Luglio 7th, 2023 Riccardo Fucile
IL CAPO DELLO STATO È IRRITATISSIMO PER LE DICHIARAZIONI RILASCIATE DAL PRESIDENTE DEL SENATO, IGNAZIO LA RUSSA CHE INDOSSA LE VESTI DI AVVOCATO DIFENSORE E GIUDICE DEL FIGLIO , SENTENZA COMPRESA… UN PRESIDENTE DEL SENATO POTEVA PERMETTERSI NIENT’ALTRO CHE: “SONO RISPETTOSO DEL CORSO DELLE INDAGINI CONDOTTE DALLA MAGISTRATURA”. PUNTO
Se a Roma Giorgia Meloni è nervosissima per i casi giudiziari che vedono coinvolti il sottosegretario Delmastro e il ministro Santanchè, anche dall’altra parte dell’Atlantico, in Paraguay, Sergio Mattarella ha un diavolo per capello.
I motivi sono ovviamente opposti: alla Sora Giorgia è sbocciata l’idea di sbrogliare la matassa giudiziaria facendo quadrato su Delmastro e mollare al suo destino la Santadeché.
Anche se prima era azzoppata ed ora è pure senza la stampella di La Russa, la Pitonessa, per ora, non ci sta a rassegnare le dimissioni da ministro “al fine di non creare ombre sul Governo”.
In visita istituzionale in Paraguay, il Capo dello Stato è irritatissimo dopo aver letto le varie dichiarazioni rilasciate alla stampa del presidente del Senato, Ignazio La Russa, per l’inchiesta della Procura di Milano sul figlio, presunto violentatore di una ragazza della Milano bene.
Non poteva credere che la seconda carica dello Stato, colui che in caso di impedimento prende il suo posto ricoprendo anche la carica di Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, potesse interloquire con i giornalisti scrivendo, in difesa del rampollo, una folle nota in cui si mette in mezzo alle indagini: “Dopo averlo a lungo interrogato, ho la certezza che mio figlio Leonardo non abbia compiuto alcun atto penalmente rilevante”.
Per poi aggiungere, grazie al cielo: “Conto sulla Procura della Repubblica verso cui, nella mia lunga attività professionale ho sempre riposto fiducia, affinché faccia chiarezza con la maggiore celerità possibile per fugare ogni dubbio”.
Ma prima ‘Gnazio ha indossato i panni dell’avvocato del figlio Leonardo (un tipino che sui social ne spara di tutti i colori e dolori) e ha cominciato a impalcare la sua difesa, trasformandosi anche in giudice, sentenza compresa: “Di sicuro lascia molti interrogativi una denuncia presentata dopo quaranta giorni dall’avvocato estensore che – cito testualmente il giornale che ne dà notizia – occupa questo tempo “per rimettere insieme i fatti”.
Seconda botta: “Lascia oggettivamente molti dubbi il racconto di una ragazza che, per sua stessa ammissione, aveva consumato cocaina prima di incontrare mio figlio. Un episodio di cui Leonardo non era a conoscenza. Una sostanza che lo stesso Leonardo sono certo non ha mai consumato in vita sua”.
Basta? Non basta: “Inoltre – prosegue nella nota il presidente di palazzo Madama – incrociata al mattino, sia pur fuggevolmente da me e da mia moglie, la ragazza appariva assolutamente tranquilla. Altrettanto sicura è la forte reprimenda rivolta da me a mio figlio per aver portato in casa nostra una ragazza con cui non aveva un rapporto consolidato. Non mi sento di muovergli alcun altro rimprovero”.
Ovviamente noi speriamo che tutto si risolva nella migliore maniera possibile, comprendiamo il dolore che sta attraversando la famiglia La Russa, sappiamo benissimo che i figli so’ piezz e core.
Ma se un Beppe Grillo, colpito anche lui dai guai del figlio in calore, non ricoprendo nessunissima carica istituzionale, può ergersi in difesa del figlio (ricordiamo il suo incazzatissimo video), ben diverso è il ruolo di La Russa.
