare (ricordate lo sciopero generale dei sindacati?) e alla capacità  di fare politica del centrosinistra (fu il capolavoro di D’Alema) che staccò la Lega da Berlusconi e ricostruì un nuovo centrosinistra, che poi avrebbe vinto le elezioni: l’Ulivo.
Sette mesi dopo il 4 marzo, non c’è non solo l’ombra di manovra e di una offerta politica, ma nemmeno un avvio razionale e ordinato di una discussione interna sul “che fare”. Ma ancora un gruppo dirigente prigioniero di un tatticismo parossistico.
Mettete in fila gli elementi di giornata.
Paolo Gentiloni ha dato una sorta di appoggio “morale” a Nicola Zingaretti, con la sua presenza a Piazza Grande e ha sancito, in diversi passaggi, la sua distanza da Matteo Renzi. Ma il suo è stato più un discorso da “padre nobile” che di uno che si schiera. Nel dubbio ha lodato sia Zingaretti sia Minniti.
Altro elemento. Nella sua intervista al Corriere Renzi, che ancora non spiega e mai lo farà  perchè in questi anni ha perso la metà  dei voti rispetto alle europee portando la sinistra al suo minimo storico da sempre, ha evitato di chiarire la sua posizione sul Congresso (se sia necessario o meno), e quale candidato sosterrà , pur essendo il segreto di Pulcinella che sosterrà  Minniti.
E a sentire il segretario in carica le assisi del Pd sembrano la famosa rivoluzione di Giorgio Gaber: oggi no, domani forse, dopo-domani sicuramente.
Si è capito che, per la data, si deve aspettare fine mese. Guarda caso, dopo che si pronunceranno le agenzie di rating. A quel punto sarà  chiaro se lo spread è compatibile con la normale vita di un partito.
Zingaretti, nella sua convention, ha parlato di “popolo che si rimette in cammino”, disposto a “sollevarsi” in nome dei valori di convivenza civile che l’attuale governo sta picconando. È stata una bella iniziativa. Ma non basta se un intero partito non si apre a quel popolo, lasciandosi contaminare, coinvolgere, contestare, cambiare.
Ci sta che, mobilitazione dopo mobilitazione, qualcuno prenderà  in mano un microfono su un palchetto, a Riace o a Milano o chissà  dove e scopriremo che è un leader.
Mentre il Pd starà  ancora a cincischiare sul Congresso.

(da “Huffingtonpost”)

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L’AVVOCATO DEI CUCCHI: “E’ LA STORIA DI UNA NORMALE FAMIGLIA ITALIANA”

Ottobre 14th, 2018 Riccardo Fucile

“UNA STORIA CHE PUO’ CAMBIARE QUELLA DEL NOSTRO PAESE”

