Giugno 22nd, 2025 Riccardo Fucile
LE SUE VERGOGNOSE PAROLE VENGONO CRIVELLATE DA ZELENSKY: “LA RUSSIA STA RIPETENDO I CRIMINI DEI NAZISTI: FOSSE COMUNI DI CIVILI, PRIGIONIERI TORTURATI, BAMBINI RAPITI, CITTÀ DISTRUTTE”
Se ognuno è autorizzato ad interpretare il diritto all’autodifesa come crede, il mondo rischia
di sprofondare in un “caos completo”. Lo ha detto il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov in un’intervista alla televisione di Stato ripresa dall’agenzia Ria Novosti. Lavrov si riferiva agli attacchi di Israele contro l’Iran, ma non ancora a quelli americani.
Lavrov ha detto che quelli che parlando di Israele affermano che agisce in base al suo diritto all’autodifesa, “come ha detto Emmanuel Macron”, sono “i più grandi cinici”. “Autodifesa da cosa?”, ha chiesto il ministro degli Esteri. “Se ogni Paese – ha aggiunto – è autorizzato ad interpretare il diritto all’autodifesa, previsto dalla Carta dell’Onu, in modo tale da dire, ‘decido per conto mio quando usare il mio diritto’, allora “non ci sarà più un ordine mondiale, ma il caos completo”.
“Ottant’anni fa, il mondo sconfisse il nazismo e giurò: ‘Mai più’. Ma oggi la Russia sta ripetendo i crimini dei nazisti: fosse comuni di civili, prigionieri torturati, bambini rapiti, città distrutte”: lo scrive su Telegram il presidente ucraino Volodymr Zelensky. “Oggi, gli ucraini combattono contro il razzismo con lo stesso coraggio con cui i nostri antenati sconfissero il nazismo – conclude -. Perché questa è una lotta per l’essenza stessa dell’umanità: per la libertà, la dignità e la giustizia”.
(da agenzie)
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Giugno 22nd, 2025 Riccardo Fucile
IL “NEW YORK TIMES”: “IL PAESE POTREBBE RIPRENDERSI E SEGUIRE IL PERCORSO TRACCIATO DA PYONGYANG, CON UNA CORSA ALLA COSTRUZIONE DI UNA BOMBA. OGGI, LA COREA DEL NORD POSSIEDE 60 O PIÙ ARMI NUCLEARI, UN ARSENALE CHE PROBABILMENTE LA RENDE TROPPO POTENTE PER ESSERE ATTACCATA. L’IRAN POTREBBE CONCLUDERE CHE QUESTA È L’UNICA STRADA PER TENERE A BADA LE POTENZE PIÙ GRANDI E OSTILI”
Negli ultimi due decenni, gli Stati Uniti hanno usato sanzioni, sabotaggi, attacchi informatici e negoziati diplomatici per cercare di rallentare la lunga marcia dell’Iran verso l’arma nucleare.
Alle 2:30 circa di domenica in Iran, il Presidente Trump ha dato una dimostrazione di forza militare che ognuno dei suoi ultimi quattro predecessori aveva deliberatamente evitato, per paura di far precipitare gli Stati Uniti in una guerra in Medio Oriente.
Dopo aver dichiarato per giorni di non poter correre il rischio che i mullah e i generali di Teheran, sopravvissuti agli attacchi di Israele, facessero un ultimo salto verso l’arma nucleare, ha ordinato a una flotta di bombardieri B-2 di mezzo mondo di sganciare le più potenti bombe convenzionali sui siti più critici dei vasti complessi nucleari iraniani.
L’obiettivo principale era il centro di arricchimento profondamente sepolto di Fordow, che Israele non era in grado di raggiungere.
Per Trump, la decisione di attaccare l’infrastruttura nucleare di una nazione ostile rappresenta la più grande – e potenzialmente più pericolosa – scommessa del suo secondo mandato.
Egli scommette che gli Stati Uniti possano respingere qualsiasi ritorsione ordinata dalla leadership iraniana contro le oltre 40.000 truppe americane dislocate nelle basi di tutta la regione. Tutti sono nel raggio d’azione della flotta missilistica di Teheran, anche dopo otto giorni di attacchi incessanti da parte di Israele. E scommette di poter dissuadere un Iran ampiamente debilitato dall’utilizzare le sue tecniche familiari – terrorismo, presa di ostaggi e attacchi informatic
– come linea di attacco più indiretta per vendicarsi.
