Destra di Popolo.net

CONDANNATO L’EX SINDACO LEGHISTA DI LEGNANO: DUE ANNI E DUE MESI PER CORRUZIONE ELETTORALE E CONCORSI MANIPOLATI

Aprile 20th, 2020 Riccardo Fucile

CONDANNATI ANCHE L’EX VICESINDACO E UN ASSESSORE … LA GIUNTA SI ERA DIMESSA DOPO LO SCANDALO

Due anni e due mesi all’ex sindaco leghista di Legnano, Giambattista Fratus; due anni all’ex vicesindaco Maurizio Cozzi e un anno e tre mesi all’assessora Chiara Lazzarini.
Queste le condanne emesse stamattina dal Tribunale di Busto Arsizio nei confronti della giunta decaduta di Legnano, finita nell’indagine della pm Nadia Calcaterra sul sistema di potere che aveva coinvolto il Comune.
L’indagine era partita con l’accusa per Fratus di corruzione elettorale, in particolare relativamente a una nomina nel cda di Amga in cambio dell’appoggio elettorale al ballottaggio durante le elezioni.
Fra i personaggi coinvolti nell’indagine anche il vicesindaco Maurizio Cozzi e l’assessore Chiara Lazzarini (entrambi di Forza Italia) che – stando alle carte – si erano attivati al fine di piazzare un dirigente vicino a loro in una delle municipalizzate.

(da agenzie)

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LA MAPPA DI QUANDO SI ARRIVERA’ A ZERO CONTAGI PER OGNI SINGOLA REGIONE

Aprile 20th, 2020 Riccardo Fucile

LO STUDIO DELL’OSSERVATORIO NAZIONALE SULLA SALUTE SULLA BASE DEI DATI DELLA PROTEZIONE CIVILE: LE PRIME BASILICATA E UMBRIA, LE ULTIME LOMBARDIA E MARCHE

Prima di analizzare lo studio dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni italiane occorre sottolineare due aspetti: il calcolo si basa sui dati forniti dalla Protezione Civile (quelli che, quotidianamente, parlano di nuove infezioni e tamponi); il tutto non tiene conto delle previsioni sull’allentamento delle misure di lockdown. In sintesi: quello fornito nella mappa zero contagi diffusa quest’oggi, è solamente un quadro previsionale in base allo status quo. Sta di fatto che lo studio mostra come Lombardia e Marche potrebbero essere le ultime a non contare nuove infezioni. A fine giugno.
«In Lombardia e Marche, verosimilmente, l’assenza di nuovi casi si potrà  verificare non prima della fine di giugno, in Emilia-Romagna e Toscana non prima della fine di maggio — si legge nel comunicato che accompagna lo studio dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute -. Nelle altre Regioni l’azzeramento dei contagi potrebbe avvenire tra la terza settimana di aprile e la prima settimana di maggio». La tabella, in base ai dati raccolti finora, porta a questo calendario sugli zero contagi.
«Secondo le proiezioni dell’Osservatorio a uscire per prima dal contagio da Covid-19 sarebbero la Basilicata e l’Umbria, le quali il 17 aprile contavano rispettivamente solo 1 e 8 nuovi casi; le ultime sarebbero le Regioni del Centro-Nord nella quali il contagio è iniziato prima. In Lombardia, in cui si è verificato il primo contagio, non è lecito attendersi l’azzeramento dei nuovi casi prima del 28 giugno, nelle Marche non prima del 27 giugno. Infatti, per entrambe le Regioni il trend in diminuzione è particolarmente lento. La PA di Bolzano dovrebbe avvicinarsi all’azzeramento dei contagi a partire dal 28 maggio, nonostante il numero di contagi osservati complessivamente è basso in valore assoluto (29 casi il 18 aprile), tuttavia il trend dei nuovi casi sta scendendo con particolare lentezza. Nella Regione Lazio dovremmo aspettare almeno il 12 maggio, nel Sud Italia l’azzeramento dei nuovi contagi dovrebbe iniziare ad avvenire tra la fine del mese di aprile e l’inizio di maggio».
Il tutto in base ai dati che arrivano dalla Protezione Civile (che somma quelli che provengono quotidianamente da ogni singola Regione) e alle attuali misure di lockdown. Lo stesso osservatorio spiega che qualora fossero allentate nei prossimi giorni le misure, questo calcolo non sarebbe più valido.

