Destra di Popolo.net

SONDAGGIO IXE’, IL VENTO STA CAMBIANDO: PER LA PRIMA VOLTA L’ALLEANZA LEGA-MS5 SOTTO IL 58%

Ottobre 28th, 2018 Riccardo Fucile

ALLE STELLE LA POPOLARITA’ DI MATTARELLA E AUMENTA LA FIDUCIA NELL’EURO

Per la prima volta dal dopo elezioni, l’aggregato M5S — Lega, non solo non cresce, ma — rispetto al sondaggio di due settimane fa — arretra di due punti, passando dalla soglia del 60% complessivo al 57,8%.
Recupera qualcosina il Pd e continua invece a perdere Forza Italia.
Nell’insieme i gruppi di opposizione, raccolgono 10 punti in meno rispetto a quanto fatto registrare alle elezioni politiche di marzo.
Il sondaggio dà  la Lega al 30,7% (-1,1%) , M5S al 27,1% (-1,1%), PD 17,9% (+0,9%), Forza Italia 8,1% (- 0,6%), Fdi 3,3% (+0,7%) , intorno al 2,2% Più Europa, Leu e Potere al Popolo.
Di notevole interesse invece — dopo due settimane turbolente sui mercati e nella dialettica con le autorità  europee — la reazione degli italiani al tema dell’euro.
Sale ancora la quota di popolazione che in caso di referendum voterebbe a favore della permanenza nel perimetro dell’Euro ovvero il 68% e scende al 18% la quota di favorevoli all’exit.
Quasi a dire — forse con qualche elemento di ambiguità  — che nelle politiche portate avanti dal governo giallo-verde resta una soglia insuperabile, quella della permanenza comunque in Europa.
Non è casuale — a nostro avviso — che Mattarella continui a salire nel gradimento degli italiani. Evidentemente la sua funzione di garanzia e di bilanciamento viene significativamente apprezzata.

(da agenzie)

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RIDERS, DI MAIO HA DIMENTICATO IL TAVOLO: DOPO TANTE PROMESSE I CICLOFATTORINI ABBANDONATI A LORO STESSI

Ottobre 28th, 2018 Riccardo Fucile

DOPO AVER SOLLEVATO IL PROBLEMA DELL’INQUADRAMENTO, NON HA PROPOSTO SOLUZIONI ADEGUATE, QUELLO CHE SAREBBE IL COMPITO DELLA POLITICA (NON DEI PAROLAI)

Luigi Di Maio ha dimenticato il tavolo dei riders. All’inizio del suo mandato il ministro dello Sviluppo e del Lavoro aveva convocato i sindacati che rappresentano i riders, i «ciclofattorini» delle multinazionali del cibo a domicilio come Foodora, Deliveroo, Glovo e Just Eat. Insieme ai rappresentanti dei datori di lavoro.
Aveva chiesto ai secondi di cambiare radicalmente inquadramento professionale dei primi e aveva minacciato che se non fossero intervenuti loro lo avrebbe fatto lui per legge.
Poi è arrivato il Decreto Dignità  ma le norme sui rider sono scomparse, anche perchè le multinazionali avevano risposto picche al ricatto e alcune di loro avevano annunciato l’addio alle attività  italiane.
Alla fine Di Maio aveva convocato un tavolo tra aziende e sindacati sotto l’egida del ministero dello Sviluppo. Con l’obiettivo della sottoscrizione di un «contratto nazionale» dei riders e del loro riconoscimento come lavoratori subordinati.
L’ultimo incontro è dell’11 settembre. Da allora, il silenzio. Sulla loro pagina FB i riders bolognesi hanno dimostrato un certo nervosismo:
È ormai trascorso più di un mese dall’ultimo incontro svoltosi presso il Ministero del Lavoro. Un mese in cui non abbiamo ricevuto notizia alcuna, nè da parte delle piattaforme, nè da parte del Governo. Eppure, l’ultimo incontro avrebbe dovuto sancire una svolta. Il Ministro aveva infatti sollecitato le piattaforme a presentare entro due settimane in modo formale una proposta di accordo, così da poter aprire la trattativa su questioni che portiamo avanti da mesi e che sono fondamentali per la vita di migliaia di lavoratori come salario, assicurazioni, diritti previdenziali, ecc..
Ovviamente la proposta delle piattaforme noi non l’abbiamo mai vista. Non che la cosa ci sorprenda, anzi. Denunciamo però con convinzione questo ennesimo tentativo da parte delle aziende di sabotare l’esito di questo tavolo. In questi mesi, infatti, abbiamo potuto toccare con mano il loro estremismo padronale, abbiamo ascoltato il loro costante tentativo di nascondersi dietro formule vaghe e ambigue, ci siamo indignati nel vederle dichiarare l’insostenibilità  dei nostri diritti mentre allo stesso tempo chiedevano agevolazioni fiscali, per finanziare una competizione forsennata basata sull’elusione delle regole fiscali e salariali.
Ma dal ministero non arriva alcun segnale. Di Maio ha dimenticato i riders.
O meglio, ha posto un problema giusto ma ha dimenticato di proporre anche una soluzione adeguata, che sarebbe compito della politica.
La politica, quella seria.

