Luglio 11th, 2023 Riccardo Fucile
LA CLIP RIPRENDE L’UFFICIO POSTALE DI MANILA NELLE FILIPPINE… RIBADIAMO: NESSUNA PIETA’ PER QUESTA FECCIA CHE PROPAGA ODIO RAZZIALE, IDENTIFICARLI TUTTI, PERDITA DELLA PATRIA POTESTA’ E DIECI ANNI DI GALERA
Bruciare i libri è, sin dai tempi dell’incendio alla biblioteca di Alessandria, considerato uno dei gesti peggiori che possano mettere in atto orde di barbari. Proprio questo però, secondo alcuni utenti, sarebbe successo in Francia, teatro di violente proteste dopo l’uccisione del giovane Nahel da parte della polizia. Gli utenti dei social, in particolare, puntano il dito contro gli immigrati, accusandoli di aver distrutto la più grande biblioteca del Paese
Per chi ha fretta:
Il video viene proposto per sostenere che i migranti avrebbero dato fuoco alla Biblioteca dell’Alcazar di Marsiglia durante le proteste in corso in Francia.
Il video non ritrae la Biblioteca Alcazar di Marsiglia.
La clip, infatti, riprende l’ufficio postale centrale di Manila, uno degli edifici più storici della capitale filippina, dove lo scorso 22 maggio è scoppiato un incendio che l’ha seriamente danneggiato.
Analisi
«I rivoltosi hanno bruciato la più grande biblioteca in Francia. La biblioteca dell’Alcazar di Marsiglia comprendeva un archivio di un milione di archivi storicamente significativi». Questo testo è stato condiviso su Facebook, in accompagnamento di un video dalla durata di circa 10 secondi in cui si vede un grande edificio bruciare. La stessa clip è stata condivisa con commenti analoghi anche da altri utenti, che commentano oltraggiati: «La stessa cosa avverrà da noi in Italia?». E ancora: «La biblioteca dell’Alcázar conteneva circa 1 milione di documenti, 350.000 dei quali erano di pubblico dominio. Manoscritti medievali…edizioni uniche, opere di grandi pensatori e filosofi…tutte distrutte».
Ma è dunque vero che «i migranti» si sono macchiati di un gesto tanto increscioso? Risposta breve: no. Risposta lunga: il video non è recente e non riguarda Marsiglia. Il rogo, infatti, si verificò lo scorso 22 maggio, nelle Filippine.
Come ricostruisce il New York Times, in quella data «l’ufficio postale centrale di Manila, uno degli edifici più storici della capitale filippina, è stato quasi distrutto da un incendio durante la notte. (…) Il “guscio” della struttura in stile neoclassico, costruita nel 1926, era ancora in piedi. Ma il direttore delle poste Luis Carlos ha affermato che l’edificio è stato completamente sventrato, “dal seminterrato al piano terra fino al quinto piano”». I notiziari dell’epoca, come ad esempio quelli dell’Associated Press, presentano videoclip simili dell’edificio, da cui fuoriuscivano fiamme e fumo scuro.
Se non dovesse bastare, è facile constatare come la Biblioteca Alcazar di Marsiglia differisca per struttura e posizione dal luogo ritratto nei video virali:
La biblioteca era stata vandalizzata a fine giugno 2023, come riportato dai media locali, per poi venire riaperto pochi giorni dopo.
Conclusioni
Il video di un grande edificio in fiamme non ritrae la Biblioteca Alcazar di Marsiglia, che non è stata incendiata dai migranti nel corso delle recenti proteste in Francia. La clip, infatti, ritrae l’ufficio postale centrale di Manila, uno degli edifici più storici della capitale filippina, dove lo scorso 22 maggio è scoppiato un incendio che l’ha seriamente danneggiato.
(da Open)
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Luglio 11th, 2023 Riccardo Fucile
“SOLO TANTE PAROLE E SLOGAN, VOGLIAMO FATTI: OGNI ANNO VANNO IN PENSIONE 2-3000 UOMINI E NE ASSUMONO POCHE CENTINAIA”
Se potessero scioperare, lo farebbero. Ma i poliziotti si mobilitano comunque contro il governo di Giorgia Meloni, colpevole, secondo il leader del sindacato di polizia Silp, Pietro Colapietro, raggiunto da HuffPost, di essersi presa facilmente i voti del comparto alle scorse elezioni grazie a slogan ai quali, ad oggi, nove mesi dopo l’insediamento, non sono seguiti i fatti.
