Ottobre 18th, 2024 Riccardo Fucile
RACHELE SCARPA (PD): “RESTO QUI FINO A CHE NON LI VEDRO’ IMBARCARE PER L’ITALIA E SARA’ POSTA FINE A UN ATTO ILLEGALE”…. M5S: “UNA TRUFFA, MELONI CHIEDA SCUSA PER AVER RAGGIRATO GLI ITALIANI”
I migranti arrivati mercoledì mattina in Albania devono tornare tutti in Italia. La sezione immigrazione del tribunale civile di Roma non ha convalidato il provvedimento di trattenimento emesso dalla questura di Roma il 17 ottobre scorso . «I due Paesi da cui provengono i migranti, Bangladesh ed Egitto, non sono sicuri, anche alla luce della sentenza della Corte di giustizia», è quello che afferma in sintesi uno dei giudici della sezione immigrazione del tribunale di Roma, nella sua ordinanza. Per i giudici lo stato di libertà potrà essere riacquisito solo in Italia e per questo dovranno essere riaccompagnati in Italia.
Confermati quindi i dubbi espressi da tempo sull’operazione Albania e su come si sarebbe espresso il tribunale civile di Roma anche alla luce delle sentenze già emesse su casi analoghi e della sentenza della Corte di Giustizia europea emessa il 4 ottobre scorso che stabiliva che, per essere considerato sicuro, un Paese deve esserlo in ogni sua parte e per ogni persona, non possono esserci cioè persecuzioni, discriminazioni o torture verso nessuno in nessuna zona di territorio. Egitto e Bangladesh quindi non sono considerati «sicuri».
«Un flop clamoroso per la propaganda elettorale di Giorgia Meloni. La decisione è perfettamente coerente con la sentenza della Corte di giustizia europea, non è una sorpresa, la legge dice questo. Evidentemente quella sentenza non l’aveva letta il Governo che ha provveduto a suon di forzature a mettere su questa operazione di propaganda da centinaia di migliaia di euro», commenta Rachele Scarpa, deputata del Pd, che stamane ha visitato il centro di Gjader dove sono trattenuti i 12 migranti.
«Quasi un miliardo di euro dei contribuenti italiani per costruire due lager e circa 300 mila euro per trasportare 16 migranti in Albania con una nave militare (18mila euro a persona) letteralmente buttati. Complimenti, patrioti. Le italiane e gli italiani hanno pagato di tasca loro la vostra propaganda. Illegittima», scrive su X l’eurodeputato del Pd Alessandro Zan.
«Giorgia Meloni deve chiedere scusa agli italiani, – dichiarano i parlamentari del Movimento 5 Stelle delle Commissioni Politiche Ue di Camera e Senato – a partire da quelli che l’hanno votata, per averli raggirati con una truffa. Perché di questo si tratta: una truffa da centinaia di milioni di euro con cui Meloni, dopo essersi resa conto di non poter attuare il folle blocco navale promesso in campagna elettorale, ha voluto far credere agli italiani di aver trovato il modo di tenere lontani gli immigrati spedendoli oltremare. Una truffa organizzata così male da essere sventata dopo sole 48 ore dalla sua attuazione con l’ordine dei magistrati di liberare e rispedire in Italia i primi dodici migranti trasferiti in Albania, spendendo quasi 300 mila euro solo di gasolio. Un esito inevitabile: i giudici non hanno potuto convalidare il loro fermo amministrativo dovendosi attenere, come ovvio, al diritto europeo che, per sentenza Cedu dello scorso 4 ottobre, non riconosce come sicuri i Paesi così definiti dal governo. Tutta una truffa, tutto falso. Tranne le centinaia di milioni spesi per mettere in piedi questa messa in scena. Cosa farà ora Meloni? Sfiderà la legge continuando a portare in Albania migranti che dopo due giorni dovranno tornare liberi in Italia? Dal blocco navale al ponte navale?».
A questo punto si tratta di capire come e quando saranno riportati in Italia. “Io non mi muovo da qui finché non li porteranno via”, assicura Rachele Scarpa.
