Luglio 10th, 2023 Riccardo Fucile
LA RISPOSTA NEL LIBRO-INTERVISTA DI MADRON E BISIGNANI: UNA TRIANGOLAZIONE DI RAPPORTI CHE ARRIVA IN LOMBARDIA E TORNA A ROMA CON IL COGNATO DELLA MELONI
Fin dal primo giorno del Santa-gate Giorgia Meloni ha apertamente sostenuto la sua ministra del Turismo, Daniela Santanché fino al famoso comunicato firmato «fonti di Palazzo Chigi» che ha trasformato l’inchiesta su Visibilia e il suo risalto mediatico in una sorta di complotto politico-giudiziario nei confronti del governo stesso di centrodestra guidato dalla Meloni. Ma perché la Santanché – pur essendo così diversa per storia e carattere- è così importante per la Meloni? La risposta ha un volto, un nome e cognome: Mario Mantovani. Lo spiega bene in un capitolo il libro “I potenti al tempo di Giorgia” (Chiarelettere) scritto da Paolo Madron intervistando Luigi Bisignani, il lobbista che per altro da lungo tempo conosce la Santanché.
Madron definisce Mantovani «il vero kingmaker della crescita di Fratelli di Italia in Lombardia», e Bisignani annuisce: «Mantovani, berlusconiano della prima ora, ex vicepresidente della Regione e assessore alla Sanità arrestato per corruzione e poi assolto, è passato nel 2018 alla corte della Meloni. Sin da quando venne eletto eurodeputato di Forza Italia nel 1999, Mantovani si è rivelato un formidabile aggregatore di consensi. Nel 2013 diventò consigliere regionale con 13 mila preferenze e il governatore di allora, Roberto Maroni, lo nominò suo vice e assessore alla Sanità».
È stata proprio la Santanché a portare Mantovani in Fratelli di Italia, ottenendo la sua riconoscenza dopo averlo difeso a spada tratta dalla vicenda giudiziaria che lo aveva coinvolto nel 2015 durante la partecipazione a una trasmissione di La7. «Da quel momento», ricorda Bisignani, «i due diventano una coppia inscindibile. Mentre Mantovani è sotto indagine e finisce sui giornali per i suoi guai giudiziari, Santanché acchiappa voti e soprattutto si adopera per fare sentire il proprio peso dentro Fratelli di Italia».
Grazie a Mantovani e alla sua rete di interessi e voti in Lombardia ben prima delle elezioni politiche 2022 Fratelli di Italia ha iniziato a crescere rosicchiando voti alla Lega. E la Meloni sa bene che questo successo è in gran parte dovuto al lavoro della Santanché.
Secondo Madron e Bisignani per altro l’asse Santanché-Mantovani sarebbe in realtà un triangolo di potere, perché entrambi sono legatissimi a Roma al ministro della Agricoltura e della sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida, che della Meloni è anche il cognato.
(da agenzie)
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Luglio 10th, 2023 Riccardo Fucile
LA POSIZIONE SOCIALE E LA DISPONIBILITÀ ECONOMICA, POTREBBERO SPINGERE I GENITORI DELLA 22ENNE A NON LASCIARSI INTIMORIRE DA UN PROCESSO CONTRO IL FIGLIO DEL PRESIDENTE DEL SENATO… PERCHE’ NON E’ STATO SEQUESTRATO IL TELEFONO DI LEONARDO APACHE?
Lo scandalo che ha coinvolto Leonardo Apache La Russa,
accusato di stupro, ha acceso le vipere milanesi che si sono messe a sibilare l’una con l’altra per saperne di più. Pare che la ragazza, presunta vittima della violenza, appartenga a una famiglia dell’alta borghesia milanese.
La posizione sociale e la disponibilità economica, potrebbero spingere i genitori della 22enne a non lasciarsi intimorire da un processo contro il figlio del presidente del Senato…
Ha destato scalpore la notizia del mancato sequestro del telefono di Leonardo Apache La Russa, a differenza degli smartphone della presunta vittima e dell’amico di Leonardo immediatamente presi in carico dall’autorità giudiziaria.