La storia della famiglia Cucchi è quella di una normale famiglia italiana. Giovanni, geometra, ha lavorato fino alla pensione. Rita, maestra, anche lei in pensione. Ilaria è amministratrice di condomini. Stefano, fratello più piccolo, pure lui geometra, è morto da nove anni.
Una famiglia piccolo borghese cattolica e di sani principi. Si sono misurati tutti uniti con le difficoltà  di Stefano dovute alla sua fragilità  di carattere.
Intelligente, spesso brillante, sempre allegro e canzonatorio. Ma doveva fare i conti con il suo aspetto di ragazzino piccolo di statura e minuto, tanto da farlo sembrare quasi un bambino.
Non poteva accettare di essere visto così dal momento che lui, dentro, si sentiva, ed era, un gigante.
La droga era stata presto la facile via di fuga da una quotidianità  che mal tollerava. Mentre papà , mamma e la sorella Ilaria vivevano una vita “perfettamente normale”, lui in quella vita proprio non riusciva a riconoscercisi, sempre alla ricerca di essere diverso e più grande di come si sentiva, afflitto da un insopportabile complesso di inferiorità  che era la sua camicia di forza.
È stato così che la tranquillità  di una normale famiglia italiana venne sconvolta dalla tossicodipendenza di Stefano.
A momenti di serenità  e tranquillità  famigliare succedettero ciclicamente periodi difficili e bui dove la droga metteva di fronte a loro un altro Stefano che cadeva e, con il loro aiuto mai mancato, si rialzava per poi cadere di nuovo.
Ma la famiglia Cucchi una certezza ce l’aveva e non l’avrebbe mai perduta: il rispetto per la legge e la fiducia nello Stato. Al di sopra di tutti la fede in Dio.
Con queste incrollabili certezze hanno affrontato, Ilaria in testa, la terribile morte di Stefano.
Il dolore vivo per la sua perdita e la violenza di una giustizia che prima di cominciare a fare effettivamente il suo corso naturale, li ha sbeffeggiati, insultati, tutti, Stefano compreso, portandoli in giro a vuoto per quasi nove anni.
Questa famiglia ha affrontato un vero e proprio calvario giudiziario durante il quale non sono mancati gli insulti, le minacce, le violenze morali continuamente inflitte.
Ilaria, quando ben presto i suoi genitori iniziarono a perdere le forze, si è presa tutto questo sulle proprie spalle facendosi carico di tutto.
Ben presto la lotta di Ilaria divenne quella di Davide contro Golia. La lotta di Ilaria fu percepita proprio in questo modo. Le foto orribili del fratello morto che con disperato coraggio aveva fatto pubblicare erano la verità  nuda e cruda che veniva ostinatamente negata nelle aule di giustizia e da certa parte della politica.
La gente ha incominciato a capire e a immedesimarsi. A vedere in questa piccola grande donna la civile ribellione alle proprie quotidiane frustrazioni di fronte ad uno Stato sempre più lontano dai cittadini ed assente quando si ha bisogno di lui.
Ora la quotidianità  di Ilaria è fatta di continui incontri, per strada, al supermercato, negli uffici pubblici e privati, a scuola, al bar, al ristorante con persone sconosciute che la fermano e la abbracciano forte. “Grazie Ila! Grazie! Vai avanti. Vai avanti per tutti noi!”.
Ilaria sorride ma non smette di commuoversi. Sono persone di tutte le età  e di ogni estrazione sociale tutte unite da questo meraviglioso affetto.
Questa è la storia di una normale famiglia italiana. Una storia privata che privata non è più da tempo.
Arrivano numerosissime mail di persone che chiedono scusa per aver pensato che la morte di suo fratello in fondo potesse essere liquidata come la morte solo di un tossico.
Questa è una storia di una normale famiglia italiana che, in questi momenti, può cambiare quella del nostro Paese.

Fabio Anselmo
avvocato della famiglia Cucchi

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ELEZIONI BAVIERA, CROLLANO CSU E SPD, EXPLOIT DEI VERDI E DEI LIBERALI, I NEONAZISTI SI SGONFIANO E PERDONO VOTI

Ottobre 14th, 2018 Riccardo Fucile

CSU 37,3% (-10,4%), VERDI 17,7% (+9,1%), LIBERALI-CONSERVATORI 11,5% (+2,5%), AFD 10,3 (-2,1%), SPD 9,6 (-11%), FPD 5% (+ 1,7%) LINKE 3% (+ 0,9%)

Le elezioni in Baviera confermano la crisi dei conservatori tedeschi. Anche nel più ricco Land tedesco, nel feudo dei cristiano-sociali (Csu), cambia la geografia del potere, ma il risultato di per sè non mette in discussione la Grande Coalizione a Berlino.
La Csu si ferma al 37,3 per cento e perde circa 10 punti percentuali.
Al secondo posto si piazzano i Verdi con quasi il 17,7 per cento, più del doppio dei voti presi alle precedenti consultazioni regionali e federali nel Land.
Al terzo posto si confermano i Freie Wà¤hler che con l’11,5 per cento migliorano il già  ottimo risultato di cinque anni fa.

Entra per la prima volta nel parlamento regionale della Baviera l’estrema destra di Alternative fà¼r Deutschland (AfD), che prende il 10,3%%. Tuttavia, se alle elezioni di cinque anni fa ancora non esisteva (almeno in Baviera), alle elezioni federali di un anno fa, in questa regione, aveva ottenuto il 12,4 per cento.
Pessimo risultato per i socialdemocratici (Spd), attorno al 9%, il peggior risultato della loro storia non solo in Baviera, ma in una regione della ex Germania Ovest.
Ritornano nel parlamento regionale anche i liberali (5%) che cinque anni fa non raggiunsero la soglia di sbarramento.
Rimane non rappresentata Die Linke (3%) che comunque raddoppia i voti rispetto alle elezioni del 2013.