(da agenzie)

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LA DENUNCIA DAGLI OPERATORI SANITARI DEL TRIVULZIO: “GLI ANZIANI CONTINUANO A MORIRE, TRASFERITI DI NASCOSTO DI NOTTE”

Aprile 20th, 2020 Riccardo Fucile

“TRASFERISCONO I PAZIENTI DA UN REPARTO ALL’ALTRO DI NOTTE SENZA FARE I TAMPONI”… STAMANE CARABINIERI PIOMBANO IN DECINE DI RSA A MILANO, MONZA, COMO E VARESE

«Stanno continuando a trasferire i pazienti da un reparto all’altro, senza aver fatto nemmeno i tamponi, lo fanno la sera di nascosto. Intanto gli anziani continuano a morire, la situazione non è migliorata».
All’Ansa parla un’operatrice sociosanitaria che da ben 31 anni lavora al Pio Albergo Trivulzio, la casa di cura di Milano finita nell’occhio del ciclone per il decesso di quasi 150 anziani e sul quale la Procura ha aperto un fascicolo.
Bisognerà  capire se gli ospiti del Trivulzio siano morti o meno per Coronavirus: nell’indagine, che ipotizza i reati di omicidio colposo ed epidemia colposa, è coinvolto il direttore generale della struttura, Giuseppe Calicchio.
«La prima mascherina nel mio reparto si è vista il 22 marzo. Dieci giorni prima ho chiesto di averne una ma a me, come ad altre colleghe che le avevano portate da casa, venne intimato dalla caposala di non usarle» ha aggiunto.
Una ricostruzione che viene confermata anche da una lettera, diffusa tre giorni fa, in cui medici e infermieri del Trivulzio si scagliavano contro la direzione della casa di cura sostenendo di essere stati «redarguiti dal personale direttivo nel caso in cui qualcuno del personale sociosanitario indossasse mascherine portate da casa a tutela della salute degli ospiti e del personale stesso».
Mascherine che sarebbero stati «obbligati a togliere al fine di evitare di generare un “inutile e ingiustificato allarmismo” tra i pazienti e i loro parenti».
Intanto da stamattina è in corso un’ispezione dei carabinieri del Nas all’Istituto Frisia di Merate, a Lecco, una residenza per anziani che fa capo al Trivulzio di Milano. Proprio venerdì scorso una delle infermiere che lavora nella struttura ha raccontato ai carabinieri che «i malati non venivano isolati in modo corretto, non avevano le mascherine e ricevevano visite dai parenti anche dopo lo scoppio dell’epidemia». Insomma tutto quello che non andava fatto.
Una lenta strage, quella degli anziani nelle Rsa, dove i decessi sono raddoppiati: in due mesi più di un terzo è morto per il Coronavirus. Controlli a tappeto anche in altre Rsa di quattro province lombarde: Milano, Monza, Como e Varese.

(da Open)

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COME LA REGIONE LOMBARDIA HA LASCIATO UN ANZIANO MORIRE IN UNA RSA PERCHE’ NON ERA “OPPORTUNO” PORTARLO IN OSPEDALE

Aprile 20th, 2020 Riccardo Fucile

LA DELIBERA DELLA REGIONE LOMBARDIA CHE VIETA ALLE CASE DI RIPOSO DI FAR RICOVERARE IN OSPEDALE GLI OVER 75… RICOVERATO ALLA FINE PER ORDINE DEL GIUDICE, E’ DECEDUTO POCHE ORE DOPO