Un presidente del Senato non può permettersi di dire alla stampa nient’altro che di essere “rispettoso del corso delle indagini condotte dalla magistratura”. Punto
(da Dagoreport)
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Luglio 7th, 2023 Riccardo Fucile
TORNANO LE BADANTI, PORTE APERTE A IDRAULICI, ELETTRICISTI E AUTISTA… LA PRESSIONE DELLE CATEGORIE PRODUTTIVE A CUI SERVE MANODOPERA HA COSTRETTO IL GOVERNO A UNA APERTURA CHE NON PIACERA’ AL LORO ELETTORATO
E’ stato un blitz e, di certo, non è stato un caso. Il tanto atteso decreto flussi, annunciato in quelle che poi si sono rivelate le attuali dimensioni (500.000 posti in tre anni) mesi fa dal ministro dell’Agricoltura Lollobrigida poi costretto a smentire se stesso, è stato approvato dal consiglio dei ministri giovedì sera. In sordina, senza che trapelasse che all’ordine del giorno c’era il provvedimento la cui portata è certamente senza precedenti in Italia.
Il governo dà il via libera all’ingresso di altri 40mila lavoratori stranieri per il lavoro stagionale nell’agricoltura e nel settore turistico alberghiero, allargando i numeri già record stabiliti con il decreto flussi dello scorso dicembre. Il Consiglio dei ministri ha allargato le maglie “avendo preso atto che le domande d’ingresso per lavoro sono risultate in eccesso rispetto alle quote autorizzate” e gli ingressi saranno ‘pescati’ proprio dalle domande già presentate nel click-day del marzo scorso.
Non solo: perché in via preliminare è stato approvato anche un Dpcm che programma i flussi nel triennio 2023-2025. La previsione? Altri numeri record, che comunque non basteranno a soddisfare il fabbisogno, come preannuncia lo stesso comunicato al termine della riunione dei ministri. Il governo prevede infatti un totale di “452.000 ingressi, rispetto a un fabbisogno rilevato di 833.000 unità”.
Nello specifico verranno autorizzati ulteriori 136mila ingressi nel 2023, seguiti da numeri crescenti per gli anni a venire: 151mila nel 2024 e 165mila nel 2025.
Vengono inoltre estese le categorie professionali e i settori produttivi coinvolti: insieme a elettricisti e idraulici, una quota specifica viene riattivata per gli addetti ai settori dell’assistenza familiare e socio-sanitaria, ovvero colf e badanti.
Vengono inoltre aggiunti i “lavoratori per il trasporto passeggeri con autobus e per la pesca”. Si confermano, si legge nel comunicato, per il lavoro autonomo e subordinato non stagionale i settori dell’autotrasporto merci per conto terzi, dell’edilizia, turistico-alberghiero, della meccanica, delle telecomunicazioni, dell’alimentare, della cantieristica navale. Per il lavoro subordinato stagionale, invece, restano ovviamente i settori agricolo e turistico-alberghiero.
(da agenzie)
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Luglio 7th, 2023 Riccardo Fucile
“IL FUTURISMO NON HA BISOGNO DI MINISTRI DELLA CULTURA CHE LO PROMUOVANO COME UN PRODOTTO TIPICO NAZIONALE. NON C’ENTRA CON IL PICCOLO MONDO ANTICO DEL SOVRANISMO”
«Il futurismo di destra? Ma per favore. Non scherziamo». Pittore, scultore, disegnatore, pioniere del graphic novel, Pablo Echaurren possiede – insieme alla moglie, la storica Claudia Salaris – la più completa collezione al mondo di riviste, volantini, manifesti e dischi del futurismo.
«La prima cosa che faccio appena mi sveglio, al mattino, è cercare su internet uno dei ventuno pezzi che mi mancano». Militante nell’area creativa del movimento del ’77, membro degli Indiani metropolitani, Echaurren ha cominciato ad appassionarsi al Futurismo in quegli anni roventi d’ironia, baldoria e furore politico, quando un collettivo marxista ortodosso scrisse un volantino contro di lui all’università di Roma, scagliandogli il Futurismo addosso come un’onta.
Sotto il segno di un analogo riflesso condizionato, il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano ha inaugurato il cantiere contro l’egemonia culturale della sinistra consigliando al Museo archeologico di Napoli di fare una mostra sul Futurismo, perché ha «un’idea di modernità che viene dall’antico, dal passato».
Ha poi detto che, insieme al Maxxi, diretto da Alessandro Giuli, il governo sta costruendo il «nuovo immaginario italiano» acquisendo allo Stato la casa del pittore futurista Giacomo Balla, a Roma, sottintendendo che, con la destra al governo, il Futurismo è finalmente libero dalla cappa della sinistra. «Ma in realtà gli studiosi più importanti del Futurismo in Italia», dice Echaurren, «non sono mai stati conservatori, ammesso che sia giusto classificare uno studioso in base alle categorie politiche anziché alle sue qualità critiche».