Markus Sà¶der, leader dei cristiano sociali e Ministro-Presidente uscente, ha ammesso la delusione per il risultato ottenuto, ma al contempo ha affermato di voler lavorare alla formazione di un Governo stabile.
La Csu si trova nell’insolita condizione di dover cercare un alleato per poter governare. Dal 1966 ad oggi è accaduto solo una volta, dal 2008 al 2013.
Le opzioni, dal punto di vista strettamente numerico, sono tre: Freie Wà¤hler, Verdi o AfD.
Dal punto di vista politico l’unica opzione realistica è un governo con i Freie Wà¤hler, culturalmente e ideologicamente vicini alla Csu.
Si tratta infatti di un partito indipendente, che non si riconosce nello schema destra/sinistra
Le trattative non saranno scontate.
Esclusa una coalizione fra i cristiano sociali e l’estrema destra di AfD.
Molto più complessa un’alleanza di Governo tra Csu e Verdi, perchè tra i due partiti c’è una distanza ideologica e politica siderale. I Verdi, inoltre, consapevoli del consenso ottenuto nella regione faranno pesare la propria forza.
Proprio il risultato ottenuto dai Verdi è certamente la grande novità  di queste elezioni regionali. Testimonia un consenso che compensa le gravissime perdite della Spd. In questo senso non si può parlare esattamente di una svolta politica nella regione.
Le forze conservatrici hanno confermato il proprio consenso, ma il risultato si è distribuito in tre partiti.
E il futuro di Angela Merkel? La Grande Coalizione a Berlino non sembra per ora in discussione. Andrea Nahles, leader della Spd, l’ha escluso. Il ministro dell’Interno Horst Seehofer nega l’intenzione di dimettersi. E se la perdita di consensi della Csu è stata netta, i cristiano sociali non sono scesi sotto la soglia psicologica del 35 per cento

(da “Huffingtonpost”)

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LODI, LA RACCOLTA FONDI VOLA E SCHIANTA LA FOGNA RAZZISTA: “SOSPENDETE LE DONAZIONI”

Ottobre 14th, 2018 Riccardo Fucile

90.000 EURO ARRIVATI IN POCO TEMPO AL COMITATO CHE TUTELA I FIGLI DEGLI IMMIGRATI ESTROMESSI DALLA MENSA DALLA DELIBERA DELLA SINDACA LEGHISTA

Incredibile, ma bellissimo. Il comitato della raccolta fondi di Lodi “Coordinamento Uguali Doveri” ha raggiunto il primo obiettivo e chiederà  ai tanti italiani che hanno scritto e mandato soldi di sospendere le donazioni.
Sembra infatti che 60mila euro siano arrivati, e che in base ai bonifici si possa già  salire a quota 90mila.
Tutto questo servirà  a tutelare i bambini figli di migranti che sono stati estromessi dai servizi della scuola grazie a quello che a molti è apparso un abuso politico della sindaca leghista della città , Sara Casanova.
Infatti per aver diritto agli sconti su mensa e bus non basta la certificazione italiana dei redditi,   ma documenti originali da paesi lontani e con burocrazie non molto efficienti.
La libreria di Lodi di Michela Sfontrini è diventata l’epicentro di una gara di solidarietà  minima, ma ramificata che sta facendo diventare il caso di Lodi un caso nazionale e internazionale.
Diverse e dure le reazioni del mondo politico nelle ultime ore, dall’ex premier Renzi al segretario del Pd Martina alla segretaria della Cgil Susanna Camusso, che hanno chiamato in causa il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti: che ieri si è detto disponibile a incontrare la prima cittadina lodigiana

(da agenzie)

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ASSOCIAZIONE STUDI GIURIDICI: “LA CIRCOLARE DEL VIMINALE SU RIACE E’ ABNORME E CANCELLA L’ECONOMIA LOCALE”

Ottobre 14th, 2018 Riccardo Fucile

“DECINE DI PERSONE PERDERANNO IL LAVORO, MOLTE CASE E SCUOLE VERREBBERO CHIUSE, COMMERCIANTI PRIVATI DI SOLDI ANTICIPATI”

