Destra di Popolo.net

SALVINI HA GIA’ RIACCOLTO DALLA GERMANIA 1692 RICHIEDENTI ASILO CON I VOLI DI LINEA, MA NON VOLEVA CHE SI SAPESSE

Ottobre 8th, 2018 Riccardo Fucile

E ORA LA POLEMICA CON BERLINO RENDE ANCORA PIU’ DIFFICILE LA TRATTATIVA CON LA TUNISIA

C’è un’intesa non scritta che mirava a consentire il rientro in Italia dei profughi fuggiti in Germania, senza alcun attrito tra i due Stati.
Finora per trasferire gli stranieri vengono sempre utilizzati gli aerei di linea e al momento dell’arrivo a Fiumicino è la polizia italiana a prelevarli per portarli nei centri di accoglienza.
Giungono a piccoli gruppi, massimo cinque o sei. Ma nelle ultime settimane, per cercare di razionalizzare l’uso delle scorte e organizzare al meglio il trasporto nei centri di accoglienza, era stato ipotizzato di usare i charter per il trasferimento di 25 stranieri per volta.
E infatti il volo concordato per giovedì 11 ottobre con arrivo nello scalo romano, prevedeva esattamente questa cifra e questa modalità .
Se la notizia non fosse filtrata tutto sarebbe filato liscio.
Il trattato di Dublino obbliga infatti lo Stato di primo ingresso a gestire il richiedente asilo fino al termine della procedura per l’eventuale riconoscimento dello status di rifugiato. E dunque se lo straniero viene rintracciato in un Paese diverso da quello che l’ha registrato per primo, deve essere riportato da dove è andato via
Finora tra Roma e Berlino c’è sempre stata collaborazione, anche per quanto riguarda le scadenze da rispettare. Quando il migrante viene fermato in Germania, ci sono due mesi di tempo per controllare l’identità  e scoprire – attraverso la banca dati europea – da dove proviene e dunque formalizzare la richiesta di trasferimento.
A quel punto lo Stato di provenienza (nel caso specifico l’Italia) ha altri due mesi per effettuare i controlli e rispondere all’istanza. Se non lo fa, scatta una sorta di silenzio assenso e viene attivata la procedura per il trasporto.
Si tratta di persone che hanno chiesto asilo e dunque non possono essere tenute in stato di detenzione.
E infatti nei mesi scorsi è capitato spesso che molti di loro, alla vigilia del trasferimento in Italia, siano andati via dai centri di accoglienza tedeschi e siano diventati “irreperibili”. Anche per questo – nel corso dell’ultimo vertice europeo – le delegazioni tecniche di Roma e Berlino avevano valutato la possibilità  di utilizzare i charter con un massimo di 25 persone a bordo.
In questo modo, si fa notare adesso, sarebbe stato più agevole organizzare sia la registrazione alla frontiera, sia il successivo trasporto nelle strutture di accoglienza. Luoghi dove i profughi rimangono sempre in stato di libertà  e dai quali spesso si allontanano proprio perchè ritengono l’Italia un Paese di transito, una tappa obbligatoria prima di raggiungere i familiari che si trovano nel nord Europa.
Dopo le tensioni delle ultime ore, sembra davvero difficile che si riesca a raggiungere un’intesa per cooperare con Berlino.
Anche se questo rischia di ritorcersi contro l’Italia che sta provando a trattare con gli Stati africani – Tunisia in testa – l’aumento dei voli charter per riportare in patria i migranti irregolari.
Dopo aver deciso di seguire la linea dell’intransigenza in Italia, sarà  infatti arduo ottenere che altri collaborino accettando i voli “dedicati” per rimpatriare gli espulsi.

(da “il Corriere della Sera”)

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BASTA “MUSSE” SU GENOVA, GLI SFOLLATI PERDONO LA PAZIENZA E URLANO A TONINELLI: “NON RACCONTATECI BALLE”