Lei però subì il pregiudizio di sinistra.
«Finita la guerra, il Futurismo venne considerato un cascame del fascismo e chi aveva opere, riviste, materiali di quel movimento se ne liberò, come fossero cianfrusaglie. Nell’estrema sinistra degli anni Settanta il luogo comune e l’ignoranza operava ancora, ma anche a destra non c’è mai stato entusiasmo per il Futurismo: credo perché, da quelle parti, agli aeroplani hanno sempre preferito le vanaglorie delle aquile imperiali».
«Perché il Futurismo fu una baraonda inclassificabile, ha sfasciato tutte le gabbie mentali del passato. Ha inventato il canone dell’essere contro, che modellerà l’intero Novecento, non solo artistico, ma anche politico, fino ai giorni nostri».
Ebbe anche un rapporto con il fascismo, però.
«Chi lo nega? Ma non sono due movimenti sovrapponibili. Anzi. Boccioni al fronte rivide le sue posizioni politiche e Marinetti nel 1920 si allontanò dal fascismo, accusandolo di guardare al passato. Dall’altra parte, Antonio Gramsci scrisse su Ordine Nuovo che Marinetti era un “rivoluzionario” perché “non ha paura che il mondo caschi se un operaio fa errori di grammatica”».
Vuol dire che era di sinistra?
«No. Ritengo che, al netto di alcune figure irregolari, l’Italia sia un Paese sostanzialmente conservatore. Impaurito dall’esplorazione e dall’ignoto. Attaccato irrimediabilmente alla statua dell’eroe a cavallo».
Ma che cosa prova quando legge l’elogio futurista della guerra?
«Il desiderio di contestualizzare. Erano altri tempi. Anche Guillaume Apollinaire fu affascinato da certi proclami. E poi penso: “Quante stronzate avrò detto nella mia vita?”. Ecco, sarà capitato anche a Marinetti di dirne qualcuna».
Fa bene Sangiuliano a suggerire una mostra sul Futurismo?
«Ma le grandi mostre sul Futurismo sono già state fatte. 1986: Palazzo Grassi, Venezia. 2014: Guggenheim, New York. Il Futurismo è ormai riconosciuto universalmente. Non ha bisogno di ministri della Cultura che lo promuovano come un prodotto tipico nazionale. È già molto oltre. Sarebbe miseramente provinciale restringerlo all’identità italiana o, peggio, a una parte politica, per di più la destra identitaria di oggi».
Perché?
«Perché il Futurismo era libertario, dai costumi esagerati, per la sperimentazione sessuale, l’emancipazione della donna, era insofferente a ogni categoria, qualsiasi confine, era cosmopolita, figurarsi che c’entra con il piccolo mondo antico del sovranismo».
(da La Repubblica)
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Luglio 7th, 2023 Riccardo Fucile
PUTIN VUOLE RIDICOLIZZARE LA SUA FIGURA DI CAPO ANTI-ÉLITE, CHE FUSTIGA LA CORRUZIONE DEL SUO ENTOURAGE, DA SHOIGU IN GIÙ, PUR AVENDO UNO STILE DI VITA SIMILE A QUELLO DELLA CRICCA DI MOSCA CHE CRITICA COSTANTEMENTE…IL MISTERO DEI “PACCHETTI SOSPETTI DI POLVERE BIANCA”
Prigozhin con le teste mozzate. Prigozhin con l’oro. Prigozhin con i rubli (peccato che siano erogati di fresco dalla Banca centrale russa…). Prigozhin in travestimenti e parrucche ridicole.
Nell’operazione che il Cremlino ha fatto partire ufficialmente per distruggere Evgheny Prigozhin, Izvestia ha pubblicato un servizio e una serie di foto scattate durante la perquisizione nella mansion principale e negli uffici di Prigozhin a San Pietroburgo, e un video. Al netto della propaganda del Cremlino – che in realtà ha creato Prigozhin, e ora tenta tardivamente di distruggerlo – vi compaiono alcuni reperti straordinari per catalogare follia, soldi, potere e violenza del “prigozhinismo”, e dei suoi mentori, ovviamente: Putin e il Gru, i servizi militari russi. Prigozhin ha già promesso di vendicarsi, contro gli agenti he hanno leakato le foto. Come, lo vedremo.
