Gennaio 2nd, 2023 Riccardo Fucile
LA CORTE DEI CONTI HA CONDANNATO IL 60ENNE A RISARCIRE IL MINISTERO
Assente dal servizio di lavoro al ministero dell’Economia e delle finanze
perché in malattia, trascorreva le sue giornate da idraulico arrotondato lo stipendio.
Ora il 60enne originario di Napoli dovrà restituire tutti i guadagni accumulati con il suo secondo lavoro clandestino.
A deciderlo sono stati i giudici della sezione giurisdizionale del Lazio della Corte dei Conti che hanno condannato l’impiegato del ministero con la passione dell’idraulica a riconsegnare circa 10mila euro al suo datore di lavoro.
Già nel 2021 l’uomo era finito a processo per truffa per la stessa vicenda. Per i giudici l’uomo, «pur se assente dal servizio per malattia», si sarebbe allontanato dal proprio domicilio per svolgere l’attività di termoidraulico in più di un’occasione.
A quanto pare non un semplice hobby ma un vero e proprio impiego alternativo, «svolto senza autorizzazione ministeriale, anche dichiarando falsamente la propria presenza in servizio».
I fatti contestati riguardando il periodo tra il 2015 e il 2018, tempo in cui il Mef avrebbe guadagnato 3 mila euro negli stessi giorni in cui il 60enne si sarebbe dovuto trovare a letto malato.
Gli altri 7 mila euro da restituire, invece, sarebbero il provente di attività lavorativa non autorizzata. Sempre secondo le indagini, dal 2015 il malato immaginario del Mef era socio di un’impresa privata e avrebbe «svolto in modo continuativo attività di termoidraulico per un lungo periodo di tempo», limitandosi ad ottenere l’autorizzazione dell’Amministrazione di appartenenza «solo per il periodo compreso tra il 1 febbraio 2018 ed il 31 agosto 2018 e non per il resto dei giorni in cui il dipendente è stato beccato a svolgere il secondo lavoro».
(da Open)
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Gennaio 2nd, 2023 Riccardo Fucile
HA ELOGIATO IL “SENSO CIVICO DI CHI PAGA LE IMPOSTE” PERCHÉ “SERVE A FAR FUNZIONARE L’ITALIA E QUINDI AL BENE COMUNE”… SULLA SALUTE HA INVITATO A RAFFORZARE “QUEL PRESIDIO INSOSTITUIBILE DI UNITÀ DEL PAESE RAPPRESENTATO DAL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE”
L’intero schieramento politico si riconosce nel messaggio che Sergio Mattarella ha pronunciato, secondo tradizione, la sera di San Silvestro. La prima a complimentarsi per telefono è stata Giorgia Meloni, a riprova che i suoi rapporti col Colle sono tutt’ altro che negativi; hanno gareggiato negli apprezzamenti Enrico Letta e Matteo Salvini, Elly Schlein e Silvio Berlusconi, Matteo Renzi e Giuseppe Conte, per citarne soltanto alcuni, ciascuno cogliendo gli aspetti più consoni alle rispettive visioni.
Il discorso, pronunciato in piedi, è stato seguito da circa 11 milioni di telespettatori, che sono 2 milioni in meno del Guinness registrato lo scorso anno ma con uno “share”, che sarebbe la percentuale di ascolto, leggermente migliore (67 contro 65). Un gradimento così elevato si spiega con l’equilibrio complessivo del messaggio che in 16 minuti ha toccato una pluralità di corde, dando a ciascuno il suo.
Il senso generale è un netto «no» ai passatismi, «no» al rimpianto del tempo che fu, «no» allo sguardo perennemente rivolto indietro. Gli atteggiamenti nostalgici, in senso lato si capisce, sono il nemico da combattere. Attardarsi nelle retrovie della storia «non è soltanto un errore, è anche un’illusione» avverte Mattarella che invita tutti a confrontarsi con la modernità, a cavalcare il cambiamento, a tuffarsi con coraggio nella propria epoca; per dirla con le sue parole, «a leggere il presente con gli occhi di domani».