Ottobre 8th, 2018 Riccardo Fucile

MENZOGNE PRESENTI ANCHE NEL DECRETO: IL COMMISSARIO BUCCI DENUNCIA UN BUCO DA 200 MILIONI

Gli applausi del giorno dei funerali, in meno di un paio di mesi, si sono trasformati in fischi e contestazioni.
Il passo fiero e deciso del ministro dei Trasporti Danilo Toninelli è stato azzoppato da un corteo di commercianti e sfollati di Genova che questa mattina gli è andato incontro gridando: “Non raccontateci bugie”.
E il concentrato di bugie, secondo i manifestanti, è nelle pagine del decreto che non rispetterebbe le promesse fatte sull’onda dell’emotività  dopo il crollo del ponte Morandi.
Decreto criticato anche, ironia della sorte, dal commissario straordinario per la ricostruzione Marco Bucci oggi in audizione alla Camera che ha lamentato i pochi soldi stanziati e anche le promesse disattese tra cui le assunzioni che sono state dimezzate.
Davanti agli abitanti sempre più sfiduciati, il governo giallo verde sta pensando a modifiche sostanziali da apportare in Parlamento. I gruppi M5s e Lega stanno già  studiando le proposte da presentare ma bisogna fare i conti con le coperture finanziarie, ci sono state già  mille difficoltà  affinchè la Ragioneria licenziasse il provvedimento, e con il pericolo dei ricorsi.
A conti fatti l’esecutivo ha capito che servono 200 milioni in più per rispettare gli annunci, risollevare le aziende in ginocchio, dunque non solo risarcirle ma farle anche ripartire, e far riavere agli sfollati una casa.
Bucci parla di “120 ai 140 milioni in più” di cui “90 milioni circa servono per gli sfollati mentre la demolizione del ponte viaggia sui 300/350 milioni”. Ma fonti ben informate parlano di una cifra più alta.
A proposito di demolizione c’è un problema che riguarda i tempi. “Quel che resta del ponte Morandi è ancora di Autostrade per l’Italia. O lo espropriamo o si revoca la concessione ad Aspi. Una volta che la legge spiegherà  come riavere il ponte, potremo operare”, ammette il sindaco-commissario.
Una data dunque non c’è, se non quella di ottobre prossimo annunciata sul palco di Genova quando il 14 settembre scorso sono state ricordate le 43 vittime a un mese dal crollo del ponte. È sotto gli occhi di tutti che non sarà  possibile ricostruire l’intera struttura in un anno e i paletti così stretti messi nero sul bianco nel decreto complicano anche l’inizio dei lavori e aumentano la possibilità  di sanzioni.
Di certo nell’immediato servono i soldi per gli espropri per entrare in possesso delle aree su cui fare la ricostruzione, ma per far questo è necessario che il decreto stanzi subito le risorse. Parola di Bucci. Ecco perchè il costo lieviterà  e un altro scontro con la Ragioneria è pronto ad aprirsi.

(da “Huffingtonpost”)

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COSI’ OSTACOLANO IL LAVORO DELLE ONG: LA IGNOBILE COCCA TRA ROMA, TRIPOLI E MALTA

Ottobre 8th, 2018 Riccardo Fucile

OCCULTAMENTO DEGLI SOS, TRAPPOLE E DEPISTAGGI PER EVITARE I SOCCORSI A CHI MUORE IN MARE… NON VOGLIONO TESTIMONI DEI LORO REATI