Mercoledì 12 luglio, migliaia di poliziotti iscritti al sindacato, scenderanno in piazza. Di fronte a questure e prefetture, mettendo in atto l’unica forma di protesta che la legge consente loro, il volantinaggio e la sensibilizzazione della cittadinanza, essendo inesistente, per ovvie ragioni, uno specifico diritto di sciopero dei lavoratori in uniforme.
I problemi principali sono due, secondo Colapietro: “La riforma Madia prevede un organico per la Polizia di Stato pari a 108.000 unità in servizio. Ad oggi siamo meno di 94.000”.
E poi c’è il grande tema del rinnovo contrattuale – l’accordo collettivo risulta scaduto da due anni, “556 giorni” rimarca Colapietro – un problema che non riguarda solo l’esperienza Meloni, sottolineano dal sindacato.
“Vogliamo fare della sicurezza un dato distintivo di questo esecutivo, al fianco delle nostre forze dell’ordine, che voglio ringraziare qui oggi per l’abnegazione con la quale svolgono il proprio lavoro in condizioni spesso impossibili, e con uno stato che a volte ha dato l’impressione di essere più solidale con chi minava la nostra sicurezza di quanto lo fosse con chi, invece, quella sicurezza rischiava la vita per garantirla”.
È il 25 ottobre e alla Camera dei Deputati la neo-presidente del Consiglio Meloni dedica una parte del suo discorso di insediamento agli uomini in divisa, già considerati elettorato di riferimento del suo principale alleato, il leghista Matteo Salvini, che da ministro dell’Interno, tra il 2018 e il 2019, non perdeva occasione per farsi mostrare con cappellino e maglietta del corpo che all’epoca era sotto la sua responsabilità politica. Ecco, a nove mesi abbondanti da quel discorso, quelle parole sono rimaste lì dove sono state pronunciate.
Questa è la denuncia degli oltre 10.000 poliziotti iscritti alla Silp-Cgil: “Il problema d’organico è alla base della nostra mobilitazione di domani” spiega ad HuffPost Colapietro.
“Se ogni anno circa 2/3 mila poliziotti vanno in pensione, è inutile bandire concorsi per qualche nuova centinaia di innesti. Servono assunzioni straordinarie, delle quali però, per ora, non c’è traccia”.
Non c’è nemmeno troppo bisogno di spiegare perché gli organici ridotti in polizia non siano un problema eminentemente interno al corpo, ma anche un vulnus per la sicurezza di tutti.
“Per mantenere gli stessi standard del servizio che si dovrebbe offrire a pieno organico – spiega Colapietro – ci costringono spesso ai doppi se non ai tripli turni, con evidenti ricadute sulla salute psico-fisica dell’operatore”.
I poliziotti italiani sono sempre di meno e costretti a lavorare sempre di più. “E i problemi non finiscono qua. Si moltiplicano gli straordinari, che però vengono pagati meno dell’ordinario e vengono liquidati dopo un anno di attesa. Le ferie: la nostra discrezionalità nel decidere quando prenderle, per ragioni organizzative, si riduce sempre di più”.
Insomma, gli uomini e le donne della Polizia di Stato, come i lavoratori di tanti altri comparti, sono sottoposti a livelli di stress sempre più elevato: “E questo, a differenza di altri settori, rappresenta un grosso rischio, perché stiamo parlando di un lavoro che è una missione delicatissima. Finora l’esecutivo ha vissuto di slogan. Gli investimenti a parole, per trarne vantaggi di natura elettorale, sono stati abilissimi a farli. Nei fatti concreti, però, non hanno allocato nemmeno un euro in più del dovuto”.