Tradotto in concreto, il messaggio ha molti destinatari. Sull’energia, per esempio, Mattarella non vede di buon occhio le «fonti inquinanti, dannose per la salute e l’ambiente» che qualcuno vorrebbe sfruttare ancora chissà per quanto. Rispetto alla trasformazione digitale, il presidente spinge per bruciare le tappe laddove, nelle stanze del governo, c’è chi vorrebbe abolire lo Spid e ricominciare tutto daccapo.
Qualcuno ha colto una critica all’esecutivo là dove Mattarella elogia il «senso civico di chi paga le imposte, perché questo serve a far funzionare l’Italia e quindi al bene comune». Se è per questo, di passaggi che suonano come pungolo alle forze politiche in generale ce ne sono parecchi. Sulla salute, anzitutto, rafforzando «quel presidio insostituibile di unità del Paese rappresentato dal Servizio sanitario nazionale» che purtroppo rischia di cadere a pezzi per mancanza di finanziamenti adeguati.
Sul lavoro che manca («troppo alto è il prezzo pagato alla disoccupazione e alla precarietà»). Sulle diseguaglianze tra Nord e Meridione che i progetti di autonomia differenziata rischiano di amplificare. Sulla povertà minorile che, denuncia il presidente della Repubblica, «dal 2008 a oggi è quadruplicata».
Lunga sarebbe la lista dei mali nazionali. Mattarella accende i riflettori su una tragedia spesso ignorata, quella dei morti sulle strade, dei ragazzi che «perdono la vita di notte per incidenti d’auto a causa della velocità, della leggerezza, del consumo di alcol o di stupefacenti». Altro che “rave”: chi può si dia da fare.
«Nell’arco di pochi anni», constata compiaciuto il presidente, «si sono alternate al governo pressoché tutte le forze politiche presenti in Parlamento», anti-sistema compresi. Ciò rappresenta un progresso perché «tutte queste forze», insiste Mattarella, sono state poste «di fronte alla necessità di misurarsi con le difficoltà del governare». Ne deriva un accresciuto senso della realtà, una «comune visione» che supera le differenze tra maggioranza e opposizione. La forza della Repubblica, la «nostra Patria», sta proprio nel suo carattere inclusivo. E se la Costituzione del ’48 funziona così bene, viene da domandarsi sentito Mattarella, perché cambiarla?
(da La Stampa)
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Gennaio 2nd, 2023 Riccardo Fucile
QUALCHE GIORNO FA AVEVA INVITATO TUTTI A VISITARE ISCHIA PER RISOLLEVARE L’ISOLA DOPO LA FRANA…QUINDI HA PASSATO IL CAPODANNO NELL’ISOLA CAMPANA? MA FIGURATI: SE N’È ANDATA A SBOCCIARE TRA LE NEVI DI CORTINA
Una campagna promozionale multicanale, che attraverso social, giornali,
fiere di settore e pubblicità in aeroporti internazionali rilanci l’immagine turistica di Ischia, compromessa a causa delle conseguenze dell’alluvione dello scorso 26 novembre: l’ha presentata la ministra del Turismo Daniela Santanchè, in visita ufficiale sull’isola.
La campagna, lanciata con l’hashtag #thisisischia, servirà per dare nuovo impulso all’isola sui mercati nazionali e internazionali e sarà condotta anche attraverso foto degli angoli più suggestivi che gli ischitani stessi potranno inviare.
“Voglio rassicurare tutti, il governo farà la sua parte per i problemi di quest’isola che era e resta un luogo meraviglioso da visitare e da vivere, contrastando la narrazione negativa post alluvione e rilanciandola sui mercati internazionali: per questo lanciamo una campagna che si baserà sulle immagini di chi nei giorni scorsi ha portato soccorso e conforto, i volontari che hanno spalato il fango insieme ai vigili del fuoco, perché Ischia è viva e il nostro obiettivo è non farle perdere nulla della prossima stagione turistica” ha continuato la ministra, annunciando che stamane il suo dicastero ha sottoscritto l’accordo per il turismo sanitario e del benessere, importante proprio per un’isola come Ischia ricca di fonti e stabilimenti termali.