(da agenzie)
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Ottobre 18th, 2024 Riccardo Fucile
ASPETTIAMOCI DI TUTTO, CERCHERANNO DI TRATTENERLI CAMBIANDO CAPO DI “ACCUSA”, MA SARA’ UN ALTRO ATTO ILLECITO… LA CORTE DEI CONTI SI MUOVA: IL MILIARDO DI EURO DI QUESTA PUTTANATA DEVONO PAGARLA DI TASCA COLORO CHE L’HANNO VOLUTA NON GLI ITALIANI
Secondo i giudici della sezione immigrazione del tribunale di Roma i dodici migranti portati in Albania devono tornare in Italia. Tutti. I magistrati non hanno convalidato, come era pronosticabile, il trattenimento dei dodici richiedenti asilo provenienti da Egitto e Bangladesh, soccorsi nella notte del 13 ottobre dalla Guardia di finanza nelle acque internazionali della zona Sar italiana e trasferiti a bordo della nave Libra della Marina Militare fino al porto di Shengjin e dal lì al centro di detenzione di Gjader.
La ragione è semplice ed era prevedibile perché è contenuta nella sentenza della Corte di giustizia europea emessa il 4 ottobre e cioè prima che i centri per i migranti aperti in Albania sotto la giurisdizione italiana aprissero.
Dice quella sentenza che un Paese per essere considerato sicuro deve essere in ogni sua parte e per ogni persona, non possono esserci cioè persecuzioni, discriminazioni o torture verso nessuno in nessuna zona di territorio. E l’Egitto e il Bangladesh, così come la Tunisia, applicando i criteri della sentenza, sicuri non lo sono.
La mancata convalida del fermo dei migranti implica anche che a loro non si possano applicare le procedure accelerate di frontiera per la valutazione delle loro richieste d’asilo, ovvero le uniche previste dal protocollo Italia-Albania. I dodici migranti dovranno essere quindi sottoposti alle procedure ordinarie che hanno tempi più lunghi e che andranno espletate altrove, non a Gjader.
Infatti i migranti nei centri oltre confine non possono restare né possono essere lasciati liberi su territorio albanese, su questo il protocollo è chiaro e anche il presidente Edi Rama lo ha ribadito nell’intervista rilasciata a Repubblica. Per cui i migranti dovrebbero essere fatti salire nuovamente su una nave e riportati in Italia, fino al porto dove il governo italiano deciderà di farli sbarcare.
Nel frattempo però le Commissioni territoriali riunite ieri hanno rigettato tutte le richieste di protezione internazionale. Le autorità italiane potrebbero quindi emettere un nuovo provvedimento di fermo – non per le procedure di frontiera, ma contro persone ritenute irregolari – che richiederebbe una nuova convalida. Così i dodici migranti invece di rientrare in Italia sarebbero trasferiti nel secondo girone della struttura detentiva: dal centro di trattenimento al vero e proprio Cpr da 144 posti (a oggi ne sono pronti 24).
Una prova di forza che alcuni ritengono illegittima perché il Cpr albanese dovrebbe servire solo per migranti sottoposti comunque alle procedure accelerate.
Sui dodici egiziani e bangladesi si apre dunque un braccio di ferro senza il quale però il primo viaggio della nave-hub Libra attraverso lo Ionio e l’Adriatico, durato due giorni e costato circa 20mila euro a migrante in un’operazione che in totale pesa sullo Stato italiano per quasi un miliardo in 5 anni, si rivelerebbe un completo fallimento.
Degli 85 salvati in mare da quattro barconi solo in 16 erano stati portati sull’imbarcazione della Marina da 13 posti. Altri due, minorenni, erano stati rimandati indietro appena arrivati al porto di Shengjin. Il monitoraggio delle vulnerabilità ne aveva esclusi poi altri due. E oggi è arrivato il “no” al trattenimento degli ultimi dodici. I centri albanesi da mille posti operativi dal 13 ottobre resteranno già vuoti?
