Luglio 8th, 2023 Riccardo Fucile
IL MEDIANO, COCHIS, È IN POLITICA. IL PIU’ GRANDE, GERONIMO, OCCUPA DIVERSE POLTRONE
Apache, il trapper “sottovalutato” (dal titolo di un suo pezzo). Geronimo, il “presidente” collezionista di poltrone amante della velocità. Cochis, il “politico”.
Se fosse un romanzo sarebbe “tre piccoli indiani”. Sottotitolo: figli vivaci di padre gagliardo. Oppure – un po’ per scherzo me nemmeno troppo – gioventù “bruciata” e maturità dorata.
Volendone emendare i tratti per renderla più presentabile, la storia dei La Russa jr sembra la continuazione di una tradizione di famiglia un po’ spericolata. Che vede nel padre, Ignazio Benito la Russa, il più autorevole interprete.
Esuberanza giovanile, testa calda, azzardi, inciampi. Surfando sopra le righe, e sempre nell’orbita del potere. L’attualità impone di partire dal più piccolo dei La Russa Bros: lui, Leonardo Apache. Il terzogenito che fa brutto con la trap. L’“artistoide” di casa (Geronimo dixit) che adesso la casa la sta facendo tremare. Ma non più per il volume della musica politically uncorrect. Accusato di avere violentato una 22enne, a “Larus” – nome d’arte – tocca subire il contrappasso che, ironia del caso, gli sbatte addosso direttamente dal suo brano più conosciuto. “Sono tutto fatto, sono tutto matto, ti fotto pure senza storie”, canta insieme a Apo Way, un altro trapper, ne “I sottovalutati”.
L’eredità politica del presidente del Senato, al momento, pare risiedere nel destino di Lorenzo Cochis. L’anno scorso è stato eletto nel parlamentino di zona in centro città ed è chiaramente capogruppo di FdI. Molto meno istintivo e fumantino del padre. Guai però a toccargli il tema auto e automobilisti. Una fissa, in famiglia. Geronimo La Russa, 43 anni, figlio di primo letto di Ignazio, è avvocato e presidente dell’Automobile Club di Milano. A 14 anni volantinava per il Fronte della Gioventù, a 25 è nel cda della Premafin di Ligresti che dei La Russa è stato la vera fortuna. Poltrone, poltrone.
Anche al Milan, grazie all’amica Barbara Berlusconi con cui fonda la onlus Milano Young (La Russa è anche in H14, la holding dei tre berluschini, Barbara, Eleonora, Luigi). In un’intervista Geronimo raccontò di un’adolescenza molto agitata e con «un po’ di problemi». Spericolato, gli piace correre con qualunque cosa a motore, macchine, motorini, barche. «Il sabato sera si usciva tutti insieme, in discoteca, oppure in giro a fare casino».
Qualche casino, in effetti, l’ha combinato. Molti anni fa dopo un incidente in auto insieme ad amici saltò fuori della droga: per lui non ci fu alcuna conseguenza. Negli anni ’90 GL faceva parte di un gruppo di fighetti che si imbucavano alle feste per vandalizzarle.
Li chiamavano i “vandali del sabato sera”. 15 marzo 1997: compleanno di Carolina Vecchioni, figlia del cantautore. I vandali portano via gioielli, soprammobili e maglie Lacoste. «Sì, arrivai con una ventina di amici – raccontò La Russa -. Ci furono dei furti. Anche tre miei amici, è stato accertato. Non li frequentai più».
Tra le persone a lui più vicine, l’europarlamentare FdI Carlo Fidanza che ha recentemente patteggiato 1 anno e quattro mesi per corruzione. Quando chiesero a Geronimo se aveva mai fatto il saluto romano rispose così. «Una volta, quando mi sono vestito da Balilla a Carnevale. E un’altra volta quando mi mascherai da Giulio Cesare».
(da La Repubblica)
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Luglio 8th, 2023 Riccardo Fucile
“LE ONG? NESSUN CONTATTO CON I TRAFFICANTI”… “PIU’ CHE RADDOPPIATI GLI SBARCHI”… “LE ONG FATTORE DI ATTRAZIONE? NO, CHI FA MIGRARE GLI ESSERI UMANI SONO LA FAME E LA GUERRA”
Dieci anni dopo, le parole di Papa Francesco a Lampedusa “restano ancora attuali, ma inascoltate”. Lo dice Salvatore Vella, che guida la Procura di Agrigento – competente per Lampedusa – e che però quelle parole se le ripete ad ogni sbarco. “Noi nelle migliaia di persone che continuano a sbarcare a Lampedusa vediamo davvero le vittime della “globalizzazione dell’indifferenza” di cui parlava il Papa, oramai quasi non si versano più lacrime davanti agli scartati”.
Le inchieste però non si fermano e hanno permesso di ricostruire la filiera del traffico di esseri umani che, specialmente in Libia, coinvolge anche figure della “zona grigia”, a metà tra miliziani, capiclan ed esponenti delle Istituzioni governative degli stati del Nord Africa.