Soprattutto, scommette di aver distrutto le possibilità dell’Iran di ricostituire il suo programma nucleare. Si tratta di un obiettivo ambizioso: l’Iran ha chiarito che, se attaccato, uscirebbe dal Trattato di non proliferazione nucleare e porterebbe il suo vasto programma sottoterra.
È per questo che il Presidente Trump si è concentrato così tanto sulla distruzione di Fordow, l’impianto che l’Iran ha costruito in segreto a metà degli anni Duemila e che è stato reso pubblico dal Presidente Barack Obama nel 2009. È qui che l’Iran produceva quasi tutto il combustibile quasi-bomba che più allarmava gli Stati Uniti e i suoi alleati.
Sabato sera gli assistenti di Trump hanno detto a questi alleati che l’unica missione di Washington è distruggere il programma nucleare. Hanno descritto il complesso attacco come un’operazione limitata e contenuta, simile all’operazione speciale che ha ucciso Osama bin Laden nel 2011.
“Hanno detto esplicitamente che non si trattava di una dichiarazione di guerra”, ha detto un alto diplomatico europeo nella tarda serata di sabato, descrivendo la sua conversazione con un alto funzionario dell’amministrazione.
Ma, ha aggiunto il diplomatico, bin Laden aveva ucciso 3.000 americani. L’Iran non ha ancora costruito una bomba.
In breve, l’amministrazione sostiene di aver compiuto un atto di prelazione, cercando di porre fine a una minaccia, non al regime iraniano. Ma è tutt’altro che chiaro che gli iraniani lo percepiranno in questo modo.
Ora, dopo aver fatto arretrare la capacità di arricchimento dell’Iran, Trump spera chiaramente di poter approfittare di un notevole
momento di debolezza – la debolezza che ha permesso ai bombardieri americani B-2 di entrare e uscire dal territorio iraniano con poca resistenza.
Dopo la feroce rappresaglia di Israele per gli attacchi terroristici del 7 ottobre 2023 che hanno ucciso oltre mille civili israeliani, l’Iran è improvvisamente privo dei suoi proxy, Hamas e Hezbollah. Il suo più stretto alleato, il siriano Bashar al-Assad, ha dovuto abbandonare il Paese. E la Russia e la Cina, che avevano stretto una partnership di convenienza con l’Iran, non si sono più viste dopo l’attacco di Israele.
Rimaneva solo il programma nucleare come ultima difesa dell’Iran. È sempre stato più di un semplice progetto scientifico: era il simbolo della resistenza iraniana all’Occidente e il fulcro del piano della leadership per mantenere il potere.
Insieme alla repressione del dissenso, il programma era diventato l’ultimo mezzo di difesa per gli eredi della rivoluzione iraniana iniziata nel 1979. Se nel 1979 la presa di 52 ostaggi americani fu il modo in cui l’Iran si oppose a un avversario molto più grande e potente, negli ultimi due decenni il programma nucleare è stato il simbolo della resistenza.
Un giorno gli storici potrebbero tracciare una linea di demarcazione tra le immagini degli americani bendati, tenuti in ostaggio per 444 giorni, e lo sganciamento delle bombe GBU-57 sulla ridotta montuosa chiamata Fordo. Probabilmente si chiederanno se gli Stati Uniti, i loro alleati o gli stessi iraniani avrebbero potuto agire diversamente.
E quasi certamente si chiederanno se l’azzardo del signor Trump ha pagato.
Se l’Iran non sarà in grado di rispondere efficacemente, se la presa
sul potere degli ayatollah si allenterà o se il Paese rinuncerà alle sue ambizioni nucleari di lunga data, il Presidente Trump affermerà senza dubbio che solo lui era disposto a usare la portata militare dell’America per raggiungere un obiettivo che i suoi ultimi quattro predecessori ritenevano troppo rischioso.
Ma c’è un’altra possibilità. L’Iran potrebbe lentamente riprendersi, i suoi scienziati nucleari sopravvissuti potrebbero portare le loro competenze sottoterra e il Paese potrebbe seguire il percorso tracciato dalla Corea del Nord, con una corsa alla costruzione di una bomba. Oggi, secondo alcune stime dell’intelligence, la Corea del Nord possiede 60 o più armi nucleari, un arsenale che probabilmente la rende troppo potente per essere attaccata.