Colapietro, durante il colloquio con il nostro giornale, parla più volte di “miraggio” delle assunzioni: “E pure se queste assunzioni straordinarie che chiediamo dovessero miracolosamente arrivare, non sarebbero subito operative perché mancano anche le scuole di polizia, istituti di formazione fondamentali che permettono a chi si mette alla guida di una volante di acquisire le competenze e anche l’esperienza necessaria a compiere in maniera adeguata il delicatissimo servizio”.
(da Huffingtonpost)
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Luglio 11th, 2023 Riccardo Fucile
“PIERFURBY” STRONCA IL PRESIDENZIALISMO: “IN UN PAESE LITIGIOSO COME IL NOSTRO UNA FIGURA SUPER PARTES È INDISPENSABILE”… “I PEGGIORI NEMICI DELLA MELONI STANNO NELLE FILE DELLA MAGGIORANZA: C’È UN’EVIDENTE INADEGUATEZZA”… LA SCHLEIN? È MENO ESTREMISTA DI COME LEI STESSA VUOLE FARSI RAPPRESENTARE”
Pier Ferdinando Casini. Deputato a 27 anni, il 12 luglio del 1983 entra per la prima volta in Parlamento. C’era ancora l’Urss e l’Italia di Bearzot aveva da poco vinto i mondiali. Da allora quarant’anni di politica ininterrotti, undici legislature, che ne fanno l’uomo del Parlamento più longevo della Repubblica nella contabilità dei mandati elettivi.
All’anagrafe gli anni sono sessantasette. Due volte sposato, quattro figli, tifosissimo del Bologna, difficilmente rinuncia alla corsetta mattutina.
Mille incarichi, tra i quali la presidenza della Camera. A gennaio dell’anno scorso è stato tra i tre candidati più accreditati nell’elezione che ha poi portato alla conferma di Sergio Mattarella come capo dello Stato.
In politica da ragazzo. Ha mai pensato di smettere?
«La politica è una passione, prima che una carriera: se contrai questo virus non ci sono vaccini. Mai pensato di smettere, qualche volta ho temuto che gli elettori mi obbligassero a smettere…».
Che direbbe a Caterina, la più giovane delle sue figlie, se volesse fare politica?
«Da un lato ne sarei contento, dall’altro la inviterei a crearsi prima una professione solida. La società della rete difficilmente consentirà carriere politiche così lunghe come è capitato a me e alla mia generazione».
La fine della Prima repubblica è stata un buon affare?
«Non è stata determinata da Tangentopoli come molti pensano, ma dalla caduta del muro di Berlino. Il mondo che cambiava richiedeva interpreti nuovi. Inutile vivere di nostalgia: tutto nella vita ha un inizio e una fine».
E il presidenzialismo?
«In un Paese litigioso come il nostro una figura super partes, una sorta di pater familias, è indispensabile per comporre i conflitti e garantire un rispetto istituzionale. Non trovo alcuna utilità nel trasformare questa figura nell’epicentro dello scontro tra i partiti».
È vero che i politici sono dei gran bugiardi?
«Un mio maestro mi insegnò che un politico intelligente non dice bugie, perché perderebbe ogni affidabilità. Al massimo, in certe circostanze, è meglio ricorrere alle omissioni…».
Politica in perenne affanno, ma anche l’antipolitica pare azzoppata.
«L’antipolitica è stata un’illusione ottica che ha fatto il suo tempo prima del previsto. E sa perché? Perché la democrazia e il Parlamento hanno un grande contenuto pedagogico: quando questi ragazzi sono entrati dentro i Palazzi del potere ne hanno capito la complessità e hanno dovuto superare i loro pregiudizi. Comunque, non dimentichiamo mai che il miglior alleato dell’antipolitica è la cattiva politica, la corruzione in primo luogo. La questione morale, che racchiude l’eterno conflitto tra il bene e il male, non è invenzione di qualche giornalista».
Lei è stato fondatore del centrodestra e oggi è stato rieletto nel centrosinistra. Come si giudica? E come giudica Meloni e Schlein?