Secondo Sandro De Riccardis di “Repubblica”: “il telefono di Leonardo, ora indagato per violenza sessuale, non è stato sequestrato in attesa di sentire la ragazza e per evitare possibili problemi giuridici legati al ruolo e alle garanzie proprie della seconda carica dello Stato”
Sempre sul telefonino del giovane La Russa, Davide Milosa sul “Fatto Quotidiano” scrive:
“Da capire se non sia stato trovato oppure non fosse intestato a lui o ancora, la Procura attende di sentire prima la ragazza per poi fare un accesso mirato e senza rischi di essere respinta, visto che La Russa jr vive a casa del padre.
E questo anche perché la querela, secondo fonti inquirenti, lascerebbe alcuni punti oscuri.
Di certo l’anomalia del mancato sequestro è evidente. In mano gli investigatori hanno il telefono della vittima e quello di un amico di La Russa presente in casa, quest’ultimo non indagato. I telefoni non sono stati sequestrati ma solo acquisiti”.
A parte il fatto che, oggi, per ottenere dati e informazioni presenti su uno smartphone non è necessario disporre fisicamente del dispositivo. Basta un bravo hacker in grado di accedere al cloud o un trojan infilato nel telefono. Gli investigatori possono accedere alle informazioni nel telefono di Leonardo Apache in molti modi. Qualcuno si chiede se lasciare il dispositivo al ragazzo sia stato un modo per indurlo a comunicare liberamente, con l’obiettivo di registrare eventuali “passi falsi”
(da agenzie)
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Luglio 10th, 2023 Riccardo Fucile
SULLA QUESTIONE DEL LASCITO DA 100 MILIONI ALLA FASCINA, I FIGLI DEL CAV PREFERIREBBERO EVITARE DI IMPUGNARE IL TESTAMENTO: MAGARI PROVERANNO A TROVARE UN ACCORDO RISERVATO PER UNA CIFRA CONGRUA MA DIVERSA DA QUELLA PREVISTA DAL LASCITO… MA SEW LA VOLONTA’ DEL PADRE ERA DI LASCIARE 100 MILIONI ALLA FASCINA RISPETTATELA
L’epopea della “Zarina di Arcore” Marta Fascina volge al termine. Seppellito Silvio Berlusconi e aperto il suo testamento, con lascito da 100 milioni, la bionda parlamentare di Forza Italia dovrà accantonare il sogno di vivere da castellana a Villa San Martino.
Pier Silvio, che non l’ha mai amata al punto da disertare le nozze morganatiche tra lei e babbo Silvio, le ha dato tempo fino a ottobre per inscatolare borse, scarpe e sciarpine di cachemire e lasciare la residenza di Arcore.
Il legato testamentario consegnato da Marta Fascina ai figli di Berlusconi, in cui si definisce la donazione di 100 milioni in suo favore, potrebbe essere impugnato.
Nella lettera ai cinque figli (meno uno: Luigi), datata 19 gennaio 2022, Silvio Berlusconi scrive testualmente: “Sto andando al San Raffaele, se non dovessi tornare, vi prego di prendere atto di quanto segue: dalle vostre eredita’ di tutti i miei beni dovreste riservare queste donazioni: 100 milioni a Marta, 100 per mio fratello Paolo e 30 per Marcello Dell’Utri”.
Solo che il Cav, all’epoca, tornò vivo a Villa San Martino, la condizione sospensiva non si è verificata, e quindi potrebbe non avere validità.
Sulla questione i figli del Cav mantengono un atteggiamento prudente. Preferirebbero evitare di impugnare il testamento e dare vita a una pubblica tenzone legale con tanto di incontrollabili strascichi e stracci volanti.
Meglio cercare, è questa la linea scelta da Marina e Pier Silvio, trovare un accordo riservato per una cifra congrua da riconoscere a Marta Fascina diversa da quella prevista dal lascito (la metà?).
(da Dagoreport)
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Luglio 10th, 2023 Riccardo Fucile
INVECE DI INTERPRETARLO COME UN TENTATIVO DI INFONDERE CORAGGIO E DI ROMPERE GLI SCHEMI PER CUI UN ATLETA OMOSESSUALE DEBBA CONTINUARE A NASCONDERSI, IL MINISTRO SI ACCODA AL PENSIERO SOVRANISTA BIGOTTO E IPOCRITA
Il coming out è un’ostentazione, l’omosessualità una scelta
personale. Il ministro dello Sport, Andrea Abodi, ha commentato così il ritorno in Italia di Jakub Jankto. Il calciatore, passato per Sampdoria e Udinese, il prossimo anno giocherà nelle fila del Cagliari di Claudio Ranieri. Di Jankto si è parlato molto negli ultimi mesi per via del suo coming out sui social, il primo di un calciatore ad alti livelli, in un ambiente in cui l’omosessualità rappresenta inspiegabilmente ancora un tabù.