L’Iran potrebbe concludere che questa è l’unica strada per tenere a bada le potenze più grandi e ostili e per impedire agli Stati Uniti e a Israele di portare a termine un’operazione come quella che ha illuminato i cieli iraniani domenica mattina.
(da agenzie)
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Giugno 22nd, 2025 Riccardo Fucile
IL SEGRETARIO DI FORZA ITALIA NELLE ULTIME SETTIMANE È MEJO DEL MAGO OTELMA. IL 12 GIUGNO HA DETTO: “NON CI SONO SEGNALI DI UN ATTACCO ISRAELIANO ALL’IRAN”. MENO DI 24 ORE DOPO, I CACCIA DI NETANYAHU BOMBARDAVANO TEHERAN… TRA I FORZISTI GIRA QUESTA BATTUTA: “QUANDO AFFERMA UNA COSA LO DICE CHIARO E TONTO”
“Tutto dipende da quello che farà l’Iran”. A sottolinearlo è stato il ministro degli Esteri
Antonio Tajani, ragionando sul conflitto in corso e le prospettive di una de-escalation in un intervento
all’edizione straordinaria del Tg1.
“L’altro ieri ho parlato a lungo con il ministro degli Esteri iraniano chiedendo di parlare direttamente con gli Stati Uniti per trovare un accordo”, ha aggiunto, e “ieri la nostra ambasciatrice a Teheran era andata al ministero degli Esteri per ribadire le nostre sollecitazioni per favorire ripresa del dialogo. Noi – ha quindi annunciato – eravamo pronti ad accogliere a Roma una riunione tra americani e iraniani diretta senza intermediazione”.”Vediamo se dopo l’attacco di questa notte” gli iraniani “cambieranno idea”, ha continuato il ministro. “Siamo con tutte le nostre forze al lavoro per favorire una de-escalation, una soluzione diplomatica di questa vicenda.
Speriamo che l’Iran accetti di sedersi a un tavolo dopo un’azione che punta a impedire la creazione della bomba atomica, che rappresenterebbe come detto anche dal G7 un pericolo per tutta l’area mediorientale. Speriamo comprendano che questo è il momento giusto per sedere a un tavolo negoziale e chiudere una guerra che non deve provocare una escalation nell’area”.
(da agenzie)
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Giugno 22nd, 2025 Riccardo Fucile
DUE GIORNI PRIMA CHE GLI AMERICANI SGANCIASSERO LE LORO BOMBE, UN CONVOGLIO HA TRASFERITO L’URANIO ARRICCHITO FUORI DALL’IMPIANTO DI FORDOW
“Contrariamente a quanto affermato dal presidente Donald Trump” il sito nucleare di Fordow “non ha subito gravi danni”. Lo ha afferma Mohammad Manan Raisi, deputato del Parlamento iraniano di Qom, dove si trova l’impianto nucleare, sottolineando che “non si è verificata alcuna emissione di materiale pericoloso dal sito nucleare dopo l’attacco, poiché il materiale a rischio era stato evacuato dal sito”. Lo riporta l’agenzia iraniana Mher. Anche il vicegovernatore di Qom, Morteza Heidari, ha affermato che solo una parte del sito di Fordow è stata attaccata, poiché il sistema di difesa aerea è stato attivato nell’area circostante.
Un’immagine satellitare che circola sui social network mostra un grande convoglio di mezzi vicino al sito nucleare iraniano di Fordow due giorni prima dell’attacco statunitense della notte scorsa: lo riporta il canale israeliano Abu Ali Express. L’immagine potrebbe rappresentare la prova del trasferimento di uranio arricchito fuori dall’impianto di Fordow, commenta il canale.
L’Iran avrebbe spostato quantità di uranio arricchito per sottrarlo all’attacco israeliano e consentire di andare avanti con il programma. A sostenerlo l’ex capo dei pasdaran, Mohsen Rezai. La dichiarazione può essere un gesto di sfida, una mossa di guerra psicologica.
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Giugno 22nd, 2025 Riccardo Fucile
“NON ME LO DARANNO MAI, MA LA GENTE SA QUELLO CHE FACCIO”… TRANQUILLO, LO SAPPIAMO, SOLO UN PAESE RIDICOLO POTEVA ELEGGERTI PRESIDENTE INVECE MANDARTI IN GALERA
Donald Trump torna a lamentarsi per non aver mai ricevuto il Premio Nobel per la Pace,
proprio mentre considera un possibile attacco all’Iran. Il presidente degli Stati Uniti, ormai ossessionato dal riconoscimento assegnato anni fa a Barack Obama «senza che avesse fatto nulla», ha ribadito su Truth la sua frustrazione, intestandosi la pace in Congo: «Anche dopo il meraviglioso trattato tra Congo e Ruanda, che verrà firmato lunedì alla Casa Bianca, non riceverò il Nobel». Una frase che ha ripetuto ben sei volte, elencando (ancora una volta) i successi diplomatici della sua amministrazione.
