Luglio 23rd, 2023 Riccardo Fucile
RIDOTTI DA 6 A 5 MILIONI I FONDI DESTINATI AGLI ALLUVIONATI DI TRAPANI
Ventimila euro all’estate di Acate (Ragusa); 25 mila alla festa di San Sebastiano di Melilli (Siracusa); 4.500 euro per “Godrano e i suoi cittadini illustri”; 30 mila per il Festival dell’agricoltura di Ribera (Agrigento).
Il patrimonio culturale, sociale e culinario dei borghi di Sicilia è sacro, mancherebbe altro, ma la Regione guidata dal forzista Renato Schifani si sta facendo prendere un po’ troppo la mano per tutelare le tradizioni: la scorsa settimana, col via libera al collegato-bis alla finanziaria, l’Assemblea regionale ha concesso 670 mila euro per le più disparate sagre, processioni e fiere.
Con un piccolo problema, visto che quei soldi sono stati ottenuti riducendo i ristori alla popolazione alluvionata di Trapani e dintorni. Una beffa che rischia di non finire qui, visto che in Assemblea già si discute di un collegato-ter da approvare nelle prossime settimane.
A denunciare quanto successo è la deputata regionale M5S Cristina Ciminnisi, che da trapanese ha seguito in prima persona il dossier dei risarcimenti alle vittime del maltempo di ottobre. Dopo una lunga melina della Regione, sembrava essersi trovata una soluzione condivisa su un suo emendamento che predisponeva poco meno di 6 milioni in favore degli alluvionati. “E invece arrivo in commissione per votare – racconta Ciminnisi al Fatto – e trovo un contributo di 5 milioni anziché 6. Quel milione era stato spacchettato, prevedendo 200 mila euro per l’Autorità di bacino, e la cosa è accettabile, e circa 670 mila euro per la promozione di eventi sociali e culturali”.
La festa patronale di Piazza Armerina (Enna) vale 20 mila euro; la sagra della ricotta e della provola a Maniace (Catania) 5 mila; il docu-film sull’ex dc siciliano Rino Nicolosi ad Acireale (Catania) merita 9 mila euro. Poi, 20 mila euro per l’estate raffadalese e altri 30 mila per il Primo Maggio di Raffadali (Agrigento), Comune di nascita di Totò Cuffaro in cui è sindaco suo fratello Silvio.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Luglio 23rd, 2023 Riccardo Fucile
IL SEGRETARIO DI STATO: “LA GUERRA DURERA’ ANCORA DIVERSI MESI”
La controffensiva ucraina è riuscita a recuperare «circa il 50% dei territori che erano stati inizialmente occupati». Parola del segretario di Stato americano Antony Blinken, che in un’intervista alla Cnn ha fornito gli ultimi aggiornamenti sul conflitto in corso.
Secondo Blinken, la battaglia portata da Kiev «sarà dura» e la fine della guerra non è ancora all’orizzonte. «Questi sono ancora relativamente i primi giorni della controffensiva – ha aggiunto il segretario di Stato americano -. Non si esaurirà nelle prossime settimane. Stiamo parlando, credo, di diversi mesi».
La controffensiva dell’esercito ucraino è iniziata ufficialmente nei primi giorni di giugno, ma secondo il presidente Volodymyr Zelensky si è svolta – perlomeno nelle prime settimane – con più difficoltà del previsto. «La lentezza delle consegne di armi all’Ucraina ha ritardato la controffensiva di Kiev, permettendo alla Russia di rafforzare le proprie difese nelle aree occupate anche con le mine», ha ammesso Zelensky a inizio luglio.
«In termini di quello che voleva raggiungere come obiettivo, la Russia ha fallito. Il piano era di cancellare l’Ucraina dalla mappa, eliminare la sua indipendenza e sottometterla alla Russia. Ma non ha funzionato», ha aggiunto Blinken.