(da La Repubblica)
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Ottobre 18th, 2024 Riccardo Fucile
UN ALTRO DISPOSITIVO NON FUNZIONANTE: MA COME FUNZIONA BENE LA SICUREZZA SOVRANISTA
Secondo lui la sera dell’8 ottobre si era avvicinato alla casa della madre in una via di Torino perché aveva bisogno di vestiti essendo senza fissa dimora. Il pm Dionigi Tibone sospetta invece che si fosse appostato sotto l’abitazione per estorcere del denaro all’anziana. La verità sarà appurata in tribunale, ma c’è una prima certezza: il braccialetto elettronico che aveva alla caviglia non aveva suonato. Come riporta La Stampa, il 40enne, dipendente dal crack, era stato sottoposto a tale misura dal gip dopo che ad agosto aveva disposto il divieto di avvicinamento alla donna. Aveva perseguitato la madre per ottenere dei soldi per comprare la droga
Il caso
I militari hanno trascritto la testimonianza della madre dell’accusato: alle 19:50 aveva notato, mentre era in casa, il figlio appostato fuori dal palazzo. L’uomo era però tenuto a stare a distanza di almeno 500 metri dall’abitazione. «Non ho ricevuto alcun alert, eppure il dispositivo che ho , e che è abbinato al braccialetto elettronico di mio figlio, dovrebbe suonare quando lui si avvicina. Ma non è successo», ha riferito la donna.
La difesa dell’arrestato
Il malfunzionamento era stato notato dallo stesso 40enne che è finito davanti al giudice per direttissima. «Il mio braccialetto elettronico non suona. Ed è già successo altre volte che mi fossi avvicinato qui e che non avesse funzionato. Io ho sempre avvisato la polizia», ha dichiarato l’uomo, difeso dall’avvocata Stefania Giordano. Un’accortezza che avrebbe avuto anche la sera dell’8 ottobre: «Sono stato io a telefonare ai carabinieri. Avevo bisogno di salire a casa di mia madre per prendere dei vestiti. Sono senza fissa dimora e ogni tanto devo andare da lei a prendere delle cose», ha spiegato. Poi ha aggiunto: «Siccome il mio braccialetto non suonava, ho avvisato le forze dell’ordine prima di citofonare», specificando, «E non mi sono messo sotto il palazzo. ma più distante»
Un altro caso di malfunzionamento dopo la morte di Roua
L’episodio è molto simile a quello che però ha comportato l’assassinio di Roua Nabi, sempre a Torino. Il marito, Abdelkader Ben Alaya, il 24 settembre ha accoltellato a morte la donna di 34 anni. L’uomo aveva anche lui un braccialetto elettronico, ma nessun alert era arrivato alle forze dell’ordine.
(da agenzie)
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Ottobre 18th, 2024 Riccardo Fucile
IL MINISTRO DELLE IMPRESE HA AVVIATO UN PROCEDIMENTO PER CAPIRE SE ANNULLARE LA CESSIONE DELLA PARTECIPAZIONE DA PARTE DEL CONSORZIO
Ancora non è stata gettata la prima pietra e il governo fa già marcia indietro sul Ponte sullo Stretto? Infatti, a quanto riporta il Fatto, Il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha avviato un procedimento per valutare un annullamento in autotutela della cessione della partecipazione del Consorzio Eurolink da parte di Condotte Spa, in amministrazione straordinaria, alla Imprecim della famiglia Mainetti. Eurolink dovrebbe essere quella deputata a costruire l’infrastruttura.
La vendita del “ramo core” di Condotte con Eurolink
Un riepilogo per capire come sono andate le cose. Il 16 marzo 2023 il Consiglio dei ministri dà il via libera alla ripartenza del progetto del ponte sullo Stretto di Messina. Un’opera da sempre vagheggiata e mai compiuta dall’ex premier Silvio Berlusconi. Una bandiera da sventolare e, se mai si farà, da piantare per il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini. Il giorno dopo, il 17 marzo, gli ex commissari di Condotte chiedono al ministro Urso di includere nella cessione del “ramo core” dell’azienda anche la partecipazione in Eurolink, del 15%, alla famiglia Mainetti. Vendita che viene accordata il 29 marzo seguente e finalizzata a luglio. Il Fatto riporta però che il ministero già a settembre 2023 avrebbe iniziato a sondare come fare marcia indietro.