Mancano solo i colpi di mortaio e la contraerea. Per il resto, quella che si può vedere da qui, dal ponte di comando della Astral, il veliero di Open Arms che assiste questa prima missione italiana nel cuore del Mediterraneo, assomiglia in tutto e per tutto a una piccola, insensata, battaglia navale.
Una paradossale miniatura di guerra, con le ong internazionali da una parte e un’inconfessata ma piuttosto evidente alleanza sull’asse Roma-Tripoli-Valletta dall’altra.
Lunedì mattina l’equipaggio del Mare Jonio che pattuglia una zona di mare lontana 80 miglia dalla Astral è stato svegliato di buon’ora dal volo indiscreto di un Seagull, un aereo dell’operazione europea Sofia (l’iniziativa di pattugliamento anti trafficanti) che continuava a sorvolare il rimorchiatore a bassa quota.
Dopo alcuni minuti, via radio, è cominciato uno strano interrogatorio, con il pilota che chiedeva tutti i dati dell’imbarcazione, dell’equipaggio, della rotta, persino dell’agenzia marittima a cui era appoggiata la logistica dell’imbarcazione. “Mancavano solo il segno zodiacale e il colore preferito del comandante”, scherzano dal ponte raccontando l’accaduto.
Domenica mattina più o meno alla stessa ora gli ospiti dell’Astral — tra cui, occasionalmente, la manciata di giornalisti internazionali al seguito del Progetto Mediterranea — erano stati sorpresi dal frastuono di un Hercules dell’aeronautica spagnola in missione Sar (search and rescue) che ha passato due ore buone a volare a bassa quota in cerchio intorno alle quattro imbarcazioni che in quel momento partecipavano alla spedizione italiana (oltre al veliero Astral e al rimorchiatore Mare Jonio c’era lo Jana, un Bavaria 50 a vela, mentre il Burlesque, la quarta imbarcazione, era tornato a terra per sbarcare una troupe di Bbc).
Che tipo di attività  abbiano svolto per davvero i due aerei militari non è immaginabile. Sia gli attivisti di Open Arms sia quelli di Mediterranea danno per scontato che si sia trattato di manovre ostili e dal sapore vagamente intimidatorio.
“Scattano foto e girano video”, spiegano, “vogliono documentare, per qualsiasi evenienza, i movimenti delle imbarcazioni in acque di competenza libica”.
Le informazioni, a quanto pare, sono infatti l’arma d’elezione di questa strana battaglia. Il cui ultimo obbiettivo, contrariamente a quello che si possa pensare, non è evitare che i migranti raggiungano le coste europee, chè questo — come gli italiani hanno avuto modo di documentare in questi pochi giorni di missione – accade quotidianamente: per dire, quattro giorni fa, a nemmeno dieci ore dalla partenza, la Burlesque, aveva incrociato un barchino — quello, sì, un vero “taxi del mare” — che trasportava tranquillamente una quindicina di persone dalla Tunisia a Lampedusa.
Il vero obbiettivo della battaglia navale che si sta combattendo in queste ore davanti alle coste libiche, è piuttosto un altro.
Evitare che i migranti fuggiti dalla Libia finiscano a bordo di imbarcazioni ong e che dunque si ritrovino in condizione di testimoniare cosa accade quotidianamente da questa parte del Mediterraneo.
A tale scopo – spiega Riccardo Gatti, comandante italiano della Astral — si prodiga quotidianamente la suddetta alleanza, dispiegando in acqua tutto un sofisticato armamentario di informazioni e disinformazioni, rimandi e trappole via radio, che servono semplicemente a ostacolare il lavoro delle ong.
Una sorta di guardia e ladri, insomma, ma alla rovescia.
Le tecniche sono le più svariate, sì va dall’occultamento degli sos, al depistaggio vero e proprio.
In soli tre giorni di missione il giochino è riuscito già  due volte, secondo quanto sono riusciti a testimoniare i giornalisti a bordo.
La prima, il 5 ottobre. Quando, alle 18, il Colibrì — un aereo biposto che collabora con Sea Watch — segnala la presenza di un gommone con 20-40 persone a bordo. La Mare Jonio contatta subito il Maritime rescue coordination center (Mrcc) italiano che però non emette nessuna segnalazione di “distress”, imbarcazione in pericolo, limitandosi a dire molto prontamente che “il coordinamento dell’intervento era già  stato assunto dalla Guardia Costiera libica”.
Arrivati comunque sul posto (le ong internazionali non ritengono la Libia un porto sicuro) gli attivisti di Mediterranea non hanno trovato nessun gommone: era già  stato riportato indietro dai libici.
Cosa della quale la Mrcc italiana ha dato notizia solamente alle 22.10, quando buona parte della giornata di ricerche era stata buttata via.
Il giorno successivo, la replica. Più o meno allo stesso orario, via radio, la Mare Jonio riceve un messaggio di “distress” da Malta, a cinquanta miglia di distanza nella direzione opposta a quella in cui sta navigando.
Erano mesi che Malta non inviava segnalazioni del genere. Immediatamente la nave italiana inverte la rotta. Ma dopo un paio d’ore di navigazione arriva, sempre via radio, il contrordine: la capitaneria di Malta ha già  fatto l’intervento salvando 120 persone.
Nel frattempo però l’intera spedizione aveva deviato dalla rotta originale di più di una ventina di miglia e aveva compromesso l’intera giornata di ricerche.
La chiave di tutto, come si vede, è cercare di non far arrivare informazioni utili alle Ong.
In quattro giorni di attività  la radio di bordo non ha segnalato niente, nella pur vastissima zona. Sono arrivate segnalazioni da ogni parte del Mediterraneo (una persino dalla Manica) ma dal Mar Libico, nulla.
Le leggi internazionali prevedono che per ogni imbarcazione in pericolo venga emessa una comunicazione a tutti i naviganti. Consultando le sole fonti ufficiali, invece, si contano sette interventi da parte delle autorità  libiche, maltesi e tunisine, ma nessun messaggio radio.
“Da un lato — spiega Riccardo Gatti — c’è da rammaricarsi pensando ai tempi, nemmeno troppo lontani, in cui lavoravamo quotidianamente gomito a gomito con la Guardia Costiera italiana che ci coordinava, condivideva informazioni e si appoggiava a noi per svolgere il proprio ruolo nel Mediterraneo. Dall’altro c’è da essere contenti, era moltissimo tempo che Malta non era così attiva su questo fronte, evidentemente l’arrivo degli italiani ha risvegliato qualcuno”.
Anche solo questo è già  un discreto risultato.

(da agenzie)

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FINTI POVERI: 6 DOMANDE DI PRESTAZIONI SOCIALI AGEVOLATE SU 10 SONO IRREGOLARI

Ottobre 8th, 2018 Riccardo Fucile

IN SEI MESI SU 8847 PERSONE CONTROLLATE DALLA GDF, BEN 5435 NON ERANO IN REGOLA PER ACCEDERE ALLE AGEVOLAZIONI… E PARLARE DI REDDITO DI CITTADINANZA SENZA CONTROLLI   A MONTE FA RIDERE