Santanchè ha ribadito che obiettivo del governo è far diventare il turismo la prima azienda italiana: “Il turismo deve essere approcciato con un piano industriale anche per compensare le perdite dell’incoming a favore di altri paesi, serve comunicare il valore aggiunto del marchio Italia, del made in Italy”.
Nel corso del suo intervento la ministra ha invitato i sindaci dell’isola a lavorare insieme, a cooperare anche ricorrendo a strumenti come i distretti turistici che, in altre parti d’Italia, funzionano bene producendo risultati concreti per il territorio. Per questo a gennaio Santanchè convocherà sindaci e istituzioni locali per avviare di fatto il distretto isolano che potrà portare vantaggi amministrativi, finanziari e burocratici.
All’incontro hanno partecipato anche i 5 sindaci dell’isola d’Ischia ed il commissario prefettizio di Casamicciola. Il sindaco di Lacco Ameno, Giacomo Pascale, ha ricordato che la legge di bilancio approvata non prevede alcuno stanziamento per l’isola: “Ci servono risorse per la messa in sicurezza del territorio, ma anche norme speciali per attuare subito i piani emergenziali, serve un piano di delocalizzazione degli isolani che hanno perso o non potranno tornare nelle loro case e serve infine un provvedimento ad hoc per l’isola come quello che il governo emanò per la Valtellina (la legge 102/90), per il riassetto idrogeologico, recupero dei territori e prevenzione del rischio”.ù
All’incontro di questa mattina anche l’amministratore delegato dell’Enit Ivana Jelinic, che ha sottolineato: “Enit non abbasserà la guardia e accompagnerà la promozione continua di Ischia, non si arresterà il canale di comunicazione, supporto e valorizzazione di una delle perle del Golfo di Napoli amata in tutto il mondo. Con le 28 sedi all’estero dell’Agenzia Nazionale del Turismo ci sarà un’eco ampia che farà da cassa di risonanza delle bellezze dell’arcipelago così da rimarginare anche le ferite più profonde che hanno colpito l’isola”.
(da Ansa)
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Gennaio 2nd, 2023 Riccardo Fucile
SI TRATTA IN REALTA’ SOLO DI UN ADEGUAMENTO ISTAT, COME SE I BALNEARI NON AVESSERO AUMENTATO LE TARIFFE A LORO VOLTA
I gestori degli stabilimenti balneari protestano contro l’aumento del 25% dei canoni di concessione e chiedono l’apertura di un tavolo di confronto al governo. Il presidente di Fiba Confesercenti, Maurizio Rustignoli, ha chiesto alla presidente di Consiglio Giorgia Meloni di mantenere le promesse fatte in campagna elettorale. «Va sospeso l’aumento del 25,15% dei canoni» frutto della variazione dell’indice Istat annunciato dal ministero delle Infrastrutture.
«Doveva essere al massimo dell’11%. – spiega Rustignoli – Entro febbraio, poi, vanno approvati i decreti attuativi sulla concorrenza per le gare dal 2024, che per noi non sono possibili: il governo cosa farà? Meloni diceva che avrebbe lavorato per una diversa applicazione della Bolkestein». Per Fiba Confesercenti si tratta di una «novità preoccupante, in un momento di incertezza legato ai danni provocati a molti stabilimenti dalle mareggiate dei mesi scorsi».
Il rischio, secondo Rustignoli, è quello di impoverire l’offerta turistica in spiaggia. I gestori non sono contrari a una revisione degli importi dei canoni, si precisa, ma richiamano alla necessità di farlo attraverso «un intervento organico e un metodo che preveda la giusta valutazione delle spiagge, classificandole in base alla redditività e dando un valore corretto al metro quadro. Così lo Stato valorizzerebbe il proprio bene».
Il presidente di Fiba Confesercenti ricorda, infine, che entro febbraio andrebbero approvati i decreti attuativi della legge sulla concorrenza del governo Draghi, per poi far partire i bandi. Ma, a suo avviso, «non ci sono le condizioni tecniche per fare le gare nel 2024».