(da “NextQuotidiano”)

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DI MAIO ISOLATO, GRILLO INCAZZATO CON LUI, TORNA L’OMBRA DI DI BATTISTA

Ottobre 28th, 2018 Riccardo Fucile

ACCENTRATORE, SENZA LINEA POLITICA, APPIATTITO SU SALVINI, CONTRASTI CON I MINISTRI CINQUESTELLE

Matteo Pucciarelli su Repubblica oggi racconta in un interessante retroscena quale sia il clima all’interno del governo in riferimento alla figura di Luigi Di Maio, bisministro e vicepremier oggi sempre pronto a dire che in cielo c’è il sole anche quando piove. Per una strategia ben precisa, secondo un membro del governo che vuole mantenere l’anonimato:
«Questa necessità  di farci dire che siamo uniti dimostra l’esatto contrario, è un segno di debolezza. Specialmente i ministri del M5S sono profondamente turbati dalla leadership di Luigi Di Maio», dice un membro del governo.
Già , il vicepremier, cui vengono rimproverate diverse cose: non comunicare abbastanza con i suoi; una certa tendenza accentratrice; non avere più una linea precisa da quando l’accordo con la Lega è stato siglato e quindi tenere tutti i compagni di partito e di governo nel limbo («Matteo Salvini ha poche idee ma chiarissime, per questo i suoi gli vanno dietro tranquilli: invece Luigi è attaccato ai sondaggi, ormai parla in base a quelli. E sbaglia», continua la gola profonda).
Secondo il retroscena Di Maio sta mettendo in difficoltà  anche i suoi ministri, tra cui Toninelli: le voci su un rimpasto provengono proprio da lui.
Esempi pratici: sul condono di Ischia inserito nel “decreto Genova”, il leader ha messo in imbarazzo il ministro Sergio Costa, contrario al provvedimento; sul sì alla Tap, è avvenuta la stessa cosa ma con la ministra Barbara Lezzi, che ora si ritrova accusata di tradimento da mezza Puglia, la sua regione; oppure le indiscrezioni su un ipotetico rimpasto futuro con il possibile addio di Danilo Toninelli («Mica è così scemo il ministro, lo sa che certe cose escono solo da Rocco…», ovvero Casalino, quindi Di Maio).
In questa situazione non certo idilliaca si staglia prepotente la figura di Alessandro Di Battista, che è di ritorno dal Guatemala:
Il più movimentista del Movimento presto tornerà  in Italia. Per fare cosa? Si racconta che la questione stia turbando il sonno del vicepremier. Quando quest’ultimo decise di concedersi la pausa sudamericana, l’amico oggi vicepremier non la prese benissimo, quasi fosse una sorta di diserzione davanti alla quale non poter neanche obiettare nulla formalmente, vista la natura e il peso di “Dibba”.
Oggi un sondaggio di Gpf-Inspiring Research rileva come Di Maio e l’ex deputato siano in testa a pari merito come possibili futuri capo dei 5 Stelle.
Un “Dibba” svincolato da mandati elettorali, con una certa libertà  di manovra e di parola, potrebbe “bombardare” il quartier generale aumentando il proprio consenso. Allora — è il ragionamento successivo — meglio coinvolgerlo, sì ma come?
Per uno come lui occorrerebbe un ruolo di primo piano. Dargli la guida del partito? Affidargli il ruolo di capolista nella battaglia europea del 2019? Tutte questioni da affrontare presto con lo stesso Di Battista.
Anche se la domanda principale è un’altra: che ripercussioni avrà  negli equilibri con Salvini il ritorno in scena del terzo incomodo?