L’accordo di WeBuild
Ma nel frattempo, WeBuild aveva già trovato un accordo per l’acquisto di metà della partecipazione a 6,5 milioni di euro. Tuttavia, il colosso delle infrastrutture aveva imposto due condizioni: l’ok del governo alla costruzione del Ponte e la conclusione a favore di Mainetti della procedura di annullamento ventilata dall’esecutivo. Se l’acquisto di quel 7,5% andasse in porto, WeBuild salirebbe al 52,5% delle quote di Eurolink. Non solo, ha già opzionato un altro 7% dalla CMC di Ravenna che invece controlla il 13% del Consorzio Eurolink.
La crisi di Condotte
Condotte Spa, che detiene il 15% di Eurolink, è in amministrazione straordinaria dal 2018. Urso questo settembre ha nominato tre commissari liquidatori sostituendo i vecchi. Uno degli ex, Giovanni Bruno, il 20 settembre ha presentato un ricorso al Tar dove chiedeva l’annullamento del decreto del ministero delle Imprese. Il tribunale amministrativo regionale ha respinto la sua richiesta e ora Bruno aspetta le motivazioni della decisione. Secondo l’ex commissario, al centro dello scontro con il ministero sarebbe proprio la vendita del ramo core di Condotte con l’aggiunta della partecipazione in Eurolink.
Il governo pensa di non aver fatto un ottimo accordo
Il governo infatti, dopo l’ok definitivo alla vendita del 29 marzo 2023, inizia a valutare di non aver fatto un ottimo accordo. Non avrebbe valorizzato adeguatamente la cessione dell’azienda di costruzioni Condotte e la partecipazione di Eurolink. Inizia quindi un round di consultazioni per capire se è possibile un annullamento della procedura. Chiede ragguagli agli attuali ex commissari per due motivi: la mancanza di una gara e il prezzo. Bruno, nel suo ricorso al Tar, data già al 29 settembre 2023 «l’istruttoria postuma al fine di verificare il processo di cessione dei complessi aziendale», riporta sempre il Fatto. Il 3 ottobre i commissari forniscono la valutazione della posizione Eurolink, datata 10 febbraio 2021. Quindi senza tenere in conto tutte le discussioni sul Ponte e l’eventuale partecipazione di Eurolink. Il 17 giugno 2024 la perizia Mazzei attesta che il prezzo di 105 milioni di euro per la vendita del “ramo core” di Condotte è giusto. La quota di Eurolink varrebbe 21,5 milioni. Mainetti con la cessione del 7,5% del Consorzio otterrà 6 milioni e mezzo di euro. Il tutto avverrà sempre che il governo non ottenga l’annullamento in autotutela della cessione.
(da Open)
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Ottobre 18th, 2024 Riccardo Fucile
QUANDO SI PROVA A MISCHIARE LE CARTE SCAMBIANDO L’ORDINE DEGLI ADDENDI IL TOTALE CON CAMBIA
Voleva fare chiarezza, la premier Giorgia Meloni. Per ricondurre a verità, ovviamente via Social, le “molte falsità” che starebbero mettendo in discussione, a suo avviso, il “record della storia d’Italia” di fondi stanziati per la Sanità. Un tentativo, però, che ha finito per confondere ulteriormente le acque nel balletto di cifre che, ormai da 48 ore, sta andando in scena sui numeri della Manovra e, in particolare, su quelli relativi al capitolo salute.
La confusione, secondo il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, è presto spiegata: “Lei somma le risorse assegnate alla sanità in due Leggi di Bilancio: 2024 e 2025. In attesa del testo della manovra, stando al Dpb i numeri sono: +0,86 miliardi di euro nel 2025 ; +3,1 miliardi nel 2026; +0,17 miliardi nel 2027” (leggi articolo a pagina 2). Cifre accompagnate da un invito rivolto alla premier: “Lasci stare i record, quelli appartengono allo sport – conclude Cartabellotta -. Altrimenti citiamo come triste primato i 4,5 milioni di persone che non si curano più, di cui 2,5 milioni per ragioni economiche”.