Se Lampedusa continua a essere la prima linea, la risposta delle Istituzioni nazionali non sembra però all’altezza: “Su 12 magistrati in organico in Procura, soltanto 7 sono in servizio, e i prossimi arriveranno alla fine di gennaio 2024. Da 18 mesi manca il Procuratore Capo e da anni non abbiamo il dirigente amministrativo”, così Salvatore Vella svolge in pratica tre ruoli contemporaneamente: “Mi occupo anche della dichiarazione dei redditi del mio Ufficio”, dice senza troppo lamentarsi.
In questo periodo nel 2022 gli sbarchi erano stati poco più di 30 mila, quest’anno sono già 67mila. Cosa vi aspettate?
“Le proiezioni ci dicono che potremmo attenderci più di 200mila arrivi di persone nel 2023, numeri mai visti finora. Intanto il fronte delle partenze si è allargato coinvolgendo ampiamente la Cirenaica e la Tunisia, come avevamo previsto. Con presenze e modalità che è impossibile sfuggano alle Istituzioni locali africane”.
A cosa si riferisce?
“Dalle testimonianze che raccogliamo e dai dati sulle nazionalità abbiamo osservato un continuo arrivo di migranti dal Pakistan e dal Bangladesh. I trafficanti asiatici offrono veri e propri ponti aerei da quegli Stati alle coste africane in aereo”.
Dove atterrano?
“Se in passato i principali scali di destinazione erano soprattutto in Egitto, adesso sappiamo che atterrano anche in Libia, in Cirenaica”.
Si tratta della regione sotto il controllo del generale Haftar. Come è possibile aggirare i controlli?
“Riteniamo sia impossibile che le polizie di frontiera e le Autorità che gestiscono questi scali non si avvedano di questi arrivi e non sappiano che fine facciano tutte queste persone, parliamo di decine di migliaia di migranti”.
Dalla parte opposta, sono aumentate le partenze dalla Tunisia. Come arrivano lì migranti e profughi?
“Va ribadito: continuiamo a registrate migliaia di tunisini tra le persone che sbarcano a Lampedusa. Ma dalla Tunisia oggi partono soprattutto subsahariani e asiatici. Dalle testimonianze che raccogliamo, attraverso la Polizia di Stato di Agrigento, sembra emergere come le partenze dalla Tunisia sono gestite da organizzazioni criminali tunisine, che si avvalgono dell’ausilio di “procacciatori di affari” di quelle etnie per reclutare migranti loro connazionali. Al momento la Tunisia è la sesta nazionalità tra quelle in arrivo, dopo Costa d’Avorio. Guinea, Egitto, Bangladesh e Pakistan. Molte di quelle persone per raggiungere la Tunisia attraversano la Libia”.
Avete prove di collegamenti tra criminalità tunisina e libica?
“Non abbiamo elementi per poter affermare se vi è un accordo diretto tra trafficanti libici e tunisini. Quello che sappiamo per certo, attraverso le numerose testimonianze che raccogliamo, è che tanti hanno deciso di miraggiungere la Tunisia, perché considerata meno pericolosa per i migranti rispetto alla Libia. Ma allo stato non possiamo escludere che questi “passaggi” da un Paese all’altro siano frutto anche di una joint-venture tra gruppi criminali nei due Paesi”.
Quale è la situazione dei campi di detenzione in Libia?
“Rimane terribile. Possiamo paragonarli ai “campi di prigionia e sterminio”, già visti in altri luoghi o epoche storiche. Luoghi nei quali avvengono abusi, torture, omicidi, violenze sessuali su donne, su uomini e sui bambini. Gli elementi che raccogliamo ci consegnano testimonianze orribili, disumane. Proprio il mese scorso, grazie al lavoro della Squadra Mobile di Agrigento abbiamo individuato e fermato un torturatore nigeriano, che aveva “lavorato” in un campo di prigionia della zona di Zawyah, in Libia”.
Può dirci se sul registro degli indagati avete iscritto anche personaggi che in questo momento si trovano all’estero e se tra questi vi sono esponenti delle istituzioni locali?
“Posso dire che vi sono indagati di vari Paesi, dalla Libia al Sudan. Vi sono personaggi appartenenti a quel mondo che negli anni anche il vostro giornale ha investigato e fatto conoscere. E sappiamo anche che molto del nostro lavoro ha contribuito alle indagini della Procura presso la Corte penale internazionale. Purtroppo, non abbiamo attività di cooperazione giudiziaria con le autorità giudiziarie di Libia e Tunisia”.
I libici indagati sono espressione della criminalità organizzata o uomini delle istituzioni?
E’ estremamente complicato talvolta distinguere gli uni dagli altri. Le testimonianze dei migranti spesso ci descrivono la presenza, tra i trafficanti, di uomini armati in divisa, ma tranne alcune figure di vertice, come quelle individuate e fatte conoscere da Avvenire in questi anni, nel contesto libico è complicato distinguere tra bande criminali, milizie, gruppi armati, e quanti tra questi sono affiliati direttamente alle varie branche delle Istituzioni libiche. Perciò ritengo che la strada migliore, pur con difficoltà e limiti, sia quella di continuare a usare gli strumenti della Giustizia internazionale.
In questi anni avete sottoposto a indagine anche le Organizzazioni umanitarie di soccorso. Avete trovato riscontri o qualche indizio di possibili collegamenti tra Ong e trafficanti?