Oggi La Provincia di Como racconta in prima pagina l’incredibile storia di Stefano Capovento, 78 anni, diabetico e sulla sedia a rotelle, che si trovava ricoverato nella RSA di Casasco Intelvi con febbre e bassa saturazione, tipici sintomi del Coronavirus SARS-COV-2 e di COVID-19.
Capovento è morto sabato scorso, il giorno dopo il suo arrivo all’ospedale Valduce dove è stato finalmente ricoverato dopo un provvedimento del giudice che ordinava di portarcelo.
La figlia, Marianna, ha raccontato cosa è successo al padre, ex usciere delle Poste di Como: “La casa di cura — ha spiegato — era già  chiusa a tutti i parenti da gennaio, dopo le notizie sui contagi da coronavirus in Cina. Nonostante questo mio papà , come molti altri ospiti là  dentro, si è ammalato”.
Il 9 aprile a Marianna arriva una telefonata che la informa che Stefano ha la febbre e che è stato attivato il protocollo COVID, anche se non è stato fatto il tampone. Il 14 viene richiamata per avvisarla che il padre si è aggravato con una saturazione di 93. Un amico ex pneumologo le consiglia di farlo portare subito in ospedale.
Giovedì l’avvocato Giovanna Marro, che è tutore legale di Stefano, sottoposto ad amministrazione di sostegno, presenta un’istanza urgente al giudice tutelare, che venerdì mattina notifica alla Rsa di aver autorizzato il legale a far ricoverare Capodivento “in una struttura idonea ad accogliere pazienti affetti da Covid”
Al pomeriggio Capovento arriva all’ospedale Valduce dove muore il giorno dopo. “Perderlo così fa male — dice l’altra figlia Mary — l’hanno tenuto fino al 17, da prima di Pasqua, senza portarlo in ospedale. Questo non posso accettarlo”.
Antonella Ferioli, dell’ufficio comunicazioni del gruppo Korian che gestisce l’RSA, ha ricordato che un atto della giunta regionale che risale 30 marzo “pregava le rsa di non inviare pazienti con più di 75 anni in pronto soccorso”.
Nel caso di pazienti con sintomi similinfluenzali o positivi al coronavirus la delibera del 30 marzo rilevava che con “età  avanzata (>75 anni) e presenza di situazione di precedente fragilità  nonchè presenza di più comorbilità , è opportuno che le cure vengano prestate presso la stessa struttura per evitare ulteriori rischi di peggioramento dovuti al trasporto e all’attesa in Pronto Soccorso”.
Della delibera aveva parlato nei giorni scorsi anche il senatore Gregorio De Falco, ex M5S.
La delibera è una delle tre della Regione Lombardia che attualmente sono sotto la lente della procura di Milano che indaga sulla strage di anziani nelle case di riposo del territorio. La prima è l’ormai famosa delibera di giunta dello scorso 8 marzo, la XI/2906, con cui la Regione prevede la possibilità  di trasferire malati Covid-19 a bassa intensità  nelle case di riposo, se queste possono garantire strutture autonome e isolamento del paziente, di cui abbiamo parlato quando Luca Degani, presidente di Uneba (l’associazione delle case di riposo lombarde), l’ha definita come “la delibera che ha portato il coronavirus nelle RSA”. La procura intende verificare se, al contrario, non ci siano stati enti che hanno accolto malati senza poter garantire l’isolamento tra vecchi e nuovi ospiti, positivi al virus. Facendo in questo modo esplodere quei focolai che hanno provocato centinaia di decessi nelle Rsa.
La seconda delibera è la XI/3020 del 30 marzo, che garantisce alla residenza una retta giornaliera di 150 euro, pagato dalla Regione. E alcuni enti potrebbero aver celato l’assenza dei requisiti pur di incassare ricchi finanziamenti.
La terza è questa, ovvero la delibera XI/3018, con cui la giunta ha disposto il divieto di accesso nelle residenze per anziani ai familiari e dato indicazione di non trasferire nei pronto soccorso gli ultra 75enni. Scriveva Repubblica qualche giorno fa a proposito delle indagini:
«Nel caso di età  avanzata (oltre 75 anni) e presenza di situazione di precedente fragilità  o di più comorbilità  – si legge nel documento – è opportuno che le cure vengano prestate presso la stessa struttura, per evitare ulteriori rischi di peggioramento dovuti al trasporto e all’attesa in pronto soccorso». Così molti anziani, nelle case di riposo sono rimasti senza cure e assistenza.
E alla fine sono morti.