Nell’intervista concessa in esclusiva alla Cnn, il segretario di Stato americano ha parlato anche degli altalenanti rapporti tra Washington e Pechino. «Stiamo lavorando per dare un po’ di stabilità alla relazione, per assicurarci che la competizione in cui ci troviamo non si trasformi in conflitto», ha detto Blinken. Un conflitto che, precisa il segretario di Stato, «non sarebbe nel nostro interesse, nel loro interesse o in quello di chiunque altro».
Blinken ha rivelato che il governo americano è al lavoro per rafforzare le «linee di comunicazione» con Pechino su diversi temi. «Prima non parlavamo molto, ma ora sì. Siamo ancora nei primi giorni di questo percorso, ma la prova concreta sarà nei risultati», ha aggiunto il segretario di Stato americano.
(da agenzie)
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Luglio 23rd, 2023 Riccardo Fucile
IL GIOVANE STUDENTE DI BIOINGEGNERIA HA PUBBLICATO I MESSAGGI: “HO LA CITTADINANZA ITALIANA, INACCETTABILE ESSERE DISCRIMINATO PER IL COLORE DELLA PELLE”
“Ho imparato che ‘chi tace acconsente’, perciò rifiuto di essere complice di questa vergogna”: per questo Menin Hubert Don, 26enne studente di Bioingegneria all’Università di Pavia, italiano di origine ivoriane, ha deciso di rendere pubblico su Facebook il messaggio ricevuto dal proprietario di una casa a cui si era rivolto per affittare una camera proprio a Pavia, rispondendo a un annuncio apparso online.
“Ciao, la stanza è ancora disponibile. Ma ora che è l’inizio ci stiamo muovendo per trovare un ragazzo italiano – si è visto scrivere via Messenger – È la scelta preferita da tutti i membri della casa”. E subito dopo al danno si è aggiunta la beffa: “Ovviamente, se dopo un certo tempo non lo troviamo, vedremo per altre soluzioni e quindi ti scriverò”.
Lui sarebbe accettabile, insomma, come ultima spiaggia. Sono in quel caso gli altri “membri della casa” accetterebbero di prenderlo in considerazione.
Una situazione a cui il giovane, che è anche un atleta tesserato per la società locale Atletica 100 Torri, ha prontamente deciso di ribellarsi: “1) Sono italiano. 2) Sono uno studente. 3) Lavoro. 4) Che problemi avete? Cioè se sono straniero non ho il privilegio di convivere con voi? – è stata la sua secca replica – 5) Non scomodarti a scrivermi, non convivo con i razzisti. Buon proseguimento”.
Il 26enne ha scritto nel suo post di sfogo che “in altre situazioni sarei rimasto in silenzio”, ma stavolta ha deciso di rendere pubblico l’accaduto per dare il proprio contributo in modo che episodi di discriminazione del genere non si ripetano più: “Mi permetto di parlare a nome di tutti quelli che si trovano nella stessa situazione – ha scritto – Non preoccupatevi, non è colpa vostra, ma è colpa di uno Stato che si rifiuta di educare i propri figli, è colpa di uno Stato che non riconosce di avere un serio problema, è colpa dello stesso Stato che non accetta lo straniero, ma è pronto ad approfittare dello stesso”.
A guidarlo è soprattutto un pensiero: “Non posso sopportare che la generazione dopo la mia sia costretta ad accettare tutto ciò”. E conclude rivolgendosi direttamente a chi gli ha scritto quel messaggio così offensivo: “Vergognatevi”.
In un’intervista rilasciata a la Provincia Pavese, Menin Hubert Don, che è in Italia da 22 anni, ha sottolineato che “più che una questione di documenti, mi sono sentito discriminato per il colore della pelle”, ammettendo che “la cosa mi ha fatto male” e riportando anche l’ulteriore risposta ricevuta da chi aveva pubblicato l’annuncio. “Dal tuo nome non pensavo fossi italiano, mi sembra una cosa normale. Noi viviamo con uno straniero e stiamo benissimo, specie io che condivido il piano con lui – ha scritto, credendo forse così di respingere l’accusa di razzismo, ma riuscendo solo a peggiorare la situazione – Ma dato che sta imparando l’italiano, vorrebbe un coinquilino con cui dialogare ogni giorno”.