(da “NextQuotidiano”)

argomento: governo | Commenta »

LA GUARDIA COSTIERA ITALIANA SALVA 75 PROFUGHI IN BALIA DELLE ONDE A OTTO MIGLIA DA CROTONE

Ottobre 28th, 2018 Riccardo Fucile

SU UNA BARCA A VELA ANCHE 8 BAMBINI, ABBANDONATI DAGLI SCAFISTI DOPO LA TRAVERSATA

Gli scafisti si sono messi in salvo e hanno lasciato il loro carico umano nella barca in balìa di onde altre due metri e del fortissimo vento di scirocco.
E’ il sospetto degli uomini della Guardia costiera che solo dopo diverse ore in Calabria sono riusciti a soccorrere una barca a vela con circa 80 migranti. A bordo dell’imbarcazione   anche sette bambini.
Solo due persone, quelle che appunto potrebbero essere gli scafisti, erano riuscite a mettersi in salvo da sole raggiungendo terra sul tender, il piccolo gommone di sicurezza in dotazione della barca a vela che era all’ancora a otto miglia dalla costa di Crotone.
Il mare è molto grosso ed in ulteriore rinforzo e le motovedette della Guardia costiera hanno avuto grosse difficoltà  a raggiungere la barca sulla quale, secondo quanto riferito dai due uomini arrivati a terra e fermati dalle forze dell’ordine, c’erano 75 persone, tutte irachene, tra cui 16 donne e 7 minori.
Il tipo di barca a vela è di quelli utilizzati quasi settimanalmente dalle organizzazioni di trafficanti ucraini per portare dalla Turchia in Italia i migranti che scelgono questa rotta che non è mai stata fermata a differenza di quella della Libia. E le coste del crotonese sono tra i punti dove più spesso approdano.

(da agenzie)

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C’ERA ANCHE UN ITALIANO NEL COVO DOVE E’ MORTA DESIREE, RIFORNIVA IL GRUPPO DI PASTIGLIE

Ottobre 28th, 2018 Riccardo Fucile

SI CHIAMA MARCO E LA POLIZIA LO STA CERCANDO… PRESENTI ANCHE DUE DONNE, UNA ITALIANA

C’è anche un italiano tra i ricercati per l’omicidio di Desirèe Mariottini, la sedicenne stordita con un cocktail di droghe e poi violentata in uno stabile abbandonato nel quartiere San Lorenzo di Roma.
A darne notizia è Il Corriere della Sera che, partendo dai documenti del gip, spiega che nel covo di spacciatori dove la giovane di Cisterna di Latina è morta c’erano anche tre donne, un’italiana e due straniere.
Si chiama Marco l’uomo italiano che gli inquirenti stanno cercando e il suo ruolo era quello di rifornire il gruppo di pasticche di antiepilettici e antipsicotici. Proprio quelle pasticche che hanno stordito Desirèe.
A raccontare questi dettagli è Muriel, una donna straniera di circa 35 anni. Lei era nel covo quella sera e il suo racconto è agghiacciante: è stata lei a rivestire Desirèe, quando probabilmente era già  morta.
A confermare le dichiarazion di Muriel su ruolo di Marco è Giovanna, una ragazza che, stando alla ricostruzione dei magistrati, frequentava spesso quel covo di spacciatori.

(da “Huffingtonpost”)

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CALENDA: “NON CI SONO PENALI, IN UN PAESE NORMALE UN MINISTRO CHE MENTE SI DIMETTE”

Ottobre 28th, 2018 Riccardo Fucile

“DICEVANO CHE AVREBBERO CHIUSO IL TAP IN DUE SETTIMANE”

“Il Movimento 5 Stelle aveva promesso di chiuderlo, addirittura in due settimane. Lo diceva Di Battista in comizi infuocati in Puglia. Ora che sono al governo non succede niente”. Così l’ex ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda in un video pubblicato su Twitter parlando del gasdotto Tap.
“Di Maio giustifica il suo cambiamento di idea, la sua promessa non mantenuta, inventandosi una carta e delle penali. Non è la prima volta: l’ha fatto con Ilva sul parere dell’avvocatura, l’ha fatto con la ‘manina’ che avrebbe cambiato la legge di bilancio. Lo fa continuamente, però questa volta c’è una questione differente: è palese che non c’è una carta e che non ci sono penali. In un paese normale un ministro che mente così palesemente si dimette”.
Così l’ex ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda in un video pubblicato su Twitter parlando del gasdotto Tap. “E’ semplicemente un errore semantico di parola? No per niente. E’ un errore sostanziale”, aggiunge. “A dire menzogne”, conclude Calenda, “è un ministro di governo”.

