Ottobre 4th, 2023 Riccardo Fucile
IL PARLAMENTO DOVRA’ VOTARLO… NELLO SCORSO APRILE LA MAGGIORANZA PER UN PROVVEDIMENTO SIMILE ANDO’ SOTTO
Il governo ha reso pubblica la Nadef in vista della manovra finanziaria e nel documento presentato dal ministro dell’Economia Giorgetti ci sono alcuni aspetti fin qui non emersi in maniera chiara, l’ammontare dello sforamento di bilancio e la durata della misura relativa al taglio del cuneo fiscale.
Sull’ultimo punto non arrivano buone notizie, il provvedimento in favore dei lavoratori dipendenti che è stato temporaneo nel 2023 lo sarà pure l’anno prossimo (nel 2025 infatti non è previsto e quindi non sarà strutturale).
Ammonta invece a 38,5 miliardi di euro fra il 2023 e il 2025 lo scostamento di bilancio su cui Meloni e Giorgetti chiederanno il voto del Parlamento. Lo si deduce dalla relazione specifica allegata alla Nadef inviata in Senato e pubblicata martedì 3 ottobre 2023.
La richiesta riguarda 23,5 miliardi di manovra pura (3,2 nel 2023, 15,7 nel 2024 e 4,6 nel 2025), ma anche ulteriori 15 miliardi di euro di scostamento di bilancio sul 2023 per il maggiore tiraggio “delle agevolazioni per i bonus edilizi”.
I 15 miliardi in più sui bonus edilizi nel 2023 sono anche la conseguenza della recente decisione di Eurostat che ha consentito all’Italia di spesare quasi tutti i crediti di imposta in circolazione per quel motivo sull’anno 2023, lasciando solo una finestra sul 2024.
Lo scostamento di bilancio dovrà essere approvato dalla maggioranza assoluta dei componenti sia della Camera che del Senato. A fine aprile lo scostamento allegato al Def richiesto proprio per finanziare il taglio del cuneo fiscale e contributivo dal mese di luglio non raggiunse per 6 voti alla Camera la maggioranza richiesta per le troppe assenze nelle fila dei tre partiti di governo. Questa volta Meloni non potrà permettersi nessuna assenza dei suoi, il governo su questa misura rischia grosso.
(da Affaritaliani)
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Ottobre 4th, 2023 Riccardo Fucile
ELLY SCHLEIN ESULTA: “SENTENZA STORICA”
In attesa che le riflessioni della politica facciano il loro corso – al momento il governo ha messo il tema in standby sottoponendolo all’analisi del Cnel – a indicare la via per l’Italia sul tema del salario minimo è la Cassazione.
Nella settimana del nuovo duro scontro tra governo e magistratura sul tema dei migranti, arriva una nuova sentenza destinata a far discutere, e molto.
Accogliendo il ricorso di un lavoratore della vigilanza privata di Torino, l’alta Corte ha stabilito che i contratti collettivi nazionali di lavoro, nonostante la libertà negoziale, non possono prevedere minimi salariali che non siano «proporzionati alla quantità e qualità del lavoro e sufficienti ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa» così come prevede la Costituzione all’articolo 36.
È necessario invece, sottolinea la Cassazione, fissare una cifra che risulti adeguata a tali necessità di base: un «salario minimo costituzionale» in grado di garantire «una vita libera e dignitosa e non solo non povera». Basta, quindi, a quei contratti che condannano i dipendenti italiani alla «povertà nonostante il lavoro». Via libera invece alla fissazione di un salario minimo nazionale, spronano i giudici.
L’esultanza delle opposizioni
Ma come andrà calcolato – è la domanda cruciale – tale importo? Tenendo conto, risponde la Cassazione, dei contratti collettivi di settori affini a quello in esame, ma anche della soglia di povertà calcolata dall’Istat come limite minimo inderogabile.
La contrattazione collettiva “standard”, insomma, non è sufficiente a garantire un salario degno a tutti i lavoratori.
Una sentenza quella della Cassazione subito salutata come una svolta dalle opposizioni, che nei mesi scorsi hanno presentato una proposta congiunta in Parlamento e poi una petizione online a sostegno dell’introduzione del salario minimo.
