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ARRESTATO A MILANO L’AGGRESSORE DELLA TURISTA ISRAELIANA ALLA STAZIONE TERMINI

Gennaio 3rd, 2023 Riccardo Fucile

FERMATO DA DUE CARABINIERI FUORI SERVIZIO

L’aggressore di Termini, Aleksander Mateusz Chomiak, è stato bloccato nel pomeriggio da due carabinieri fuori servizio alla Stazione Centrale di Milano. Il 25enne, identificato come l’uomo che ha accoltellato la turista israeliana, si era reso irreperibile subito dopo l’aggressione.
I due militari, marito e moglie, dopo aver visto i fotogrammi diffusi in tutta Italia, lo hanno riconosciuto appena saliti su un treno diretto a Brescia. A quel punto prima che potesse fuggire lo hanno seguito e lo hanno bloccato.
Subito dopo, i due carabinieri hanno lanciato l’allarme e alcuni poliziotti della Polfer sono arrivati in rinforzo.
Il giovane clochard polacco in serata è stato portato dai carabinieri nella caserma di via Vincenzo Monti, dove ha sede il nucleo Radiomobile. Sono in corso in serata le procedure di identificazione.
La ragazza è intanto è ricoverata al Policlinico di Roma Umberto I ancora in prognosi riservata, ma in condizioni stabili, seguita anche da un’equipe di psicologi. Quella sera era stata colpita da tre fendenti, come si vede dal video delle telecamere di sicurezza, ferendola al torace e alla schiena. Dopo l’aggressione, Chomiak scappa, rimettendo il coltello in un sacchetto di plastica azzurro.
Le indagini
Lo scorso 27 dicembre, Chomiak era stato fermato per un controllo delle forze dell’ordine, ma poi rilasciato. Secondo le prime ricostruzioni degli inquirenti, il 24enne frequentava di recente la stazione romana. Quella sera del 31 dicembre, era arrivato a Termini a bordo della linea bus 714 che collega l’Eur, nella parte Sud-Est della capitale, al centro. Stando ai video delle telecamere di sicurezza, Chomiak si trovava a Termini già nel pomeriggio, almeno dalle 16. Potrebbe essere rimasto in zona fino alle 21, quando ha aggredito la turista. Non è ancora stato escluso che ci possano essere stati contatti precedenti tra il 24enne polacco e la ragazza, anche se Abigail Dresner ha da subito riferito agli inquirenti di non conoscere il suo aggressore e di non aver avuto la percezione di essere stata pedinata. Le immagini mostrano che Chomiak aveva puntato la turista e dopo averla seguita per alcuni metri, l’ha colpita alle spalle.
(da agenzie)

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IL PARTITO UNICO DEI CONSERVATORI O IL PARTITO UNICO DI GIORGIA?

Gennaio 3rd, 2023 Riccardo Fucile

NEL CENTRODESTRA SI DISCUTE DI UNA LISTA UNICA, PER LE ELEZIONI EUROPEE DEL 2024, CHE METTA INSIEME FRATELLI D’ITALIA, LEGA E FORZA ITALIA, LA MELONI PER ORA NICCHIA… LE INCOGNITE DI SALVINI, CHE RISCHIA DI SPARIRE MA DEVE DIFENDERSI DAL RITORNO DI BOSSI. E I DUBBI DELL’ALA PIU’ “IDENTITARIA” DI FDI