(da “Huffingtonpost”)

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TAP: NESSUNA PENALE E IL M5S LO SAPEVA

Ottobre 28th, 2018 Riccardo Fucile

NON C’E’ ALCUN CONTRATTO TRA LO STATO ITALIANO E IL CONSORZIO TAP, L’OPERA E’ PRIVATA MA DI INTERESSE PUBBLICO, MA NON E’ PUBBLICA… IL TAP POTREBBE CHIEDERE IL DANNO EMERGENTE E IL LUCRO CESSANTE PER L’AUTORIZZAZIONE DEL MEF DI TRE ANNI FA E CHE IL M5S CONOSCEVA BENE

Giuseppe Conte dice al popolo NO TAP che c’è una penale per il gasdotto che passerà  per Meledugno e il governo non può permettersela.
Strano, visto che il governo può permettersi spesa in deficit per far quadrare i conti della Manovra del Popolo. Ma anche Luigi Di Maio ribadisce che c’è una penale per la TAP e sostiene anche che prima loro non lo sapevano, adesso sì.
Con “loro” si intende il MoVimento 5 Stelle, che quindi prima promette le cose e poi vede se è possibile mantenerle. Ma non è nemmeno così.
Per il M5S, nell’ansia di giustificarsi con gli attivisti che ha illuso e che adesso chiedono le dimissioni di ministri ed eletti in Puglia, sta parlando di penali che non esistono.
Questo perchè non c’è alcun contratto tra lo Stato italiano e il Consorzio TAP e l’opera è privata ma di interesse pubblico e non opera pubblica.
Trans Atlantic Pipeline ha firmato contratti con le aziende fornitrici che hanno quasi terminato la costruzione del gasdotto e con gli shippers.
TAP però in caso di stop ai lavori potrebbe chiedere danno emergente e lucro cessante perchè l’autorizzazione concessa dal ministero dello Sviluppo economico nel maggio del 2015 ha messo in moto effetti economici di durata venticinquennale, che verrebbero meno.
I contratti vanno, infatti, dal 2020 – anno in cui Tap si è impegnata a consegnare il primo gas – al 2045.
Nessuna penale ma il rischio di pagare i danni, che esiste però da quando è stato completato il percorso autorizzativo dell’opera.
E il M5S sapeva che il percorso autorizzativo dell’opera si era concluso nel 2015.
Mentre Di Battista in campagna elettorale parlava di TAP da fermare in 15 giorni, infatti, venivano firmati tre documenti che autorizzavano il TAP.
Il primo documento è la Ratifica del trattato Italia-Albania-Grecia pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 4 gennaio del 2014 e che dà , di fatto, il via libera alla realizzazione dell’opera con l’Italia che si impegna a non ostacolarla.
Contro l’approvazione i 5 Stelle votarono effettivamente contro: erano consapevoli, dunque, che rappresentava un punto di non ritorno per la realizzazione del gasdotto. Un secondo punto arriva l’11 settembre del 2014 quando il ministero dell’Ambiente dà  il via libera al decreto ambientale che autorizza tutte le opere necessarie per costruire il tubo nella parte italiana.
Infine l’ultimo documento cruciale è del 20 maggio del 2015: l’Autorizzazione unica firmata dal Mise.
Il trattato internazionale. Il decreto ambientale. L’autorizzazione unica.
È dal 2015 che era chiaro che, indietro, era praticamente impossibile tornare.
Ecco quindi i conti delle “penali”: l’opera costa 4,5 miliardi e ne è stato realizzato l’80%: occorrerebbe quindi risarcire circa 3,5 miliardi.
Il governo poi stima in 11 miliardi di euro i danni derivanti dalle mancate consegne di gas da parte di Tap agli acquirenti, a cui si aggiungerebbero l’utile a cui Tap dovrebbe rinunciare e i costi che ricadrebbero sui produttori azeri relativi al gas estratto e non venduto. Il conto è in tavola, ma i commensali sono tutti scappati.