Ci sono sei “finti poveri” ogni dieci soggetti controllati nei primi sei mesi dell’anno, il 60%. E’ il bilancio delle verifiche mirate effettuate dalla Guardia di finanza sui beneficiari di prestazioni sociali agevolate ed esenzione dai ticket sanitari
Un dato allarmante in vista dell’intorduzione del reddito di cittadinanza fortemente voluto dal vicepremier Luigi Di Maio.
Secondo i dati diffusi dal Sole 24 Ore, su 8.847 persone controllate nei primi 6 mesi dell’anno dalle Fiamme gialle, 5.435 non avevano le carte in regola per ricevere agevolazioni che sono state già  richieste o addirittura incassate
Le criticità  maggiori si registrano analizzando il dettaglio dei ticket sanitari dove le irregolarità  raggiungono il 90% (3.367 su 3.611 verifiche).
In calo, invece, i “furbetti” delle prestazioni sociali agevolate.
In questo campo il miglioramento è forse dovuto al nuovo Isee che prevede controlli preliminari dell’Agenzia delle Entrate e dell’Inps su informazioni dichiarate dai cittadini.
La rilevazione della giacenza media sul conto corrente, inoltre, ha diminuito il fenomeno di chi “dimenticava” titoli e investimenti
I controlli fin qui effettuati negli ultimi anni dalla Guardia di finanza coprono meno dello 0,05% dei potenziali beneficiari del reddito di cittadinanza.
Il sottosegretario all’Economia, Laura Castelli, ha già  annunciato che le verifiche potrebbero essere effettuate tramite incrocio di banche dati. Questa soluzione potrebbe essere efficace ma è soggetta al vaglio della privacy, come testimoniano le esperienze con redditometro e precompilata.
I database, comunque, non sono efficaci contro i finti poveri che incassano redditi in nero e fanno la spesa con i contanti
In base alla normativa attuale, le sanzioni per chi dichiara il falso su condizioni personali o reddito per avere benefici assistenziali consistono nella reclusione da 6 mesi a tre anni e nella multa tra 51 e 1.032 euro.
Come dire che in galera non ci finisce nessuno.

(da Globalist)