«Se alla fine si decidesse di salire tutti sulla stessa barca, quantomeno la data del varo ce l’avremmo già: le elezioni europee dell’anno prossimo, obiettivo di medio periodo, facilmente raggiungibile». Coperto dai muri spessi di Palazzo Chigi e protetto dal fatto che il tema viene toccato solo quando gli interlocutori sono al riparo da occhi indiscreti, c’è un dibattito tra i partiti del centrodestra che è in una fase molto più avanzata di quanto si possa immaginare.
Che alla fine si chiami «partito dei conservatori», «partito degli italiani», «partito della nazione» o «centrodestra nazionale» — quest’ultima era la scritta che campeggiava nel simbolo originario di Fratelli d’Italia, dove non appariva la fiamma — il punto di caduta del dialogo sottotraccia è sempre lo stesso: un soggetto politico unico dove far convergere Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia.
La data d’inizio lavori del cantiere è ancora un punto di domanda; mentre, ed è quello che sognano diversi ministri del governo di tutti e tre i principali partiti della maggioranza, il possibile esperimento di una lista unica del centrodestra potrebbe essere tentato alle elezioni europee dell’anno prossimo.
Tutte le volte, e non sono poche, che nelle ultime settimane la questione è stata sollevata di fronte a Giorgia Meloni — la persona a cui per ovvi motivi toccherebbe il taglio del nastro, la stessa che si prenderebbe sulle spalle il tentativo di tentare di riunificare il centrodestra sotto lo stesso simbolo, a quindici anni dal Popolo delle Libertà di Silvio Berlusconi — la presidente del Consiglio ha ascoltato con pazienza, partecipato al dibattito e concluso con un’affermazione che per ora non è né un sì, né un no.
C’è un problema di tempistiche e una questione che riguarda la serenità della navigazione dell’esecutivo, ovviamente; le riserve sono essenzialmente di questo tipo, sul tema di fondo Meloni è d’accordo anche perché, come ricorda qualcuno della sua cerchia, «Fratelli d’Italia era nata originariamente con questo obiettivo, che oggi è a portata di mano».
Ci sono stati momenti sporadici in cui il tema del cantiere del soggetto unico del centrodestra è uscito fuori dai conciliaboli di Palazzo. Un mese fa, durante un dibattito pubblico a Roma, rispondendo a una domanda sullo spettro di una crisi futura aperta da Matteo Salvini o Silvio Berlusconi o da entrambi, il ministro Guido Crosetto aveva risposto con un sorriso. «Non sarà così».
Primo, «perché siamo di fronte alla più brava di tutti, e Giorgia è davvero la più brava di tutti». Secondo, aveva aggiunto il titolare della Difesa, perché questa stagione politica «favorirà la nascita di due contenitori, come avviene praticamente in tutta Europa. E il giudizio sul reddito di cittadinanza potrebbe essere uno dei temi che dividono una forza dall’altra…».
Crosetto, come probabilmente moltissimi dei componenti della squadra di governo, è un tifoso di questo scenario. Come verosimilmente sono tifosi di questo scenario Giancarlo Giorgetti, Francesco Lollobrigida, i ministri di Forza Italia e in prospettiva, chissà, anche Matteo Salvini, che inizia a soffrire la concorrenza interna del Comitato Nord dei bossiani ortodossi. Restano le incognite, certo. E non sono di poco conto.
Come reagirebbe l’ala più identitaria di Fratelli d’Italia, secondo cui è possibile, sondaggi alla mano, che Giorgia Meloni riesca nell’impresa di creare da sola il partito dei conservatori senza coinvolgere gli altri leader? E ancora: come reagirebbe Silvio Berlusconi che in un’intervista a Libero ha parlato di un suo «vecchio sogno, fin dal 1994», cioè un grande partito conservatore? Per lui realizzare quell’idea sarebbe «un passo importante verso il compimento della democrazia bipolare in Italia».
E l’approdo europeo di un soggetto unico del centrodestra quale sarebbe? L’ostacolo fu di non poco conto anche nella storia della nascita del Partito democratico, che riuniva in Italia quello che a Bruxelles era diviso in due famiglie (socialisti e liberaldemocratici).
Qui la questione è all’apparenza più complicata perché le famiglie sono tre: Fratelli d’Italia in Europa sta con i Conservatori, la Lega con le destre di Identità e democrazia, Forza Italia nel Partito popolare europeo. Anche in questo caso si immagina la fine del percorso senza aver chiare le tappe intermedie. E la fine del percorso, come spiega a microfoni spenti un ministro del governo che tifa per il soggetto unico, è «creare le condizioni in Europa perché i Conservatori diventino talmente forti da allearsi coi Popolari, interrompendo quindi l’alleanza di questi ultimi coi Socialisti». Il partito del centrodestra italiano, insomma, sarebbe il tasto start di una storia più grande dei confini nazionali. Molto più grande.
(da il Corriere della Sera)

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A GIORGIA MELONI NON PIACE AFFATTO IL TESTO SULLA RIFORMA DELL’AUTONOMIA PREPARATO IN FRETTA E FURIA DAL MINISTRO CALDEROLI

Gennaio 3rd, 2023 Riccardo Fucile

LA MELONI TEME DI PERDERE CONSENSI AL SUD E SPIANARE LA STRADA A GIUSEPPE CONTE…I LEGHISTI MINACCIANO LA RITORSIONE: “SE GLI ALLEATI CI SABOTANO, SALTA IL PRESIDENZIALISMO”