«Io non mi posso giudicare, so solo che si è mosso tutto… Ero atlantista, europeista e degasperiano sui banchi di scuola. Mi sembra di essere lo stesso, 40 anni dopo, sui banchi del Senato. La Meloni certamente ha doti di leadership e ha fatto una sua lunga marcia. I suoi peggiori nemici stanno nelle file della maggioranza: c’è un’evidente inadeguatezza. La Schlein è meno estremista di come viene rappresentata e di come lei stessa vuole farsi rappresentare. Ha davanti una sfida difficile e andrà giudicata con quella calma che mi sembra il Pd non sia mai disposto a riservare ai suoi leader».
Quarant’anni di politica. Qual è stato il giorno più brutto e quello più bello?
«Il giorno più bello è stato quello della seconda elezione di Mattarella, quando ricevetti un bell’applauso da tutti i miei colleghi. Il più brutto? Me ne sono dimenticato perché sono un positivo».
(da il Corriere della Sera)
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Luglio 11th, 2023 Riccardo Fucile
TUTTI GLI SCAPPATI DI CASA STRAPARLANTI
La corsa a spararla grossa è ormai sport nazionale. Per non restare indietro, ieri il ministro dello Sport Andrea Abodi ha accolto così il ritorno in Italia di Jakub Jankto, il primo calciatore di Serie A a essersi dichiarato omosessuale: “Se devo essere sincero non amo, in generale, le ostentazioni, ma le scelte individuali vanno rispettate per come vengono prese e per quelle che sono”. Viva la sincerità.
Per sua fortuna, Abodi è in buona compagnia, trattandosi pur sempre del governo che ha ideato Open to Meraviglia, capolavoro assoluto di un governo che pure sforna figuracce a ritmo frenetico. Ecco alcune mostruosità d’autore, talvolta definite gaffe per indulgenza.
Non sapevo di essere giurato. Serata di premiazione dello Strega. Il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, evidentemente convinto che il concorso riguardi il liquore, confessa: “Ho ascoltato le storie dei libri in gara, sono tutte storie che ti prendono, che fanno riflettere, proverò a leggerli”. Geppi Cucciari lo incalza: “Ah, non li ha letti?”. “Sì, li ho letti perché ho votato, però voglio approfondire” (6 luglio). Giurato a sua insaputa.
Sostituzione etilica. Il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida interpreta la crisi demografica: “Non possiamo arrenderci all’idea della sostituzione etnica”. Menomale che almeno apprezza la satira. (18 aprile).
Ignoranza alimentare. Lollobrigida vuole uscire dall’equivoco: “Sono ignorante, non razzista” (20 aprile). Dopo qualche ora: “Non credo sia corretto definirmi ignorante perché fino a ieri non sapevo chi fosse il signor Kalergi”.
Bontà sua. Sempre Lollobrigida critica i percettori di Reddito di cittadinanza: “Meglio nei campi che sul divano” (2 aprile). Ma mica voleva essere offensivo: “Quando consigliavo di prendere in considerazione l’idea di andare a lavorare nei campi, non lo dicevo in termini negativi” (12 giugno).
Cross-over. Il Milan perde il derby di Champions League, ma da ore l’Emilia-Romagna è alle prese con una tremenda alluvione. Matteo Salvini spicca per delicatezza: “Cuore e impegno (e telefono che squilla di continuo) dedicati ai cittadini di Emilia e Romagna che lottano con acqua e fango. Un Milan senza cuore, grinta e idee non merita neanche un pensiero” (17 maggio).
Due gocce d’acqua. Interrogata sui guai societari di Daniela Santanchè, la ministra alla Famiglia Eugenia Roccella si lancia in un paragone ardito: “Io ricordo ancora Enzo Tortora. Ricordo anche tutte le persone, tutti i politici che si sono dimessi e poi sono risultati assolutamente innocenti” (8 luglio). Il noto ministro Tortora, che andò in Senato a raccontare balle.
Scala di reati. Federico Mollicone (FdI) disquisisce di maternità surrogata: “È un reato grave, più grave della pedofilia” (20 marzo). Ma meno dei rave.
Il loop Cutro. La strage di Cutro del 26 febbraio scatena una gara di disastri. Inizia il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi: “La disperazione non può mai giustificare condizioni di viaggio che mettono in pericolo la vita dei propri figli” (27 febbraio). Genitori irresponsabili. Prosegue Fabio Rampelli (FdI): “Nelle Nazioni da cui provengono gli immigrati ci sono le parabole e i telefoni e quindi potremmo raggiungere tutte le popolazioni in difficoltà e far loro presente che quei viaggi non sono come vengono dipinti dai trafficanti” (2 marzo). Tipo vecchio spot della Telecom, ma con Rampelli al posto di Gandhi.