«Arriva dalla Cassazione, con una sentenza storica, una indicazione che conferma la necessità e l’urgenza di stabilire un salario minimo secondo i principi stabiliti dalla Costituzione», esulta la segretaria del Pd Elly Schlein, che sottolinea come «la contrattazione collettiva, specie in alcuni settori, va sostenuta, affinché sia sempre garantito a chi deve lavorare per vivere il diritto a un’esistenza dignitosa». Per la leader dem, «il governo su questo tema continua invece a fare il gioco delle tre carte, incurante delle condizioni reali di tante lavoratrici e lavoratori in questo Paese. Il lavoro povero esiste e lo vivono sulla propria pelle milioni di persone. Noi saremo al loro fianco ogni giorno finché non otterremo un salario giusto e dignitoso».
Più pacata ma comunque positiva la reazione di Carlo Calenda: «Con la sentenza che conferma la necessità di un salario minimo legale, la Cassazione è arrivata dove invece fino a ora il Governo ha temporeggiato. Una decisione importante, che semplicemente riafferma quanto da tempo denunciamo sul lavoro povero», ha scritto in una nota il leader di Azione, per poi spronare il Parlamento: «Basta ritardi: dimostriamo che anche la politica sa riconoscere che il diritto a uno stipendio dignitoso è garantito da Costituzione».
L’iter della causa finita in Cassazione
Il sorvegliante della vigilanza privata è dipendente di una cooperativa messa dallo scorso 19 giugno sotto controllo giudiziario dal gip di Milano.
L’uomo aveva fatto ricorso al Tribunale di Torino, lamentando la retribuzione troppo bassa e chiedendo che fosse accertato il suo diritto a percepire un trattamento retributivo di base non inferiore a quello del Ccnl dei dipendenti dei proprietari di fabbricati, ossia i portieri. In primo grado, il giudice aveva accolto la richiesta di Angelo M. e condannato la società cooperativa ‘Servizi fiduciari’ – ex ‘Sicuritalia servizi fiduciari’ – a pagargli oltre venti anni di differenze retributive. Poi però, la Corte di appello di Torino con sentenza del luglio 2022, aveva fatto marcia indietro affermando che «vanno esclusi dalla valutazione di conformità all’art. 36 della Costituzione quei rapporti di lavoro che sono regolati dai contratti collettivi propri del settore di operatività e sono siglati da organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale».
Tesi questa demolita oggi dalla Cassazione, che fa presente come in materia di adeguatezza dei salari non si può non tenere conto, ad esempio, della Direttiva Ue 2022/2041 che ha come primo obiettivo dichiarato quello della «convergenza sociale verso l’alto dei salari minimi», considerato che questi contribuiscono a sostenere la domanda interna. Per questo i livelli minimi devono essere adeguati per conseguire «condizioni di vita e di lavoro dignitose», stabilisce la direttiva, in un principio cardine ripreso oggi dai giudici dell’alta Corte di Roma.
Il ruolo della magistratura nel fissare il salario minimo
La Cassazione sottolinea infine nella sentenza che «nessuna tipologia contrattuale può ritenersi sottratta alla verifica giudiziale di conformità ai requisiti sostanziali stabiliti dalla Costituzione che hanno ovviamente un valore gerarchicamente sovraordinato nell’ordinamento». Tra gli strumenti per effettuare la verifica, i giudici citano il paniere Istat, l’importo della Naspi o della Cig, la soglia di reddito per l’accesso alla pensione di inabilità e l’importo del reddito di cittadinanza, avvertendo però che sono tutte forme di sostegno al reddito che garantiscono una «mera sopravvivenza» ma non sono «idonei a sostenere il giudizio di sufficienza e proporzionalità della retribuzione» nel senso indicato dalla Costituzione e dalla Ue. Adesso la Corte di Appello dovrà adeguarsi in giudizio a questi principi fissati dalla Cassazione.
(da Open)
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Ottobre 4th, 2023 Riccardo Fucile
ASSOCIAZIONI FURIOSE: “CI TENGONO ALL’OSCURO, DOVEVAMO PARTECIPARE ALL’AUTOPSIA, DENUNCIAMO TUTTI”… NESSUNA RISPOSTA DELLA PROVINCIA SUL DIRITTO DELLE ASSOCIAZIONI A NOMINARE UN PERITO DI PARTE
“A oggi non siamo stati informati né della possibilità o meno di essere presenti con un nostro perito di parte, né abbiamo notizia se l’autopsia sia stata fatta o meno”: a parlare sono Oipa e Leal, con riferimento all’autopsia dell’orsa F36, puntando il mirino contro la Provincia di Trento e l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie.