È probabile che la riforma dell’Autonomia, questa riforma, sia nata già morta. O quasi. Perché, al di là delle generiche dichiarazioni di sostegno, è chiaro che la parte non leghista del governo non è entusiasta del lavoro del ministro Roberto Calderoli.
Una freddezza che trapela anche dall’atteggiamento di Giorgia Meloni, molto attenta agli umori del Colle. Le parole in difesa della Costituzione nel discorso di fine anno del Capo dello Stato Sergio Mattarella sono lo scudo che la presidente del Consiglio intende usare con gli alleati. La premier aveva promesso un approccio «costruttivo», «non pregiudiziale», e a quello ha garantito che si atterrà.
Ma – stando ad alcuni ministri di Fratelli d’Italia – ha anche precisato, e lo ribadirà nei prossimi giorni, che la riforma delle autonomie andrà fatta nello spirito della Costituzione che tutela l’unità dell’Italia, e che «nessuno andrà lasciato indietro», concetto su cui continua a battere da settimane.
Non è piaciuta la fretta di Calderoli, la «sgrammaticatura» di portare il testo in Consiglio dei ministri senza prima un passaggio alla Conferenza Stato-Regioni, per un confronto più ampio e più ufficiale con tutti i governatori. Non è piaciuto anche – spiegano sempre da FdI- che nelle bozze in circolazione in queste ore sia poco chiaro che ruolo avrà il Parlamento nella dialettica tra lo Stato e le Regioni sulle materie di competenza.
Né che sia scomparso il fondo di compensazione destinato al Sud che in qualche modo il predecessore di Calderoli, Maria Stella Gelmini, aveva previsto nel suo schema di riforma durante la difficile convivenza nel governo Draghi. Uno strumento che nel modello federale tedesco serve a non spaccare il Paese, a non lasciarne, appunto, indietro una parte. Ma che a quanto pare costa troppo e che la Ragioneria dello Stato, attraverso il ministro Giancarlo Giorgetti, avrebbe stoppato.
Nella squadra dell’esecutivo ci sono due ex governatori del Mezzogiorno, entrambi di FdI, partito di storica tradizione centralista. Uno è il siciliano Nello Musumeci, e guida le Politiche del Mare e la Protezione civile, l’altro è Raffaele Fitto, a cui Meloni ha affidato il super-ministero che accorpa Affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il coordinamento del Pnrr. Inutile dire che nutrono più di qualche dubbio sulla proposta di Calderoli.
Fuori dalle dichiarazioni ufficiali, entrambi sostengono la stessa cosa: servirà tempo per approfondire il testo, e migliorarlo se sarà necessario.
Più o meno vuol dire rinviare il più possibile a data da definirsi la sua approvazione. Da qui la sentenza di morte prematura che senza troppi sforzi, dentro FdI e ma anche in Forza Italia, danno per certa.
La suggestione tutta meloniana di collegare la riforma dell’Autonomia differenziata, cara alla Lega, a quella della presidenzialismo, cara alla premier e agli azzurri, serve di fatto a questo, a trascinare per mesi un dibattito che potrebbe rivelarsi esplosivo per la maggioranza.
Non a caso Calderoli, intuendo odore di trappola, ieri ha precisato quanto sia fuorviante vincolare una all’altra le due riforme. Tempi e procedure sono diversi. La prima è figlia di un semplice disegno di legge e si può ottenere a Costituzione invariata. Per la seconda, va cambiata la Carta, perché verrebbe stravolta l’architettura istituzionale della Repubblica, e per farlo vanno fatti maturare processi ben più lunghi.
Sfruttando lo stesso ragionamento e capovolgendolo, i leghisti sono comunque pronti a una ritorsione proprio sulla riforma presidenziale, se Meloni dovesse affossare la riforma delle riforme per gli ex padani.
Nessun altro ministro, però, dalla titolare delle Riforme Maria Elisabetta Casellati agli altri, crede che ci voglia così poco ad approvare l’Autonomia regionale come sostiene Calderoli. Tra la guerriglia delle opposizioni e i distinguo dei partiti alleati ci vorrebbe minimo un anno, un anno e mezzo. Tutti sanno che il tema non è tecnico. Ma squisitamente politico.
L’equilibrio della coalizione tenuta a battesimo poco più di due mesi fa, necessita di prove continue. E questo per la Lega è il test più importante. Tanto più a un pugno di settimane dal voto per le regionali in Lombardia. Cruciale per il Carroccio e per il destino politico del suo leader.
La fretta di Calderoli, se la spiegano così a Palazzo Chigi e i ministri di FdI: Matteo Salvini è assediato dagli scissionisti del Nord di Umberto Bossi e dal veneto Luca Zaia, spazientito per il federalismo atteso da troppi anni. «Più federalismo significa più responsabilità – dice Stefano Candiani, ex viceministro all’Interno – Sono certo che Meloni e la dirigenza di FdI abbiano chiaro come la sinistra voglia solo spaccare la maggioranza. E sono sicuro che i nostri alleati non cascheranno in questo gioco al massacro».
Ma le ragioni della prudenza che animano la strategia di Meloni sono anche altre. Il partito e il governo rischiano di alienarsi un pezzo di Italia. Il Sud è terreno di battaglia fuori e dentro la coalizione. Da una parte c’è il M5S, al momento prima forza politica nel Mezzogiorno. Dall’altra, la competizione con Forza Italia che nelle regioni meridionali continua a tenere, nonostante l’enorme calo di consensi ovunque. Per non lasciare il dominio completo sul Sud a Giuseppe Conte, e non offrire una possibile arma di ricatto a Silvio Berlusconi, Meloni potrebbe rispolverare la vecchia dottrina centralista. Salvini non sarà contento. Ma questo è un tavolo a cui siede qualcuno che andrà scontentato.
(da La Stampa)