(da “NextQuotidiano”)

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MILLE MILIARDI DI BOND “MASCHERATI”: IL PIANO DELLA COMMISSIONE UE

Aprile 20th, 2020 Riccardo Fucile

SI LAVORA A UN PIANO DI OBBLIGAZIONI EMESSE DALLA COMMISSIONE CON UN ULTERIORE COINVOLGIMENTO DEGLI STATI NEL BILANCIO EUROPEO

Come uscire dalla crisi epocale scatenate dal Covid-19? Un dibattito che interessa non solo le nazioni più colpite dalla piaga del nuovo Coronavirus, ma ormai tutto il Continente.
E mentre in Italia si continua a polemizzare sull’utilizzo o meno del Mes e Conte continua ad appellarsi alle nazioni europee, e in particolare alla Germania, per il varo dei cosidetti “Eurobond”, l’asso della manica in questa difficile (e impervia) trattativa potrebbe venire della Commissione Europea.
Sì, perchè come riporta La Repubblica, Ursula Von Der Leyen, la presidente della Commissione Europea, avrebbe un piano per sbloccare l’empasse e superare gli egoismi delle frizioni nazionali che bloccano la trattativa.
La Commissione Europea potrebbe impegnarsi presto ad emettere 1000 miliardi di obbligazioni tripla A: è questo il piano di lavoro sul quale le autorità  di Bruxelles puntano a partire dal Consiglio Europeo di giovedì prossimo.
Se ci sarà  il via libera degli Stati le proposte dovrebbero poi essere presentate ufficialmente il 29 aprile.
L’idea di base è quella di presentarsi davanti ai mercati con dei bond garantiti dal bilancio UE 2021- 2027, i soldi ottenuti dovrebbero servire da base di “ripartenza” per gli Stati più colpiti dagli effetti del Covid-19.
I soldi dei bond sarebbero distribuiti ai governi più colpiti dalla crisi tra sussidi da non rimborsare (“grants”) e prestiti a basso costo (“loans”).
Il problema per l’ok all’accordo? Come al solito sarebbero le “condizioni”.
Il piano sarebbe coperto dalle cosiddette “spese potenziali” del bilancio UE, un tetto massimo di fondi che l’Unione   può chiedere alle capitali solo in caso di necessità  e che oggi sono fissate all’1% del PIL.
Per emettere le obbligazioni volute dalla Commissione questo tetto dovrebbe arrivare al 2% del PIL.
Un parametro che però potrebbe rimanere indigesto a molti capi di Stato. Proprio per questo il “piano Von Der Leyen” è visto a Bruxelles come un secondo step rispetto ai finanziamenti di 540 miliardi ottenuti tra prestiti Bei, fondo “Sure” per gli ammortizzatori sociali e Mes senza condizionalità .
Un antipasto sui fondi di cui il Continente avrebbe, ad oggi, davvero bisogno per non crollare sotto i colpi di una recessione che si preannuncia molto critica.