Il Cremlino, più che ridicolizzarlo, vuole attaccare la sua figura di leader di una sorta di “populismo della guerra”, la sua figura di capo anti-élite, che fustiga la corruzione dell’entourage di Putin e della cricca di Mosca, da Shoigu in giù. E dunque queste immagini servono particolarmente alla bisogna, mostrano che lo stile di vita del “signore della guerra” Prigozhin differisce in nulla dallo stile di vita dell’élite che critica costantemente. Rossiya 1 ha fatto anche vedere che sul terreno della villa c’è una casa, una piscina, un parcheggio coperto con auto extralusso, un campo da basket e un eliporto. Il gruppo Wagner, sul Telegram di Greyzone, smentisce che sia casa dell’ex “cuoco di Putin”.
Nelle foto possiamo vedere un arsenale di armi, passaporti con nomi diversi, lingotti doro, denaro in varie valute (le banconote russe recano ancora il sigillo della Banca centrale, come se gli venissero recapitate fresche fresche di zecca), un’enorme mazza con la scritta “In caso di trattative importanti”, un intero studio medico, più innumerevoli cafonate e kitsch a tutto spiano.
Sono visibili cose curiose, come una serie di parrucche per travestimenti, e cose spaventose e inquietanti, come una fotografia con teste mozzate: la foto era incorniciata, nella villa e non negli uffici, e viene qui riprodotta ovviamente schermata.
In una foto c’è una giacca su cui sono appuntate le decine di medaglie al valore ricevute da Prigozhin dalla Russia, e culminate con il conferimento da parte di Vladimir Putin della medaglia più importante in assoluto, quella di “Eroe della Russia”. Abbiamo qui conferma che Prigozhin l’ha effettivamente ricevuta: il 20 giugno del 2022.
Un “eroe della Russia” che, nonostante il tentato golpe, continua a muoversi del tutto indisturbato in Russia, facendo la spola tra Pietroburgo e Mosca, come ci informa Alexandr Lukashenko (un po’ difficile immaginarsi Prigozhin in una tendopoli allestita per Wagner in Bielorussia).
Le altre medaglie visibili nelle foto sono la Stella di Eroe della Repubblica di Donetsk, di Eroe della Repubblica di Lugansk, l’Ordine al merito della Patria, 4a classe, l’Ordine di Alexander Nevsky, due Ordini del Coraggio, l’Ordine dell’Amicizia, l’Ordine al merito della Patria, prima e seconda classe, l’Ordine al merito militare, la Medaglia d’oro per la riconquista della Crimea (2014).
Colpiscono anche i tanti rubli impilati (oltre a dollari e altre valute). Come osserva la giornalista indipendente russa Farida Rustamova, «banconote appena stampate in ordinate confezioni di fabbrica. Con l’impronta del dipartimento principale della Banca Centrale per il Distretto Federale Centrale. È interessante, ovviamente, in quale banca è stato servito il ribelle fallito (osiamo supporre in “Russia”) e come questa banca abbia giustificato la richiesta alla Banca Centrale per una tale somma di denaro». Rossiya-1 è voluta andare oltre rispetto al servizio di Izvestia, e ha aggiunto che nella casa sono stati trovati anche «pacchetti sospetti di polvere bianca».
Unica circostanza che Prigozhin ha fatto smentire dal suo canale Telegram: «Siamo riusciti a visitare i locali in cui questi pacchetti sono stati effettivamente sequestrati. Ovviamente non stiamo parlando della casa del proprietario di Wagner. E allo stesso tempo, per scoprire che tipo di sostanza fosse, hanno deciso di chiamarla droga sul canale televisivo federale, ma per qualche motivo gli ufficiali dell’FSB l’hanno restituita ai proprietari senza problemi». Insomma, segno che non era droga, dice Prigozhin. Dove sia però, mistero.
(da la Stampa)
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Luglio 7th, 2023 Riccardo Fucile
SECONDO QUALCUNO GLI EBREI FURONO DEPORTATI NEI CAMPI “DI CONCENTRAZIONE” E C’È CHI NON HA SAPUTO RISPONDERE ALLA DOMANDA “CHI È SERGIO MATTARELLA?”… PIRANDELLO? AVREBBE SCRITTO “UNO, NESSUNO E DUECENTOMILA”
Pascoli? Dipingeva quadri. Al contrario di Dalì che, invece, viene scambiato per un letterato. E chi ha scritto la Divina Commedia? Su questo punto è davvero consigliabile tapparsi le orecchie. Si è sentito davvero di tutto, quest’anno, dai ragazzi interrogati alla maturità. A raccogliere la galleria degli orrori è stato il portale skuola.net, che ha chiesto la testimonianza direttamente ai maturandi.