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PARLA UNO DEI MILITANTI DEL MOVIMENTO AMBIENTALISTA “ULTIMA GENERAZIONE”: “NON TEMIAMO DI CREARE RIGETTO NELL’OPINIONE PUBBLICA PER LA NOSTRA BATTAGLIA. SEMMAI E’ IL CONTRARIO: AUMENTA IL NUMERO DI CITTADINI PREOCCUPATI PER LA CRISI CLIMATICA”

Gennaio 3rd, 2023 Riccardo Fucile

“NOI ABBIAMO DUE CHIARI LIMITI: UNO È CHE NON FAREMO MAI MALE FISICAMENTE A NESSUNO, DUE NON OFFENDEREMO MAI NESSUNO. LE VERNICI CHE USIAMO SONO LAVABILI”

Come i tre dei cinque militanti che ieri hanno imbrattato la sede del Senato con vernice lavabile e sono stati arrestati, anche lui ha subito lo stesso trattamento per aver preso di mira edifici dell’Eni.
«Ho avuto un processo per direttissima. Il pm chiese per me l’obbligo di firma tre volte al giorno, ma ho avuto modo di parlare per 12 minuti, davvero un onore la concessione del giudice. Per 12 minuti ho parlato con dati precisi di quanta gente sta morendo e di quanta ne morirà secondo le previsioni attuali. E il giudice ha deciso che potevo andare a casa».
Quindi è finita?
«No, ci sarà il processo e credo che patteggerò per una diminuzione della pena. Non è la prima volta che prendiamo di mira i palazzi del potere».
Ma il Senato è un’altra cosa. Non correte il rischio di creare rigetto per la vostra battaglia nell’opinione pubblica?
«Conosce uno studio di sociologia che lo dimostra? Io conosco studi che dimostrano il contrario. Oggi su Twitter l’espressione “climate change” è tra le prime tre più cercate. Non era mai successo in Italia. I motori di ricerca confermano quanto stia aumentando la ricerca sul cambiamento climatico. E l’altra cosa che sta aumentando è il numero di cittadini che sono preoccupati per la crisi climatica. Un recente sondaggio dice che oltre i 90% delle persone vorrebbe maggiori investimenti nelle rinnovabili. Il nostro obiettivo è far diventare una priorità le nostre richieste».
Cosa chiedete?
«No gas e no carbone. Nell’Adriatico ce ne è pochissimo, se anche facciamo cento pozzi risolviamo il problema del nostro fabbisogno, forse, per un anno. Bisogna attivare il solare e l’eolico. Il governo si è impegnato ad attivare nove centrali nei prossimi mesi, datecene altre dieci e ci fermiamo immediatamente».
Il vostro gruppo è formato da ragazzi molto giovani?
«Ci sono anche anziani e persone in pensione»
Avete intenzione di diventare un partito politico?
«Ultima generazione no. Se qualcuno vorrà farlo come un progetto autonomo potrà essere una buona idea, ma è troppo presto: ora l’obiettivo è mettere al centro l’ambiente e avere risposte concrete dalla politica. I movimenti ambientalisti crescono ovunque in Europa e credo che in parte dipenda anche dalle azioni di protesta. Noi siamo disperati».
Perché?
«L’Onu ha messo nero su bianco che un quarto dei bambini del pianeta sarà a rischio per le risorse idriche. E questo vuol dire che, da qui al 2040, un quarto dei bambini potrà morire di sete. E voi giornalisti dovreste ribellarvi perché anche per colpa vostra la gente morirà di fame e di sete. I suoi figli e i suoi nipoti creperanno di sete perché l’Italia sarà desertificata per più di un quinto entro 25 anni. Non ci sono scuse. Può scrivere questo nell’articolo? Non basta dire sono contrario al fossile bisogna impegnarsi sul serio. Coprite solo l’1,5 % delle notizie, secondo i dati Greenpeace».
Siete non violenti? Le vostre azioni lo sono?
«Noi abbiamo due chiari limiti: uno è che non faremo mai male fisicamente a nessuno, due non offenderemo mai nessuno. Le vernici sono lavabili. Poi qualcuno scrive che facciamo azioni terroristiche».
Quello di ieri è stato un attacco alle istituzioni?
«Sì, abbiamo imbrattato la facciata del Senato con vernice lavabile. E abbiamo raggiunto almeno l’obiettivo che si parli della drammatica crisi ambientale in atto. La politica deve dare risposte ai cittadini preoccupati per quello che sarà il più grande genocidio della storia umana».
Avete una rete di avvocati?
«Sì. E negli ultimi mesi diversi avvocati si sono fatti avanti dicendo di condividere le nostre battaglie e volerci difendere. Sta crescendo intorno a noi un consenso passivo, gli intellettuali stanno cominciando a dare segnali di attenzione».
(da la Stampa)