A quanto pare, però, il ministro del governo Meloni non ha apprezzato particolarmente la scelta del centrocampista ceco: “La società probabilmente, in generale, ancora qualche passo in avanti può farlo – ha detto questa mattina Abodi a Radio 24 – Per quanto mi riguarda, è prima di tutto una persona e secondo è un atleta”. E ha aggiunto: “Non faccio differenze di caratteristiche che riguardano la sfera delle scelte personali”. Già il definire l’omosessualità una scelta personale è un’affermazione abbastanza discutibile, ma andiamo avanti.
“Se devo essere altrettanto sincero non amo, in generale, le ostentazioni – ha insistito ancora Abodi – ma le scelte individuali vanno rispettate per come vengono prese e per quelle che sono. Io mi fermo qui”.
Insomma, secondo il ministro dello Sport, la decisione – molto sofferta – di Jankto di comunicare al mondo la sua omosessualità, sarebbe una forma di ostentazione. Non un tentativo di infondere coraggio e di rompere degli schemi per cui nel calcio gli omosessuali continuano a nascondersi.
Il coming out del calciatore è arrivato lo scorso febbraio, con un video che ha raggiunto milioni di visualizzazioni in cui Jankto stesso racconta di non volersi più nascondere. Furono tantissimi, nei mesi scorsi, gli attestati di stima e i complimenti al centrocampista per una scelta ritenuta coraggiosa e difficile. Ora il bentornato in Italia, da parte del ministro dello Sport, non è stato sicuramente il migliore che potesse aspettarsi.
(da Fanpage)
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Luglio 10th, 2023 Riccardo Fucile
IL TUTTO CON UN PATTUGLIATORE IN PASSATO APPARTENUTO ALLA NOSTRA GUARDIA DI FINANZA CHE POCHE SETTIMANE FA ABBIAMO REGALATO A QUESTI TRAFFICANTI CRIMINALI
Colpi di arma da fuoco per intimidire, per allontanare le navi umanitarie che salvano i migranti nel Mediterraneo. È successo alcuni giorni fa, quando una pattuglia della cosiddetta Guardia costiera libica ha iniziato a sparare in aria durante un’operazione di soccorso della Ocean Viking in acque internazionali al largo delle coste libiche. I colpi sono partiti da una motovedetta che in passato era appartenuta alla Guardia di Finanza italiana, e che era stata donata appena qualche settimana fa dall’Unione europea alla Libia. E che ora, appunto, viene usata per sparare contro chi salva vite in mare
Il soccorso della Ocean Viking
L’Ong Sos Mediterranée ha ricostruito tutto l’accaduto. Lo scorso 7 luglio la sua nave umanitaria, la Ocean Viking appunto, si trovata nel Mediterraneo centrale dove ha soccorso 46 persone in pericolo. Dopo il primo salvataggio l’equipaggio ha ricevuto un mayday relay su una seconda imbarcazione in distress in acque internazionale al largo della Libia, a circa 45 miglia da Garabulli. Un aereo di Pilotes Volontaires, una Ong che sorvola il Mediterraneo per avvistare le imbarcazioni in difficoltà, ha confermato la presenza di un barchino alla deriva con a bordo 11 persone.
Dalla Ocean Viking sono quindi subito partire due barche di soccorso veloce, che hanno raggiunto la piccola imbarcazione in vetro resina e hanno preso a bordo i naufraghi. Tornando verso la nave madre, però, i gommoni sono stati raggiunti da una pattuglia libica “che ha iniziato a sparare più volte in aria, mettendo in pericolo la vita dell’equipaggio e dei sopravvissuti”.