Ma in fatto di record, a ben vedere, ce n’è sicuramente uno che il governo Meloni può vantare senza timore di smentite. Ed è il numero di minori e di famiglie di operai in povertà assoluta registrati nel 2023. I primi hanno toccato la cifra di 1,29 milioni, vale a dire il 13,8% del totale dei minorenni italiani. Le seconde, invece, hanno fatto registrare una crescita consistente passando dal 14,7 al 16,5% (leggi articolo a pagina 3). I numeri non mentono. E anche quando si prova a mischiare le carte scambiando l’ordine degli addendi, il totale non cambia. Mai.
(da lanotiziagiornale.it)
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Ottobre 18th, 2024 Riccardo Fucile
NEL FINE SETTIMANA SI DISCUTERA’ SUL SUO RUOLO E DEL CAMBIO DEL NOME E DEL SIMBOLO
La via al parricidio sta dentro il “tema 7”. Perché il titolo del paragrafo racconta la posta in gioco – “Lo Statuto e la struttura decisionale del Movimento” – ma il senso della partita sta in un pugno di parole: “Ridurre i poteri del garante (o eliminarlo del tutto)”. Con un po’ di clic, gli iscritti ai 5Stelle potrebbero cancellare dai vertici del M5S Beppe Grillo. Dandogli anche un ulteriore colpo, cambiando “il nome e/o il simbolo del Movimento, evidenziando una maggiore l’attenzione per alcuni ideali o battaglie identitarie”.
Ipotesi messe nero su bianco nella “guida alla discussione per il confronto deliberativo nell’assemblea costituente” elaborata dalla società Avventura urbana – di fatto la sintesi delle proposte arrivate nelle scorse settimane da iscritti e simpatizzanti – su cui ora dovranno lavorare 330 sorteggiati, coadiuvati da esperti, tra cui alcuni parlamentari: tutto rigorosamente in videoconferenza. Sabato e domenica prossimi, i 30 tavoli di lavoro affronteranno punti cruciali, ossia l’eventuale revisione dei ruoli (e dei rispettivi poteri) nel Movimento, nonché del nome e del simbolo. Temi da affrontare, recita il documento, “per garantire l’integrità e l’efficienza dei processi decisionali” E sul piatto c’è anche la possibile cancellazione del ruolo del garante, cioè di Grillo, ad oggi carica a tempo indeterminato. Assieme a quella di circoscrivere “il ruolo degli organi di garanzia”, tra cui l’omonimo comitato, di cui oltre a Roberto Fico e all’ex senatrice Laura Bottici fa parte anche Virginia Raggi, fedelissima del fondatore. Certo, tra le opzioni c’è anche quella di “ridurre i poteri del presidente – cioè di Giuseppe Conte – in favore di processi decisionali più collegiali”.
Ma l’ipotesi di eliminarlo, il presidente, non esiste. Ed è già una differenza enorme. Anche per il Conte che deve ascoltare le voci di dentro nel M5S. Tra cui quelle che auspicano la riduzione dei poteri ma non l’eliminazione del garante. “Quel ruolo potrebbe tornare prezioso per un veterano come Roberto Fico, se in Campania si dovesse complicare tutto” sussurra un big. Ossia se invece che Fico – che ad oggi non si potrebbe candidare in Regione, per la regola dei due mandati – in Campania corresse il vicepresidente della Camera, Sergio Costa.
Nell’attesa, il Movimento ha piazzato un’altra mossa anti-Grillo. Perché negli allegati alla guida, c’è la nota metodologica sulle modifiche allo Statuto e al Codice etico, a firma del costituzionalista Michele Ainis. Dritta, sul metodo: “Fra due interpretazioni in conflitto delle norme statutarie, occorre propendere per quella più coerente con i principi costituzionali, tanto più se recepiti e ribaditi dallo Statuto e dal Codice etico”. Traduzione del M5S: quella dell’assemblea degli iscritti dovrebbe prevalere, anche se il garante e il comitato di garanzia dovessero fare le barricate. Saranno loro a decidere tutto con le votazioni subito dopo l’assemblea finale del 23 e 24 novembre, a Roma. Complicate. Perché Grillo da Statuto potrebbe chiederne la ripetizione, e in quel caso il voto sarebbe valido solo se vi avesse partecipato la maggioranza assoluta degli iscritti: quota necessaria anche per approvare in prima istanza le eventuali modifiche. E da qui si arriva ai rovelli nel Movimento. Dove riflettono se far votare in blocco il documento con le proposte di modifica, così da tenere alta l’affluenza, o se dividerle, e come. Ma ovviamente sarà centrale anche il modo in cui verranno scritti i quesiti.