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LAURA, DAVIDE E ALESSANDRO: CHI SONO I TRE ATTIVISTI DI ULTIMA GENERAZIONE ARRESTATI PER IL SENATO IMBRATTATO

Gennaio 3rd, 2023 Riccardo Fucile

BASTA CHIAMARLI TERRORISTI, SE I GOVERNI FACESSERO IL LORO DOVERE NON ESISTEREBBERO AZIONI DI PROTESTA

Si chiamano Laura, Davide e Alessandro i tre attivisti arrestati ieri, 2 gennaio, per aver imbrattato la facciata di Palazzo Madama, sede del Senato a Roma. Hanno rispettivamente 26, 23 e 21 anni. Quello di ieri è stato un «gesto di disobbedienza civile», che si aggiunge ai tanti altri svolti in questi mesi, volto ad attirare l’attenzione sulla crisi climatica. Sono diverse le richieste degli attivisti, tra cui l’abbandono dei combustibili fossili. «Il Governo e la classe politica che lo sostiene li continuano a finanziare e incentivare, accelerando così il collasso eco-climatico e condannando i loro stessi concittadini a sofferenze e morte», spiega Ultima Generazione in una nota.
Delle 5 persone fermate ieri, questi 3 sono sotto custodia e oggi, 3 gennaio, ci sarà il processo per direttissima, previsto in caso di flagranza di reato. A seguito dell’azione di protesta, sono stati molti gli esponenti politici che hanno preso posizione, condannando in larga parte quanto accaduto. Dal ministro dell’interno Matteo Piantedosi ai presidenti di Senato e Camera, Ignazio La Russa e Lorenzo Fontana fino a Giorgia Meloni.
Ma nonostante la condanna quasi unanime della politica, gli attivisti hanno fatto sapere che non si fermeranno e continueranno a opporsi. E precisano che «durante l’imbrattamento il Senato era vuoto, non volevamo colpire il Presidente come accusa La Russa».
«Ho scelto e continuerò a scegliere di compiere azioni di disobbedienza civile nonviolenta perché sono disperata. Ovunque guardi vedo dissociazione, negazione, alienazione rispetto alla crisi climatica» ha dichiarato Laura dopo aver imbrattato il Senato.
Ci ha tenuto poi a sottolineare che sono proprio i governi e le istituzioni ad avere il potere decisionale per avviare una transizione energetica effettiva e che per questo le azioni di protesta sono rivolte anche alle sedi istituzionali.
«È, di conseguenza, proprio al governo e alle istituzioni che rivolgiamo la nostra rabbia di protesta. La perseveranza all’inazione climatica è ormai da riconoscere come volontà delle élite politiche ed economiche di scegliere deliberatamente di condannare buona parte della popolazione globale a siccità, carestie, guerre e morte». E ha concluso dicendo: «Dobbiamo riconoscere le loro responsabilità e le loro colpe».
Davide: «Sto facendo il mio dovere
«Infrangendo delle leggi e creando del disagio, sto semplicemente resistendo a questo governo e sto facendo il mio dovere in quest’epoca di estrema importanza per l’umanità tutta», ha detto Davide, il 23enne sotto arresto. Ha deciso di imbrattare il Senato ieri perché ritiene che il governo italiano non stia facendo abbastanza per «proteggere» le giovani generazioni e quelle future. «Spesso piango e – ha concluso – ci sto male, perché per farlo devo sacrificare parte della mia vita e della mia libertà. Ma non potrei fare altrimenti».
(da Open)

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IL GIALLO NELLA STORIA DELLA TURISTA ISRAELIANA ACCOLTELLATA A TERMINI