Era una ipotesi investigativa. Abbiamo fatto il nostro lavoro, abbiamo cercato riscontri concreti, ma non abbiamo trovato alcuna traccia di ipotetici collegamenti tra Ong e i terribili trafficanti di esseri umani libici. La nostra Polizia giudiziaria ha lavorato a fondo su tali teorie e non è mai stato trovato nulla di concreto.
Ritenete che la presenza dei soccorritori in mare sia un fattore di attrazione per i barconi?
Nella mia esperienza pluridecennale su questi fenomeni, posso dire che a governare le partenze nella maggior parte dei casi sono esclusivamente le condizioni meteomarine del Canale di Sicilia, unite alle condizioni socioeconomiche o politiche dei Paesi di partenza dei migranti, in continuo mutamento. Ciò che fa migrare gli uomini sono ancora la fame, la guerra e la malattie.
(da Avvenire)
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Luglio 8th, 2023 Riccardo Fucile
“HANNO FERMATO IL NOSTRO TAXI E CI HANNO TRASCINATO IN UN FOSSO. ERANO VESTITI DI NERO E AVEVANO DELLE MASCHERE. CI HANNO MASSACRATO DI BOTTE PER OTTO MINUTI. È UNA VENDETTA. LA TESTA RASATA, IL DISINFETTANTE VERDE, LA MIA SCHIENA PICCHIATA CON I BASTONI: È LA PUNIZIONE ORIENTALE PER UNA DONNA CHE VA CONTRO GLI UOMINI. MA NON MI FERMERÒ, TORNERO’ IN CECENIA”
Pubblichiamo l’intervista rilasciata dalla giornalista Elena Milashina dopo l’aggressione in Cecenia alla radio russa Ekho Moskvy – traduzione Anna Zafesova
Buongiorno, come si sente?
«Bene, mi sento bene. Grazie. Davvero grazie».
Può raccontare brevemente la sua storia per chi non la conosce ancora?
«Insieme all’avvocato Aleksandr Nemov abbiamo preso l’aereo per andare a Grozny ad assistere alla sentenza di Zarema Musaeva. Abbiamo chiamato un taxi locale, fatto 500 metri e siamo stati circondati da diverse auto, che ci hanno costretto a uscire fuoristrada. C’erano almeno quattro uomini, tutti con le maschere, t-shirt e pantaloni neri, cappellini da baseball neri. Il resto l’ho visto solo a sprazzi, il tassista è stato buttato fuori, ci hanno piegato la testa, hanno cercato di legarci le mani, hanno iniziato a picchiarci. Ci hanno trascinati nel fosso e ci hanno picchiati con i bastoni di polipropilene. È un’arma standard per le torture in Cecenia, ne avevo scritto tanto, ma era la prima volta che la sperimentavo sulla mia pelle. La pistola l’hanno utilizzata soltanto per minacciarci, grazie a dio. Tutto è durato 8 minuti».
Hanno cercato di sbloccare il suo telefono?
«Sì, chiedevano la password. Ho una password molto complessa, mi chiedevano di dire dei numeri, ma io non ho una password numerica. Gli ho fatto una lezione sulla cybersicurezza mentre loro mi martellavano di botte».
C’è chi dice che Kadyrov non ricava nessun vantaggio dall’accaduto.
«È ovvio che porta svantaggi alla Cecenia perché fa pensare che sia stato il suo leader a dare l’ordine. Il problema è che questi crimini sono irrazionali. Tutti gli attacchi e le minacce che il leader ceceno si permette di fare in pubblico, e ai quali la nostra giustizia purtroppo non reagisce, sono un comportamento emotivo. Dobbiamo partire da qui, non dalla nostra logica “cui prodest”. È una vendetta. La testa rasata, il disinfettante verde, la mia schiena picchiata con i bastoni: è la punizione orientale per una donna che va contro gli uomini, contro il mondo dei maschi, che urta il loro onore. Ed è la cosa che mi ferisce di più, perché i ceceni, tutto il popolo, possono venire associati a questa bestialità. Perché tutto questo passerà: i capelli ricresceranno, il verde si laverà via. Continuerò ad andare in Cecenia, che Kadyrov lo voglia o no. Non è in discussione. Non è in discussione dal 7 ottobre 2006, quando è stata uccisa Politkovskaya».
Perfino molti patrioti con la Z hanno condannato l’aggressione contro di lei, dicendo che per quanto lei sia una separatista non può venire trattata in questo modo.
«Io non sono una separatista. Io credo che la Cecenia sia parte della Russia e non possa vivere senza la Russia, come la Russia non può vivere senza la Cecenia. Certo, è un rapporto complesso. Credo che il livello della crudeltà dimostrativa, esagerata, abbia suscitato un rifiuto. È importante che la gente abbia ancora la forza di condannare ciò che va condannato».
Anche Kadyrov ha detto “indagheremo”.