«Non lo riceverò nemmeno se risolvessi la guerra tra Russia e Ucraina o Israele e Iran»
Trump ha, infatti, rivendicato di aver fermato il conflitto tra India e Pakistan (smentito da New Delhi, mentre Islamabad lo ringrazia e propone la candidatura per il Nobel), di aver contribuito alla pace tra Serbia e Kosovo, e di aver mantenuto l’equilibrio tra Egitto ed Etiopia. Ma soprattutto sottolinea il merito di aver promosso gli Accordi di Abramo in Medio Oriente, che – secondo lui – potrebbero portare a una storica unificazione dell’area. «Non riceverò mai il Nobel, nemmeno se risolvessi Russia/Ucraina o Israele/Iran, ma la gente lo sa, ed è questo ciò che conta per me», ha concluso con evidente frustrazione.
Le (non) candidature
Negli anni Trump è stato più volte candidato, persino – a detta del tycoon – dal premier giapponese Shinzo Abe per i suoi sforzi sulla
denuclearizzazione della Corea, mai concretizzati. Lo stesso vale per gli altri scenari di crisi, da Gaza all’Ucraina, mentre la questione iraniana resta in sospeso. «Resto sempre un uomo di pace», ha ribadito, «ma a volte serve durezza per raggiungerla», rilanciando la sua dottrina della «pace attraverso la forza».
(da agenzie)
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Giugno 22nd, 2025 Riccardo Fucile
LA GIORNALISTA LO RIDICOLIZZA: “GUARDI CHE NON E’ QUI LA GUERRA”
A San Pietroburgo dice di essere andato per vedere con i suoi occhi qual è la vera situazione dopo l’invasione russa in Ucraina, non certo per i soldi del cachet. E tocca alla corrispondente da Mosca del Tg1
svelare all’artista salentino la verità sulla guerra, che è in Ucraina dal febbraio 2022
Al Bano ha partecipato con convinzione al concerto «per la pace», secondo lui, che si è tenuto a San Pietroburgo in occasione del Forum economico internazionale. Una scelta mirata a portare un messaggio di pace, ha ribadito in più occasioni il cantante, che non teme le polemiche e le accuse di «essere un amico di Vladimir Putin».
Dell’invasione russa in Ucraina però non deve essergli tutto chiarissimo. Almeno stando a sentire le sue parole raccolte dal Tg1, dove innanzitutto ribadisce di non essere andato in Russia per i soldi, ma di essere voluto andare per vedere con i suoi occhi quel che succede.
La scoperta di Al Bano sulla guerra in Ucraina
Proprio a margine del concetto dello scorso 20 giugno, davanti a una folla di fan esaltati per l’esibizione di Felicità e altri successi dell’artista salentino, Al Bano si è lamentato al Tg1. Secondo lui i media italiani raccontano una versione distorta dell’invasione russa in Ucraina. Alla corrispondente da Mosca Caterina Doglio, Al Bano chiede ironico: «Tu accendi il televisore in Italia e sembra che qua bombe, cannoni da tutte le parti. A te risulta?». L’ingrato compito di rispondere tocca alla giornalista: «No, ma non è qui la guerra».
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Giugno 22nd, 2025 Riccardo Fucile
NON C’E’ GUERRA E DEVASTAZIONE DOVE NON CI SIA AL BANO CON IL SUO CAPPELLO BIANCO CHE CANTA “FELICITA’”
Il “concerto per la pace” di Al Bano a San Pietroburgo (guest star Iva Zanicchi, inspiegabile
l’assenza di Pupo) è una buona notizia: testimonia che la specie umana è indistruttibile. Non si spezza e non si piega. Non c’è guerra, bombardamento, angoscia, patimento, dittatura, umiliazione che possa seriamente attentare, in modo irrevocabile, alla serenità e alle abitudini di un cospicuo numero di persone, di tutti i Paesi e di tutte le epoche, che potremmo definire i soli veri irriducibili. Ci vuole ben altro che una guerra, o due guerre, o cento guerre, per piegarli. E chi siamo noi — direbbe il precedente papa — per giudicarli?