Numerose le manifestazioni di vicinanza e solidarietà già ricevute dallo studente: “Mi vergogno di ciò che ti è capitato e che purtroppo accade quotidianamente in Italia – è il commento di un’utente su Facebook – Non siamo tutti razzisti comunque”.
E un’altra gli consiglia di pubblicare nome, cognome e foto profilo del suo interlocutore (che Menin Hubert Don ha invece oscurato prima di divulgare gli screenshot), perché così “chissà che poi il fardello di trovare un inquilino bianco e bello non si faccia più leggero. Tanta vicinanza e indignazione”. E c’è chi conclude senza mezze misure: “Che schifo, questa gente fa vergognare di essere umani”.
(da agenzie)
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Luglio 23rd, 2023 Riccardo Fucile
70% DELLA SPESA COPERTA
«Le vacanze sono un diritto». Ad affermarlo è la Caf (Caisse d’allocations familiales), l’organo di previdenza sociale che in Francia concede sostegni economici a famiglie o a singoli a seconda della loro situazione economica.
Tra questi ci sono gli Aiuti per le vacanze dei bambini (Ave): un sovvenzionamento destinato le famiglie con un basso reddito (il quoziente familiare non deve superare i 700 euro circa) che non possono permettersi di mandare i figli nelle colonie estive quando chiudono le scuole.
Il dispositivo, che consente un massimo di 14 notti e può essere utilizzato non più di una volta all’anno, va sfruttato esclusivamente con le 3.600 destinazioni convenzionate e viene erogato anche dalla Msa (Mutualité sociale agricole), altro organo per i lavoratori del settore agricolo. L’Ave copre fino al 70% delle spese di ogni soggiorno.
Ma le famiglie francesi possono usufruire anche degli Aiuti al tempo libero (Atl) e dei Buoni per gli svaghi, che servono a finanziare le vacanze o le attività ricreative dei più piccoli, come ad esempio quelle sportive.
(da agenzie)
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Luglio 23rd, 2023 Riccardo Fucile
IL RIMPASTO RISCHIA TROPPO SPESSO DI TRASFORMARSI IN CRISI. LA STORIA INSEGNA
Sulla carta, il rimpasto di cui si parla da qualche giorno nei corridoi della politica, sarebbe una soluzione impeccabile. Consentirebbe alla premier di liberarsi di personaggi che, giorno dopo giorno, rosicchiano nei sondaggi percentuali di popolarità al governo e nuocciono all’immagine decisionista della premier.
Dopo averla difesa in Parlamento dalla mozione di sfiducia 5 stelle con l’appoggio Pd, Meloni potrebbe insomma scaricare elegantemente la ministra Santanchè, prima perfino del possibile rinvio a giudizio su cui ha fissato la linea del Piave.
Il dente a un certo punto conviene toglierlo. E siccome questo governo si assegna un orizzonte di legislatura (e l’opposizione è pronta a garantirglielo), tanto vale, più o meno alla scadenza del primo compleanno, invece di fare un licenziamento singolo, procedere a “un riaggiustamento della squadra”, chiedendo anche agli alleati di contribuire a sostituire ministri non proprio brillanti.
Naturalmente queste che nascono nei corridoi sono chiacchiere messe in giro dagli aspiranti a entrare nell’esecutivo l’idea che alla fine si possa mettere insieme un pacchetto di quattro-cinque poltrone fa gola a molti.
Inoltre il rimpasto è un’ipotesi coincidente con il dettato costituzionale, con alcuni (pochissimi) precedenti nei rari governi di lunga durata della storia repubblicana.
Resta il fatto che dal dire al fare, ce ne corre. Innanzitutto perché far dimettere i ministri è difficile. E poi perché il governo dal rimpasto riceve uno scossone e deve comunque presentarsi in Parlamento a spiegare le ragioni dell’accaduto.
Per questo, sebbene non solo per questo, il rimpasto, come la verifica nella maggioranza, rischiano troppo spesso di trasformarsi in crisi. L’esperienza insegna. E la crisi, a solo un anno dall’insediamento a Palazzo Chigi, è l’ultimo dei desideri di Meloni.