Gennaio 3rd, 2023 Riccardo Fucile

IL MISTERO DEL VIDEO DELL’AGGRESSIONE RUBATO

C’è un giallo nella storia della turista israeliana accoltellata alla Stazione Termini a Roma. La 24enne, che si chiama Abigail Dresner e vive a Tel Aviv, ha reagito prontamente all’aggressione dell’uomo.
Mentre lui sembra aver colpito non per rapina, ma proprio per uccidere. E per questo gli inquirenti puntano sul bagaglio della cittadina israeliana: oltre a uno zaino rosso, aveva con sé una borsa con caratteri ebraici. Il logo centrale “Schkedia” indica un produttore di cereali. Per questo dietro l’aggressione potrebbero esserci motivi razziali.
Ma non solo: proprio il video mostra che la ragazza si è difesa non appena l’uomo ha colpito per la prima volta. E anche se adesso è ricoverata con una perforazione del fegato, proprio la reazione le ha salvato la vita. Mentre sulla vicenda, fa sapere Il Messaggero, indagano anche i funzionari dell’ambasciata e i servizi segreti di Tel Aviv.
L’ipotesi dell’elemosina negata
«Non so chi sia, non conosco chi mi ha aggredito», ha detto la ragazza prima di finire al Policlinico Umberto I. Dove è ricoverata in condizioni serie ma stabili. Non ha notato nessuno che la seguisse, ha sostenuto davanti agli inquirenti Intanto la polizia sta analizzando le telecamere della zona. L’obiettivo è capire se tra l’aggressore e la giovane ci siano stati contatti prima delle coltellate. Al momento la Procura esclude che l’episodio sia riconducibile al terrorismo.
A piazzale Clodio il fascicolo di indagine è per tentato omicidio. Agli atti, oltre al racconto della vittima e di alcuni testimoni, una informativa della Polfer che ha ricostruito i contorni della vicenda. Tra le piste anche quella di un clochard, uno dei tanti che gravitano nella zona della stazione, che avrebbe aggredito la turista dopo un suo “no” alla richiesta di denaro per aiutarla ad acquistare il biglietto.
I misteri del video rubato
C’è anche un mistero che riguarda il video che ritrae l’aggressione. L’edizione romana di Repubblica fa sapere che il filmato è finito sui social network subito dopo l’aggressione. Il primo a pubblicarlo, secondo le prime indagini, è stato un profilo Facebook intestato a D.S. Che ha pubblicato le immagini insieme allo status «Benvenuti alla Stazione Termini».
Si tratta di due filmati identici di 22 e 24 secondi. E sembrano realizzati con un cellulare che riprende le immagini delle telecamere di sorveglianza. Alla stazione ci sono due sale di sorveglianza. Una è delle Ferrovie dello Stato, l’altra della Polizia Ferroviaria.
E ora gli investigatori cercano di capire come sia andata la storia del leak. Intanto in ospedale, oltre al personale dell’ambasciata, Abigail Dresner è stata raggiunta anche dalla madre e dal fidanzato. «Ora vuole solo dimenticare questa brutta esperienza», si limitano a dire. Il portavoce del ministero degli esteri di Tel Aviv, Lior Hayat , afferma di non sapere «quale sia lo sfondo di questo episodio».
(da Open)

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L’AGGRESSORE DELLA RAGAZZA ISRAELIANA ALLA STAZIONE TERMINI E’ UN GIOVANE POLACCO

Gennaio 3rd, 2023 Riccardo Fucile

LE TELECAMERE HANNO RICOSTRUITO IL TRAGITTO DELL’UOMO (NON ANCORA FERMATO)… IGNOTI I MOTIVI DELL’AGGRESSIONE … IL VIMINALE NON HA ANCORA SPIEGATO COME SIA POSSIBILE CHE NELLA PRINCIPALE STAZIONE ITALIANA UN CRIMINALE POSSA AGIRE INDISTURBATO E POI ANDARSENE TRANQUILLAMENTE