«Quello non è sostegno, non è compassione. Se si fosse scusato perché nel territorio che governa, pacifico e prospero, che lui vende come la destinazione più bella per il turismo in Russia e nel mondo, è accaduto questo… sarebbe almeno una manifestazione di empatia. Questo “indagheremo” invece… cosa deve indagare»? Viviamo in un ambiente aggressivo e io mi sono scelta forse uno dei settori più aggressivi. Non sono stata io a fare questa scelta, l’hanno scelto per me le persone che hanno ucciso Politkovskaya ed Estemirova. Si parte da lì. Resuscitatele e non tornerò mai più in Cecenia. È la condizione imprescindibile per cui continuerò ad andare in Cecenia. Dovranno rassegnarsi, oppure passare a gesti più decisi. Le aggressioni sono molto brutte, sì. Ho avuto paura. Ma non smetteremo di lavorare. Ripeto, ci sono condizioni che non si possono cancellare. Non sono stata io a crearle. Tutto qui».
(da La Stampa)
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Luglio 8th, 2023 Riccardo Fucile
“IL GOVERNO VUOLE MINARE LA FIDUCIA CHE CITTADINI HANNO NEL POTERE GIUDIZIARIO”
Il rapporto tra governo e magistratura sembra nuovamente ai minimi storici. Prima la nota di Palazzo Chigi, affidata a fonti anonime, in cui vengono riportate una serie di accuse nei confronti dei giudici. Poi la replica durissima del presidente dell’Associazione nazionale magistrati Santalucia. Mariarosaria Savaglio, segretaria generale di Unità per la Costituzione, una delle principali correnti interne alla magistratura, spiega in un’intervista a Fanpage.it il suo punto di vista e attacca il governo sulle accuse degli ultimi giorni. Sono diverse le critiche e le perplessità anche sulla riforma della giustizia del ministro Nordio.
Da giorni il livello dello scontro tra governo e magistratura è tornato altissimo, con una nota anonima di Palazzo Chigi e la risposta, oggi, del presidente dell’Anm, che ha parlato di accuse gravissime. Cosa ne pensa?
Le accuse sono gravi e destabilizzanti. Affermare che vi sia un progetto o una giustizia a orologeria, tra l’altro senza prove, comporta un grave attacco all’indipendenza della magistratura. Ovviamente non condivido affatto l’idea di un disegno, parliamo solo di indagini slegate tra loro.
Nella nota anonima si parla di una frangia della magistratura che ha deciso di fare opposizione al governo in vista delle elezioni europee…
Mi lasci dire che le modalità della nota sono molto singolari. È una nota non ufficiale. Ripeto: non c’è alcun progetto, men che meno in vista delle elezioni europee. La magistratura è composta da persone singole che hanno idee diverse. Quelle diffuse sono affermazioni gravi primo perché non provate e secondo perché servono a minare ancor di più la fiducia che i cittadini hanno nel potere giudiziario.
Forse con il centrodestra si è riaperta una battaglia ereditata da Silvio Berlusconi contro con la magistratura?
No, non credo. Il centrodestra, come a volte il centrosinistra e il resto della politica, quando viene colpito cerca alibi. Questo è il risultato di tanti anni in cui si è persa la postura istituzionale. Prima si aspettavano gli esiti delle indagini e dei procedimenti, ora si comincia immediatamente a commentare e cercare un nesso logico che non c’è. Non è un discorso che riguarda solo il centrodestra, è un problema di perdita di rispetto istituzionale su vari livelli della società.
Ricapitolo i casi di questi giorni: prima la ministra Santanchè e la fuga di notizie sul fatto che fosse indagata, poi il sottosegretario Delmastro e l’imputazione coatta, mentre oggi c’è chi vocifera già sull’indagine sul figlio di Ignazio La Russa, accusato di violenza sessuale…
Sono tre casi molto diversi, dei quali premetto di non conoscere gli atti. Ma partiamo dal presupposto che un’indagine per falso in bilancio richiede tempi molto lunghi. Può esservi una diffusione posticipata, ma non dipende certo da chi ha fatto le indagini. Su Delmastro, va detto che l’imputazione coatta è una modalità rituale e legittima, uno strumento che il Gip usa quando non è d’accordo con il pm, magari per un’indagine svolta in maniera superficiale. È una garanzia per il cittadino, ho fatto il Gip e mi è capitato di ordinarla. Non c’è niente di anomalo, anzi. È uno strumento di garanzia che dimostra il cortocircuito di alcuni commentatori: si dice sempre che va limitato lo strapotere dei pm, ma qui parliamo di un contrappeso naturale che serve proprio a questo. Sul figlio dell’onorevole La Russa è un fatto molto delicato, non c’entra nulla e preferisco non commentarlo.
Parliamo della riforma della giustizia, nello specifico di due temi. Partiamo dal primo: le intercettazioni. Qui la spaccatura sembra netta. Sono un costo inutile o uno strumento indispensabile?
Sicuramente hanno un costo, ma è proporzionato ai risultati d’indagine. Sono uno strumento efficace e che dà spesso risultati. Le intercettazioni vengono costantemente riformate, ma serve trovare un punto di equilibrio discutendone insieme e vagliando in maniera concreta i problemi. Sembra che a volte ci siano più questioni di principio. Bisognerebbe discuterne a lungo per una riforma complessiva e non intervenire in maniera spot.
Il secondo grande tema è l’abolizione dell’abuso d’ufficio, che tra l’altro è stato legato alla questione del Pnrr, come fosse un ostacolo per la messa a terra. Cosa ne pensa?