La Guardia costiera libica apre il fuoco
A bordo della Ocean Viking c’era anche una giornalista di Euractiv, Eleonora Vasques, che ha raccontato quanto accaduto. L’Ong era già in contatto con le autorità italiane, che avevano assegnato il porto di Civitavecchia (a tre giorni di navigazione) dopo il primo salvataggio. Alla notizia della seconda imbarcazione in pericolo, il Centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo (IMRCC) aveva detto alla Ocean Viking di “procedere e valutare”. A quel punto la Ong aveva cercato di comunicare anche con Tripoli, con non poche difficoltà dal momento che, nonostante sia previsto dal diritto del mare, nella Guardia costiera libica non ci fosse nemmeno una persona che parlasse in inglese. Un membro dell’equipaggio, sempre secondo quanto racconta Vasques, sarebbe però riuscito a parlare con i libici in arabo. La Guardia costiera libica avrebbe prima detto alla Ong di andarsene, ma alla risposta della Ocean Viking – che avrebbe sottolineato di trovarsi in acque internazionali e di aver già ricevuto il via libera dalle autorità italiane – si sarebbe limitata a rispondere “ok”.
Non ci sarebbero state ulteriori comunicazioni, ma il pattugliatore libico si sarebbe presentato sul luogo del soccorso. E dopo una serie di manovre rischiose, mirate a bloccare i gommoni della Ocean Viking, ha iniziato a sparare in aria. Un’esibizione di violenza incredibilmente pericolosa, ovviamente contraria a ogni principio della legge del mare
La motovedetta donata a Tripoli era della Guardia di Finanza italiana
La motovedetta che ha aperto il fuoco in passato era appartenuta alla Guardia di Finanza italiana. Si tratta di un pattugliatore Classe Corrubia, donato a Tripoli nell’ambito del progetto europeo SIBMMIL (Support Integrated Boarder and Migration Management in Lybia), per sostenere i libici nel controllo dei confini e dei flussi migratori.
“Da ricostruzioni giornalistiche e dal lavoro di ricerca del giornalista di Radio Radicale Scandura ora si viene a sapere che i colpi di mitraglia sono partiti da una delle motovedette, in passato della Guardia di Finanza, che il governo italiano ha regalato alle milizie libiche il 23 giugno scorso da Messina. La presidente Meloni e i ministri Crosetto e Piantedosi non hanno nulla da dire? Sull’episodio presenteremo un’interrogazione parlamentare al governo perché è una vergogna che il nostro Paese sia complice di queste azioni violente ed illegali”, ha scritto su Twitter il segretario nazionale di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni, parlamentare dell’Alleanza Verdi Sinistra.
Era stato proprio il giornalista di Radio Radicale a segnalare come non ci fossero dubbi sulla provenienza delle motovedette libiche, consegnate a Messina lo scorso 24 giugno. Non è chiaro, però, di quale delle due si tratti: il numero identificativo normalmente inserito sopra il “ponte di passeggiata” manca ancora.
(da agenzie)
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Luglio 10th, 2023 Riccardo Fucile
LA VERA PARTITA È LO SCONTRO SUGLI ASSETTI IN EUROPA, DOVE LA “DUCETTA” STA LAVORANDO PER ASSORBIRE L’EREDITÀ DI FORZA ITALIA E METTERE FUORI GIOCO IL CARROCCIO
Basta “risse” con i giudici, basta con la tentazione di lasciarsi
andare a “vendette” contro la magistratura. Se riforma della giustizia deve essere che si sgombri il campo dai veleni generati dalle ultime inchieste che hanno coinvolto dirigenti di prima fascia di Fratelli d’Italia. Ecco la strategia che sta dietro alla presa di posizione del Carroccio.
Una linea inedita, se si considera che a bollinarla è un “incendiario” come Matteo Salvini. Un posizionamento che certo non piacerà a Palazzo Chigi, ma che il leghista sposa comunque, dopo giorni di silenzi e imbarazzi. Una decisione che prelude a uno scontro nella maggioranza. E che potrebbe determinare un effetto certo non sgradito a via Bellerio: indebolire la Presidente del Consiglio.
Non avvelenare il clima, dunque. Vuole dire prima di tutto scegliere di abbassare i toni con le toghe. Si traduce anche nel fatto che la Lega non entrerà nel merito delle inchieste che hanno scosso Fratelli d’Italia. Non c’è nulla di casuale, Il segretario ha vissuto con fastidio l’opa ostile di Fratelli d’Italia su Forza Italia, ma soprattutto ha interpretato come una minaccia esistenziale la mossa della premier di giocare una partita per le Europee del 2024 che punta a relegare il Carroccio in un angolino isolato dell’Europarlamento. Per questo, reagisce.