(da La Stampa)
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Luglio 23rd, 2023 Riccardo Fucile
I LEGAMI DELLA SUA DITTA CON I SERVIZI SEGRETI RUSSI… UFFICIALMENTE MORTO PER DECESSO CARDIACO, MA AVEVA SLO 40 ANNI
La versione ufficiale delle autorità russe è che Anton Cherepennikov sia deceduto in seguito a un arresto cardiaco improvviso. La sua morte però ha sollevato non pochi sospetti da parte dei media indipendenti russi, soprattutto per il profilo della vittima. Cherepennikov aveva 40 anni, era il numero uno di una grande società di informatica russa, la Ics holding, considerata molto vicina ai servizi segreti del Cremlino, che si sarebbe servita dell’azienda per i suoi sistemi sorveglianza delle attività online dei cittadini russi. L’uomo è stato trovato morto nel suo ufficio a Mosca. Uno dei primi ad affermare pubblicamente di non credere al racconto ufficiale sulle cause del decesso è stato un suo amico, Vasily Polonsky.
Il quotidiano indipendente russo Novaya Gazeta ha ricordato che la Ics Holding è stata usata dal Servizio di sicurezza federale russo per monitorare le attività online dei cittadini, anche grazie a una legge del 2018 che consente agli operatori telefonici di conservare per sei mesi le registrazioni delle chiamate e i messaggi di testo inviati.
La permanenza nei database delle navigazioni su internet, invece, è fissata a un mese. Tornando a Cherepennikov, la sua società era stata colpita, dopo l’invasione in Ucraina, dalle sanzioni internazionali. Il suo decesso segue quello di un altro miliardario russo, Igor Kudryakov, di 63 anni, morto il 21 luglio: il suo corpo è stato ritrovato nell’appartamento dove risiedeva, nel quartiere Presnensky di Mosca.
«Ancora una morte misteriosa di un top manager in Russia», ha commentato su Twitter il consigliere ucraino per gli Affari interni, Anton Gerashchenko. La lista dei decessi di oligarchi e di persone con ruoli di livello nell’amministrazione russa continua ad allungarsi. Nell’ultimo anno, tra gli altri, sono venuti a mancare Artem Bartenev, 42 anni, Yuri Demin, 62 anni, Pavel Antov, 65 anni e Ravil Maganov, 67 anni.
(da agenzie)
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Luglio 23rd, 2023 Riccardo Fucile
HANNO COMPRESSO I SALARI CON LA PRECARIETA’
A parte qualche strampalata uscita di membri del governo, sembra ci sia oggi un largo fronte che sostenga il salario minimo legale e questo è un dato positivo. Soprattutto i lavoratori in larga parte vorrebbero una soglia non inferiore a 9 euro ma è su questa che c’è meno accordo. Perché reputo giusta una soglia non inferiore a 9 euro lordi l’ora come minimo tabellare, e non una che faccia semplicemente riferimento al 60% del salario mediano, corrispondente a circa 7,5 euro, come diversi economisti, anche a sinistra, sostengono?
Innanzitutto perché la direttiva Ue per individuare il salario minimo fa riferimento non solo al 60% del salario mediano, ma anche al 50% del salario medio e quest’ultima corrisponde a una soglia più alta. Negli Usa (quindi non in Urss), molti Stati hanno inserito una soglia alta, pari al 50% del salario medio.
In secondo luogo, la platea dei lavoratori da prendere a riferimento non può essere la totalità di quelli privati, dove ci sono 4,2 milioni di rapporti di lavoro precari, part time involontari, tempi determinati a poche ore e scarsamente retribuiti. Usare una media o una mediana che includa anche questi lavoratori vorrebbe dire non tenere conto di 30 anni in cui i salari sono stati “artificiosamente” tenuti bassi, anche sotto il livello della produttività del lavoro, da concorrenza sleale, precarietà, contratti pirata, contrattazione inefficace, che hanno generato pessime condizioni di lavoro e bassi salari proprio per quei lavoratori che beneficerebbero del salario minimo. Tra il 1990 e il 2020 i salari medi sono calati del 2,9%, a fronte di una crescita media, seppure bassa, di produttività del 12%. La pandemia ha causato ulteriori povertà e disuguaglianze e l’inflazione ha eroso potere d’acquisto. Non tenere conto di questo e riferirsi solo al 60% del salario mediano di tutti i contratti presenti, per introdurre una soglia minima di 7,5 euro lordi sarebbe inadeguato e cristallizzerebbe gli errori passati.