(da agenzie)

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LE SUPERCAZZOLE DI SALVINI A NON E’ L’ARENA: QUANDO SI PERMETTE UN MONOLOGO A UN BALLISTA SERIALE

Aprile 20th, 2020 Riccardo Fucile

COME SEMPRE LO SPETTACOLO E’ ANDATO IN SCENA NEL SILENZIO DEL CONDUTTORE

Ieri Matteo Salvini ha dato spettacolo da Massimo Giletti a Non è l’Arena dimostrando grande conoscenza di leggi, attualità  e situazioni diverse durante l’emergenza Coronavirus SARS-COV-2 e COVID-19.
Come sempre, lo spettacolo è andato in scena nel silenzio del conduttore, che ha dimenticato anche stavolta di ricordargli qualche verità .
Facciamo qualche esempio.
Il Capitano ha cominciato il suo spettacolo piangendo per la convocazione del tribunale dei ministri: “Mezza Italia anzi tutta l’Italia è ferma e qualcuno non ha meglio da fare che mandare a me una convocazione a Catania, per sabato 4 luglio, per la prima udienza di un processo per sequestro persona per aver bloccato uno sbarco. Mi sembra surreale con quello che sta accadendo tutti stiano fermi tranne…”.
Di questo abbiamo già  parlato: il tribunale dei ministri di Catania lo ha convocato il 4 luglio per il processo sul caso Gregoretti, ovvero di quella volta che ha bloccato uno sbarco da una nave della Guardia Costiera italiana in base all’assunto che quei 131 migranti costituivano un rischio per la sicurezza dell’Italia. Naturalmente questo Salvini si è scordato di dirlo.
Così come è un dettaglio che l’emergenza Coronavirus abbia fatto slittare anche il processo per vilipendio — dapprima al 20 aprile, poi con un altro rinvio — ma nell’occasione non abbiamo notato lamentele da parte del Capitano. Il punto vero è invece un altro. Ovvero che per tutti gli italiani invece i processi ufficialmente ricominciano non il 4 luglio, ma l’11 maggio.
Questo, ovviamente, se davvero l’emergenza Coronavirus sarà  nel frattempo rientrata al punto da permetterlo. Altrimenti quei processi slitteranno ancora, così come slitterà  quello di Salvini.
Quello di cui il Capitano si sta lamentando è che sia stata fissata una data per quel processo a cui non vedeva l’ora di presenziare fino all’altroieri. Ma fissare una data è compito e dovere del tribunale.
Poi, con la coerenza che lo contradistingue prima ha chiesto di rimandare le inchieste sulle RSA in Lombardia alla fine dell’epidemia e poi è andato all’attacco di Vincenzo De Luca per l’annuncio del governatore sulla chiusura della Campania ai cittadini del Nord: “Mi piacerebbe che De Luca mettesse la stessa passione per riaprire gli ospedali chiusi in Campania e fare tamponi. La Campania fino a poco tempo fare era ultima in Italia per numero di tamponi fatti”.
Ora, non per essere puntigliosi ma De Luca ha messo in costruzione dal 10 aprile un ospedale che rimarrà , a differenza di quello della Fiera di Milano, come ha annunciato lo stesso governatore: “Alla fine della settimana prossima aprono i primi reparti attrezzati dell’ospedale mobile di Napoli. In dieci giorni facciamo un ospedale vero e la struttura, a differenza della Lombardia, non sarà  smontata dopo l’emergenza. L’ospedale prefabbricato campano rimarrà  perchè è un ospedale vero con terapie intensive vere, modernissime”, ha detto il presidente della Regione, parlando anche delle terapie intensive in costruzione. “Facciamo un ospedale vero in dieci giorni. Con terapie intensive splendide, modernissime. Credo che sia bene anche sottolineare con soddisfazione e con orgoglio le eccellenze che abbiamo in Campania e anche le prove di efficienza amministrativa, per le quali credo che abbiamo conquistato il rispetto di tutti in Italia”, ha ricordato
Salvini e le zone rosse
Non contento, il leader della Lega ha voluto anche tornare sulle bufale della zona rossa in Lombardia: “La zona rossa deve avere dei militari, questi dipendono dallo Stato e non da un sindaco”.
In primo luogo il sindaco ha la polizia locale. In secondo luogo, proprio ieri De Luca ha dichiarato Zona Rossa il comune di Saviano dopo i funerali del sindaco. Come ha fatto?
In ultimo, persino l’assessore al Welfare Giulio Gallera ha ammesso di aver scoperto di recente che la Regione Lombardia poteva istituire una zona rossa nel bergamasco.
Più precisamente, la Regione Lombardia poteva istituire la zona rossa in base all’articolo 32 della legge 883/1978, che stabilisce al comma 1 la possibilità  per il ministero della Sanità  di emettere ordinanze di carattere contingibile e urgente in materia di igiene, sanità  pubblica e polizia veterinaria; al comma 3 si stabilisce che il presidente della Giunta Regionale o il sidnaco hanno le stesse facoltà .
In tutto ciò bisogna ricordare che anche Attilio Fontana l’ha finalmente detta giusta: «Io non ritengo che ci siano colpe in questa situazione», ha replicato il governatore Attilio Fontana aggiungendo che «ammesso che ci sia una colpa, eventualmente è di entrambi». Salvini è rimasto indietro.