Sarà stata colpa del caldo ma qualcuno si è mostrato decisamente confuso visto che ha assicurato alla commissione che Giovanni Pascoli era un pittore. E non si è trattato di un lapsus o di un momento di distrazione visto che lo studente è entrato nei dettagli collocando il poeta addirittura nel movimento avanguardista tedesco Die Brücke, Il Ponte.
Non è stato l’unico, un altro maturando ha invece assegnato il dipinto di Salvador Dalì “La persistenza della memoria” all’autore letterario Marcel Proust. Difficile capire come si sia arrivati a un tale scambio di persone.
Ma non serve infatti andare a scomodare artisti stranieri, ci sono errori grossolani anche tra gli autori principali dei volumi di letteratura italiana della scuola superiore. Un esempio? L’autore della “Divina Commedia” è niente di meno che Giuseppe Garibaldi. In un colpo solo si buttano a terra due personaggi protagonisti della storia e della cultura italiana. Ma non se la prenda Dante: non va certo meglio al più recente Pirandello, visto che è stato ricordato in sede di esame per aver scritto “Uno, Nessuno e Duecentocinquantamila”.
È rimasto invece raccolto in un preoccupante silenzio lo studente a cui è stato chiesto: «Chi è Sergio Mattarella?». Incredibile ma vero, non ha saputo rispondere. Mentre c’è stato anche chi, parlando della deportazione degli ebrei, ha spiegato che venivano rinchiusi nei «campi di concentrazione».
Un’altra gaffe memorabile è quella che ha stravolto il nome dello psicanalista de “La Coscienza di Zeno” di Italo Svevo: si chiama Dottor S ma viene ricordato dal maturando con un Signor S, il “cattivo” delle storie dei “Me contro Te”, la celebre coppia di youtubers evidentemente nota al maturando. Di sicuro più della letteratura.
(da Leggo)
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Luglio 7th, 2023 Riccardo Fucile
LA PEGGIORE PERCENTUALE IN EUROPA DOPO LA ROMANIA
Vivere (o rimanere) in Italia, per chi è giovane, continua ad essere difficile. Gli indicatori del benessere per questa categoria, secondo dati Istat, sono ai livelli più bassi in Europa. Ancora una volta, le statistiche restituiscono un quadro sconfortante: nel 2022, quasi un ragazzo su due tra 18 e 34 anni ha almeno un segnale di deprivazione. Si parla di 4 milioni e 870 mila persone. A pesare, soprattutto, è la dimensione dell’istruzione e del lavoro: circa un quinto della popolazione tra i 15 e i 29 anni (1.7 milioni di giovani) rientra sotto la definizione di Neet, cioè di chi non studia, non lavora e non è inserito in percorsi di formazione.
Soprattutto donne, meridionali e stranieri
Nonostante la quota abbia subìto un calo per gli standard italiani, arrivando a toccare un livello prossimo al minimo del 2007, resta sopra la media Ue di oltre 7 punti e più bassa solo a quella della Romania. E se, in quanto a integrazione nel mercato del lavoro dei giovani, l’Italia rimane fanalino di coda, all’interno della sua popolazione ci sono categorie più penalizzate più di altre. Il fenomeno dei Neet, infatti, interessa in misura maggiore le ragazze (20,5%) e, soprattutto, i residenti nelle regioni del Mezzogiorno (27,9%) e gli stranieri (28,8%).
In Sicilia, per esempio, quasi un terzo dei giovani tra i 15 e i 29 anni rientra nella categoria. La percentuale precipita al 9.9% nella Provincia autonoma di Bolzano. Il dato risulta inversamente proporzionale al titolo di studio detenuto: l’incidenza dei Neet è di circa il 20% tra i giovani diplomati o con al più la licenza media, mentre si ferma al 14% tra i laureati. I numeri non sorridono alle nuove generazioni italiane neanche per quanto riguarda la disoccupazione: la quota di giovani in cerca di lavoro da almeno 12 mesi risulta il triplo (8,8%) della media europea (2,8%), con un tasso di disoccupazione giovanile che si attesta al 18% (quasi 7 punti sopra quello medio in Ue).