Il reato era stato circoscritto nella precedente riforma, tanto che era già più difficile da configurare. Certo tutto è migliorabile, ma anche in questo caso sembra un intervento non organico. Abolirlo tout court rischia di creare dei vuoti e permettere ad alcune condotte, che dovrebbero destare allarme sociale, di restare impunite. Il governo è padrone di fare le sue scelte, ma dovrebbe meditare un po’ di più sulle scelte tecniche. Un’abolizione del reato non mi sembra in linea con un sistema di bilanciamento dei pesi e contrappesi come il nostro.
(da Fanpage)
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Luglio 8th, 2023 Riccardo Fucile
“SALVINI IMPEDIVA AI MIGRANTI DI SBARCARE: COM’E’ POTUTO ACCADERE NELL’ITALIA CRISTIANA? DECISI DI PORTARE ACQUA E CIBO A QUESTI DISPERATI”
Richard Gere sarà sentito il 6 ottobre come testimone di parte civile al processo Open Arms. Il dibattimento, in corso a Palermo nell’aula bunker del carcere Ucciardone, vede imputato il ministro delle Infrastrutture e Trasporti Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio per avere impedito nell’agosto del 2019 lo sbarco a 147 migranti soccorsi dalla nave della ong spagnola.
L’attore, che era in vacanza in Italia, affittò un’imbarcazione e il 9 agosto raggiunse la nave per rendersi conto dello stato di salute della gente a bordo. Sarà dunque sentito sulle condizioni dei migranti.
«Ero salito a bordo»
Un mese fa, al Corriere della Sera, aveva detto: «Salvini impediva ai rifugiati di sbarcare. Com’è potuto accadere nell’Italia profondamente cristiana? É un atto criminale. Mi sono chiesto cosa potevo fare per i 147 migranti che nel 2019 sono rimasti 19 giorni sulla nave ormeggiata davanti a Lampedusa, dopo il divieto d’ingresso del governo italiano. Ho preso la decisione di portare acqua e cibo su una imbarcazione di gente che scappava, che ha preferito il rischio di morire annegata nel Mediterraneo per non tornare a casa e morire, per sopravvivere.
«Ho ascoltato le loro storie»
Gere ho parlato con loro: «Li ho guardati negli occhi, li ho tenuti per mano, ho ascoltato le loro storie. L’Italia deve vedersela con l’Africa, la Germania con i rifugiati dei Balcani. L’Europa ha una responsabilità enorme nello sfruttamento di centinaia di anni. Oggi le stesse colpe le ha la Cina, paese dove non posso entrare per la mia vicinanza al Tibet».
L’avvocato di parte civile della ong spagnola, Arturo Salerni, ha precisato che la deposizione di Gere potrebbe slittare al 20 ottobre per via dei tempi per la notifica negli Stati Uniti.
(da agenzie)
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Luglio 8th, 2023 Riccardo Fucile
LOMBARDIA, LAZIO E CAMPANIA, LA SITUAZIONE NON CAMBIA: IL PUBBLICO HA APPALTATO LA SANITA’ AL PRIVATO A TUTTO SVANTAGGIO DEI CITTADINI
Nella sanità è sempre più il privato a farla da padrone. Il pubblico ha ceduto da tempo il passo e le Regioni – dalla Lombardia al Lazio, passando per la Campania – hanno di fatto appaltato la sanità ai privati, con vantaggi per le aziende che lavorano in regime di convenzione.
Qual è la situazione nelle tre Regioni? Quante sono le visite e le prestazioni sanitarie che il pubblico appalta al privato? E, ancora, quanto guadagnano le aziende e quanto ci rimettono invece i cittadini da questa decisione di esternalizzare i servizi?
IN LOMBARDIA I BIG DELLA SANITÀ ALL’INCASSO
Mentre la medicina territoriale continua a essere smontata, in Lombardia ad aggiudicarsi la fetta più grande della torta sono i gruppi privati, grazie alle riforme varate nel tempo da Roberto Formigoni, Roberto Maroni e Letizia Moratti, che hanno equiparato pubblico e privato.
Le aziende private, che operano per fare profitti, concentrano la loro attività soprattutto su operazioni poco rischiose e visite specialistiche, mentre gli ospedali pubblici si fanno carico prevalentemente dei pronto soccorso, dei traumi causati dagli incidenti stradali, della cura degli anziani e dei cronici, delle malattie rare.
Secondo il sito lavoce.info, “nel 2021, su oltre 22 miliardi di spesa pubblica sanitaria (2.200 euro per abitante), la Lombardia ne ha conferiti 6,4 agli operatori privati (erano 5,7 nel 2012). Più di un terzo è andato alle altre prestazioni sanitarie, di cui 1,5 miliardi destinati all’acquisto di prestazioni da consultori privati e comunità terapeutiche.
I ricoveri ospedalieri presso strutture private costano 2,1 miliardi e le visite specialistiche 1,1 miliardi. La spesa per abitante affidata a operatori privati ammontava nel 2021 a 645 euro, con un incremento di oltre il 10 per cento in dieci anni”.
Ma quali sono i fatturati dei gruppi sanitari privati? L’ultima classifica disponibile è quella elaborata dal sito di data-journalism Truenumbers.it che ha elaborato i dati sulla base dei bilanci aziendali riferiti al 2019.