Il giorno dopo il pessimo Cdm a Cutro, in compenso Meloni si dedica al karaoke con Salvini. Cosa cantano? “Questa di Marinella è la storia vera, che scivolò nel fiume a primavera” (10 marzo). Cinque giorni più tardi, per farsi perdonare, Meloni incontra i familiari delle vittime della strage. E dimostra di saperli mettere a proprio agio: “La premier ha chiesto loro (informa una nota di Palazzo Chigi, ndr) quanto fossero consapevoli dei rischi legati alle traversate del Mediterraneo” (15 marzo). Niente paura, per il futuro stiamo tranquilli: “Andiamo a cercare gli scafisti lungo tutto il globo terracqueo” (Meloni, 10 marzo). Poi ci pensa Guido Crosetto a trovare il colpevole: “L’aumento esponenziale del fenomeno migratorio è parte di una strategia chiara di guerra ibrida che sta attuando la Wagner” (14 marzo).
Italiani e vecchie bande. Pure il fascismo è fonte di scivoloni. Meloni commemora come può l’eccidio delle fosse ardeatine: “335 italiani innocenti massacrati solo perché italiani” (24 marzo). Italiani qualunque? Uno vale l’altro? “Sì, li ho definiti italiani. Perché, gli antifascisti non sono italiani? È onnicomprensivo”. 335 esseri viventi massacrati. La Russa ci mette una pezza: “Via Rasella è stata una pagina tutt’altro che nobile della Resistenza, quelli uccisi furono una banda musicale di semi-pensionati e non nazisti delle SS, sapendo benissimo il rischio di rappresaglia” (31 marzo).
Metodo Montessori. Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara e le frontiere della didattica: “Un bullo deve fare i lavori socialmente utili, perché solo lavorando per la collettività, per la comunità scolastica, umiliandosi anche, evviva l’umiliazione che è un fattore fondamentale nella crescita e nella costruzione della personalità” (21 novembre 2022).
Governo dantesco. Per uscire dalle polemiche sulla lottizzazione della Rai, Sangiuliano lottizza la letteratura. In modo retroattivo: “Penso che Dante sia stato il fondatore del pensiero conservatore italiano. Anche la sua costruzione politica credo sia profondamente di destra” (14 gennaio).
Residuo fisso. Dal Viminale, Piantedosi racconta l’emergenza migranti con sapiente uso del lessico: “Gli organismi di competenza accerteranno chi, tra i migranti, versa in condizioni di vulnerabilità e di questi ci faremo carico. Dopo di che la nave dovrebbe lasciare le acque nazionali, con tutto il resto del carico che ne dovesse residuare” (5 novembre 2022).
Ingannato. Il presidente del Lazio Francesco Rocca, dopo le polemiche per aver tolto il patrocinio della Regione al Gay Pride: “Mi hanno ingannato. Io ho dato rifugio a gay cacciati di casa” (6 giugno).
Colonialismo buono. Tommaso Foti (FdI) garantisce sul Piano Mattei in Africa: “L’Italia è vista in modo diverso dalla Francia e dalla Spagna, perché l’intervento in Africa fu anche fatto di strade o ponti. Gli altri ebbero solo fini predatori” (1 luglio).
Meriti e competenze. Vittorio Sgarbi sulla sua nomina a sottosegretario alla Cultura: “Sono stato scelto per il merito e la competenza” (31 ottobre 2022). Sempre Sgarbi, all’inaugurazione dell’Estate al Maxxi: “Il cazzo… è un organo di conoscenza, cioè di penetrazione, serve a capire” (21 giugno).
Libri chiusi. Il ministro Valditara alla vigilia degli esami di maturità: “Ero stato interrogato in matematica a febbraio e poi non avevo più aperto libro immaginando che non sarebbe uscita matematica agli esami” (16 giugno).