Le cause
I Neet possono essere disoccupati, ma non necessariamente. Se un terzo della categoria (559mila) risulta etichettabile come tale (nella metà dei casi da almeno 12 mesi), quasi il 38% dei Neet non cerca lavoro né è disponibile a lavorare immediatamente. Ma, nella stragrande maggioranza dei casi, non sembra essere una scelta. Nel 47,5% dei casi, ciò dipende dal fatto che i ragazzi attendono di intraprendere un percorso formativo.
Il 46,2% tra le ragazze dichiara invece di aspettare per motivi di cura dei figli o di altri familiari non autosufficienti. C’è infine chi indica problemi di salute. Solo il 3,3% dichiara di non avere interesse o bisogno di lavorare. Oltre tre quarti dei Neet vivono da figli ancora nella famiglia di origine e solo un terzo ha avuto precedenti esperienze lavorative, un valore che varia tra il 6,8% per chi ha meno di 20 anni, il 46,7% per chi ha 25-29 anni.
(da agenzie)
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Luglio 7th, 2023 Riccardo Fucile
“INACCETTABILE DA CHI HA INCARICHI ISTITUZIONALI LA LEGITTIMAZIONE DEL PREGIUDIZIO SESSISTA”
“Disgutoso”. Elly Schlein interviene dopo le parole pronunciate da Ignazio La Russa in difesa del figlio Leonardo Apache, accusato di violenza sessuale. La segretaria dem ha parlato da Enna, dove ha partecipato a un incontro sul tema dell’autonomia. “Trovo disgustoso che il Presidente del Senato colpevolizzi una donna che denuncia una violenza”, ha affermato Schlein.
La Russa ha contestato i tempi della denuncia da parte della ragazza: “Presentata dopo quaranta giorni dall’avvocato estensore che, cito testualmente il giornale che ne dà notizia, occupa questo tempo per rimettere insieme i fatti”, ha evidenziato il presidente del Senato. E sulla ragazza che ha dichiarato di aver subito violenza La Russa ha sollevato dubbi: “Per sua stessa ammissione, aveva consumato cocaina prima di incontrare mio figlio. Un episodio di cui Leonardo non era a conoscenza. Una sostanza che lo stesso Leonardo sono certo non ha mai consumato in vita sua”.
Affermazioni rispetto alle quali Schlein rileva che “al di là delle responsabilità del figlio, che sta alla magistratura chiarire, è disgustoso sentire dalla seconda carica dello Stato parole che ancora una volta vogliono minare la credibilità delle donne che denunciano una violenza sessuale a seconda di quanto tempo ci mettono, o sull’eventuale assunzione di alcol o droghe, come se questo facesse presumere automaticamente il loro consenso. Il presidente del Senato non può fare vittimizzazione secondaria. È per questo tipo di parole che tante donne non denunciano per paura di non essere credute. Inaccettabile da chi ha incarichi istituzionali la legittimazione del pregiudizio sessista”
(da agenzie)
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Luglio 7th, 2023 Riccardo Fucile
“LA STAMPA” RIVELA: “MELONI NON È CONTENTA PER COME SANTANCHÈ HA CONDOTTO LA SUA DIFESA IN SENATO. TROPPE OMISSIONI E FRASI FUORI CONTESTO. MELONI È PRONTA A CHIEDERE LE DIMISSIONI, SE LO SCENARIO PEGGIORASSE ANCORA”
Giorgia Meloni ha scagliato l’attacco più duro contro i giudici nei corridoi della presidenza del Consiglio dicono sia opera dell’irriducibile sottosegretario Giovanbattista Fazzolari. Sia come sia, per il ruolo che ricopre, la nota è da intestare a Meloni accusa i magistrati di avere «un ruolo attivo di opposizione», addirittura di «inaugurare anzitempo la campagna elettorale per le Europee».
Prima il caso che investe la ministra del Turismo Daniela Santanchè, poi la richiesta del gip di imputazione coatta del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro. La tesi di una persecuzione calcolata dei magistrati, nei giorni in cui si attende che il Tesoro dia il via libera alla riforma di Carlo Nordio, pesantemente criticata dalle toghe, diventa un teorema di realtà per la destra al governo.
Eppure, c’è una differenza, notevole secondo le fonti più vicine a Meloni, tra i due casi.