La via migliore per calcolare la soglia è usare a riferimento la platea dei lavoratori con contratti migliori, a tempo pieno e indeterminato, e migliori retribuzioni. Il salario minimo, in presenza di inflazione intorno al 7%, e dopo che vi è stata una perdita di potere d’acquisto, in due anni, pari al 15%, serve a spingere i salari medi più in alto, e favorire strategie più sfidanti per le imprese che si poggiano sull’innovazione per fare competizione, piuttosto che sul costo del lavoro per galleggiare. È un tentativo per dare uno choc positivo nella direzione di innescare strategie di investimenti a maggiore intensità di capitale invece che, com’è stato finora, a maggiore intensità di lavoro, sfruttando la competizione sul costo del lavoro, la flessibilità e i bassi salari.
Vuol dire far rincorrere la produttività alla crescita più spinta dei salari, come avvenuto in Germania negli ultimi 10 anni dove, secondo i dati Ocse, la crescita delle retribuzioni per occupato è stata sostenuta (in media +2,6% tra il 2012-22) ed è stata mantenuta ad un livello sempre superiore alla crescita della produttività (+0,9% in media nello stesso periodo), in particolare dopo l’introduzione del salario minimo nel 2015. Questo ha favorito una rincorsa della produttività attraverso investimenti in settori ad alto contenuto tecnologico, rispetto allo sfruttamento del costo del lavoro, come pure era successo in passato in quel Paese. Il salario minimo in Germania ha rafforzato la contrattazione, aiutato la dinamica salariale e contribuito alla crescita della produttività del lavoro. Ci arriviamo tardi al salario minimo, almeno correggiamo qualche errore passato.
Gli importi del salario minimo orario vigenti in Europa mostrano una separazione fra Paesi che registrano valori più alti tra i 10 e i 12 euro€ (Francia, Olanda, Irlanda, Belgio, Germania e Regno Unito e Lussemburgo, che supera i 12) e Paesi con importi molto più contenuti, vicini o inferiori a 5 euro, prevalentemente i Paesi dell’Europa centro-orientale con livelli di Pil pro-capite più bassi. Anche alla luce di questa divisione sembra appropriata la collocazione del salario minimo nel nostro paese ad un livello intermedio tra questi due gruppi. In termini percentuali la platea di lavoratori sotto la soglia di 9 euro l’ora in Italia sarebbe più o meno la stessa quota di quella tedesca nel 2015.
Infine, la letteratura economica che ha analizzato gli impatti occupazionali dell’introduzione e degli incrementi di salario minimo in Usa, nel Regno Unito e in Germania non ha trovato effetti negativi, ma piuttosto effetti positivi sulla produttività dovuti ad una riallocazione di lavoro su fasce più alte ed efficienti di produzione. Salari più alti infatti spingono le aziende ad abbandonare processi scarsamente produttivi, per puntare a formazione e strategie di investimenti ad alta intensità di capitale, aumentando il benessere per i lavoratori.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Luglio 23rd, 2023 Riccardo Fucile
IL TRASFERIMENTO DEI BENI AGLI EREDI E’ TRATTATO CON ESTREMO FAVORE
L’Italia è uno dei migliori posti al mondo dove morire. Se si è ricchi, ovviamente. Perché il trasferimento dei beni dal defunto agli eredi è trattato dal fisco italiano con particolare delicatezza.
L’ultimo, clamoroso esempio lo ha fornito la successione di Silvio Berlusconi: sul passaggio del controllo della Fininvest, una holding che vale più di tre miliardi di euro, i suoi figli non pagheranno un solo euro di imposte.