Non c’è nulla di casuale, anche perché alcuni dettagli pesano. Il primo: il vicepresidente del Csm è stato indicato alcuni mesi fa proprio dalla Lega. Conta poi anche un altro elemento, in queste ore: è convinzione diffusa ai vertici dell’esecutivo che al Colle non abbiano certo apprezzato l’escalation contro i magistrati. Senza dimenticare che Giulia Bongiorno, che decide la linea della Lega sulla giustizia, non è certo uno sponsor del muro contro muro con i giudici.
Lo scontro stava incubando da giorni, ma tutto è esploso con la nota. Firmata per una volta non da Salvini o da uno dei suoi capigruppo, ma significativamente dalla “Lega”. Vuol dire che il leader pensa di interpretare anche il sentimento dei governatori, spesso poco inclini ad assecondarlo. Stavolta è diverso, anche perché è Meloni ad aver scelto lo scontro con i magistrati. E Salvini ha gioco facile a distinguersi.
Il leader ha spiegato ai suoi che non ci sarà alcuna difesa “a prescindere” degli indagati di Fratelli d’Italia. È un passaggio chiave. Che si può anche tradurre con un più brutale: non copriremo in modo acritico gli esponenti di FdI in difficoltà. Per giorni, i leghisti hanno negato sponda e sostegno a Daniela Santanchè. Sono stati i primi a chiedere alla ministra del Turismo di riferire in Parlamento, costringendo Meloni a stravolgere i piani
Ma non basta. Perché la freddezza riservata alla responsabile del Turismo assomiglia molto da vicino al silenzio dedicato tre giorni fa a Ignazio La Russa. Il presidente del Senato ha scelto una linea pubblica di difesa del figlio, denunciato per violenza sessuale, che non ha convinto il Carroccio. Nessun dirigente leghista lo ha difeso (a dire il vero, per molte ore neanche da Fratelli d’Italia si sono alzate voci a sostegno, ad eccezione di Edmondo Cirielli).
Gli amici si vedono nel momento di difficoltà. E Salvini rende alla premier un trattamento simile a quello ricevuto nella partita europea, dove il Carroccio subisce e subirà una conventio ad excludendum dalle famiglie europee tradizionali, a causa anche dell’alleanza con il Rassemblement National di Marine Le Pen e gli estremisti nazionalisti tedeschi dell’Afd. Senza che Fratelli d’Italia muova un dito.
Tutto parte dalle recenti mosse di Meloni, decisa a conquistare l’eredità e i voti di Silvio Berlusconi, convinta della necessità di favorire una progressiva e ineluttabile fusione con Forza Italia per costruire in Europa un’intesa tra popolari e conservatori. È per la Lega, come detto, una minaccia esistenziale.
E se anche in questa fase la propaganda meloniana continua a mantenere un’ambiguità strategica sul rapporto con Identità e democrazia (il gruppo in cui milita Salvini a Bruxelles), una cosa è certa: Palazzo Chigi vuole fuori dai giochi i leghisti e i suoi partner. Sostenere una cosa diversa significherebbe precludersi ogni margine di trattativa con i Popolari, costringendosi all’irrilevanza.
Ecco il terreno su cui si gioca la sfida tra i due leader della destra italiana. Difficile che finisca con un pareggio.
(da La Repubblica)
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Luglio 10th, 2023 Riccardo Fucile
L’ATLETA UCRAINA SI È RIFIUTATA DI STRINGERE LA MANO ALL’AVVERSARIA PER PROTESTARE CONTRO IL RUOLO DI MINSK NELLA GUERRA… A QUEL PUNTO LA BIELORUSSA HA ALZATO LA MANO IN DIREZIONE DI SVITOLINA, MA È STATA SOMMERSA DAI FISCHI
Victoria Azarenka ha definito la folla di Wimbledon “scorretta” e “ubriaca” dopo essere stata fischiata dagli spettatori sul campo centrale dopo la sua sconfitta contro Elina Svitolina in uno scontro tennistico carico di contenuti politici, in quanto fra una giocatrice bielorussa, lei, e una dlel’Ucraina, la sua rivale.
Ha vinto Svitolina che poi non ha stretto la mano alla bielorussa Azarenka per protestare contro l’invasione dell’Ucraina da parte dei russi supportati dai loro alleati militari bielorussi.
Azarenka, che ha alzato la mano in direzione di Svitolina, ha lasciato il campo tra raffiche di fischi.