(da “NextQuotidiano”)

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ESPLODE LA RABBIA NO TAP IN SALENTO: BRUCIATE IN PIAZZA BANDIERE M5S E FOTO DEI PARLAMENTARI GRILLINI

Ottobre 28th, 2018 Riccardo Fucile

MANIFESTAZIONE A SAN FOCA CONTRO IL TRADIMENTO DEL M5S: “QUESTO MERITATE, IL FUOCO”

“Barbara Lezzi, vattene dal Salento”; “questo meritate, questo meritate, il fuoco”: lo hanno urlato gli attivisti No Tap a San Foca mentre bruciavano la bandiera con il simbolo del M5S.
Obiettivo principale dei manifestanti è la ministra salentina Barbara Lezzi, con delega al Sud, che durante la campagna elettorale ha promesso che i pentastellati, una volta al governo, avrebbero fermato la costruzione del gasdotto Tap, invece nei giorni scorsi il governo ha dato il via libera definitivo all’opera.
“Il Salento e l’Italia sono appesi alla fronda del senso civico collettivo. Non facciamola seccare”.
Alcuni attivisti che partecipano alla manifestazione No Tap a San Foca di Melendugno (Lecce) hanno bruciato le proprie tessere elettorali e le foto che ritraevano i volti dei parlamentari del M5S eletti in Salento, compresa quella del ministro del Sud, Barbara Lezzi, e il simbolo del Movimento pentastellato.
Lo hanno fatto perchè – hanno spiegato – si sentono traditi da coloro che aveva promesso in campagna elettorale che il gasdotto Tap sarebbe stato bloccato in due settimane, invece il governo Conte ha ora avallato la costruzione dell’opera.
Per gli attivisti No Tap “le speranze dei cittadini sono appese a una fronda che per adesso è molto esile (solo qualche parlamentare, per ora). Speriamo che questa fronda cresca mettendo a nudo la gravità  delle scelte operate da questo governo su Tap e Ilva. Ma nel frattempo – conclude il comunicato – vogliamo ricordare al Paese e al Governo che esiste un’altra fronda, molto più ampia e robusta. Quella dei cittadini che da anni si oppongono a Tap, svelando la sua natura fraudolenta e offrendo una grande sponda agli esponenti politici che hanno a cuore la democrazia e il benessere delle comunità . Quei cittadini che hanno portato davanti alla magistratura le contraddizioni e gli scandali di questo folle progetto”.
Per ricordare agli elettori chi sono i pentastellati che si erano impegnati in prima persona sull’argomento gasdotto, il Movimento No Tap ha quindi allestito un manifesto con le loro fotografie, a partire da quella del ministro per il Sud, Barbara Lezzi. Passando per Alessandro Di Battista, Luigi Di Maio e poi Diego De Lorenzis, Soave Alemanno, Daniela Donno, Michele Nitti, Veronica Giannone, Leonardo Donno, Iunio Valerio Romano, Giuseppe L’Abbate, ovvero i parlamentari eletti in Salento.
Di Battista e la Lezzi, nell’aprile 2017, tennero un comizio proprio dove oggi, nonostante la pioggia e il forte vento, si sta svolgendo la manifestazione e promisero che se il M5s fosse andato al governo avrebbe bloccato l’opera in due settimane. “Avete tradito il contratto di governo sottoscritto con i vostri elettori – è scritto nel manifesto – che prevede la partecipazione dei cittadini nelle decisioni che li riguardano e un’analisi costi/benefici sulle grandi opere. Con il vostro voltafaccia avete dimostrato di essere peggio dei vostri predecessori. Se vi resta ancora un minimo di dignità  e onestà  dimettetevi”.
Duramente criticati anche i consiglieri regionali pugliesi del Movimento, dei quali viene fatta girare sui social una foto in cui l’intero gruppo esponeva dei cartelli No Tap.
Del gruppo faceva parte anche Tony Trevisi, consigliere regionale che ieri ha espresso tramite un post tutta la sua delusione per il comportamento del governo Conte. Una decisa presa di distanza dalle decisioni governative è stata la deputata veneta Sara Cunial: “Quello che sta succedendo in queste ore sul fronte #Tap ci costringe a prendere una posizione chiara. Essendo evidente la mancata ottemperanza di varie prescrizioni ed essendo ormai palese l’inesistenza di un serio contratto tra lo Stato e Tap nonchè delle presunte penali “insostenibili”, tacere significherebbe tradire il nostro mandato elettorale, disattendere totalmente al nostro dovere di parlamentari della Repubblica italiana e, non ultimo, non riuscire più a guardarci allo specchio”.
C’è vento forte, a San Foca, eppure i manifestanti sono lì. I comitati No Tap hanno organizzato un sit-in per sottolineare ancora una volta la loro contrarietà  alla realizzazione del gasdotto che porterà  il gas in Italia dall’Azerbaigian. E protestano anche contro il Movimento 5 Stelle, che le promesse per bloccare il cantiere le ha tradite. Tornano a strappare le schede elettorali, ma bruciano anche il manifesto con i volti dei parlamentari di cui chiedono le dimissioni, e anche una bandiera del Movimento 5 Stelle.