Per la premier, Delmastro non si deve muovere da dov’è. E il comunicato, dicono da FdI, serviva a blindare lui, non Santanchè. Il discorso sull’imprenditrice si è complicato a furia di nuove rivelazioni. Dentro Fratelli d’Italia non escludono che il passo indietro possa arrivare anche prima di un’eventuale richiesta di rinvio a giudizio, attesa per settembre, troppo in là per i tempi della politica.
Meloni per il momento resiste, anche per indole, un passo indietro della ministra adesso potrebbe sembrare un cedimento alle opposizioni. In ogni caso, l’imbarazzo sta lievitando all’interno della coalizione di maggioranza. La freddezza degli alleati dice più di ogni altra cosa. Ma anche Meloni non è contenta per come Santanchè ha condotto la sua difesa in Senato. Troppe omissioni, troppe allusioni, troppe frasi fuori contesto. La presidente del Consiglio ha ascoltato la versione di Santanchè, arrivando alla conclusione che la vicenda non si sarebbe affatto chiusa con quella arringa. Mediaticamente è stato tutt’altro che un successo.
Meloni ha fatto preparare un piccolo resoconto. Dalla ministra delle Pari opportunità del governo Letta, Josefa Idem, alla titolare dello Sviluppo economico del governo Renzi, Federica Guidi, fino a Maria Elena Boschi e a Lucia Azzolina, che guidava l’Istruzione con il governo Conte, l’attuale premier ha chiesto un passo indietro per questione di opportunità politica e di conflitti di interesse, e non per la rilevanza penale delle accuse.
Per questo motivo tra i suoi fedelissimi si fa largo la convinzione che al di là delle difese d’ufficio Meloni è pronta a chiedere le dimissioni, se lo scenario peggiorasse ancora. In via della Scrofa sanno però che quel momento, se davvero dovesse arrivare, non sarà di semplice gestione. Anche perché Santanchè è un personaggio ingombrante, anche per il partito. Ha molti nemici, ma un amico che conta: Ignazio La Russa. È al presidente del Senato, dicono da FdI, che Meloni intende lasciare l’incombenza: «È stato Ignazio a volerla a tutti i costi nel governo e sa come la pensavo», si è sfogata la premier con i suoi collaboratori.
Quello tra la ministra del Turismo e La Russa è un legame molto stretto, che ha scatenato una guerra dentro il partito in Lombardia. Per pudore, i colleghi di FdI le chiamano le «mezze verità di Daniela» ma in tanti credono che siano molto peggio. Santanchè ha continuato a negare, ma i due accessi agli atti per conoscere l’esistenza di un’inchiesta sono stati richiesti dai suoi legali il 4 novembre e poi di nuovo a dicembre. La risposta è stata negativa perché l’indagine, a quei tempi, era secretata. Sarebbe bastato riformulare le richieste in tempi più recenti, da febbraio in poi, per dimostrare che la linea tenuta al Senato era basata su una premessa falsa: la ministra era indagata.
Una concordanza di tempi semplice che però sfugge a chi ha scritto la nota di palazzo Chigi , dove la difesa è quasi dovuta. In realtà, la situazione di Santanchè è sempre più precaria. […] la scarsa fiducia in Santanchè non è certo questione di oggi. Già nei mesi scorsi, quando i giornali avevano pubblicato la notizia dell’indagine, i dirigenti di FdI avevano cercato, in maniera del tutto informale, di capire dalla procura di Milano se nel registro degli indagati comparisse il suo nome. Segno che la parola della ministra non è mai stata sufficiente per via della Scrofa. I magistrati, davanti alle domande del partito, non hanno fatto trapelare nulla, nemmeno in forma ufficiosa.
(da “la Stampa”)
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Luglio 7th, 2023 Riccardo Fucile
AMMESSO CHE NON SIA UNA BALLA, PIOVONO LE SMENTITE…IL DEM FRANCESCO BOCCIA: “NON SONO MAI STATO LI’. DA PUGLIESE, POSSO GODERMI UN MARE PIÙ BELLO”… ANCHE CALENDA SMENTISCE: “MI RIPUGNA SPENDERE 300 EURO PER UN LETTINO”… NON E’ CHE DANIELONA ALLUDEVA A QUALCUNO DI DESTRA?