Posti di lavoro che si perderanno. Scuole che si chiuderanno. Case di emigrati italiani che erano state riaperte e che, adesso, torneranno a essere abbondonate. Creditori del comune che non vedranno un centesimo e, per questo, rischieranno di chiudere le attività  commerciali. Un paese rinato grazie ai migranti da domani tornerà  ad essere uno dei tanti paesi “fantasma”, abitato da anziani perchè incapace di dare un futuro ai giovani.
Quello che il sindaco di Riace, Mimmo Lucano, definisce un “tiro incrociato” contro il modello di accoglienza da lui creato non riguarda solo i migranti arrivati in Italia che nel piccolo comune della Locride sono riusciti a integrarsi perfettamente.
Le 21 pagine, con le quali il Dipartimento per le libertà  civili e l’immigrazione del ministero dell’Interno ha disposto il trasferimento degli ospiti dallo Sprar di Riace, in realtà  colpiranno “l’economia di un paese” e cancelleranno con un tratto di penna uno dei pochissimi esempi virtuosi di come un’emergenza umanitaria sia stata, negli anni, la salvezza per centinaia e centinaia di migranti (che lì hanno trovato una casa e un luogo accogliente) e allo stesso tempo l’occasione di rilancio economico di uno di una cittadina destinata altrimenti a scomparire.
A sostenerlo è il vicepresidente dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione Gianfranco Schiavone che, insieme al presidente dell’Asgi, l’avvocato Lorenzo Trucco, aveva scritto le controdeduzioni alla revoca dei finanziamenti Sprar confermata nei giorni scorsi dal ministero di Matteo Salvini.
“Il provvedimento è abnorme — dice Schiavone — Leggendolo pare che il progetto non abbia erogato il servizio di assistenza ai migranti. Questo non è vero perchè i servizi li ha erogati. È stato semplicemente un progetto che ha avuto delle mancanze amministrative formali che non giustificano un’applicazione di penalità  sproporzionata. Non c’è proporzionalità  tra la sanzione che viene data, la revoca del progetto e le irregolarità  riscontrate. È come se a chi paga la bolletta in ritardo di qualche giorno, gli si stacca la luce per sempre. È chiaro non c’è il principio di proporzionalità  della sanzione”.
Ma per il vicepresidente dell’Asgi, in realtà  dietro questa situazione c’è “l’evidenza politica di dover a tutti i costi dipingere Riace come il luogo peggiore dell’accoglienza in Italia. Personalmente credo che ci sia uno sfondo politico a questo provvedimento del ministero dell’Interno. Siccome è una storia che si trascina da molto tempo, anche prima di quest’esecutivo, credo ci sia anche tanta piccolezza della burocrazia che guarda con grande dedizione alle procedure e molto poco alla sostanza. È una storia che indica pure come parte del sistema di protezione italiano, nel corso del tempo, sta perdendo le qualità  per le quali è nato, cioè dare un futuro alle persone”.
E adesso che succede? A questo punto il discorso del ricollocamento dei migranti è solo una conseguenza alla revoca del progetto e dei finanziamenti che, comunque, può essere impugnata dal comune.
Ieri Lucano ha anticipato che si rivolgerà  al Tar chiedendo in tempi brevi una sospensiva. “Le persone non sono oggetti da spostare. — continua Schiavone — Ognuno di questi ha un percorso. Bisogna vedere quali sono i percorsi di integrazione sociale. Spetterà  al personale dello Sprar valutare se, nell’interesse delle persone, concludere il percorso o essere trasferiti. Certo il tono della lettera è salviniano: ‘Chiudo, impedisco, faccio, trasferisco’. Si percepisce un’enfasi sul potere di fare, sciogliere, disporre, eliminare. Ma qui abbiamo a che fare con decine e decine di persone che perderebbero il posto di lavoro, con case che verrebbero chiuse, con commercianti che non vedranno un centesimo dei soldi che hanno anticipato. C’è un’enormità  di conseguenze che colpiscono persone ingiustamente.   È un discorso che riguarda l’economia locale di un paese che era distrutto, dove non c’era niente e con profonde infiltrazioni della criminalità  organizzata. Era un paese senza un futuro e a adesso è un paese dove le strade sono state rimesse a posto, le case sono state ristrutturate, ci sono delle attività  economiche e artigianali, dove esistono degli eventi culturali internazionali”.
Il modello Riace, in effetti, ha portato alla creazione di nuovi posti di lavoro, mentre le scuole elementari hanno riaperto grazie alle classi composte dai figli dei richiedenti asilo: in alternativa i bambini italiani, essendo troppo pochi, sarebbero stati trasferiti negli istituti scolastici di Caulonia, a dieci chilometri da casa.