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ORA IL NEMICO DEL POPOLO DEI PATRIDIOTI E’ PIERO ANGELA

Ottobre 8th, 2018 Riccardo Fucile

HA OSATO CRITICARE LA MANOVRA ECONOMICA DEI DUE FUORICORSO

Sabato Piero Angela è stato ospite di Massimo Gramellini a Le parole della settimana. Il popolare conduttore e divulgatore televisivo ha parlato anche (ma non solo) della situazione italiana ed in particolare dell’intenzione — più volte annunciata dal governo — di fare nuovo debito pubblico per finanziare la manovra economica del governo Conte-Di Maio-Salvini.
Angela prima ha ricordato che chi viene ad investire nel nostro paese non trova una condizione favorevole e dicendo che «è molto grave» che lo Stato crei debito pubblico.
Piero Angela non ha detto che è grave o sbagliato il fatto che lo faccia il governo gialloverde, ha parlato della creazione del debito da parte dello Stato.
Ma è chiaro che dal momento che al governo ora ci sono quelli del Cambiamento la responsabilità  sia anche dell’attuale esecutivo.
Di fatto Piero Angela non ha detto nulla di rivoluzionario, solo un discorso di buonsenso (altra parola chiave del governo Conte): ovvero che fare troppo debito non è una cosa che l’Italia e gli italiani possono permettersi.
E non è certo la prima volta che Angela interviene in televisione per parlare del debito pubblico. Lo aveva già  fatto nel 2015 a Ballarò.
All’epoca al governo c’era Matteo Renzi e il creatore di Super Quark usò lo stesso esempio della famiglia che fa debiti fatto da Gramellini «se stendi banconote da 100 euro la lunghezza del debito pubblico italiano è 5 volte la distanza Terra-Luna. La politica distribuisce ricchezza, non la crea» chiedendosi «come si fa a indebitarsi così».
Non è però un buon periodo per criticare chi sta al potere perchè si viene tacciati di essere al soldo dei Poteri Forti.
Ed infatti la folla dei patridioti ha subito attaccato Angela, reo di diffondere le solite panzane sullo spread.
I nostri eroi dell’Internet hanno scoperto che Angela non è un economista (non che lui abbia mai sostenuto di esserlo) e che il fatto che sia un divulgatore non significa che abbia capito tutto.
Per la verità  Angela è un giornalista ed autore di molti libri, e come tutti i giornalisti (e i cittadini) ha le sue opinioni. Quando viene intervistato in televisione Piero Angela parla di quello che pensa. Quando va in onda con il suo programma invece invita degli esperti a spiegare quello che succede. Da Gramellini Angela non era ospite in quanto esperto ma in quanto autore e conduttore di numerosi programmi di successo.
Improvvisamente però il popolo di quelli che un giorno sì e uno pure rinfacciano a “quelli di prima” di essere competenti e di aver prodotto il disastro in cui viviamo scopre che Piero Angela non solo non è un economista, ma non è nemmeno laureato. Il che in teoria non dovrebbe essere un grande problema visto che nè Luigi Di Maio nè Matteo Salvini hanno mai conquistato il famoso pezzo di carta.
E a dirla tutta nemmeno Beppe Grillo, guru, padre spirituale, Capo Politico e Garante del MoVimento 5 Stelle non è mai laureato.
Eppure sul suo vecchio blog e nei suoi spettacolo teatrali ha dato spesso spazio a teorie non-scientifiche. Gli italiani che non hanno alcun problema ad affidarsi a leader di questo tipo però non accettano che Piero Angela possa dire quello che pensa (da diversi anni) in televisione.piero angela spread laurea – 6
Negli ultimi dieci anni un movimento poi diventato partito politico ha messo costantemente in discussione il parere degli esperti.
Anche quando alcuni di loro hanno spiegato che, ad esempio sui vaccini, le cose non stanno come dicono loro ci sono stati ex deputati e consiglieri regionali che hanno sostenuto l’esatto contrario.
Insomma è molto semplice: se chi “critica” il M5S è un esperto dice qualcosa che non vogliamo sentire è pagato da qualcuno che vuole difendere i propri interessi. Se invece non è laureato allora non bisogna prestare attenzione a quello che dice. Anche se queste cose le diceva tre anni fa “contro” il famigerato governo precedente.
Ecco quindi che gli avvocati d’ufficio del governo Salvini-Di Maio spiegano che non solo Piero Angela non è il luminare che tutti credono (?) ma che non è nemmeno uno scienziato «insomma non parliamo di Einstein o di Fermi».
E anche se lo fosse sarebbe in ogni caso al soldo di chi trama contro il bene del Paese. Non come i non laureati, non scienziati che guidano i due partiti della maggioranza.
C’è chi protesta e dice che la legge di bilancio non è ancora stata approvata e dimentica però che Angela non sta parlando di quella ma del tema — più generale — del debito pubblico.
Altri invece annunciano di voler “ritirare” tutti i complimenti fatti per i programmi televisivi di Angela. Altri ne chiedono le dimissioni.
Oppure sperano che alla Rai “parta la più spietata delle epurazioni”.
Chissà , magari sono sempre quelli che fino a sei mesi fa ci facevano una testa così con la storia della classifica della libertà  di stampa e di come per colpa del PD il nostro Paese fosse finito al 77° posto.
Non mancano le ipotesi più complottiste. Come il commento di chi ci rende noto che “sulla Luna non siamo mai andati” (l’ha detto anche il noto scienziato e luminare Carlo Sibilia). Ma l’attacco più duro è quello di chi rinfaccia ad Angela di essere “figlio di un massone del 33esimo grado del rito scozzese antico e accettato” e di non voler divulgare la truffa della moneta a debito (il famigerato signoraggio bancario).

(da “NextQuotidiano”)

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COME LE AGENZIE DI RATING POSSONO AFFOSSARE IL GOVERNO DEI PATACCARI, MENTRE OGGI LO SPREAD E’ SCHIZZATO A 303