Secondo questi dati è l’ospedale San Raffaele di Milano (inaugurato nel 1971, nel 2012, poco dopo la morte del suo fondatore, don Verzè, è stato acquisito dal Gruppo San Donato), quello con il fatturato maggiore: 587 milioni e 323 mila euro.
Subito dopo viene, con 487 milioni e 669 mila euro, l’Humanitas Mirasole Spa. Si tratta del gruppo che fa capo a Gianfelice Rocca, che nel 1996 fonda l’ospedale Humanitas di Rozzano.
La centralità della Lombardia nell’ambito degli ospedali privati in Italia è evidente anche dalla quarta posizione in questa classifica degli Istituti Scientifici Maugeri Spa Sb. Fondati a Pavia, hanno poi aperto altre sedi principalmente nel Nord Italia. Fatturavano, nel 2019, 291 milioni e 181 mila euro.
Altra realtà lombarda, milanese in questo caso, è Multimedica Spa, che segue con entrate di 222 milioni e 871 mila euro.
L’apparente pluralità di soggetti non deve, però, ingannare: è il Gruppo San Donato a dominare la scena della sanità nella Regione Lombardia. Oltre a possedere il San Raffaele, Rotelli, a capo della holding, ha anche la gestione di altri istituti di cura importantissimi, come naturalmente il Policlinico San Donato, il primo fondato dopo l’Istituto Città di Pavia, o l’Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano, che da solo è ottavo con 199 milioni e 26 mila euro nella classifica dei fatturati.
NEL LAZIO UNA VISITA SU DUE ALLA SANITÀ PRIVATA
Una prestazione su due del servizio sanitario regionale nel Lazio viene svolta dal privato. Un dato che tiene conto di tutte le attività del personale privato e che mostra come la sanità sia sempre meno pubblica. Gli ultimi dati disponibili, forniti dal Mef, risalgono al 2021 e mostrano come il Lazio sia la Regione che in termini di spesa per le prestazioni fornite dal privato sia la prima in Italia: ben il 29,7%. Una percentuale in costante crescita e contro una media in Italia del 20%.
Come spiega Natale Di Cola, segretario generale della Cgil Roma e Lazio, a questo dato vanno aggiunte altre prestazioni e attività, come quelle dei medici di medicina generale, che portano la quota al 50%. L’effetto è che aumenta la spesa per il privato e si riduce “il perimetro pubblico”. E ci sono altri dati a dimostrarlo: i posti letto, rispetto al 2010, sono diminuiti del 7,6% (e prima della pandemia il calo era addirittura del 20%), il personale è il 10% in meno sempre rispetto al 2010, passando da oltre 48mila a poco più di 43mila unità.
Per questo la Cgil chiede 10mila nuove assunzioni e incontrerà il 12 luglio il presidente della Regione, Francesco Rocca, proprio sui temi della salute: e senza risposte sulle assunzioni, sugli investimenti e sul Pnrr il sindacato è pronto a lanciare una mobilitazione regionale a settembre.
Il Pnrr è proprio uno dei temi principali posti da Di Cola, secondo cui il rischio è che per la sanità pubblica nel 2026 arrivi la “beffa finale: le strutture finanziate coi fondi europei non saranno gestite dal pubblico, ma resteranno chiuse perché senza personale o verranno gestite dal privato”.
Sugli investimenti del Pnrr la Cgil chiede garanzie, sottolineando l’importanza delle cure territoriali e sperando in un’inversione di tendenza sulla riduzione del personale, l’aumento della precarietà e la crescita dei posti letto nel privato. Rocca – spiega Di Cola – “ha detto che non sa come aprire le strutture” con i fondi europei e il rischio è che decida di rivolgersi ai privati.
“Siamo in una fase terribile, la Regione con i primi interventi di Rocca ha aumentato i posti letto nel privato e ha bloccato le assunzioni: siamo in codice rosso”, denuncia Di Cola. Il Lazio è la “prima Regione in Italia per attività non pubblica”, i cittadini “continuano a pagare i debiti del passato” e c’è persino chi torna a parlare di “un nuovo commissariamento”.
Non c’è nessuna necessità, per il segretario della Cgil, di puntare sul privato: si tratta solamente di una “scelta politica, le assunzioni il Lazio le può fare e i posti letto da aprire ci sono”. In più a rimetterci sono anche i lavoratori: “Nel privato le aziende fanno profitti e il personale ha condizioni peggiori, un infermiere nel privato guadagna il 30% in meno che nel pubblico”.
IN CAMPANIA L’85% DELLE PRESTAZIONI IN REGIME DI CONVENZIONE
In Campania l’85% delle prestazioni sanitarie pubbliche sono erogate da strutture private convenzionate. Il tetto di spesa mensile, però, si esaurisce nella prima settimana. Il risultato è davanti agli occhi di tutti: liste di attesa fino a 12 mesi per un esame o una visita specialistica.
Per le strutture private e il sistema intramoenia diventa uno schema win-win: i fondi “di struttura” pubblici e le visite a pagamento se vuoi farti curare o devi fare un esame.
Anche in questa regione Federconsumatori ha lanciato la campagna nazionale “Stop liste di attesa” e denuncia “dati disomogenei e poco trasparenti”: “dentro queste opacità si annidano disservizi e fenomeni distorsivi che orientano la domanda di salute verso servizi privati o prestazioni in regime intramurario che la regione Campania ha già segnalato alle aziende sanitarie”.