(da agenzie)
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Gennaio 2nd, 2023 Riccardo Fucile
L’APPELLO DI MAGRINI (AIFA): L’URGENZA PER I FRAGILI
«Non si vive di sola rendita. La campagna deve proseguire». 
Il direttore generale dell’Agenzia italiana del Farmaco (Aifa) Nicola Magrini in un’intervista a la Repubblica oggi lancia un appello a vaccinarsi nei confronti dei soggetti fragili, cioè anziani e immunodepressi. Ovvero gli anziani e le persone che hanno problemi di salute e potrebbero essere a rischio della vita se contraessero Covid-19. Fra le persone a rischio per ragioni anagrafiche a fare la quarta dose è stato finora il 43% con più di 80 anni, il 30% della fascia fra i 70 e i 79 e meno del 19% della fascia 60-69.
«Decisamente non abbastanza per chi è a rischio», dice Magrini. Anche se spiega che non c’è confronto tra noi e la Cina: «Siamo vaccinati di più e meglio, anche se dalla Cina non arrivano dati affidabili. Però in Italia ci sono buchi importanti nelle fasce sopra ai 60 anni. Alle persone a rischio suggerisco di andarsi a vaccinare in massa. Un richiamo, soprattutto durante l’inverno, è importante».
La pausa di riflessione
Per Magrini le persone a rischio «dovrebbero fare un richiamo dopo 4-6 mesi dall’ultima vaccinazione o da un contatto col virus. Vedo proprio in questi giorni che il messaggio inizia a essere ascoltato. Nell’ultima settimana – osserva – le somministrazioni sono tornate a 200mila, un dato che non vedevamo da tempo. Spero che il mese di gennaio vada ancora meglio». Per Magrini la campagna di vaccinazione è stata in pausa di riflessione «anche politica, per l’insediamento del nuovo governo. Lì, all’inizio della stagione delle infezioni respiratorie, sarebbe stata necessaria una maggiore continuità, una campagna più convinta». Mentre il direttore dell’Aifa spiega anche che se dopo 4-6 mesi la protezione si riduce gradualmente «non si torna a uno stato naif, di totale nudità immunitaria. A proteggere dalla malattia grave c’è anche una memoria immunitaria che dura più di pochi mesi. Non sappiamo esattamente quanto, ma stimiamo che si arrivi a qualche anno».
I vaccini aggiornati
Magrini aggiunge che ormai abbiamo a disposizione solo vaccini aggiornati alle variante Omicron: «Al momento non c’è nessuna nuova variante che superi o ‘buchi’ i vaccini disponibili. In Cina oggi stanno circolando le varianti che erano da noi diversi mesi fa. E come se a causa del lungo lockdown ora stessero vivendo una pandemia ritardata rispetto al resto del mondo. Per individuare un’eventuale nuova variante occorre restare vigili, e dovremmo migliorare la nostra capacità di sequenziamento. L’Italia non ha inizialmente brillato in questo campo, ma un buon sistema sentinella è in atto per capire cosa circola e cosa accade nel mondo».
(da agenzie)
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Gennaio 2nd, 2023 Riccardo Fucile
E SCOPPIA LA POLEMICA
«Con grande rammarico ci troviamo obbligati a comunicare che a far data dal 2 gennaio 2023 la Cospalat sospende l’attività nello spaccio di Valvasone (Pordenone) per mancanza di personale che abbia un minimo di voglia di lavorare».
È questo il cartello che ha dato vita a un’accesa polemica nel friulano. Tanto che è stato condiviso dal sindaco del paese Markus Maurmair che sui suoi canali social ha definito la vicenda «preoccupante dal punto di vista del rapporto datore di lavoro con i propri dipendenti».
A suo dire, prima di esternare affermazioni di questo tipo andrebbero fornite tutte le informazioni del caso, dagli stipendi, il contesto lavorativo, le temperature dei locali e la capacità di gestire il personale. «Da anni l’attività funziona grazie alla buona volontà delle persone che vi lavorano e che hanno affrontato situazioni molto difficili come due rapine a mano armata. Credo non si meritino una cosa del genere» spiega. E conclude: «Non vorrei fosse una sorta di giustificazione per una chiusura preventiva collegata al fatto che nelle vicinanze aprirà un’altra attività similare». Inoltre, accanto a quel cartello ne è apparto una secondo: «Vergognatevi».