(da “NextQuotidiano”)

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“UNO SCIACALLO COME SALVINI”: COSI’ DI BATTISTA STA SPACCANDO IL M5S

Aprile 20th, 2020 Riccardo Fucile

LA BASE LO ATTACCA MENTRE SALE LA FRONDA INTERNA

Una lettera a tutto campo, uno di quelli a cui Alessandro Di Battista ci ha abituato. Il “pasionario” dell’M5S dopo mesi di silenzio è tornato, da giorni, a dire la sua sulle politiche del Governo e su quelle nazionali.
Ed è tornato, a modo suo, dagli appelli Facebook a quello fiume (in forma di lettera al direttore) pubblicato ieri sul Fatto Quotidiano in cui esortava, tra le altre cose, a dire no al Mes e di cominciare a guardare verso Oriente, leggi Cina.
Un intervento che viene in una fase molto delicata per il Movimento e per il Governo, che non ha lasciato certo indifferenti parlamentari e militanti e che ha provocato, come riporta l’Adnkronos, non pochi malumori.
Sì perchè oltre alle parole, ci sarebbe anche qualcosa di più concreto: un appello firmato per bloccare la riconferma di Claudio Descalzi come Ad dell’Eni.
Le adesioni? Interpellato dall’Adnkronos, l’europarlamentare Ignazio Corrao — uno dei firmatari dell’appello — spiega che al momento le adesioni sono circa cinquanta, tutte “spontanee”, mentre tra i parlamentari si contano una trentina di firme tra deputati e senatori. In lista anche diversi consiglieri regionali.
E nelle chat interne del Movimento sarebbe partita, sempre a detta di Adnkronos, la rivolta contro Di Battista, accusato di tenersi al di fuori del gioco politico per sabotare e criticare l’operato dei colleghi. E le parole sono assolutamente non concilianti.
«Facciamo la lista dei puri e la lista dei coglioni…», scrive, caustico, Gabriele Lorenzoni, che aggiunge: «Di Battista fa l’opposizione dall’esterno e lo ha sempre fatto da due anni a questa parte».
Ancor più duro il commento di Gilda Sportiello: «Esistono sciacalli e sciacalli. Chi come Salvini lo fa a modo suo e chi ogni tanto resuscita per tenere caldo il suo posto al sole».
E sull’appello di Dibba, la sfida aperta è lanciata da Paola Carinelli, compagna del capo politico dell’M5S Vito Crimi che invita i parlamentari che hanno sottoscritto l’appello di Alessandro Di Battista a firmare pubblicamente una sfiducia al Governo, aggiungendo ironicamente che “la quarantena sta dando alla testa”.
Se tra le firme c’è una dimaiana di ferro come la vicepresidente della Camera Maria Edera Spadoni, che dal ministro degli Esteri si è fatta addirittura sposare, si capisce come riportare l’ordine non sarà  facile.
Ma si proverà  con un classico: oggi dovrebbe essere espulso il senatore Mario Giarrusso, che non ha restituito la parte dello stipendio promessa. E dai probiviri dovrebbe partire una procedura di sospensione nei confronti dei 4 europarlamentari “sovranisti” Corrao, D’Amato, Pedicini ed Evi che per la seconda volta — dopo il no alla von der Leyen — non hanno rispettato la decisione del gruppo.
Anche la Stampa racconta lo stesso aneddoto in un articolo in cui si parla del soccorso di Forza Italia al governo in caso di no al MES da parte dei grillini