Le due associazioni animaliste spiegano che la richiesta di partecipare all’autopsia con un proprio consulente di parte, la dottoressa Cristina Marchetti, medico veterinario, anatomopatologa ed esperta in materia, è stata inviata lo scorso 28 settembre, senza ricevere alcuna risposta .
Accesso agli atti
Lunedì 2 ottobre, l’ufficio legale di Oipa ha fatto una richiesta di accesso agli atti per conoscere i dettagli della morte di F36. Sulla base dei documenti che saranno forniti, l’associazione valuterà se procedere con una denuncia per uccisione di animale ai sensi dell’articolo 544 bis del Codice penale.
“Vogliamo chiarezza e vogliamo essere presenti all’esame autoptico dell’orsa. Finora non siamo stati informati né della possibilità o meno di essere presenti con un nostro perito di parte, né abbiamo notizia se l’autopsia sia stata fatta o meno. Attendiamo una risposta dalla Provincia e dall’Istituto sperando che si aprano alla corretta condivisione di atti e operazioni con noi, che rappresentiamo l’interesse della fauna e di chi la ama” concludono Leal e Oipa.
(da agenzie)
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Ottobre 4th, 2023 Riccardo Fucile
“FONDI PER REALIZZARE GLI INTERVENTI TAGLIATI DAL RECOVERY NON SONO SUFFICIENTI”
Le rassicurazioni sull’utilizzo dei fondi strutturali per realizzare gli interventi eliminati dal Pnrr e le misure contenute nel dl Sud “non appaiono sufficienti a scongiurare il rischio di un definanziamento e di un blocco delle procedure da parte degli enti locali. Al momento, infatti, non sono accompagnate da indicazioni puntuali sulle risorse effettivamente disponibili e sulle modalità di utilizzo per la copertura degli interventi definanziati”.
Lo afferma l’Ance nel corso dell’audizione parlamentare sul dl Sud. “Dagli ultimi dati di monitoraggio del sistema ReGis, – ha sottolineato la presidente Federica Brancaccio – circa 42.000 progetti di interesse per le costruzioni, che erano già stati selezionati, per un investimento complessivo di circa 12 miliardi di euro, rischiano di essere definanziati”. “Circa la metà (il 47%, pari a 5,5 miliardi di euro) dei progetti che rischiano di essere definanziati nell’ambito della riprogrammazione Pnrr riguarda il Mezzogiorno mentre il 34% è ubicato nel Nord (4 miliardi di euro) e il 19% nel Centro (2,2 miliardi)”, ha aggiunto Brancaccio. Secondo i costruttori “occorre garantire, fin da subito, la continuità non solo dei cantieri in corso, ma anche di tutte quelle iniziative che gli enti hanno avviato e rispetto alle quali hanno assunto specifici impegni di spesa, specificando in modo chiaro le coperture e le tempistiche del loro reperimento”.
(da Huffingtonpost)
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Ottobre 4th, 2023 Riccardo Fucile
TRA LE VITTIME ANCHE UN TEDESCO, UN FRANCESE. UN CROATO E CINQUE UCRAINI… DIVERSI NON ANCORA IDENTIFICATI
Due bambini e una ragazza minorenne sono tra i 21 morti dell’incidente del pullman di Mestre. Lo fa sapere l’agenzia di stampa Ansa, che ha parlato con il coordinatore del Suem 118 Veneto Paolo Rosi.
I due bambini erano un neonato di pochi mesi e un 12enne. Non ci sono stati nuovi decessi nella notte tra i 15 feriti portati negli ospedali della regione. Quattro di essi, in terapia intensiva, non sono ancora stati identificati. Tra le 21 vittime, sono 7 quelle che hanno già un nome certo. Oltre a queste c’è una donna austriaca che si ritiene sia la mamma di due bambine, di 13 e 3 anni, ricoverate a Treviso, in condizioni non gravi. E che sarebbero state salvate da due operai della Fincantieri.
I morti e i feriti
I quattro feriti più gravi nell’incidente del pullman precipitato ieri sera sarebbero tutte persone maggiorenni, tra i 20 e i 30 anni. Secondo quanto si apprende, tre sono ricoverate in Rianimazione all’ospedale dell’Angelo di Mestre e uno a Dolo.