Fra i manifestanti anche il sindaco di Melendugno, Marco Potì: “La battaglia contro il gasdotto non è persa – dice – visto che in piedi ci sono ancora vari procedimenti pendenti, sia in sede di giustizia amministrativa che penale”. “Il voto dei cittadini è una cosa seria, i sindaci lo sanno bene – ha aggiunto – perchè quando vanno davanti ai cittadini a dire ‘io faccio questa cosa’, ci mettono la faccia. Quest’opera è stata considerata da tutti, esperti, professori universitari, uno stupro al territorio ed è per questo che stiamo ancora in piazza”.
Alla protesta ha partecipato anche una decina di sindaci del territorio, compreso Pompeo Molfetta, sindaco di Mesagne, territorio anch’esso, come quello di Melendugno, interessato all’attraversamento dell’infrastruttura.
Per le strade di Melendugno vengono affissi manifesti in cui si accusa di tradimento il Movimento 5 Stelle: “Siete peggio dei vostri predecessori, dimettetevi” è scritto sotto i volti del vicepremier Luigi Di Maio, della ministra per il Sud, Barbara Lezzi, e di parlamentari pentastellati pugliesi.
E parte anche una campagna social che chiede le dimissioni dei parlamentari e dei consiglieri regionali pugliesi eletti con i voti del Salento.
La base grillina in tutto il Salento è in rivolta. Le pagine Facebook di parlamentari pugliesi e consiglieri regionali sono messe a ferro e fuoco dagli elettori pentastellati.
E la tensione cresce. I senatori Lello Ciampolillo e Saverio De Bonis e la deputata Sara Cunial hanno contestato il presidente del consiglio, tornando sempre sul nodo delle penali che sarebbero previste nel caso in cui l’opera si bloccasse: “Anche Conte sbaglia. Non ci possono essere penali, semplicemente perchè non esiste alcun contratto tra Stato e Tap. Non ci possono nemmeno essere costi a carico dello Stato, semplicemente perchè, non essendovi a oggi il rispetto delle prescrizioni da parte di Tap, non vi può essere responsabilità  dello Stato”.
A dar loro man forte anche l’ex ministro Pd del Mise Carlo Calenda: “Di Maio si sta comportando da imbroglione, come su Ilva. Non esiste una penale perchè non c’è un contratto (fra lo Stato e l’azienda Tap ndr) ma, in caso, una eventuale richiesta di risarcimento danni” da parte dell’impresa “visto che sono stati fatti investimenti a fronte di un’autorizzazione legale”. E conclude: “Di Maio sta facendo una sceneggiata e sta prendendo in giro gli elettori ai quali ha detto una cosa che non poteva mantenere”.
I nervi tesi si avvertono però anche all’interno della coalizione gialloverde, con il ministro dell’Interno Matteo Salvini che si trincera dietro il silenzio anche di fronte all’altra questione aperta, quella relativa alla Tav.
I consiglieri regionali pugliesi provano ad autoassolversi: “I politici salentini l’hanno fatta franca anche stavolta. Io ho lottato per fermare quest’opera inutile. Non ho nulla da rimproverarmi. Resterò sempre un No Tap”, scrive su Facebook il consigliere regionale 5 Stelle Antonio Trevisi. “Sono delusa e arrabbiata”, dice l’altra consigliera Antonella Laricchia.*
Di “delusione devastante” per il M5S parla il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano. “Bugiardi e spregiudicati”, scrive su Twitter, per poi rilanciare la sua proposta si spostare l’opera 30 chilometri più a nord. “Se lo facciamo non c’è nessuna penale e nessun risarcimento”.
Sembra un’era fa, ma era solo il 2017 quando Alessandro Di Battista durante un comizio fece proprio a San Foca la promessa di fermare Tap: “Con il governo del Movimento 5 Stelle questa opera la blocchiamo in due settimane”. Ora, poco distante, gli attivisti protestano e continuano a strappare schede elettorali.
E nel frattempo la società  ha riacceso i motori per far ripartire i lavori, sospesi due settimane fa. Proprio nel luogo della manifestazione è atteso l’arrivo dell’imbarcazione Sara T, ormeggiata a Otranto, che dovrà  sistemare le boe per monitorare il rumore e la torbidità  dell’acqua.
La nave potrebbe arrivare sulla spiaggia di San Foca già  dal 29 ottobre. A seguire toccherà  alla Adhemar De Saint Venant, al momento ferma nel porto di Brindisi, avviare i lavori per la costruzione del palancolato sottomarino nella zona in cui sbucherà  il microtunnel.
Nello stesso momento Tap comincerà  anche a lavorare a terra, nella zona di Masseria del Capitano, dove verrà  realizzato il terminale di ricezione. Sul cantiere però restano i poblemi giuridici, a partire dal sequestro di un’area da parte della Procura di Lecce.