Compresa la scelta se prevedere anche la casella dell’astensione oltre a quelle del sì e del no. Domande che si pone anche Grillo. Fonti a lui vicine dicono che il fondatore attenderà la diffusione del documento con le proposte – poco prima dell’assemblea finale – per decidere se e come muoversi. Ossia se andare nell’assise a incendiare la battaglia politica, o se fare causa, strada che i contiani ritengono “improbabile”. Ma chissà. “Ho letto la guida, di fatto vogliono solo smantellare i poteri del garante”, dice al Fatto l’ex deputato Alessio Villarosa, per poi accusare: “Perché Conte non fonda un nuovo partito, se vuole un cambiamento così radicale?”. Sarà un lungo autunno, per il M5S.
(da ilfattoquotidiano.it)
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Ottobre 18th, 2024 Riccardo Fucile
ANCHE QUELLO DEI SUOI BUSINESS: TESLA E SOPRATTUTTO SPACEX DIPENDONO QUASI TOTALMENTE DA INCENTIVI (LA PRIMA) E COMMESSE STATALI (LA SECONDA). SE VINCESSE KAMALA, MUSK, ORMAI SPUTTANATO COME TRUMPIANO, RISCHIA DI RIMANERE IN MUTANDE
Elon Musk ha dichiarato durante un evento elettorale alla periferia di Filadelfia che il “destino della civiltà occidentale” dipende dal ritorno in carica di Donald Trump. “La Pennsylvania è il fulcro di queste elezioni e queste elezioni decideranno il destino dell’America e quello della civiltà occidentale”.
Musk, l’uomo più ricco del mondo, ha annunciato che ai suoi eventi la partecipazione sarebbe stata gratuita per chiunque avesse votato in anticipo alle elezioni presidenziali e ha firmato una petizione “a sostegno della libertà di parola e del diritto di portare armi”. Descrivendosi come “pro-immigrati”, il patron di X, che ha dato il suo sostegno ufficiale a Trump lo scorso luglio, ha poi parlato di criminalità e della sicurezza dei confini, dicendo che la frontiera meridionale “assomiglia alla Seconda Guerra Mondiale, è un’apocalisse zombi”
Elon Musk e’ sceso in campo personalmente in visita delle elezioni presidenziali in programma negli Usa il 5 novembre, esortando centinaia di persone a registrarsi e votare in favore di Donald Trump durante un comizio tenuto ieri nei pressi di Filadelfia, in Pennsylvania.
L’evento ha segnato la prima apparizione di Musk in solitaria a sostegno della candidatura di Trump per un secondo mandato alla Casa Bianca. Musk era apparso a fianco dell’ex presidente sul palco durante un comizio all’inizio del mese a Butler, proprio in Pennsylvania.
“La Pennsylvania e’, credo, l’elemento chiave in questa elezione, e questa elezione, credo, decidera’ il destino dell’America e, insieme al destino dell’America, il destino della civilta’ occidentale”, ha detto Musk ieri. L’uomo piu’ ricco del mondo ha tenuto l’evento alla Ridley High School a Folsom, in Pennsylvania, come parte di uno sforzo piu’ ampio per incoraggiare le persone a registrarsi e votare prima della scadenza dei termini per il voto anticipato in quello Stato chiave, prevista lunedi’.
(da agenzie)
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Ottobre 18th, 2024 Riccardo Fucile
L’ANALISI DEL POLITOLOGO PIERO IGNAZI
Ricordano tutti i sondaggisti che le intenzioni di voto che presentano regolarmente – e un po’ ossessivamente, andrebbe detto – non riflettono con esattezza il comportamento di voto degli elettori nel momento in cui infileranno la scheda nell’urna.