L’Ucraina ha intanto fatto sapere che cinque suoi cittadini sono morti e tre sono rimasti feriti. Tra le vittime ci sono un tedesco, un francese, un croato e un italiano, ovvero l’autista Alberto Rizzotto. Il bus è stato portato via dai vigili del fuoco durante le prime ore del mattino. Ora si trova nell’ex mercato ortofrutticolo in via Torino. Da quanto apprende l’Adnkronos, il mezzo viene monitorato «ogni quattro ore circa» poiché «trattandosi di un bus elettrico», quindi dotato di particolari batterie, «potrebbe ripartire l’incendio» divampato ieri sera subito dopo l’impatto.
I ricoverati a Treviso
Tra i ricoverati all’ospedale di Treviso, ci sono quattro adulti e due fratellini tedeschi di 7 e 13 anni. Questi ultimi hanno entrambi riportato fratture del femore e traumi lombari, sono stati operati durante la notte e adesso sono giudicati fuori pericolo. Sono supportati dal servizio psicologico data la perdita di entrambi i genitori. Tra gli adulti trasportati c’è una donna spagnola con ustioni sul 60% del corpo, trasferita in seguito al centro specializzato di Padova. Gli altri sono ancora due spagnoli ed un ucraino, tutti con fratture costali e vertebrali; si trovano nel reparto di terapia intensiva, in prognosi riservata. Le persone ricoverate in terapia intensiva sono in totale otto. Di questi, due versano in condizioni critiche.
Il presidente della Regione Veneto Luca Zaia ha detto che tra i feriti ci sono anche due bambini di 3-4 anni, un ragazzino di 12-13 anni e ci sono due fratellini. «Abbiamo utilizzato 5 ospedali; Treviso – spiega il presidente – ha svuotato il pronto soccorso per accogliere i feriti, mentre l’ospedale centrale di Mestre si p occupato in prima linea del soccorso. Dolo, Mirano e Padova hanno pazienti politraumatizzati».
Tra le nazionalità coinvolte ci sono ucraini, spagnoli, croati e francesi. «Le salme sono all’obitorio di Mestre, e come sanità abbiamo organizzato un’accoglienza per i parenti, attivando anche un supporto psicologico. Affrontiamo anche la sfida della diversità linguistica, data la provenienza di molte nazioni coinvolte», ha detto a Rtl 102.5.
(da Open)
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Ottobre 4th, 2023 Riccardo Fucile
I DUE OPERAI LAVORANO ALLA FINCANTIERI, UNO E’ UN GIOVANE DEL GAMBIA
Due operai della Fincantieri hanno soccorso i turisti del pullman precipitato dal cavalcavia di Mestre. Uno dei due, il cittadino gambiano Boubacar Toure, ha raccontato a Il Gazzettino di aver aiutato i vigili del fuoco a portar via quattro persone tra cui una bambina. Il 27enne li ha affidati ai sanitari del 118. «Oltre a loro sono riuscito a portar fuori anche un cagnolino» ha detto il giovane.
La fabbrica di Fincantieri dista qualche centinaio di metri dal luogo dell’incidente. I due operai, terminato il turno hanno visto quasi in diretta la scena dello schianto, sulla quale c’è un video che racconta la dinamica. Subito sono corsi verso il pullman che si era incendiato, per cercare di dare un aiuto.
Il mezzo
«Ho visto l’autista, nella cabina del pullman, ma era già morto», ha raccontato Boubacar. «Il vigile del fuoco allora mi ha detto che dovevamo pensare ai vivi, ai feriti, così l’ho aiutato ad estrarre quelle persone, per portarle all’esterno».
Il mezzo, un bus elettrico modello Yutong E12, verrà portato via dal luogo dell’incidente quando si sarà raffreddato. Lo ha riferito nella notte ai giornalisti il comandante provinciale dei vigili del fuoco di Venezia, Mauro Luongo. «Abbiamo alzato poco fa il mezzo per essere sicuri che non vi fossero altri corpi sotto la vettura, e non c’erano. A complicare la situazione è stato il fatto che si trattava di un bus elettrico, e che quindi le batterie hanno preso fuoco subito dopo l’impatto», ha detto Luongo. Il bilancio ufficiale si è fermato a 21 morti e 15 feriti.
Le tracce di frenata
Secondo le cronache dal pullman, che i testimoni descrivono come «completamente accartocciato su sé stesso», sarebbero stati tirati fuori tre piccoli e non due, come sembrava in un primo tempo. Tra loro una bimba di 4 anni molto grave. In tarda serata il comandante della polizia municipale di Venezia Marco Agostini, ha confermato l’ipotesi del malore del conducente rivelando che i rilievi compiuti non evidenziano tracce di frenata. Un altro testimone, Leonardo, fornisce il suo racconto a La Stampa: «Ho sentito una forte frenata, pensavo che fosse un treno. Poi il rumore dell’impatto, un tonfo. Mi sono allarmato e affacciandomi ho visto il fumo e sentito persone chiedere aiuto».