La spiegazione dell’esercizio
A dare spiegazioni è lo storico consigliere di Cospalat, Renato Zampa, che a Il Messaggero dichiara: «Cerchiamo due persone per mantenere in attività lo spaccio di Valvasone, ma non riusciamo a trovarle. E sapete perché? Perché anche solo lavorare il sabato sembra essere un problema per i candidati».
Zampa ricostruisce così quanto accaduto nelle ultime settimane: «L’incarico che offriamo consiste in un lavoro da commesso, dietro al banco dello spaccio di Valvasone. Quaranta o trenta ore settimanali, con tanto di formazione che ovviamente garantiamo. A quel punto sono iniziate grosse difficoltà: su dieci appuntamenti fissati, si presentano di norma solo tre persone. Calcoliamo che al momento per tenere aperto lo spaccio siamo stati costretti a spostare dipendenti da altri negozi del territorio friulano».
E a suo dire, tutte le candidature sarebbero state presentate da persone tra i 30 e i 50 anni. «Di giovani non se ne vedono», dice Zampa. «Lavorare il sabato non va bene, iniziare il turno alle otto è troppo presto, gli spostamenti sono troppo lunghi. Ecco perché con quel cartello ho voluto provocare. Sarà un caso, ma da quando è comparso il messaggio ho ricevuto tre telefonate. Speriamo che i prossimi colloqui vadano meglio».
(da agenzie)
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Gennaio 2nd, 2023 Riccardo Fucile
LA FESTA DEI SOSTENITORI, L’ASSENZA DI BOLSONARO
Luiz Inácio Lula da Silva – per tutti Lula – ha giurato presso il Congresso di
Brasilia. Dopo oltre 11 anni di attesa, il leader del Partito dei lavoratori ritorna così alla guida del Brasile: per la gioia del popolo di sinistra che lo ha sempre sostenuto e osannato, anche negli anni bui della condanna e della prigionia per corruzione, e per l’amarezza dei suoi oppositori e in particolare dei fan di Jaìr Bolsonaro, che lo detestano e in parte non ne accettano la vittoria. Lula ha infatti battuto alle elezioni dello scorso 30 ottobre il presidente uscente, seppur di misura: 50,9% contro 49,1%.
Oggi dunque a Brasilia Lula, 77 anni, si re-insedia come presidente del Paese. A condurlo al Congresso – il Parlamento del Paese – una lunga passeggiata a bordo della Rolls Royce scoperta presidenziali, in mezzo a due ali di folla festante. Non sembra avere disturbato il regolare svolgimento del corteo il tentato attacco di un uomo, che ha provato ad avvicinarsi alla zona del passaggio di Lula armato di un coltello e di esplosivo: è stato tempestivamente individuato e fermato dalla polizia brasiliana, che presidia in forze la zona e la cerimonia.
A celebrare l’ascesa dell’ex sindacalista a Palácio do Planalto ci sono infatti più di 60 artisti, 17 capi di Stato, 53 delegazioni, ma anche 8mila agenti. Un dispositivo stringente di sicurezza sulla Explanada dos Ministerios previsto dopo il fatto più inquietante verificatosi la scorsa settimana: il tentativo da parte di un sostenitore di Bolsonaro di far saltare in aria con dell’esplosivo un’autocisterna diretta all’aeroporto di Brasilia, alla vigilia di Natale. «Speravo di seminare il caos prima dell’insediamento di Lula», ha ammesso candidamente il bolsonarista, arrestato dalle autorità brasiliane.
Il grande assente
Chi non sarà presente alla cerimonia è proprio l’ex presidente Jair Bolsonaro, volato negli Stati Uniti a bordo di un aereo dell’aeronautica militare. È la prima volta che un presidente uscente non consegna la fascia presidenziale al suo successore. Un gesto che mescola indifferenza e disprezzo, che ricorda da vicino quello compiuto da Donald Trump nei confronti di Joe Biden nella caotica transizione di potere negli Usa del 2020, e prima ancora quello di Cristina Kirchner con Mauricio Macri in Argentina.