Integralisti. Il ministro della Protezione civile Nello Musumeci se la prende col colpevole dell’alluvione in Emilia-Romagna: “L’integralismo ambientalista è nocivo” (17 maggio). Ma certo.
Ottimismo. Matteo Salvini parla del Ponte sullo Stretto: “Sarà il Ponte più studiato al mondo. Cantieri aperti nell’estate del 2024” (9 giugno). Non si sa quale delle due frasi sia più azzardata.
Fake news. Sangiuliano risponde alle polemiche sull’aumento dei biglietti dei musei: “Parlare di aumento generalizzato è una gigantesca fake news” (13 gennaio). Da ottobre 2022 gli Uffizi sono passati da 20 a 25 euro; Ostia Antica da 12 a 18 euro; il Mann sale a 22 euro. Da ultimo, il Pantheon da gratuito passa a 5 euro. Il tempo di finire i libri dello Strega e lo scoprirà anche il ministro Sangiuliano.
(da il Fatto Quotidiano)
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Luglio 11th, 2023 Riccardo Fucile
I SOLDI VANNO DOVE GIRA IL VENTO
La fiamma resta bella accesa, perlomeno andando a spulciare i conti del bilancio di Fratelli d’Italia. Primo partito alle elezioni di settembre 2022, primo partito in Parlamento e nei sondaggi, pure a livello economico non potrebbe andar meglio.
Merito anche dei contributi da parte di aziende e associazioni, passati da poco più di 0 euro nel 2021 (16 mila per l’esattezza) ai 600 mila euro del 2022: quando si ha il vento in poppa gli imprenditori si fanno più generosi del solito.
In attivo
L’anno di grazia 2022 si è chiuso quindi con un avanzo di gestione di quasi mezzo milione di euro. Tradotto: nonostante le spese per la campagna elettorale (3,4 milioni), l’affitto della sede in via della Scrofa, l’organizzazione di iniziative sui territori, gli stipendi del personale (7 dipendenti), è rimasto un bel risparmio.
Le entrate principali sono quelle del 2 per mille e la crescita elettorale di FdI è andata di pari passo con quella dei contribuenti in fase di dichiarazione dei redditi. Se nel 2019 da questo finanziamento arrivavano 1,2 milioni, tre anni dopo si sono quasi triplicati: 3,1 milioni. E poi il gran numero di eletti in Parlamento e nelle Regioni ha fatto il resto: ognuno di loro è tenuto a versare mille euro al mese al partito. Le cosiddette erogazioni liberali da persone fisiche sono passate da 750 mila euro a 3,7 milioni. Il deposito bancario intestato a FdI al 31 dicembre 2022 è di poco meno di 3 milioni di euro.
I finanziatori
Tra le aziende che hanno donato al partito ci sono piccole e medie imprese farmaceutiche e del packaging, dell’energia, della logistica e delle costruzioni. Tra i big c’è il colosso alimentare Cremonini (30 mila euro), spiccano poi i 50 mila euro della Confederazione generale dell’agricoltura, altri 50 mila di Milano investimenti spa. Anche il Twiga di Flavio Briatore e ora per vie traverse della ministra Daniela Santanché ha versato 26 mila euro: dentro FdI le malelingue raccontano che quella sarebbe la quota versata dalla ministra per la propria candidatura di prima fascia, un contributo eccezionale di 30 mila euro che ogni futuro sicuro parlamentare era tenuto a versare per finanziare la campagna elettorale. La popolare conduttrice Rai Paola Ferrari, ex socia proprio di Santanché in Visibilia, storiaccia finita in tribunale, ha sganciato di tasca propria 40 mila euro.
Le prospettive
Nel 2022 FdI ha da una parte ridotto al minimo il contributo al gruppo parlamentare europeo di cui fa parte, l’Ecr, passato da 100 mila euro a 18.500; dall’altra ha aumentato quello alla giovanile del partito, la quale solo tre anni riceveva dai grandi poco meno di 33 mila euro, saliti a 120 mila nello scorso. Segno insomma della volontà di aumentare il radicamento sul territorio e darsi una prospettiva generazionale.