Il silenzio tombale
Lui è stato uno dei primi ad accorrere, era in un locale non molto distante dalla zona, senza case e palazzi, del cavalcavia. «Mentre stavo raggiungendo l’autobus, le urla si sono trasformate in un silenzio tombale raccapricciante, che mi ha gelato il sangue. Volevo aiutare ma sono stato bloccato da un mio amico e da una poliziotta, perché l’autobus era ancora in fiamme e a rischio di esplosione. Sono rimasto lì fino all’arrivo dei soccorsi, che sono arrivati dopo una ventina di minuti».
(da Open)
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Ottobre 4th, 2023 Riccardo Fucile
IL TITOLARE DELLA DITTA DI TRASPORTI: “L’AUTOBUS QUASI FERMO, IL GUARD RAIL E’ TROPPO FINO”
C’è un video che mostra l’incidente del bus di Mestre. E le immagini immortalano una manovra definita «strana» nella sua dinamica. Le telecamere lo registrano mentre si trova sulla parte destra della carreggiata del cavalcavia della Vempa.
Chi lo ha visto dice che l’autobus elettrico della ditta La Linea effettua una manovra «eccessiva» o «impropria». La stessa impressione l’ha fornita un testimone che era alla guida di un’auto dietro al bus. Mentre i vigili del fuoco ieri sera stavano ancora cercando di estrarre la scheda video del mezzo. L’autista si chiamava Alberto Rizzotto, era di Treviso e aveva 40 anni. È deceduto nell’incidente. Massimo Fiorese, amministratore delegato dell’azienda, ha detto che Rizzotto aveva preso servizio poco prima dello schianto. La corsa era stata prenotata da 16 persone. La procura ha acquisito le due scatole nere del bus.
L’autista Alberto Rizzotto
Secondo Fiorese, che ha parlato con il Corriere della Sera, l’autobus elettrico precipitato alle 19,39 dal tratto sopraelevato della bretella che collega Mestre a Marghera e all’autostrada A4 aveva un anno di vita. «Ha preso le persone da piazzale Roma e le stava riportando in campeggio, a Marghera, in quello che una volta si chiamava Jolly. Avevano prenotato la corsa in 16, ma evidentemente sfortuna ha voluto che sia salito anche qualcuno che non aveva prenotato e quando ha visto l’autobus arrivare, bello grande, con tanti posti, è montato lo stesso», dice.
Poi parla del filmato dell’incidente: «Il bus è quasi fermo quando sfonda il guardrail. Penso che l’autista abbia avuto un malore, perché altrimenti non me lo spiego. Nel video si vede che il bus è quasi fermo, il guardrail è fino, non è di quelli più moderni e più strutturati, e l’autobus pesava tanto perché era di quelli elettrici. L’impatto è stato fatale».
Le ipotesi sull’incidente
L’ipotesi del malore del conducente è per ora quella più probabile. Si parla anche di un audio diffuso via Whatsapp nella zona tra Venezia e Mestre in cui la voce di una donna dice di sapere chi era l’autista e dove lavorava. Poi parla di testimoni che avrebbero visto il bus prendere fuoco «nella rampa di salita del cavalcavia». E il conducente non poteva fermarsi «perché era stretto tra le altre auto in coda».
Nessun elemento ad ora accredita questa ricostruzione e la relativa dinamica. Secondo i rilievi sull’asfalto non ci sono segni di frenata. Le vittime erano dirette a una struttura ricettiva della zona, il campeggio «Hu» di Marghera. Quattro giovani tedeschi si sono salvati per un caso: «Ci siamo attardati. Dovevamo prendere l’autobus successivo. Ma non arrivava. Poi abbiamo saputo…». Il campeggio pubblicizza un servizio navetta per arrivare a Venezia in 15 minuti.