Programma e uomini (e donne)
Battersi contro la povertà, le disuguaglianze e l’indebolimento dello stato sociale con delle misure economiche inclusive è il progetto dell’agenda Lula. Per farlo, il rappresentante del Partido dos trabalhadores ha costruito una squadra di governo composta da 37 ministri – annunciati questa settimana – in linea con questa mission. Per la prima volta, nella squadra ci sono 11 donne, la presenza femminile più grande di sempre. Tra queste: Sonia Guajajara, l’attivista indigena che guiderà il dicastero per i popoli originari e Marina Silva all’Ambiente, ecologista tra le più note in ambito latinoamericano, che dovrà fare i conti con la tutela dell’Amazzonia dove la deforestazione ha raggiunto livelli preoccupanti a causa delle decisioni prese dall’ex amministrazione bolsonarista.
(da agenzie)
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Gennaio 2nd, 2023 Riccardo Fucile
I CARDINALI ELETTORI ORA SONO 132 E, DI QUESTI, BEN 83 SONO STATI NOMINATI PAPA FRANCESCO, 38 DA BENEDETTO XVI E 11 DA GIOVANNI PAOLO II… C’È GIÀ CHI SCOMMETTE CHE I “BERGOGLIANI” PUNTERANNO SU UN ITALIANO
Una resa dei conti. Tra “bergogliani” e “non bergogliani”. Per stabilire definitivamente i rapporti di forza dentro la Chiesa. Ma anche per preparare l’eventuale futuro Conclave. La morte del Papa emerito Benedetto XVI non è solo una questione liturgica. Si sta trasformando in un confronto politico.
Al centro del quale si trovano il Pontefice regnante e soprattutto i suoi sostenitori. Negli ultimi anni, del resto, che più di un dissapore interno avesse accompagnato il pontificato di Francesco è stato abbastanza chiaro. La presenza silenziosa e mai contrapposta di Ratzinger al suo successore è stata una sorta di ombrello protettivo rispetto ad una potenziale escalation. Ora, però, lo scudo di Benedetto XVI non c’è più.
E nei corridoi ovattati della Santa Sede subito qualcosa si è mosso. […] i funerali di Ratzinger si terranno il 5 gennaio, ma non sono previsti inviti ufficiali agli Stati accreditati presso il Sacro Soglio ed è stato vissuto dai “critici” del Papa come un segnale chiaro.
I “bergogliani” stanno lavorando per una organizzazione delle esequie da cui si evinca con chiarezza che il Papa regnante era solo uno. Un ridimensionamento, insomma, del ruolo di Ratzinger da trasmettere dentro e fuori la Curia. le campane delle Chiese romane non hanno risuonato alla notizia del decesso del Papa emerito.
Secondo i “non bergogliani”, l’obiettivo era quello di limitarne la solennità e la capacità di aggregazione. Alla fine si è arrivati alla data del 5 gennaio per le proteste di molti cardinali e vescovi che avrebbero avuto una impossibilità oggettiva a raggiungere Roma dai cinque continenti. Molti puntano il dito sull’attivismo del mondo gesuita. E prendono ad esempio la rivista statunitense dell’Ordine, “America”, che sul suo sito ha descritto Ratzinger in chiaroscuro con un articolo dal titolo: “Il difensore dell’ortodossia definito dalle storiche dimissioni”.
Molti ci vedono la zampino di padre Arturo Sosa, venezuelano, preposito generale della Compagnia di Gesù. E sempre i “non bergogliani” vedono nelle scelte compiute dentro la Curia, nelle diocesi e nei Movimenti, come un tentativo di esercitare un controllo ferreo. I “bergogliani” che giustificano ogni indicazione come la necessità di “ripulire” la Chiesa dalle incrostazioni negative del passato sullo sfondo c’è la grande partita del prossimo Conclave
La lettera di dimissioni con la data in bianco di cui ha parlato di recente il Papa è stata una sorta di fischio di avvio, lo stesso Pontefice ha dato l’impressione di muoversi con il proposito di modificare la geografia del Conclave che dovrà eleggere il suo successore. E’ stato sforato il tetto, imposto da Paolo VI, dei 120 cardinali elettori. Ora sono 132.