«Nel 2006 l’Italia ha introdotto l’esenzione totale dell’imposta di successione e sulle donazioni nei casi di trasferimenti di aziende o di partecipazioni societarie dai genitori ai discendenti diretti e ai coniugi» spiega Stefano Loconte, avvocato, fondatore dell’omonimo studio di Milano e professore di diritto tributario all’università Lum di Bari. «Con due limiti però: in caso di società di capitali deve essere trasferita la maggioranza del capitale sociale o una quota che ne integra la maggioranza, aggiungendosi alle azioni o quote già possedute dall’erede. E chi riceve l’azienda o le partecipazioni di maggioranza deve mantenerle per almeno cinque anni».
LE RACCOMANDAZIONI UE
La scelta dell’Italia non è una stranezza: il nostro paese si è adeguato alla raccomandazione della Commissione europea che invita i paesi membri dell’Unione ad agevolare il passaggio di proprietà delle aziende dai genitori ai figli, in modo da salvaguardare il tessuto imprenditoriale del continente.
Ma Roma è stata particolarmente generosa. Tanto che, come ricorda Loconte, «nel 2020 la Corte costituzionale ha segnalato al legislatore che l’esenzione totale sui trasferimenti delle società agli eredi era un po’ troppo ampia. Mentre nel 2022 la Cassazione, allineandosi all’interpretazione dell’Agenzia delle entrate, ha stabilito che la norma non dovrebbe valere per le holding passive, che si limitano ad incassare dividendi e non hanno un’attività di impresa». E potrebbe essere proprio il caso di Fininvest, secondo alcune interpretazioni.
INTERESSE CULTURALE
Ma a rendere l’Italia quasi un paradiso fiscale per chi eredita un patrimonio sono altre due particolari esenzioni: non si paga un euro di imposta di successione sui titoli di stato (italiani ed europei) e assimilati (quelli emessi da istituzioni sovranazionali come la Bei); e nulla è dovuto nel caso di trasferimento di beni di interesse culturale, cioè su opere d’arte o immobili che la soprintendenza ha riconosciuto tali.
Il risultato è che, per fare un esempio, la moglie e i figli di un imprenditore titolare di un’azienda del valore di 200 milioni, di un immobile di pregio qualificato di interesse culturale di 50 milioni e di titoli di Stato per 100 milioni, non sarebbero tenuti a versare nulla al fisco.
E comunque, uscendo da questi casi particolari di esenzione, resta il fatto che le imposte di successione in Italia sono estremamente basse: il 4 per cento sui parenti in linea retta e sui coniugi, ma solo sulla quota di patrimonio superiore al milione di euro per ognuno di essi; il 6 per cento sugli altri parenti fino al quarto grado, con fratelli e sorelle che godono di una franchigia di 100mila euro per ognuno di essi; e infine l’8 per cento su tutti gli altri.
Non solo, c’è anche il vantaggio che gli immobili ereditati vengono valutati in base al valore catastale, più basso rispetto a quello reale. Insomma, un bengodi per le famiglie benestanti
I dati raccolti dall’Ocse in un rapporto dedicato alla tassazione di successione nei paesi aderenti all’organizzazione rivela che, tra le nazioni più avanzate, l’Italia è quella con le imposte più basse e con la quota esente più alta: in Francia i figli pagano dal 20 al 50 per cento sul patrimonio ereditato mentre i parenti non stretti versano il 60 per cento; in Germania le aliquote salgono fino al 50 per cento; in Spagna oltre il 30 per cento. In molte nazioni però il coniuge è esentato dal pagare l’imposta di successione.
E dei 36 paesi aderenti all’Ocse ce ne sono 12 che non hanno questo tipo di tassazione: Austria, Repubblica Ceca, Norvegia, Repubblica Slovacca e Svezia hanno abolito le imposte sulle successioni dal 2000. Israele e Nuova Zelanda le hanno cancellate tra il 1980 e il 2000, Australia, Canada e Messico prima del 1980, mentre Estonia e Lettonia non hanno mai introdotto imposte di successione o eredità.