Ad alzare la voce è anche Cittadinanzattiva Campania: “Come associazione siamo a favore di una sanità pubblica – dichiara il segretario Lorenzo Latella – e in Campania c’è una sperequazione del ruolo del privato accreditato perché con i dieci anni di commissariamento era impossibile svolgere quelle prestazioni pubbliche che sono stati delegate al privato accreditato. Non è possibile mantenere in piedi un sistema dove un soggetto privato che, anche se svolge una funzione pubblica, deve garantire la tenuta dell’intero sistema. La Regione fa bene a ridimensionare l’apporto dei privati ma lo fa in malo modo perché non ha curato una transizione per la riappropriazione delle prestazioni nel pubblico. Poi la gestione dei tetti del budget provoca una situazione di stallo per le prestazioni e il conseguente aumento delle liste di attesa”.
Di fatto per risolvere in tempi brevi i tempi di attesa bisogna aumentare i tetti di spesa mensili per le strutture private. All’interno del consiglio regionale il Movimento 5 Stelle ha prodotto un dossier dove si punta il dito contro le tre delibere della Giunta regionale 599/2021, 209/2022 e 210/2022 che “hanno determinato un peggioramento dell’accessibilità a prestazioni diagnostiche essenziali di cui alle nomenclature LEA”.
Secondo il consigliere 5 Stelle Gennaro Saiello “costringere i cittadini in difficoltà a ricorrere ai centri convenzionati privati è inaccettabile. Se il servizio sanitario regionale in Campania è allo stremo, l’unico responsabile è il governatore, che ha adottato una politica di sistematico smantellamento della sanità pubblica in favore di quella privata.
Le prestazioni fornite dal privato convenzionato sono attualmente circa l’85% del totale. Uno squilibrio che denunciamo da tempo e che andrebbe riequilibrato con assoluta urgenza”. E poi aggiunge: “Altra grave emergenza riguarda i medici di base. Lo studio Agenas ha evidenziato che la nostra regione tra il 2019 ed il 2021 ha perso 396 medici di famiglia”.
(da La Notizia)
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Luglio 8th, 2023 Riccardo Fucile
A QUEL PUNTO IL REATO SI AGGRAVEREBBE PERCHÉ DIVENTEREBBE “DI GRUPPO” SU UNA DONNA IN STATO DI INCOSCIENZA
Leonardo Apache La Russa, figlio 19enne del presidente del Senato, Ignazio La Russa, è stato iscritto nel registro degli indagati della Procura di Milano per violenza sessuale. È la conseguenza diretta della denuncia con la quale una 22enne lo accusa di averla costretta ad avere un rapporto sessuale con lui mentre lei era incosciente, forse perché aveva ingerito una sostanza stupefacente durante una serata in una discoteca esclusiva del centro del capoluogo lombardo.
L’inchiesta, affidata al sostituto procuratore della Repubblica Rosaria Stagnaro e diretta dal procuratore aggiunto Letizia Mannella, deve mettere a fuoco parecchi elementi del racconto che la giovane ha affidato alla querela depositata il 29 giugno dall’avvocato Stefano Benvenuto.
Ad indagare saranno gli uomini della squadra mobile della Questura che acquisiranno le immagini delle telecamere di sorveglianza all’interno e all’esterno del club discoteca a due passi da Piazza Fontana dove i due si sono incontrati intorno alla mezzanotte del 18 maggio e dove la ragazza era arrivata con un’amica dopo aver assunto due dosi di cocaina, come ha detto lei stessa.
«Mentre ballavamo mi ero accorta della presenza di un mio compagno di scuola di liceo, Leonardo La Russa, figlio di Ignazio La Russa. Ci salutammo e da quel momento non ricordo più nulla», solo di aver bevuto due drink. L’amica le ha poi raccontato di averla vista «euforica» con Leonardo che avrebbe anche baciato e con il quale sarebbe «sparita».
La giovane riferisce di essersi risvegliata il giorno dopo a casa di La Russa senza ricordare nulla, nuda a letto con il 19enne che le disse che aveva avuto un rapporto sessuale «sotto effetto di sostanze stupefacenti» sia con lui che con un suo amico, il dj della serata che era stata organizzata in discoteca da Leonardo, mentre lei era incosciente.
La conferma alla prima parte del racconto sarà cercata nelle immagini delle telecamere dentro e fuori della discoteca per capire se la ragazza avesse perso il controllo prima o dopo che Leonardo le offrisse da bere e chi possa avere «drogato» il contenuto dei drink.
La ragazza, Leonardo e il dj sarebbero andati a casa La Russa in auto. I carabinieri della vigilanza fissa che stazionano di fronte al condominio della famiglia del presidente del Senato potrebbero essere chiamati a testimoniare, così come lo stesso La Russa che la giovane ha detto di aver visto: «Si affacciò alla camera vedendomi nel letto. Se ne andò via».
Ignazio La Russa ieri non solo lo ha confermato con un comunicato, ma ha aggiunto che in quel frangente c’era anche la moglie, particolare che in effetti la ragazza aveva già riferito ai magistrati: «Sentii anche la voce di una donna, penso la madre di Leonardo».