Offrono una valutazione di massima sugli umori dei cittadini. Semmai hanno più valore i giudizi, sommari quanto si vuole ma indicativi, che vengono dati all’operato del governo (ed eventualmente dell’opposizione).
L’ultimo report di Radar-SWG di ottobre e i dai forniti dall’Ipsos di Nando Pagnoncelli registrano un gradimento del governo e della presidente Giorgia Meloni in picchiata. Hanno perso quasi venti punti dal momento dell’ingresso a palazzo Chigi. Un calo molto più forte di quello fisiologico che subiscono tutti gli esecutivi dopo il credito che normalmente si assegna loro quando nascono.
Più in particolare, richiesti di indicare i punti forti del governo, appena il 14 per cento degli intervistati lo ritiene in sintonia con la gente comune (e anche tra gli elettori di destra questa convinzione è precipitata nel corso del tempo); mentre, tra i punti deboli, al primo posto spicca la carenza di personalità valide e competenti tra i ministri.
Il trionfalismo e l’arroganza della maggioranza, espressi anche in questi giorni, quindi, è mal riposto: non corrisponde alle domande dei cittadini che infatti stanno perdendo fiducia, e manifesta tutta la sua fragilità quanto a personale politico.
Lo stato dell’opposizione
Anche la stella di Meloni si è offuscato agli occhi degli elettori, mentre invece continua a risplendere per tanti opinionisti dei maggiori media. Per l’opposizione è il momento di tentare un affondo.
Il primo colpo può venire dalle elezioni regionali. Un tre a zero metterebbe ansia tra le file della maggioranza e qualche scollatura potrebbe diventare una spaccatura. Ma la sinistra, largamente intesa, è pronta a raccogliere la sfida?
Non sembra, allo stato dei fatti. Le criticità sono molte. Iniziamo dal punto più dolente, il M5s. Questa formazione è in preda a una seria crisi esistenziale: non sa più cosa è, a quale leader affidarsi, a cosa richiamarsi. Finito il grande momento del partito nuovo e diverso, della rete e dell’antipolitica in nome dell’onestà (come gridavano i giovani pentastellati, Luigi Di Maio in testa, al funerale di Casaleggio), esaurita l’offensiva laburista del reddito di cittadinanza, i Cinque stelle si affidano alla visibilità di Giuseppe Conte, con tutte le umoralità del caso.
In questa fase il M5s, proprio per le sue difficoltà interne, è un oggetto urticante con cui è difficile interagire, e figurarsi costruire alleanze solide. Eppure non se ne può fare a meno. La costola sinistra dell’opposizione, invece, si mantiene in buona salute. Senza strepiti movimentisti che producono solo danni, la coppia Bonelli-Fratoianni mantiene un canale aperto con il mondo giovanile più insofferente dello stato delle cose per rappresentarlo nelle istituzionali.
Quanto a Matteo Renzi, ben venga, purché capisca che il suo ruolo è di compagno di strada, non di leader, e riconosca di avere sbagliato tutto o quasi nella sua parabola politica. Altrimenti non si capisce perché si (ri)aggreghi al carro della sinistra.
Il ruolo del Pd
Questo quadro deve essere portato a sintesi dal Pd, assurto inequivocabilmente a partito guida dell’opposizione. Per poter svolgere questo ruolo al Partito democratico mancano ancora alcune condizioni. Una riguarda il suo rafforzamento organizzativo. Non sembra che la segretaria se ne curi più di tanto. I rapporti centro-periferia continuano a essere incerti, il tesseramento rimane affidato alla (consueta) buona volontà dei dirigenti locali più che a un investimento collettivo, lo statuto rimane inossidabile a zavorrare il partito.
Per guidare bisogna essere bene in forze. E dimostrarlo. Se la raccolta delle firme per i referendum abrogativi è andata bene, ma non era una iniziativa del solo Pd, altre mobilitazioni collettive non se ne sono viste.