Ottobre 8th, 2018 Riccardo Fucile

ENTRO FINE MESE IL VERDETTO DI STANDARD & POOR’S E MOODY’S

La spada di Damocle del rating sta arrivando.
Il giudizio sulla capacità  di una società  o di uno Stato di restituire i soldi che chiede in prestito arriverà  ad ottobre per l’Italia e sarà  decisivo per la sorte del governo Lega-M5S.
Venerdì 26 ottobre arriverà  il verdetto di Standard & Poor’s, entro la fine del mese si aggiungerà  quello di Moody’s, Fitch e DBRS daranno il loro responso probabilmente il prossimo gennaio.
Al momento il rating del debito sovrano italiano è BBB per Standard & Poor’s, Baa2 con outlook negativo per Moody’s, BBB con outlook negativo per Fitch e BBB High per DBRS (il che — al di là  delle metriche diverse utilizzate dalle due agenzie — vuol dire che il debito italiano è appena due livelli sopra i Junk Bond, i titoli spazzatura ad alto rischio, per le prime tre e tre livelli sopra per DBRS).
Ed è inutile dire che le aspettative non sono positive e ci si aspetta un declassamento che potrebbe scatenare un effetto domino irreversibile sulla distribuzione della mappa del potere italiano.
A fine agosto Fitch ha confermato il rating sull’Italia ma ha rivisto al ribasso l’outlook da «stabile» a «negativo». Subito dopo lo spread è schizzato a 293 punti.
Un segnale del fatto che i mercati (che siamo noi) potrebbero voltare pesantemente le spalle al governo dopo un declassamento.
Le agenzie di rating (che hanno una storia e una tradizione non esente da errori, anche clamorosi) preparano un declassamento che potrebbe avere effetti importanti: rischiamo la fuga dei grandi investitori, peraltro già  iniziata da mesi, dall’acquisto dei nostri titoli di Stato.
Aumenterà  lo spread, ovvero il differenziale di rendimento tra i Btp e Bund. In pratica per convincere gli investitori a continuare a prestarci i soldi dovremo alzare i tassi di interesse.
E non finisce qui. Nel 2019 si prevedono collocamenti per almeno un valore di circa 380 miliardi di euro.
Secondo le simulazioni dell’Ufficio parlamentare di bilancio, con uno spread stabile a 300p unti base la spesa per interessi aumenterebbe di 9 miliardi (in pratica il reddito di cittadinanza) nel 2019 per superare i 13 miliardi nel 2020. Secondo Goldman Sachs invece la spesa per interessi potrebbe lievitare fino a 20 miliardi di euro; ovvero due redditi di cittadinanza.
Ma l’effetto più importante è quello sui BtP: la Banca Centrale Europea non può comprare titoli che le agenzie di rating valutano negativamente. Almeno una deve avere un giudizio positivo: se arrivasse un declassamento unanime, la BCE non potrebbe più acquistare BtP interrompendo il flusso di liquidità  nel sistema bancario e dando il via a un ritorno del credit crunch. Con conseguenze disastrose sull’economia italiana.
Proprio per questo un aumento del rischio paese porta a catena effetti già  conosciuti in un annus horribilis come il 2011, con l’esplosione dello spread e la conseguente caduta del governo Berlusconi.
Oggi siamo ancora sulla soglia di uno scenario come questo. Scrive Marco Panara su Repubblica Affari e Finanza oggi che se non si governa la complessità  gli effetti collaterali possono essere anche molto gravi.
Per rimanere solo a quelli finanziari, il rischio è di spendere una cifra per realizzare le proprie politiche e il doppio per l’aumento dei tassi di interesse.

(da “NextQuotidiano“)

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CONGELATI I BENI DELL’OLIGARCA DERIPASKA: “VICINO A PUTIN E ALLA MAFIA RUSSA”

Ottobre 8th, 2018 Riccardo Fucile

E’ INCLUSO NELLA LISTA DELLE SANZIONI CHE SALVINI VUOLE TOGLIERE…. COINVOLTO IN OMICIDI, RICICLAGGIO DI DENARO SPORCO, CORRUZIONE E RACKET

Gli Stati Uniti sigillano i beni dell’uomo che è considerato vicino sia alla mafia russa che a Vladimir Putin. I federali hanno congelato tutti i beni nel Paese dell’oligarca russo Oleg Deripaska.
Lo racconta il New York Post spiegando che all’oligarca è stato sequestrata anche una casa nell’Upper East Side, a New York. Il nome di Deripaska è incluso nella lista delle sanzioni perchè accusato di essere coinvolto in omicidi, riciclaggio di denaro sporco, corruzione e racket.
Nel libro paga dell’oligarca russo ha incluso per anni anche Paul Manafort, ex capo della campagna elettorale di Donald Trump condannato per diversi reati tra cui riciclaggio di denaro.
Secondo il quotidiano newyorkese Deripaska ha però fatto in modo che nella townhouse di Manhattan, acquistata nel 2008 per 42,5 milioni di dollari, vivessero al suo posto i figli e l’ex moglie del socio in affari Roman Abramovich.
Quest’ultimo recentemente ha trasferito circa 92 milioni di dollari in proprietà  all’ex consorte Dasha Zhukova, che ha indicato come indirizzo attuale la villa sulla 64esima Strada. Secondo i funzionari del Tesoro, quando il governo blocca i beni di una persona, chiunque faccia affari con questo individuo può essere soggetto a misure restrittive.
Considerato tra i più ricchi magnati del mondo nel campo dell’alluminio, Depiraska è stato coinvolto anche nell’inchiesta della procura anticorruzione di Madrid. Come ha raccontato ilfattoquotidiano.it nell’inchiesta sulla mafie unite d’Europa, a concentrarsi sugli affari dei russi in Spagna era stato Jose Grinda Gonzales, magistrato della Fiscalia contra la corruption e la criminalidad organizada.
Nel 2017 Grinda ha inviato nell’ex Unione Sovietica un’informativa lunga più di 500 pagine sui Vory v Zakone: significa ladri nella legge, ed è il nome che hanno dato alla loro organizzazione i capi dei capi della mafia russa. In quelle pagine non ci sono solo i nomi di gangster e malavitosi ma anche quelli personaggi d’alto livello. Come quello di Michael Cherney che di Deripaska è socio.
Citato nei Panama Papers, titolare di un patrimonio multimiliardario, nel 2014 per Cherney era stato spiccato un mandato di cattura da parte dell’Interpol sulla base delle accuse contestate dal procuratore Grinda. “Partendo dagli affari di un’azienda di ferro ad Alicante siamo riusciti a dimostrare che Cherney è colpevole di associazione a delinquere e riciclaggio di denaro. Abbiamo spedito il nostro fascicolo di indagine alla procura russa: siamo fiduciosi”, spiegava Grinda al fattoquotidiano.it.
Secondo un cablogramma inviato a Washington dall’ambasciata statunitense a Madrid, Grinda avrebbe rivelato ad un funzionario dell’Fbi che la Russia è ormai “uno stato mafioso virtuale, in cui è impossibile distinguere le attività  del governo da quelle delle organizzazioni criminali”.
Dall’esito delle indagini del magistrato spagnolo — si legge nel cablogramma svelato da Wikileaks e pubblicato dal The Guardian il 3 gennaio del 2010 — “la Russia e le sue agenzie di intelligence stanno utilizzando boss mafiosi per effettuare operazioni criminali come il traffico d’armi”.
La strategia di Mosca, sempre secondo le parole accreditate a Grinda, è di usare “gruppi della criminalità  organizzata per fare tutto ciò che il governo non può fare ufficialmente”, come tutta una serie di operazioni per destabilizzare la Turchia o per insediare in Cecenia, Bielorussa e Ucraina personaggi fedeli a Vladimir Putin.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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IL “CITTADINO DI RIACE” CARO A SALVINI E’ NON SOLO UN UOMO DELLA ‘NDRANGHETA, MA PURE VICINO A “NOI PER SALVINI”