Ovviamente nel piccolo mondo romano tutti parlano di quelli che telefonavano a Daniela Santanchè per chiederle di prenotare un posto al Twiga di Forte dei Marmi, e ora invece sono in prima fila nell’attaccarla. «Non faccio i nomi per carità di patria», ha detto la ministra, con un colpo di teatro, mercoledì in Senato.
Vero o falso? Non importa. Le chat ribollono. Le indagini interne impazzano. «Anche noi ne abbiamo fatto una», ammette un importante dirigente del Partito democratico. Telefoniamo al capogruppo del Pd, Francesco Boccia. «Lei frequenta il Twiga?» «Non scherziamo. Mai stato. Querelo chi l’ha scritto». Boccia è sposato con Nunzia De Girolamo, ex Pdl, ora star della televisione meloniana. Perciò ha attirato su di sé i sospetti. «Se permette, da pugliese, posso godermi un mare più bello. Però non è nel nostro campo che deve cercare: escludo che uno di noi ci sia mai andato».
Tra i banchi del Senato, lato democratico, girava il nome di Carlo Calenda. Lo chiamiamo subito. «Mai messo piede lì. Per pura taccagneria. Mi ripugna spendere 300 euro per un lettino», dice il segretario di Azione. Una tenda araba con dentro sofà, due letti king size, due lettini standard, una sedia regista e un tavolino, cabina doccia, costa 600 euro al giorno. Il tutto in uno spazio quattro metri per quattro.
Per fortuna «il servizio d’acqua è gratuito ». L’intera stagione in prima fila viene 16 mila euro, 12 mila le seconde file. Calenda è di buon umore: «Ho madre valdese, figuriamoci se vado al Twiga. Le mie vacanze le trascorro a casa mia, a Capalbio. Santanchè era chiaramente girata verso il Pd».
Ci viene voglia di telefonare al direttore del Twiga, Raffaele Boischio. Lui sicuramente può aiutarci a capire chi sono questi di sinistra che scroccano l’ingresso. «Non ho titolo io» risponde. Viriamo allora sull’ad, Mario Cambiaggio: «Non ho autorità io».
Alba Parietti è la persona giusta. È di sinistra, lei al Twiga ci va. «Veramente ci sono andata tre volte. Invitata da Briatore, due volte per lavorare, una volta con gli amici. Conosco Daniela da 40 anni. Se ho incontrato bagnanti di sinistra? Immagino di sì, ma chi può dirlo? È un posto dove la gente si diverte».
Umberto Smaila vi ha tenuto molte serate. «Eh, appunto, solo lavoro, mai in spiaggia», fa sapere. Che sia Paolo Cirino Pomicino la persona a cui si riferiva Santanchè? Proprio a Repubblica “O’ ministro” ha rilasciato un’intervista al vetriolo sull’ex allieva. «Non ho rapporti con lei dal 2004, e se consente io vado dove il mare è più bello», dice. Pomicino tiene casa a Capri.
I veleni corrono. C’è una corrente di pensiero che ritiene che la ministra si riferisse in realtà a qualche penna del giornalismo. «Daniela » è sempre stata di vasta e trasversali relazioni.
Comunque un piatto di spaghetti alle vongole costa 30 euro. L’insalata granchio e avocado 35. La pizza Margherita 18. Sul sito la prima scritta che incontrate è: «Sei pronto per un’ experience indimenticabile? ». Potrebbe averla scritta Briatore. Un genio, comunque.
Fattura 4 milioni all’anno, ne paga 17 mila di concessione. Rende 227 volte l’affitto. Ah, la questione balneare. Si mangia e si danza, palestre, centro estetico, piscina, functional training, pilates, acquagym. «Cento per cento pet friendly , anche perché i nostri piccoli amici si meritano un’estate da sogno ».
Twiga, la terza Camera. Si possono incontrare La Russa e Salvini. C’è stato Renzi. Giorgia Meloni è stata ospite l’anno scorso. Più assiduo, pare, il suo compagno, «il dottor Giambruno».
Secondo una scuola di pensiero più sofisticata Santanchè alludeva in realtà al campo suo, alla destra. La maggioranza è stata freddina con lei. Appena due applausi. Una volta Gasparri l’attaccò: «Morire per Berlusconi sì, ma per il Twiga no». E Santanchè: «Una cosa è certa, Gasparri non morirà mai di troppo lavoro ». Affare di Stato, ’sto Twiga. Per non sbagliare ieri in Transatlantico i parlamentari giuravano tutti di fare vacanze discrete, familiari, francescane.
(da La Repubblica)
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