Spunta un secondo video. Un’altra telecamera di sicurezza della stazione Termini riprende l’aggressore e stavolta il volto è pienamente riconoscibile. L’uomo, un giovane vestito completamente di nero, fa avanti e indietro di fronte all’ingresso dello scalo che affaccia su piazza dei Cinquecento con una busta blu di plastica.
È appena sceso dal bus della linea 714 che lo ha portato dall’Eur in centro e si guarda attorno. Mentre il volto viene inquadrato in primo piano, si accende una sigaretta. L’uomo deve ancora incrociare Abigail Dresner, la 24enne israeliana che accoltellerà per tre volte da lì a qualche minuto all’interno della stazione. Secondo le prime informazioni che circolano in ambienti investigativi, si tratterebbe di un polacco. Forse un senzatetto.
Il percorso dell’aggressore di Termini
Gli investigatori hanno ricostruito l’intero tragitto dell’aggressore e hanno in mano anche il suo identikit, una descrizione accurata a cui in queste ore i pm cercano di abbinare anche un nome e un cognome. È stato grazie alle telecamere di sicurezza piazzate a ogni angolo della stazione Termini che la polizia ha scoperto che il ricercato è arrivato in piazza dei Cinquecento dopo le 21,30 a bordo di un autobus, il numero 714. Si tratta di un torpedone di ultima generazione, uno di quelli che hanno in dotazione un servizio di videosorveglianza.
Così dalle immagini interne al bus, già in mano alla procura di Roma, è stato possibile ricostruire l’intero percorso del killer, un viaggio di oltre 12 chilometri che ha portato il ricercato verso la vittima. Mancava oltre un’ora all’agguato, quando quell’uomo sulla quarantina è salito a bordo del bus che era ancora parcheggiato al capolinea, in piazzale Pier Luigi Nervi, davanti il palazzetto dello sport dell’Eur, un luogo che l’aggressore potrebbe aver raggiunto anche con un altro autobus, visto che la polizia ha sequestrato anche le immagini catturate dalle telecamere di sicurezza installate in un’altra vettura. Quel che certo è che una volta a bordo del 714, destinazione Termini, l’uomo non ha infastidito nessuno né ha richiamato l’attenzione dell’autista che, ascoltato dagli investigatori, ha detto che si è trattato di un passeggero come tanti, di un volto che non gli è restato impresso.
L’incontro con la vittima in piazzale dei Cinquecento
L’aggressore ha viaggiato a bordo del bus per circa un’ora, fino alle 21,30, quando ha raggiunto l’ultima fermata, piazzale dei Cinquecento. È qui che pochi istanti dopo il suo arrivo l’uomo ha incrociato la turista israeliana. “Non lo avevo mai visto prima”, ha detto Abigail ai poliziotti. La vittima non avrebbe fatto caso a quell’uomo vestito in abiti scuri. Non si è accorta che lui ha iniziato a seguirla, senza curarsi delle numerose telecamere che inquadravano ogni suo spostamento.
L’uomo l’ha pedinata fino all’interno della stazione Termini, dove la vittima, che sarebbe dovuta ripartire l’indomani dopo aver trascorso alcuni giorni nella Capitale in compagnia di un’amica, voleva comprare i biglietti del treno per l’aeroporto di Fiumicino. L’orologio delle videocamere di sorveglianza mostra le 21,45 mentre la giovane è alle prese con la biglietteria elettronica. A quel punto, l’uomo si è avvicinato a lei, estraendo dalla busta il coltello e pugnalandola due volte al petto. La vittima si è spostata, è caduta, si è rialzata e ha provato a scappare, prima di venire colpita nuovamente al petto. Poi l’aggressore si è girato dileguandosi tra la folla, sempre sotto l’occhio delle telecamere che hanno ripreso ogni istante dell’aggressione.
Indagine sui video dell’aggressione finiti su Facebook
Le immagini sono finite su Facebook neanche 24 ore dopo il tentato omicidio. Qualcuno ha filmato con il cellulare i monitor di servizio collegati con le telecamere di sicurezza e poi ha diffuso i video, due filmati, da 22 e 24 secondi, accompagnati dal commento “Benvenuti alla stazione Termini”. I due video da ieri pomeriggio sono stati rimossi e adesso gli investigatori indagano anche sul conto di chi li ha diffusi, carpendo i frame da uno dei due monitor interni alla stazione. D.S., le iniziali del profilo social della persona che ha diffuso le immagini, dice di aver frequentato l’università di Tor Vergata e di lavorare all’Ikea, di vivere a Terni ma di essere nato ad Ajaccio. E tra i suoi 215 amici figurano anche persone che siedono al vertice del ministero dei Trasporti.
Il mistero dei simboli ebraici sullo zainetto della vittima
A destare qualche interrogativo sul movente anche alcuni simboli ebraici sullo zainetto della vittima. La parola sarebbe “Shkedia”, che corrisponde a una marca di generi alimentari.
La madre della vittima: “Mia figlia vuole solo dimenticare”
“Mia figlia sta meglio ma non vuole parlare, è difficile rivivere quei momenti drammatici. Vuole solo dimenticare. Non le va neanche di vedere la televisione in camera”, ha detto la madre di Abigail subito dopo aver incontrato la figlia in ospedale, dove la ragazza ha ricevuto la visita anche del personale dell’ambasciata di Israele a Roma e del fidanzato, arrivato da Tel Aviv non appena saputo dell’aggressione. Ieri, nel reparto di chirurgia preventiva al primo piano del Policlinico Umberto I di Roma, c’erano anche diversi poliziotti che hanno rivolto alla ragazza alcune domande e hanno invitato i cronisti ad allontanarsi: “È un momento delicato”. Forse perché il killer mancato ha le ore contate.
(da La Repubblica)