Ottobre 8th, 2018 Riccardo Fucile

L’ATTACCO AL SINDACO DI RIACE E’ DIVENTATO UN BOOMERANG… SCANDALOSO CHE UN MINISTRO DEGLI INTERNI USI UN MAFIOSO PUR DI SCREDITARE LUCANO

Il giorno dopo la manifestazione in cui migliaia di persone hanno portato la loro solidarietà  a Mimmo Lucano – il sindaco del Comune in provincia di Reggio Calabria diventato modello di accoglienza diffusa, ora agli arresti domiciliari per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina – Matteo Salvini pubblicava su profilo Facebook un video con il quale sembrava voler dimostrare che la ‘favola’ dell’integrazione nel paesino della Locride in realtà  non esiste.
“Quando hanno indagato me, l’Associazione Nazionale Magistrati ha difeso il pm dichiarando “basta interferenze”, ora diranno le stesse cose? Nel frattempo, se avete 2 minuti sentite cosa diceva questo cittadino di Riace parlando del sindaco…”, si legge nel post.
Nel video si vede un uomo che accusa Lucano di non curarsi dei cittadini di Riace, di dare lavoro solo ai migranti
Ma chi è la persona che parla nel video realizzato nell’aprile 2016 dalla rete locale Calabria Magnifica Tv? Poche ore dopo la pubblicazione del post alcuni utenti hanno fatto notare che quest’uomo, Pietro Zucco – nell’intervista dice pubblicamente il suo nome – oltre ad essere stato membro dell’amministrazione del paesino prima che Lucano diventasse sindaco – ha un trascorso da presunto prestanome della ‘ndrangheta e, per questa ragione, nel 2011 è stato arrestato.
Per avvalorare questa tesi viene postata la pagina di un quotidiano locale, datata gennaio 2011: “Intestazioni fittizie: arresti e sequestri delle fiamme gialle”, si legge nel titolo. Tra i nomi dei tre arrestati c’è quello di Zucco che, attualmente – si legge sul Corriere della Calabria – graviterebbe nell’ambiente di Noi con Salvini.
Dalla lettura del comunicato della Guardia di Finanza, diffuso al momento dell’operazione si legge: “Sono state sequestrate due aziende operanti nel settore del movimento terra e calcestruzzo (attività  di primario interesse per le cosche mafiose) appartenenti alla cosca RUGA — METASTASIO. Altre due persone sono state denunciate a piede libero”. Il ruolo di Zucco, si evince dal comunicato, era quello di prestanome. Era stato, infatti, il rappresentante legale di una delle cooperative dalle quali questa inchiesta era partita. Aveva assunto, si legge nel comunicato, la titolarità  formale della cooperativa. E la titolarità  era “finalizzata a interporre una formale barriera all’individuazione dei reali attori della vicenda”.
Molti utenti hanno fatto notare i trascorsi non proprio edificanti di Zucco a Salvini: “Sei un manipolatore, ecco il tuo eroe”, si legge in un commento. C’è, poi, chi chiede le dimissioni e chi domanda: “Non si vergogna neanche un po’?”.
Le persone che si indignano per quello che pare essere uno scivolone di Salvini si fermano alla vicenda dell’arresto di Zucco, ma le sue vicende giudiziarie hanno avuto un seguito.
Il suo nome, infatti, compare in una sentenza della Corte di Cassazione del 2015: condannato a 4 anni e sei mesi di carcere dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria nel 2014 per il reato di trasferimento fraudolento di valori si è rivolto – insieme a un altro soggetto coinvolto nell’inchiesta partita nel 2011 – alla Suprema Corte contro quella decisione. Il giudice, però, ha rigettato i ricorsi, confermando quindi l’operato della Corte d’Appello.
Matteo Salvini, al momento, non è intervenuto sulla vicenda, ma tra i coloro che commentano il suo post sono sempre di più le persone che gli fanno notare i trascorsi della persona di cui ha condiviso sui social le opinioni. Queste volta, insomma, pare che la “Bestia” social del ministro dell’Interno abbia fallito.