L’altra condizione, e non è da poco, investe il profilo ideologico. Su tutti i temi di politica interna le posizioni sono chiare, improntate a un riequilibrio delle disuguaglianze sociali, educative, di genere e territoriali. Lo stesso per la dimensione internazionale ancorata su europeismo, atlantismo, multilateralismo e rispetto del diritto internazionale per tutti, non solo per gli amici.
Tutti questi temi, soprattutto quelli declinati sul piano interno, rimangono però “isolati”, non delineano una visione complessiva di una società alternativa a quella dalla destra. Manca il cemento ideale per amalgamare tutto questo. Al Pd servono luoghi e modi non occasionali per discutere, riflettere, progettare. Per delineare un pensiero forte e lungo, non schiacciato sul quotidiano. Sul Pd grava la responsabilità di guida dell’opposizione. A oggi, tuttavia, le sue spalle sono ancora gracili per reggere questo compito.
(da editorialedomani.it)
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Ottobre 18th, 2024 Riccardo Fucile
IL PENSIERO SOLARE E LO SPIRITO MEDITERRANEO RICORDANO IL FILOSOFO DEL MITO ROMANO
Sta facendo discutere un nuovo discorso del ministro della Cultura Alessandro Giuli, questa volta alla Buchmesse, ovvero la Fiera del Libro di Francoforte, dove l’Italia è Ospite d’Onore. «Posso dire che siamo qui per riaffermare la centralità di quel che si può chiamare pensiero solare – ha dichiarato il neo ministro alla Cultura – , il punto d’incontro tra la rigidità delle ideologie, della battaglia delle idee, che si discioglie nella luce meridiana dello spirito mediterraneo». Ma se per esporre le linee guida del suo dicastero a deputati e senatori riuniti in Commissione ha citato (sbagliando) Hegel, stavolta il ministro fa un ritorno alle passioni giovanili, se si può dire. Parla di pensiero solare, battaglia delle idee, luce meridiana ma soprattutto spirito mediterraneo. Ovvero un discorso che echeggia Julius Evola, scrittore filosofo ed esoterista italiano, spesso presente nelle ideologie del fascismo e nel nazionalsocialismo.
Evola e la tradizione mediterranea: la sfida alla Chiesa in “Imperialismo pagano”
Evola, stimato da Mussolini (anche se non aderì mai al Partito Nazionale Fascista) è conosciuto per l’esaltazione dell’antico Romano Impero e una teoria della razza in chiave spirituale. Per esempio nel suo “Imperialismo pagano“, uscito nel 1928, per la casa editrice Atanòr (prima dei Patti Lateranensi) esorta il fascismo a rompere con il Cristianesimo ritrovando l’antico Romano Impero, testualmente: «Oserà dunque il fascismo assumere qui, qui donde già le aquile imperiali partirono per il dominio del mondo sotto la potenza augustea, solare, regale (…) oserà qui riprendere la fiaccola della tradizione mediterranea?». Per chi seguiva già Giuli quando firmava su Il Foglio, nulla di nuovo. Anche perché, come ben sottolinea Luca Casarotti in un fine ritratto del neoministro su Jacobin, il numero uno al Mic è un evoliano doc: «Prosa enfatica, che vorrebbe evocare una qualche sacralità, cioè avere un effetto di suggestione anche per mezzo dell’accostamento arbitrario di etimologie ed espressioni latine tra loro irrelate, coartare all’imitazione dei valori evocati, ma che non spiega, non significa davvero». Il leader di Azione, Carlo Calenda è impietoso: «Immagino i poveri interpreti alle prese con “la luce meridiana dello spirito mediterraneo”. Giuli sarebbe anche spassoso se non fosse tragico per l’immagine di un settore già sottofinanziato e privo di un piano strategico da anni. Ci sono 850.000 persone che lavorano nella cultura in Italia. Non credo sia particolarmente divertente per loro vedere un Ministro che copre di ridicolo l’Italia in una delle più importanti fiere mondiali del libro. Tanto più dopo le figuracce di Sangiuliano a questo delirio va dato uno stop ed è responsabilità di Giorgia Meloni farlo. Uno normale».
(da agenzie)
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