(da agenzie)

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VILLA TORANO IN CALABRIA: TAMPONI RAPIDI PER GLI AMICI DELLA SANTELLI

Aprile 20th, 2020 Riccardo Fucile

IL PASTICCIACCIO BRUTTO DELLA RSA: CANALE PREFERENZIALE PER UNA STRUTTURA LEGATA AL COORDINATORE DELLA LISTA VICINO ALLA GOVERNATRICE

Dopo il focolaio di Covid-19 sviluppatosi nella Rsa “Villa Torano” di Torano Castello, in provincia di Cosenza, Massimo Poggi, proprietario della Medical Sport Center, che insieme a quella in cui sono risultate positive sessanta persone tra ospiti e personale, gestisce altre tre strutture nel territorio cosentino, ha dovuto buon viso a cattivo gioco: ringraziare il commissario dell’Asp di Cosenza, che lo aveva messo sotto accusa per aver eseguito i tamponi nella struttura e portati a processare a Catanzaro, senza passare per l’Asp di competenza. Quella di Cosenza, appunto.
La storia di Villa Torano, dove finora fortunatamente si è registrato il solo decesso di un’anziana signora ultranovantenne (il tampone è stato eseguito post-mortem e non si conosce ancora l’esito, al di là  delle “verità ” raccontate da Poggi in un video, merita di essere conosciuta per quel che è: un brutto pasticcio, i cui risvolti coinvolgono, anche se indirettamente, la presidente forzista della Regione Calabria, Jole Santelli.
Ex proprietario della struttura di Villa Torano, dove, sostiene nella richiesta di rettifica un articolo che lo riguarda, inviata al Corriere della Calabria, di non mettere piede da almeno dieci anni, è, infatti, Claudio Parente, che è stato il coordinatore della lista Case delle libertà  all’ultima tornata elettorale, quella che ha portato la Santelli a Palazzo Campanella.
Parente, nella scorsa legislatura, era capogruppo di Forza Italia alla Regione Calabria. Stesso partito della governatrice, la signora, che, pur conoscendo Silvio Berlusconi da 26 anni, “non me l’ha mai data“, come sottolineò l’ex Cavaliere in campagna elettorale (con tanto di sorriso di apprezzamento dell’interessata).
Anche la sua presenza all’interno del laboratorio di Virologia dell’ospedale Pugliese-Ciacco di Catanzaro, è stata smentita dallo stesso commissario dell’Asp di Cosenza Giuseppe Zuccatelli, che in un primo momento aveva chiesto a quale titolo il “coordinatore preferito” della Santelli fosse in quei locali.
Una presenza, oltre a quella legittima di chi doveva processare i tamponi, però c’era, ed era quella di Massimo Poggi. Ingiustificata.
Il pasticciaccio brutto di Villa Torano è cominciato tra Pasqua e Pasquetta, quando sono stati eseguiti tamponi su ospiti e personale che hanno evidenziato 67 positivi, dato che ha portato la Santelli a cinturare l’area del comune, che conta 5mila abitanti, dichiarandola zona rossa.
Quei tamponi sono stati completamente inutili (tant’è che in seguito l’Asp di Cosenza ha proceduto a rifarli) perchè eseguiti su quasi un centinaio di persone da un infermiere della casa di riposo che avrebbe indossato sempre lo stesso paio di guanti, invalidando in partenza l’esame.
Ma il dato più sconcertante è su chi quei tamponi ha fornito bypassando la Asp di Cosenza che è la struttura delegata alle’emergenza coronavirus per tutti i 150 comuni del territorio cosentino.
In un primo momento ad essere chiamata in causa era stata la sola Protezione civile regionale, che ha poi spiegato in una lettera a firma del dirigente Fortunato Varone, indirizzata al   Commissario dell’Asp di Cosenza Zuccatelli, che “la Prociv regionale si occupa   della consegna diretta dei dispositivi di protezione individuale esclusivamente alle sue strutture operative, ai Comuni e alle organizzazioni di volontariato mentre è il Dipartimento Salute ad operare la suddivisione del materiale destinato alle strutture sanitarie, avvalendosi del supporto logistico della Protezione civile per la consegna presso la sala operativa”.
Chiarita la catena di comando, resta il fatto che ci sia stato una corsia preferenziale per la consegna dei tamponi a una struttura, e sui fatti di Torano, la procura di Cosenza ha aperto un fascicolo, affidando le indagini ai carabinieri dei Nas.
Intanto i consiglieri di opposizione in Regione, capitanati dall’industriale Pippo Callipo, in una nota,   chiedono se lo stesso trattamento sia stato assicurato alle altre strutture sanitarie e sociosanitarie private e pubbliche calabresi che chiedono quotidianamente che gli operatori vengano sottoposti a tampone e che abbiano a disposizione dispositivi di protezione individuale adeguati a fronteggiare l’emergenza: “Abbiamo chiesto, infine, che la presidente della Regione riferisca in Consiglio regionale ricostruendo ogni tappa della vicenda e specificando se e quali provvedimenti si intendano adottare nei confronti dei dirigenti della Regione che hanno avuto fin qui un ruolo nella catena di comando della sanità  e della Protezione civile della Regione. Sentiamo il dovere di invocare chiarezza su tutto ciò — concludono i consiglieri di IRIC — non solo per il ruolo che ricopriamo in Consiglio regionale, ma anche come cittadini; è doveroso che i calabresi sappiano cosa è successo e che si faccia di tutto per evitare che succeda di nuovo”.