(da agenzie)

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ECCO COSA E’ SUCCESSO A #ROMADICEBASTA

Ottobre 28th, 2018 Riccardo Fucile

LA MOBILITAZIONE SPONTANEA DI 10.000 ROMANI: IL POPOLO VERO CONTRO IL GOVERNO TAROCCO DEL POPOLO

E #romadicebasta la mattina di sabato 27 ottobre 2018 ha riempito Piazza del Campidoglio. 10.000 persone? “Sì. Dicono 10.000. Era tutto pieno fino alla scalinata di Piazza Venezia e a Largo Arenula”, ci risponde Emma Amiconi: portavoce di quel gruppo “Tutti per Roma Roma per Tutti” che ha organizzato il sit-in.
Sit-in, poi per modo di dire. Una massa di gente stava in piedi e si muoveva, fluendo in continuazione. Tamburi, fischietti e la banda di Cecafumo che suonava a tutto volume evocavano i toni classici delle manifestazioni sindacali, ma d’altra parte per la piazza si aggirava pure un fantasma col lenzuolo e la scritta “referendum dell’11 novembre”.
Vecchio stilema delle proteste di Pannella. Accanto lui, una sosia della sindaca Raggi ricordava biliosa il calendario: “11 novembre è San Martino. Non c’è scritto nient’altro. San Martino: castagne arrosto e nuovo vino”.
E poichè era il Campidoglio, attorno alla statua di Marco Aurelio fiorivano in quantità  cartelli e striscioni allacciati alla più antica tradizione delle Pasquinate. “Raggi, una buca ti inghiottirà ”. Su una scopa: “oggetto molto utile… forse sconosciuto a Roma”. Vari urli di Munch. Foto di cinghiali grufolanti tra i rifiuti, bus in fiamme, cassonetti straripanti: “la Grande Bellezza”, “la Grande Monnezza”. “Natale/ ne rattristo e m’abbacchio/ ar ricordo de Spelacchio”. “I ratti e i cinghiali di Roma ringraziano. I cittadini noi”. “Aiutiamola a casa sua”. “A Virgi l’estate sta finendo”. “Raggi ti venga un raggio di luce in quel cervello buio”.
“Una piazza sorridente”, commenta sempre Emma Amiconi. “Arrabbiata ma civile. Proprio una bella piazza”. “Comunque tanta gente. Sono venuti in molti di più di quanti ci potessimo aspettare”.
Quindi è riuscita? “Sì, è riuscita, ma adesso bisogna continuare. Naturalmente, questo è solo l’inizio. Adesso ci sediamo, ragioniamo e continuiamo”. Prossime tappe? “Analizzare tutto il materiale che abbiamo raccolto. Ragionare anche sulla dimensione organizzativa e su quelle che potrebbero essere le cose da fare che non siano state fatte già  da altri, perchè non avrebbe senso sovrapporsi. E trovare uno spazio che dia voce e futuro a tutta questa energia che abbiamo raccolto oggi, che ci ha veramente commosse”.
Un gruppo di studenti rielabora su un cartello la Catilinaria di Cicerone. “Quo usque tandem abutere, Virginia, patientia nostra?”.
Un altro cartello appoggiato al muro del Palazzo Senatorio cita la canzone di Luigi Magni e Armando Trovajoli cantata da Gigi Proietti-Cavaradossi nel musical Tosca: “Nun je da’ retta Roma che t’hanno cojonato”. Un terzo striscione sotto a Marco Aurelio evoca Rino Gaetano. “Nun te Raggi Più”.
“Questo è il segno che abbiamo colto l’onda giusta, le parole giuste, la prospettiva giusta”, commenta Emma Amiconi. “2500 anni di storia romana che dicono basta?” “2500 anni di storia romana che dicono basta e che vogliono ricominciare?”
Manifestazione apolitica, ma non antipolitici.