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QUANDO MELONI PROMETTEVA CHE AVREBBE TAGLIATO LE ACCISE E L’IVA FINGENDO DI ANDARE A FARE BENZINA

Gennaio 3rd, 2023 Riccardo Fucile

LO DICEVA NEL 2019 DALL’OPPOSIZIONE, ORA CHE E’ AL GOVERNO FA L’OPPOSTO

“Tasse scandalose sul carburante: le accise e l’IVA pesano per poco meno del 70% del costo totale. Pressione fiscale che compromette tutta la nostra economia. Ma rischiamo un ulteriore aumento con le “clausole di salvaguardia” inserite dal Governo nella legge di Bilancio. Niente scherzi! Gli aumenti previsti vanno bloccati e le accise esistenti vanno progressivamente abolite” scriveva nel 2019 Giorgia Meloni a corredo di un video pubblicato sulla sua pagina Facebook.
L’attuale premier, che all’epoca si batteva per l’abolizione delle accise sul carburante, metteva in scena un finto rifornimento a una stazione di servizio spiegando come su 50 euro di benzina, solo 15 vanno al benzinaio mentre il restante allo Stato.
Con il nuovo anno arrivano invece i rincari nei trasporti.
Secondo Assoutenti, gli italiani dovranno fare i conti con gli aumenti di benzina e gasolio a causa dell’addio al taglio delle accise da parte dell’attuale governo Meloni, per gli incrementi dei pedaggi autostradali e, in molte città, per i rincari dei biglietti di bus e metro: il totale sarà circa 2.435 euro per ogni famiglia.
(da agenzie)

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BERLUSCONI È INFASTIDITO DALLE CONTINUE STRIZZATINE D’OCCHIO DELLA MELONI CON IL TERZO POLO

Gennaio 3rd, 2023 Riccardo Fucile

HA CAPITO CHE CALENDA PUNTA A SVUOTARE FORZA ITALIA, E L’OPERAZIONE NON DISPIACE A DONNA GIORGIA

Silvio Berlusconi non ne può più delle continue strizzatine d’occhio tra il Terzo Polo di Carlo Calenda e Matteo Renzi e il capo del governo Giorgia Meloni. Anche di questo, a quanto siamo in grado di ricostruire, si è parlato tra l’ex presidente del Consiglio e i ministri di forza Italia con i quali si è sentito telefonicamente negli ultimi giorni per il tradizionale scambio di auguri. Ma presto il Cavaliere sarà a Roma per affrontare personalmente la questione.
Insomma, il feeling che si registra sempre di più intenso tra il Terzo Polo e Giorgia Meloni sulle riforme, ma ancora di più sulla prescrizione e sul Covid, sta irritando profondamente Forza Italia, accendendo la tensione all’interno della maggioranza di governo.
Se la Lega è soddisfatta per l’annuncio della premier di un nuovo intervento a gennaio sulla sicurezza, dentro FI crescono sempre di più i dubbi e la voglia di distinguersi. Tutti sono consapevoli, nel partito azzurro, che oggi l’esecutivo stia vivendo la cosiddetta “luna di miele” con il Paese e non è tempo di aprire polemiche.
Una fase che continuerà anche nelle prossime settimane, tuttavia è evidente la percezione che tra qualche mese tutto sarà in movimento e che proprio al centro si giocherà una partita molto accesa.
Da qui l’intenzione di lanciare un allarme molto serio a Giorgia Meloni perchè renda ‘solido’ il suo consenso, organizzi al meglio la coalizione, “evitando di fare la fine di Matteo Renzi o Matteo Salvini”.
“Giorgia dovrebbe fare come Berlusconi, garantire più pluralismo alla coalizione, sennò va a sbattere presto”, sospira qualcuno, sottolineando l’enorme fluidità del voto degli italiani come testimoniato nelle elezioni degli ultimi dieci anni.
“Conosco persone – commenta un dirigente azzurro – che hanno votato prima Renzi, poi Cinque Stelle, poi Salvini e ora Meloni, ma questi voti, come sono venuti, possono andare via. C’è almeno un venti percento andato a Fratelli d’Italia – riflette lo stesso dirigente – che non è di destra, ma che ha scelto Meloni, s’è fidata della persona”.
(da Il Giornale d’Italia)

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