E dei 132, ben 83 sono stati nominati dal Pontefice in carica, 38 da Benedetto XVI e 11 da Giovanni Paolo II. E c’è già chi scommette che i “bergogliani” punteranno su un italiano per allagare le alleanze. E per frenare una tentazione: volgere verso l’Asia lo sguardo della selezione.
(da La Repubblica)
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Gennaio 2nd, 2023 Riccardo Fucile
LA PORTA APERTA DA BENEDETTO XVI E IL PENSIERO DELLA RINUNCIA
Papa Francesco ha sempre detto che il suo pontificato sarebbe stato
breve: «Quattro o cinque anni, non so, anche due o tre». Jorge Mario Bergoglio è salito al soglio di Pietro nel marzo 2013. E quindi nel frattempo di anni ne sono passati quasi dieci.
Eppure le voci sulle sue dimissioni si rincorrono da quando elogiò quelle di Joseph Ratzinger. Nel 2014 Francesco ha detto che Benedetto XVI «ha aperto la porta dei papi emeriti». E qualche anno dopo ha spiegato che in futuro potrebbero essercene altri: «Non dico tanti, ma forse due o tre, e saranno emeriti», posto che il Papa sarà sempre «uno solo». Prima di Natale Bergoglio ha fatto sapere di aver già firmato una lettera di rinuncia al pontificato «in caso di malattia». Ma il suo addio potrebbe arrivare in qualche modo prima. Anche a causa della morte di Ratzinger.
Ipotesi di complotto
Perché, come ha spiegato nei giorni scorsi il Corriere della Sera, per la Chiesa sarebbe stato insostenibile avere due papi emeriti e un terzo eletto a San Pietro. E quindi Bergoglio ha sempre preferito evitare ogni ipotesi in questo senso proprio a causa della presenza di Benedetto.
Anche a causa delle tesi complottistiche che hanno sempre accompagnato i due papi. Ovvero quelle che volevano il papa tedesco come vero pontefice e quello argentino come usurpatore. Tutte tesi che i due non hanno mai rinfocolato. Anzi, Padre Georg oggi ha sottolineato che di Papa ce n’è solo uno. Nel frattempo però Bergoglio continua quasi a preparare la strada. L’estate scorsa ha spiegato che se arrivassero, si farebbe chiamare “Vescovo emerito di Roma” e non “Papa emerito”. Non indosserebbe l’abito talare bianco e non vivrebbe in Vaticano ma resterebbe in città. Senza tornare in Argentina.
Il pensiero della rinuncia
Per questo, racconta oggi Il Messaggero, il pensiero della rinuncia ora accarezza anche Bergoglio. Delle sue dimissioni ha già parlato apertamente: «La porta è aperta. È un’opzione normale. Fino ad oggi non ho bussato a questa porta. Ma questo non vuol dire che dopodomani non cominci a pensarci».
Nel frattempo ha smentito di avere un cancro: «Tutti pettegolezzi di corte». Ma il pensiero c’è: «Dio lo dirà. Per il momento no, davvero. Ma arriverà il momento quando vedrò che non ce la faccio. Lo farò e questo è il grande esempio di Papa Benedetto. È stata una cosa buona per la Chiesa. È un grande, Benedetto».
Intanto per i suoi funerali non sono previsti inviti ad altri capi di Stato. Si terranno il 5 gennaio. E questo, secondo quanto racconta Repubblica, fa parte della guerra interna tra Bergogliani e non Bergogliani nel Conclave.
La guerra nel Conclave
Le campane delle chiese d’altro canto non hanno suonato per la morte di Ratzinger. E questo, secondo alcuni retroscena vaticani, è un segnale del futuro che verrà. Quello in cui nel Conclave ci sono 132 grandi elettori, di cui 83 nominati da Francesco. La strada per la successione sembra già segnata.
(da La Repubblica)
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