(da agenzie)

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DA RIACE I MIGRANTI NON SE NE VOGLIONO ANDARE: DAI, MANDATE I TRENI PIOMBATI PER LA DEPORTAZIONE, COSI’ VI FATE CONOSCERE AL MONDO

Ottobre 14th, 2018 Riccardo Fucile

CUOR DI LEONE RICORDA CHE L’INDAGINE E’ PARTITA DAL SUO SODALE MINNITI… SU TWITTER SI SCATENA LA SOLIDARIETA’ TRASVERSALE PER MIMMO

Non c’è tensione tre i migranti che vivono a Riace, dopo la circolare con cui ieri il Ministero dell’Interno ha disposto il loro trasferimento, cancellando di fatto il modello di integrazione che aveva trasformato in meglio la comunità  del comune calabro.
C’è preoccupazione e rabbia, quello sì.
Sentimenti che un gruppo di giovani che vivono da tempo a Riace ha voluto esprimere direttamente al sindaco, Domenico Lucano, andando a trovarlo nella casa in cui dal 2 ottobre si trova agli arresti domiciliari. “Non vogliamo andare via da Riace. Qui c’è la nostra nuova vita”, hanno detto i migranti a Lucano.
In giro a Riace ci sono poche persone, le stradine del borgo sono deserte, complice anche la pioggia.
Tutti hanno come riferimento il sindaco, Domenico Lucano, ed aspettano con speranza la reazione dei suoi legali, che hanno preannunciato un ricorso al Tar per chiedere l’annullamento della decisione del Viminale di allontanare i migranti dal paese, ma quello che si coglie, in generale, è un sentimento di tristezza e di sconforto. In vari punti si sono formati piccoli capannelli di immigrati.
Pochi però hanno voglia di parlare ed in tutti c’è incredulità  per il provvedimento annunciato dal Ministero dell’Interno. Qualcuno si lascia scappare la frase “noi da qui non vogliamo andarcene”, ma il sentimento che prevale è la paura per un futuro che a questo punto appare incerto e nebuloso.
Matteo Salvini twitta ricordando che l’indagine sullo Sprar di Riace risale ai tempi del Viminale di Marco Minniti
Parla al Gr1 Daniela Di Capua, direttrice del servizio centrale dello Sprar, il sistema di protezione per i richiedenti asilo e i rifugiati: “le persone che sono in accoglienza possono proseguire il progetto di integrazione in un altro progetto Sprar”
Silenzio assoluto dei 5 Stelle – anche di chi, come Roberto Fico, è in prima linea nella battaglia per l’integrazione – a difendere il modello Riace però son in molti.
Grida “vergogna” il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, secondo cui “la deportazione dei migranti da Riace è atto violento e disumano. Chi è stato a Riace sa che il sindaco ha reso vivo e gioioso un luogo desertificato da migrazioni di calabresi”.
Oppure il segretario dem Maurizio Martina e l’ex premier Enrico Letta che collegano la vicenda di Riace a quella delle mense di Lodi per parlare di una “destra pericolosa”. O l’ex premier Paolo Gentiloni, che sottolinea che con questo Governo “il nemico che viene dato in pasto è un modello di integrazione. Vorrei vedere la stessa propaganda nella lotta contro la mafia, contro il caporalato, non contro un modello di accoglienza”.
Oppure il governatore laziale Nicola Zingaretti che parla di “atto immondo” da parte di Matteo Salvini, che sfoggia “la paura delle proprie incapacità “.
O ancora il governatore toscano Enrico Rossi, che pone l’accento sul fatto che “M5S non alza un dito per distinguersi dalle politiche xenofobe e razzistiche di questo governo”.
O ancora Nicola Fratoianni di Leu, che fa notare come a parlare di irregolarità  nella gestione di fondi pubblici sia il segretario del partito che deve restituire 49 milioni di euro di fondi pubblici sottratti indebitamente allo Stato.
O ancora padre Alex Zanotelli che sulle pagine del Fatto esorta alla “disobbedienza civile”, perchè “il modello Riace dimostra che aiutando chi arriva si può rinascere – afferma il padre comboniano – Questo Salvini non glielo ha perdonato”.
Oppure l’Associazione Partigiani che lancia un appello ai 5 Stelle perchè arginino Salvini: “Non girate lo sguardo da un’ altra parte. Fermate Salvini. Almeno per decenza, in una terra bella e difficile come la Calabria, ricordategli che è utile perseguire mafia e n’drangheta. Non un uomo onesto come Mimmo Lucano”.
O anche Aboubakhar Soumahoro, il sindacalista dei migranti sfruttati nelle campagne del Sud, che su Repubblica spiega che “il modello Riace dà  fastidio. Dimostra che si possono accogliere i migranti dando loro dignità  e speranza, trattandoli come persone e non come macchine da parcheggiare”.
Oppure infine intellettuali e giornalisti come Gad Lerner, Sandro Ruotolo e Vittorio Sgarbi che hanno espresso la loro vicinanza a Mimmo Lucano.

(da “Huffingtonpost”)

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