Durante la direzione nazionale dello scorso 6 giugno che ha dato via libera al bilancio, il responsabile organizzazione Giovanni Donzelli ha annunciato novità sul tesseramento: una modifica – servirà fornire un indirizzo mail valido in aggiunta al documento – che cerca di renderlo il più trasparente possibile, “per evitare che avvengano iscrizioni avvalendosi di indirizzi fittizi o usa e getta”, si legge nel documento. Del resto lo si sa: sul carro del vincitore vogliono sempre salirci in tanti.
(da agenzie)
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Luglio 11th, 2023 Riccardo Fucile
CI METTE 30 MINUTI IN PIU’
Il viaggio in treno diretto Bari-Napoli era stato soppresso alla fine degli anni Novanta. Ma ieri si è svolto il viaggio inaugurale del nuovo Intercity 716. Lo hanno scelto, fa sapere oggi il Corriere del Mezzogiorno, in totale una sessantina di passeggeri. Soltanto in 33 in particolare sono partiti dalla Puglia. All’arrivo in Campania, alle 11 e 15, erano passate quattro ore e dieci minuti.
Per ora né il sindaco di Bari Decaro né quello di Napoli Manfredi si sono presentati per l’inaugurazione. Così come non lo ha fatto il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini. Per la presenza delle istituzioni si parla del 19 luglio. Ma, spiega il quotidiano, il servizio ha condizioni oggettive di scarsa appetibilità. A causa dei tempi che si allungano nonostante l’eliminazione del cambio di convoglio a Caserta.
L’andata (7.05-11.15) necessita appunto di 4 ore e 10 minuti con 5 fermate (Barletta, Foggia, Benevento, Caserta, Aversa). Si impiega meno con l’abbinamento Frecciargento-regionale. Che invece ci mette 3 ore e 38 minuti di percorrenza con quattro fermate (Barletta, Foggia, Benevento, Caserta).
(da agenzie)
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Luglio 11th, 2023 Riccardo Fucile
“CRESCIUTA SENZA AFFETTO E SESSO, TI DIVERTI COSI'”… “A CASA TUTTO BENE, GRAZIE, INFANZIA PIENA D’AMORE E VITA PIENI DI AFFETTI. SEI LIBERO DI CRITICARE, MA NON DI INSULTARE”
«La sua crudeltà nasce da un’infanzia senza amore, magari con genitori separati o con una frigida mancanza di affetto e sesso». Inizia così una lettera recapitata a Chiara Foglietta, assessora alla viabilità di Torino, che lei stessa ha deciso di pubblicare su Instagram.
Chi scrive fa riferimento ai T-Red installati in città che stanno provocando non poche polemiche, dopo che sono state emesse migliaia di multe a coloro che si fermano troppo tardi o superano con le ruote dell’auto la linea di stop ai semafori.
«Capisco che l’unica cosa che la rende euforica è accanirsi con gli automobilisti che hanno superato di un centimetro la riga semaforica», prosegue la lettera che urla alla «vergogna». Ma l’assessora non ci sta. Accetta le critiche, ma non gli insulti. E così risponde pubblicamente a uno dei suoi tanti hater.
«A casa tutto bene, grazie. Infanzia piena d’amore e genitori ancora sposati. E per il resto della vita una quantità di affetto per cui sono davvero grata ogni giorno», scrive Foglietta in risposta alla lettera.
«La critica è sempre ben accetta, le porte del mio ufficio sono aperte, ma – precisa – tutto questo è inaccettabile, anche per chi ha le spalle larghe come le mie». L’assessora fa sapere che messaggi, e lettere con insulti e minacce sono per lei all’ordine del giorno. Attualmente, non ha sporto denuncia formale. Per il momento, si è limitata a denunciare pubblicamente gli insulti che subisce quotidianamente.
E quello che non le va più giù è il sessismo che trapela dalle parole di chi le scrive: «Non significa che i miei colleghi maschi non vengano insultati, ma per una donna le cose sono di certo più difficili. L’attacco diventa personale, spesso viene richiamata la famiglia e la sessualità. C’è un retropensiero che viene legato solo alle figure femminili. Le donne che si impegnano nei ruoli amministrativi – chiosa – devono lottare il doppio».