(da “Huffingtonpost”)

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DI MAIO E L’HOTEL A CINQUESTELLE DI PECHINO: QUELLO CHE LA PROPAGANDA GRILLINA NASCONDE

Ottobre 8th, 2018 Riccardo Fucile

DOPO AVER FATTO VEDERE CHE HA VIAGGIATO IN AEREO A TARIFFA ECONOMICA, HA SOGGIORNATO AL FOUR SEASON, L’ALBERGO PIU’ LUSSOSO DELLA CITTA’ CON STANZE DELUXE, PISCINA PANORAMICA E JACUZZI … CON DODICE PERSONE AL SEGUITO

Ricordate il viaggio in Cina di qualche giorno fa?
Il vicepremier prima di decollare postò sui social un video diventato virale in cui mostrava come — a differenza dei vecchi e odiati politici della Casta — lui e i suoi uomini volavano non solo su un aereo di linea, ma seduti in Economy e non in Business Class.
Di Maio ha però omesso di spiegare ai suoi fan che, atterrato a Pechino, avrebbe smesso i panni del populista pauperista, e si sarebbe diretto in uno degli hotel più lussuosi della città : il Four Season, un cinque stelle extralusso di una delle catena alberghiere più famose del pianeta.
Il vicepremier ha alloggiato al Four Season per due notti.
Nel programma di viaggio, in mano a pochi consiglieri e dipendenti del Mise, si elencano tutti i dettagli del viaggio: dalla partenza da Roma all’atterraggio, il 19 settembre, a Chengdu (lì il vicepremier ha soggiornato per 48 ore, firmato accordi bilaterali con il segretario del Pcc del Sichuan), fino all’arrivo all’aeroporto internazionale di Pechino giovedì 20 settembre alle 23.15, con successivo «trasferimento all’hotel Four Season e check in».
La delegazione contava più di una dozzina di persone, tra cui il sottosegretario Michele Geraci, agenti di scorta, consiglieri diplomatici (Giovanni Pugliese e Sergio Maffettone) e portavoce assortiti.
Che hanno lasciato l’albergo di lusso sabato 22 settembre alle 9 di mattina, prelevati da due auto blu e una Buick per andare prima alla Città  Proibita (visita turistica di un’ora e mezza), poi in direzione dell’aeroporto internazionale per il volo di rientro a Roma.
Forse imbarazzati dal lusso sfrenato degli arredi e dei servizi, nè Di Maio nè il suo fedelissimo Pietro Dettori ( mago dei social assunto come ufficio stampa alla presidenza del Consiglio a 130 mila euro l’anno ) durante il soggiorno hanno   postato video dalla camera extralusso (non sappiamo se hanno dormito in quella più economica, la Deluxe Room che si prenota online per poco più di 200 euro a notte, o se invece siano finiti in quelle più care, come la “Suite Ambassador” da 350 euro a notte), nè condiviso foto delle Jacuzzi, della spa da sogno, della piscina con vista spettacolare sui grattacieli pechinesi.
Un’ospitalità  a cinque stelle che Di Maio conosceva già : anche durante la trasferta di fine agosto in Egitto il vicepremier ha dormito nel Four Season del Cairo.
Uomini vicinissimi a Di Maio confermano che il ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro ha davvero alloggiato nell’albergo, ma aggiungono che il prezzo pagato per ogni stanza è «quello di un quattro stelle», e che dunque le cifre sborsate («2-300 euro a notte per stanza a notte») sono congrue rispetto ai regolamenti ministeriali.
«Perchè non abbiamo fatto conferenze stampa al Four Season e abbiamo preferito le sale dell’ambasciata italiana? Non certo perchè Di Maio si vergognava dello sfarzo dell’hotel, ma perchè in ambasciata era più comodo organizzare gli incontri. E certo non c’era tempo, visto l’agenda piena di impegni, di usare i servizi dell’albergo».
PS: chi scrive crede che un vicepresidente del Consiglio della Repubblica italiana abbia tutto il diritto, rappresentando il Paese all’estero, di volare in business class e alloggiare in un hotel a cinque stelle durante un importante missione istituzionale. Lo fanno tutti i leader del mondo.
Il caso diventa di interesse pubblico solo se politici diffondono messaggi di propaganda antisistema per aumentare i consensi e poi — spento il Facebook Live e la telecamera — si accomodano in suite da mille e una notte pagate da quegli stessi elettori che lo credono alloggiato in una grotta.

(da “L’Espresso”)

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