Anche se nella querela è presente il nome di battesimo del dj, gli investigatori non lo hanno ancora identificato. Se fosse anche lui accusato di violenza sessuale, a quel punto il reato si aggraverebbe perché diventerebbe «di gruppo» su una donna in stato di incoscienza.
(da il Corriere della Sera)
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Luglio 8th, 2023 Riccardo Fucile
RYYAN ALSHEBL, 29 ANNI, HA GIURATO COME PRIMO CITTADINO DI OSTELSHEIM
Nel settembre 2015 era scappato dalla Siria in fiamme, arrivando in Germania dalla rotta balcanica.
Fu uno degli oltre 1 milione di rifugiati, ai quali Angela Merkel aprì le frontiere tedesche con la celebre frase «ce la faremo». E così Ryyan Alshebl, rifugiato siriano di 29 anni, è diventato borgomastro di Ostelsheim, piccolo comune di 2.500 abitanti nel Land del Baden-Wirttemberg.
Alshebl è un militante dei Verdi ed è stato eletto alla guida di una lista civica con il 55,4% dei voti, sconfiggendo gli altri due candidati indipendenti in lizza, Marco Strauss e Mathias Fey.
«Sensazionale», ha definito il risultato il giovane sindaco. «La mia elezione è un esempio di apertura mentale e cosmopolitismo per l’intera Germania». Alshebl, che nel frattempo ha trovato lavoro nell’amministrazione di Althengstett, un comune della regione, dove si occupa di servizi digitali, ha impostato la sua campagna elettorale proprio sulla digitalizzazione e sulla semplificazione dell’accesso dei cittadini.
Ryyan Alshebl ha così fatto la storia per aver giurato ufficialmente come sindaco di Ostelsheim nel corso di una cerimonia solenne in municipio. Lo riporta la Dpa ricordando che Alshebl è fuggito dalla Siria otto anni fa. Lo scorso aprile era stato eletto con una maggioranza assoluta del 55,41 per cento. La «Rete dei giovani sindaci» ha affermato di non essere a conoscenza di nessun altro rifugiato arrivato in Germania nel 2015 che sia ora sindaco di un comune tedesco. Secondo l’Associazione municipale del Baden-Württemberg, non c’è stato nessun altro candidato con radici siriane per la posizione di sindaco nello stato tedesco sud-occidentale.
(da agenzie)
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Luglio 8th, 2023 Riccardo Fucile
C’E’ ANCORA UNA GIOVENTU’ CHE SA RICONOSCERE MERITI E VALORI
Dopo quarant’anni di servizi passati a insegnare a scuola, l’addio del professore diventa un momento da incorniciare, di quelli che fanno il giro del web e rimangono per sempre nei ricordi di chi li ha vissuti.
E’ quello che succede al D’Azeglio, il liceo classico di Torino, una delle scuole più note del territorio, famosa per il suo rigore ma anche per le sue iniziative all’avanguardia.
Qui Enzo Novara, professore di filosofia, è andato in pensione pochi giorni fa, dopo quattro decenni di insegnamento. E tutta la popolazione scolastica, dai ragazzi ai colleghi, passando per il personale tecnico e amministrativo, si fa trovare nel corridoio, diviso in due ali, per regalare a Novara la sua “Walk of fame”, un’uscita di scena accompagnata dagli applausi scroscianti.
Una scena che non è passata inosservata, soprattutto in un momento come quello attuale, dove la scuola è sotto pressione dalle famiglie, che spesso contestano le modalità di insegnamento dei professori.
Il professore ha raccontato l’emozione provata, ma anche il lungo percorso che lo ha portato a quel momento che chiunque lasci un posto di lavoro si sogna.
«La verità è che si può essere molto felici di essere un insegnante. I ragazzi sono cambiati perché è cambiato il mondo, sono cambiati i contesti e soprattutto sono cambiati gli adulti – racconta il professore nel podcast di Mario Calabresi – Però sono convinto che alcune cose di fondo siano sempre le stesse: i ragazzi hanno innanzitutto una grande passione per le idee e bisogna aiutarli a portarla alla luce, svegliare le loro coscienze. L’insegnante non è che debba essere oggetto di fede. Ma di fiducia forse sì! L’errore è fondamentale, eppure viene sempre meno accettato. Invece è formativo, anche nella vita non è che impari quando le cose vanno tutte bene, ma quando sbagli o fallisci».
Momento inaspettato
Novara parla anche del momento che gli è stato tributato per il suo addio alla scuola e all’insegnamento. E, racconta, non si sarebbe mai aspettato un momento del genere: «No, è stato al di là di ogni mia aspettativa, è stato un evento sorprendente – prosegue – Mi attendevo un semplice saluto, specialmente alla fine dell’anno, ma il modo in cui è avvenuto è stato davvero meraviglioso e emozionante. Certamente, durante questo lungo periodo di lavoro ci sono stati momenti difficili. Si verificano situazioni che nemmeno puoi immaginare. Tuttavia, devo dire che mi sono sentito davvero bene con i ragazzi. Non c’era motivo di non sorridere, di non dare loro il massimo. Li ho ascoltati e sentiti. Potrebbe sembrare strano considerando l’impegno richiesto, ma posso affermare sinceramente che mi sono davvero divertito».
(da La Stampa)
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