(da agenzie)
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Luglio 11th, 2023 Riccardo Fucile
LA CONVIVENTE HA DIRITTO A RIMANERE NELL’ABITAZIONE DEL DEFUNTO FINO A 5 ANNI DOPO LA SUA MORTE
Può essere considerato nullo per legge l’ipotetico sfratto da villa San Martino che i figli di Silvio Berlusconi hanno dato a Marta Fascina, intimandole di lasciare l’abitazione di villa San Martino entro 90 giorni. E non è una legge qualsiasi a stabilirlo, ma quella che porta il nome di Monica Cirinnà cha ha istituito le unioni civili fra persone dello stesso sesso. Il comma 42 dell’articolo 1 della legge 76 del 2016 (appunto la «Cirinnà») tutela il diritto all’abitazione del convivente (anche di sesso diverso) dalle pretese restitutorie dei successori del defunto dando un lasso di tempo ragionevole per cercare una nuova abitazione.
Secondo la legge quel lasso di tempo è di minimo due anni, che possono essere estesi diventando pari alla durata della stessa convivenza, ma con un limite massimo di 5 anni entro cui l’immobile va restituito agli eredi. Nel caso di Marta Fascina la convivenza durava da 3 anni. Quindi per legge la sua permanenza a villa San Martino è tutelata fino al 2026. Sul punto è intervenuta più volte la Cassazione ribadendo il diritto temporaneo all’abitazione del convivente, e lo ha fatto anche l’Agenzia delle Entrate nel 2018 rispondendo a un interpello degli eredi. Questo naturalmente in caso di contrasto con gli eredi, ma quanto stabilito dalla legge può sempre essere superato da un accordo fra le parti.
Accordo che evidentemente dovrà essere trovato fra la Fascina e i figli di Berlusconi non solo sul diritto ad abitare ad Arcore, ma anche sul legato da 100 milioni destinati a lei inserito in quel terzo testamento di Berlusconi che secondo tutti gli esperti di successione sarebbe nullo perché preceduto nel gennaio 2022 da una condizione causale («se non dovessi più tornare dal San Raffaele») che non si è verificata, essendo Berlusconi tornato da quel ricovero pochi giorni dopo riprendendo gradualmente anche la sua attività politica. È possibile che per evitare scontri legali che avrebbero inevitabile risonanza mediatica si trovi una intesa fra le parti sia su un “riconoscimento” alla Fascina al di là della validità di quel testamento, sia sul periodo di permanenza della stessa a villa San Martino.
(da Open)
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Luglio 11th, 2023 Riccardo Fucile
A SEGUIRE SENTITE DAI PM ALTRE TRE RAGAZZE CHE ERANO QUELLA SERA NEL LOCALE
Nelle tre ore di colloquio davanti ai pm di Milano e agli investigatori, la 22enne che ha denunciato Leonardo Apache La Russa, figlio del presidente del Senato, ha confermato le accuse per violenza sessuale nei confronti del 19enne, attualmente indagato. La giovane è stata sentita dal sostituto procuratore, Rosaria Stagnaro, e dall’aggiunto, Letizia Mannella, negli uffici della Questura di Milano fino al primo pomeriggio di martedì 11 luglio. Magistrati e investigatori hanno poi cominciato l’audizione di un’amica con la quale la ragazza ha scambiato una lunga chat la mattina dopo le presunte violenze, al risveglio, quando la 21enne avrebbe preso coscienza di quanto accaduto. A seguire e fino a sera verranno poi ascoltate altre due giovani. Un’amica, con la quale la vittima era andata al locale Apophis la sera del 18 maggio, e un’altra amica incontrata lì.
Quel pomeriggio, successivo alle violenze denunciate, la vittima si è recata al Centro antiviolenza della Clinica Mangiagalli, dove le hanno riscontrato la presenza di alcune sostanze nel sangue.
Tra gli esperti c’è dibattito sulla possibilità che quanto assunto della ragazza possa riprodurre gli effetti della droga dello stupro. Che comunque evapora velocemente. E, scrive il quotidiano, dalla cartella clinica non risulta che sia stato ricercato. La ragazza inoltre non aveva tracce di alcol nel sangue.
(da Open)
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