Politici infatti ci sono: sia di centro-sinistra, sia di centro-destra. Tra i primi Riccardo Magi, di + Europa. “Qua in Piazza del Campidoglio c’erano 10.000 cittadini, accomunati dalla stanchezza per una retorica di chi governa questa città  secondi cui tutto bene, tutto sta migliorando. Questo non corrisponde alla loro vita, al disagio che vivono tutti i giorni, e che invece racconta di un peggioramento di tutto., A partire dai servizio pubblici”. E infatti per la piazza si aggirava un fantasma…
“Noi eravamo qui per portare quella che secondo noi è la prima occasione di cambiamento vero: il referendum dell’11 novembre per la messa a gara del trasporto pubblico locale. E per portare l’informazione. Intanto per dire che c’è occasione di alzare la testa, di esprimere un disagio in maniera democratica e in maniera partecipata. Il fantasma era il vecchio modo con cui il Partito Radicale e Marco Pannella hanno sempre rappresentato in maniera che colpisse i cittadini l’assenza della democrazia, l’assenza del dibattito pubblico attraverso la negazione dell’informazione a cittadini su una occasione di voto”. Ma qua è molto peggio che in passato…
“Diciamo che chi a parole dice di essere nato dalla democrazia diretta in realtà  mostra in questa occasione del referendum romano dell’11 novembre una profonda disonestà  intellettuale, e di disprezzare nei fatti la partecipazione dei cittadini. È incredibile la schizofrenia. Mentre a livello nazionale si promuove il rafforzamento del referendum e si fa pure un ministero per la democrazia diretta, a livello locale si nega tutto questo” .
Per il centro-destra c’è invece Stefano Parisi. “Roma alza la testa. Ovviamente quella degli amici di Energie per l’Italia è una adesione che facciamo a livello personale. Giustamente, era una manifestazione apolitica. Ma dobbiamo evitare che sia una cosa contro i partiti, perchè questa logica dei Cinque Stelle che sono contro i partiti rischia di prendere un po’ tutti. E questo è sbagliato, perchè i partiti sono importanti”.
Sono un partito anche loro, peraltro.. “Sono un partito dicendo di non esserlo. Dissimulano. Vorrei però aggiungere che se in questa manifestazione c’è giustamente molta sensibilità  sui problemi del degrado e del decoro urbano, a Roma ci sono anche tanti altri problemi. La sicurezza, il degrado delle periferie, la povertà , la disoccupazione. La questione non è soltanto di ripulire Roma, ma è molto più ampia. Se però qui è venuta tanta gente vuol dire che Roma ha smesso di essere rassegnata e alza un po’ la testa”. E il dato interessante era infatti la presenza di gente evidentemente con passati politici molto diversi. “Verissimo.. Ma d’altronde ormai lo schema destra sinistra è saltato. Credo che dobbiamo metterci d’accordo tra coloro che pensano che si può fare una buona gestione di una città . Ovviamente, senza pensare che è tutto colpa della Raggi. Sarebbe una sciocchezza, perchè c’è una evidente responsabilità  di tutti i governi precedenti. Per questo credo che sia oggi importante un progetto nuovo per una classe dirigente nuova della città ”.

(da “NextQuotidiano”)

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