Non è una questione ideologica (l’ideologia, va detto, produce danni al buonumore), è proprio una questione di metabolismo. È la buona salute, il buon risveglio al mattino, è il vigore naturale dell’essere umano a organizzare il palcoscenico. Si ha da cantare, dunque si canti.
Se aguzzate l’orecchio, e fate un piccolo sforzo di fantasia, non c’è scenario della storia che sia abbastanza drammatico, abbastanza grave, da escludere che, sullo sfondo, oltre i crateri, oltre le navi affondate, sorvolando le bocche dei cannoni e il baluginare delle baionette, bucando il fumo degli incendi, ci sia Al Bano, con il
cappello bianco, che canta Felicità. Alle Termopili, a Waterloo, a Little Big Horne, sulle dune di Normandia, lui c’era già. Pare di vederlo, pare di sentirlo. Già alle Termopili il concerto era programmato da un bel pezzo, doveva forse sospenderlo?
Tra mille anni, dopo che la Quinta guerra nucleare avrà incenerito gli umani, dalle macerie si udrà una voce melodiosa: è Al Bano che canta Felicità.
(da Repubblica)
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Giugno 22nd, 2025 Riccardo Fucile
PER LA SERIE “QUANTO E’ UMANA LEI”
Per la serie “come è umana lei”, Giorgia Meloni fa sapere che incontrerà l’incauto professor Addeo, che su Fb aveva augurato a sua figlia “la fine della ragazza di Afragola”.
Il riferimento era alla giovane vittima di femminicidio Martina Carbonaro. Una frase raccapricciante letta da quattro gatti, che l’account ufficiale di FdI si era precipitato ad amplificare: “clima di odio contro Meloni e il suo governo”. Probabilmente io sono un ministro del governo Meloni e non lo so, perché di commenti simili, forse peggiori, me ne arrivano quotidianamente (così come a qualsiasi personaggio esposto), ma sorvoliamo. Meloni – che non ha
minacce di guerre mondiali o altre priorità a cui pensare – ha subito ripreso sui suoi social il commento definendolo frutto di “odio ideologico”, e così Arianna Meloni, Piantedosi, Gasparri, Roccella e pure Tajani solidale “da padre e da nonno” (viene l’atroce dubbio che da “zio” sia solidale col prof). Il docente, nel giro di due ore, riceve dal governo più cazziatoni che Netanyahu in due anni. Perfino Mattarella telefona alla premier per esprimerle solidarietà. “Ad avvisare la presidente del Consiglio del commento del prof è stata l’intelligence”, racconta il Messaggero. Addirittura. Ecco perché Giorgia faccia la gnorri su Gaza, Iran e più o meno tutto ciò che richiederebbe un suo intervento deciso: non si finge morta, ma è al telefono con l’intelligence che la aggiorna minuto per minuto sui commenti social di Ciccio78.
La stampa parla di “minaccia” alla premier e il ministro Valditara, anziché preoccuparsi dell’analfabetismo funzionale del Paese che impedisce di distinguere una “minaccia” da un “augurio”, fa sospendere il prof dall’insegnamento. Ovviamente scatta anche l’indagine per accertare tutti i reati del docente, inclusi l’abigeato e la pirateria lacustre. A quel punto il pericoloso criminale chiede scusa, poi tenta il suicidio, ma si salva. Ed è una vera fortuna perché la sua sopravvivenza consente di mostrare alla Nazione quanto tollerante, generosa, caritatevole sia la nostra premier. Che prima fa lapidare il docente dai suoi scagnozzi di FdI, poi lo crocifigge in sala mensa e infine, quando è ormai agonizzante, lo riceve come fosse il papa. Potremmo dire che il prof – per Meloni – è dual use come l’atomica: prima l’ha usato a scopo bellico, per far scoppiare la solita bomba vittimistica; poi l’ha sfruttato a scopo civile, per dimostrare alla società la sua magnanimità. Lei invece è come l’uranio: quando vede che il consenso si impoverisce, lo arricchisce con una bella lezione morale al Paese. Il solito genio.