«MIGLIORARE L’EQUITÀ»
Pur sottolineando che «le imposte di successione ben concepite possono aumentare le entrate e migliorare l’equità, con un’efficienza e costi amministrativi inferiori rispetto ad altre alternative» e che «dal punto di vista dell’equità, una tassa di successione, in particolare se mirata a livelli relativamente elevati di trasferimenti di ricchezza, può essere uno strumento importante per migliorare l’uguaglianza di opportunità e ridurre la concentrazione di ricchezza», il rapporto riconosce che nell’Ocse «numerose disposizioni hanno ristretto le basi imponibili delle imposte di successione, riducendo il gettito potenziale, l’efficienza e l’equità.
Oggi, in media, solo lo 0,5 per cento del gettito fiscale totale proviene da queste imposte nei paesi Ocse che le applicano». Il gettito delle imposte di successione, eredità e donazione supera l’1 per cento del totale delle imposte solo in Belgio, Francia, Giappone e Corea. Mentre in Italia viaggia poco sopra lo zero. Una armonizzazione europea sarebbe opportuna.
Il nostro paese è una destinazione interessante anche per gli stranieri: la legge che ha introdotto l’imposta sostitutiva da 100mila euro sui redditi di fonte estera incassati da chi trasferisce la residenza in Italia (purché non l’abbia avuta negli ultimi nove anni su dieci) prevede anche l’esenzione totale dell’imposta di successione.
Sarebbero già 2.700 i ricchi che si sono trasferiti in Italia per approfittare di questa norma. E sono ancora di più, oltre 50mila, i rimpatriati che sfruttano un’altra facilitazione: lo sconto del 70 per cento sulle imposte sul reddito per chi torna nel nostro paese dopo due anni di assenza, agevolazione che sale al 90 per cento se ci si trasferisce in un comune del sud. Un’offerta tanto succulenta da aver convinto alcuni a emigrare per un paio di anni per poi tornare nell’italian paradise.
(da editorialedomani.it)
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Luglio 23rd, 2023 Riccardo Fucile
UNA MASSA DI IPOCRITI A CUI NON E’ MAI FREGATO UN CAZZO DI GIULIO E DI PATRICK: “PATRIOTI” DELLA VILTA’
Da due giorni leggiamo critiche dei media sovranisti sulla presunta “ingratitudine” di Patrick Zaki, “graziato” dal presidente egiziano dopo essere stato condannato a 3 anni di carcere in base al nulla giuridico.
Secondo questi media (e qualche esponente sovranista) Zaki sarebbe “ingrato” perchè non avrebbe ringraziato il governo (il che è pure falso) e soprattutto per non aver accettato di rientrare in Italia con un volo militare e relativa sceneggiata a Ciampino da parte delle autorità politiche che hanno messo il cappello sulla sua liberazione.
Allora è doverosa qualche risposta:
1) Zaki è stato graziato insieme al legale di uno dei principali attivisti oppositori del regime egiziano per intervento degli Stati Uniti che sono tra i principali fornitori di armi dell’Egitto
2) Se un intervento italiano c’e’ stato, dimostratelo: su che basi abbiamo trattato? Affari economici o silenzio sull’assassinio di Giuli Regeni? In assenza di spiegazioni vale il principio: nulla è stato fatto di concreto.
3) Se Zaki può finalmente rientrare nella sua Bologna è grazie alla mobilitazione delle istituzioni cittadine, degli studenti universitari e di tutti gli attivisti della società civile che in questi anni hanno portato avanti la battaglia per la sua liberazione, nella più totale assenza di iniziative incisive dei vari governi.
4) Chi oggi avrebbe voluto “mettere il cappello” con photo opportunity sul suo rientro in Italia fa parte di quei partiti sovranisti che, appena conquistato un Comune, si prodigavano a far togliere lo striscione “Giustizia per Giulio Regeni” dai palazzi comunali con le scuse più patetiche. Senza avere il coraggio di dire che della morte di Giulio (e quindi della prigionia di Zaki) a loro non è mai fregato un cazzo.
Patrioti della viltà.
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