(da agenzie)

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UN’INFERMIERA DEL TRIVULZIO AI GIUDICI: “I MALATI NON ERANO ISOLATI, NON AVEVANO MASCHERINE E RICEVEVANO VISITE DAI PARENTI”

Aprile 20th, 2020 Riccardo Fucile

“MANCAVANO I PRESIDI SANITARI DI SICUREZZA”

È di un’infermiera che lavora in una delle tante strutture che fanno parte del Pio Albergo Trivulzio la testimonianza che restituisce un quadro chiaro di quello che accadeva le scorse settimane nella residenza sanitaria finita al centro di una grossa indagine insieme ad altre Rsa.
La donna, sentita dai carabinieri, lavora all’istituto Frisia di Merate, in provincia di Lecco
Nel suo istituto — ha raccontato — «mancavano i presidi sanitari di sicurezza contro il Coronavirus, come le mascherine, i pazienti e gli anziani con sintomi non venivano isolati in modo corretto e i parenti continuavano ad entrare anche dopo lo scoppio dell’epidemia». Accuse che sono state messe a verbale dai carabinieri di Merate lo scorso venerdì.
Come altri suoi colleghi, l’infermiera del Trivulzio ha raccontato dunque quanto l’emergenza tra le pareti dell’istituto lombardo sia stata gestita male e ciò abbia contribuito alla diffusione del virus tra gli anziani ospiti dell’istituto e e tra gli operatori professionali.
Altre testimonianze dirette potrebbero arrivare nei prossimi giorni. A partire da domani dovrebbero cominciare nuove audizioni di altri lavoratori del Pio Albergo Trivulzio che hanno visto cosa è accaduto nell’istituto nell’arco temporale sotto la lente degli investigatori.

(da Open)

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