Il bus elettrico
La procura di Venezia ha aperto un’inchiesta sull’incidente. Sul luogo del disastro è giunto il procuratore capo Bruno Chierchi. Il bilancio ufficiale dell’incidente è di 21 vittime e 15 feriti, 5 dei quali in gravi condizioni. Lo ha comunicato dopo mezzanotte il prefetto di Venezia, Michele Di Bari, dopo aver ricevuto le ultime informazioni dai dirigenti sanitari. Il comandante provinciale dei vigili del fuoco di Venezia, Mauro Luongo ha spiegato che «Abbiamo alzato poco fa il mezzo per essere sicuri che non vi fossero altri corpi sotto la vettura, e non c’erano. A complicare la situazione è stato il fatto che si trattava di un bus elettrico, e che quindi le batterie hanno preso fuoco subito dopo l’impatto». Nella notte è stata riattivata la linea ferroviaria tra Mestre e Venezia. È invece interrotta la viabilità carrabile sulla Rampa Rizzardi in direzione di Marghera.
La dinamica
Della dinamica dell’incidente ha parlato anche il comandante della polizia locale di Venezia Marco Agostini: «Se si fosse trattato di un colpo di sonno probabilmente, sterzando verso sinistra, il conducente sarebbe riuscito a rimettere in carreggiata il mezzo». Secondo Repubblica Rizzotto lavorava anche per la Martini Bus Srl. L’autista aveva un’esperienza decennale nella guida dei bus. I colleghi lo ricordano come «scrupoloso». Le strisciate sul guardrail invece depongono a favore della tesi che si sia sentito male. «Perché, se ipotizziamo anche un colpo di sonno, dopo aver sbattuto, si sarebbe dovuto riprendere», fanno sapere ancora i vigili. L’autobus, stando ai primi accertamenti, era stato affittato dalla società Linea poco più di un anno fa e contava meno di 40 mila chilometri. I colleghi definiscono Alberto Rizzotto un autista esperto che svolgeva l’attività da 7 anni. Era originario di Conegliano ma residente a Tezze sul Brenta. Gli altri autisti spiegano Rizzotto era dipendente della “Martini Bus”, che aveva noleggiato il mezzo alla società “La Linea” con la quale aveva un contratto per il trasporto dei turisti a Venezia. Nella relazione annuale 2022 della prevenzione della corruzione di “Martini Bus” c’è effettivamente scritto che La Linea aveva noleggiato 20 bus dall’azienda.
«Shuttle to Venice»
Alberto Rizzotto aveva scritto “Shuttle to Venice” (“Navetta per Venezia”) nell’ultimo post su Facebook prima dell’incidente. Il post ha l’ora delle 18.30, un’ora e mezza prima della tragedia. Il messaggio geolocalizzava Alberto Rizzotto, 40 anni, morto con i 20 passeggeri, allo ‘Hu Camping’ di Marghera. Nelle ore successive, diffusasi la notizia dell’incidente, sotto al post erano comparsi i messaggi sempre più preoccupati degli amici.
Intanto sono stati rimossi nel corso della notte i resti del pullman precipitato ieri sera da un cavalcavia a Mestre. Il mezzo è stato sollevato dopo ore di lavoro ininterrotto dalle squadre dei vigili del fuoco con il supporto di due gru e poi posto su un pianale per essere portato in un deposito. Le operazioni di sollevamento e recupero del mezzo erano iniziate poco prima delle 3 del mattino e si sono concluse alle 5.30. Il pullman è stato trasportato con l’ausilio delle autogru su un autoarticolato dei vigili del fuoco.
Una tragedia di giovani
Da quanto risulta aveva preso servizio 90 minuti prima, un dettaglio che sembrerebbe escludere l’ipotesi di un colpo di sonno. Altre verifiche riguarderanno invece la tenuta del guardrail e la capacità di contenimento dei mezzi della barriera di un cavalcavia costruito circa 70 anni fa in un uno dei luoghi più delicati della strada.
Visto che lambisce i binari della stazione ferroviaria. La targa del bus è GK-568RZ. Il modello dovrebbe essere uno Yutong E12 elettrico. Uno dei capi soccorritori che si trova ancora sul luogo ha detto all’agenzia di stampa Ansa che si è trattato di una tragedia di giovani. «L’impressione visiva, dopo la rimozione delle salme, è che ci troviamo di fronte ad una tragedia di giovani, se non giovanissimi, salvo qualche adulto», ha fatto sapere. E ancora: «Respiriamo una situazione surreale, non ho mai visto tante persone pronte a dare una mano». Sul posto si è recata una sessantina di mezzi dei vigili del fuoco e 20 automezzi. Molti dei pompieri non hanno voluto riposare alla fine del turno e hanno chiesto di continuare a lavorare.
(da Open)
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