“Non è stato giusto – ha poi commentato – ma è ciò che è e io cosa posso fare? Non ho fatto niente di sbagliato, ma non riesco a controllare la folla. Non sono sicuro che molte persone capissero cosa stia succedendo. Ma se le persone si concentreranno solo sulle strette di mano o su una folla piuttosto ubriaca, che fischia alla fine, allora è un peccato”.
Svitolina e tutte le altre tenniste ucraine si sono tutte rifiutate di stringere la mano alle rivali russe e bielorusse al recente Open di Francia, e la stessa Svitolina e Marta Kostyuk sono state fatte oggetto di boati di disapprovazione da parte del pubblico di Parigi per la loro posizione dopo aver perso contro la bielorussa n.2 del mondo Aryna Sabalenka. Agli US Open dello scorso anno, Kostyuk ha offerto solo un tocco di racchetta dopo la sua sconfitta contro Azarenka.
Ma Svitolina crede che i fischi potrebbero essere fermati “se le autorità del tennis rilasciassero una dichiarazione che spiegasse la posizione dei giocatori ucraini”.
“È stato così per me a Parigi, hanno fischiato me ed è stato ingiusto – le sue parole -. Ho già detto più volte che fino a quando le truppe russe non saranno fuori dall’Ucraina e non ci riprenderemo i nostri territori, non stringeremo la mano con le giocatrici di quei paesi. Spero di essere stata chiara”.
“Oltretutto – ha concluso – quando gioco contro russe e bielorusse, sento una maggiore pressione ed ecco perché significa molto ottenere questo tipo di vittorie. A modo mio, è portare questa vittoria, piccola vittoria, in Ucraina”.
(da agenzie)
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Luglio 10th, 2023 Riccardo Fucile
IL GIORNALISTA RAGGIUNTO DAL PROVVEDIMENTO CHE TUTELA LE VITTIME DI ATTI PERSECUTORI
La Divisione Anticrimine della Questura di Milano ha inviato nei
giorni scorsi un provvedimento di ‘ammonimento’ per stalking al giornalista Filippo Facci sulla base delle dichiarazioni della ex moglie. Lo apprende l’Agi da fonti qualificate.
L’ammonimento è un provvedimento amministrativo previsto dalla legge a tutela di una presunta vittima di stalking con natura preventiva e dissuasiva per evitare danni più gravi alla persona che riferisce di aver subito atti persecutori.
Nelle ultime ore Facci è finito sotto accusa per una frase contenuta un suo articolo pubblicato su Libero in merito all’indagine per violenza sessuale a carico del figlio di Ignazio La Russa. Un passaggio che il dirigente dem Sandro Ruotolo ha bollato come sessista e incompatibile con l’imminente impegno di Facci in Rai, dove è previsto un suo programma dal prossimo autunno.
(da agenzie)
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Luglio 10th, 2023 Riccardo Fucile
DA TAORMINA CATENO DE LUCA MARCIA VERSO CASTELLI
“Siamo arrivati a Ponti sul Mincio! Sud chiama Nord presente alla Festa dei Popoli del Nord voluta da Roberto Castelli, presidente dell’associazione Autonomia e Libertà”.
Con queste parole sui social e delle foto che ritraggono “l’avanzata” di alcuni rappresentanti di “Sud chiama Nord” il leader del movimento, Cateno De Luca, fresco di elezione a sindaco di Taormina (di comuni, nella sua lunga carriera politica, ne ha già conquistati altri 3) ha voluto pubblicizzare il “confronto” sull’Autonomia differenziata che si è svolto nel fortino leghista dell’ex ministro Castelli.
“Vogliamo promuovere l’amicizia, la comprensione e la collaborazione tra Sud e Nord perché condividiamo lo stesso obiettivo: un’Italia migliore” ha detto De Luca.
Il “patto del cannolo” l’ha chiamato l’ex sindaco di Messina che si è presentato da Castelli portando in dono cassette di limoni e il tipico dolce siciliano. Una provocazione, in pieno suo stile, ma, perché no, soprattutto un aggancio, perché nonostante lo scontro su una tematica come il federalismo che, di certo, divide i due movimenti, ad accomunare i due politici c’è un fattore di non poco conto, la delusione nei confronti del ministro alle Infrastrutture Matteo Salvini.
Il sindaco di Taormina ha, poi, invitato Castelli e i suoi a Taormina, dove a fine mese si celebrerà la Festa di Sud chiama Nord.
(da agenzie)
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