(da ilfattoquotidiano)
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Giugno 22nd, 2025 Riccardo Fucile
PRIMA DEL BLITZ L’IRAN AVEVA SPOSTATO L’URANIO ALTROVE… AD ANDARE DIETRO A UN ASSASSINO SI RIMEDIANO SOLO BRUTTE FIGURE…. PIOVONO MISSILI SU ISRAELE
Ben prima degli attacchi di questa notte ai siti nucleari da parte degli Stati Uniti, le autorità iraniane avrebbero fatto evacuare le strutture. In più sarebbero stati trasferiti «i materiali ingrado di causare radiazioni», secondo quanto riporta Sky News Arabic che cita l’agenzia iraniana Irna.
In particolare l’attacco al sito di Fordow non avrebbe provocato i danni sperati da Donald Trump. Si tratta di uno dei principali obiettivi, in cui il programma nucleare iraniano sarebbe stato a un livello molto vicino alla produzione di un ordigno.
Il convoglio con l’uranio trasferito da Fordow
«Contrariamente a quanto affermato dal presidente Donald Trump» il sito nucleare di Fordow «non ha subito gravi danni», ha detto Mohammad Manan Raisi, deputato del Parlamento iraniano di Qom, dove si trova l’impianto nucleare, sottolineando che «non si è verificata alcuna emissione di materiale pericoloso dal sito nucleare dopo l’attacco, poiché il materiale a rischio era stato evacuato dal sito», come riporta l’agenzia iraniana Mher.
Anche il vicegovernatore di Qom, Morteza Heidari, ha affermato che solo una parte del sito di Fordow è stata attaccata, poiché il sistema
di difesa aerea è stato attivato nell’area circostante. Un’immagine satellitare che circola sui social network mostra un grande convoglio di mezzi vicino al sito nucleare iraniano di Fordow due giorni prima dell’attacco statunitense della notte scorsa: lo riporta il canale israeliano Abu Ali Express.
L’immagine potrebbe rappresentare la prova del trasferimento di uranio arricchito fuori dall’impianto di Fordow, commenta il canale.
Le ondate di missili contro Israele dopo il blitz Usa in Iran
Sono stati sentiti forti boati per le esplosioni nel centro di Tel Aviv, confermati dall’agenzia Ansa, dopo che l’Idf ha lanciato l’allarme per il lancio di missili dall’Iran.
La reazione di Teheran ai blitz Usa sui siti nucleari sarebbe partita con almeno 30 missili diretti su tutto il Paese israeliano, in particolare sulla capitale. Dopo una prima ondata di attacchi, le sirene continuano a suonare per l’arrivo di nuovi missili dall’Iran. Un missile avrebbe colpito Haifa, procurando gravi danni secondo i media israeliani. Ingenti distruzioni sono state causate agli edifici nei punti di impatto dei missili lanciati dall’Iran su Tel Aviv, secondo i soccorritori.
Le minacce Houthi ai militari Usa
I ribelli Houthi yemeniti lanceranno attacchi contro le forze statunitensi nel Mar Rosso in risposta agli attacchi ai siti nucleari dell’iran: lo ha affermato il Consiglio politico supremo del gruppo filo-iraniano citato dall’agenzia russa Tass. Minacce che seguono quelle già lanciate dalla Tv di Stato iraniana, secondo cui «ogni cittadino americano, o militare, nella regione è ora un legittimo obiettivo».
«Attacco criminale e illegale», la reazione del ministro degli Esteri iraniano
Durissima la reazione del ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, che ha condannato i bombardamenti americani sui siti nucleari definendoli «oltraggiosi» e ha affermato che il suo Paese ha il diritto di difendere la sua sovranità. «Quanto accaduto questa mattina è oltraggioso e avrà conseguenze eterne», ha scritto su X aggiungendo che gli attacchi sono stati «illegali e criminali». «In conformità con la Carta delle Nazioni Unite e le sue disposizioni che consentono una legittima risposta di autodifesa – aggiunge il ministro -, l’Iran si riserva tutte le opzioni per difendere la propria sovranità, i propri interessi e il proprio popolo».
L’annuncio di Trump dopo l’attacco ai siti nucleari iraniani
«A questo punto o ci sarà la pace, oppure una tragedia senza precedenti». Con queste parole il presidente americano Donald Trump si è rivolto alla nazione dalla Casa Bianca dopo l’attacco contro l’Iran.
Il post su Truth che anticipa l’attacco in Iran
L’annuncio del bombardamento e del conseguente coinvolgimento Usa nel conflitto Israele-Iran era stato dato dal presidente americano con un post su Truth. «Abbiamo completato con successo il nostro attacco ai tre siti nucleari in Iran, tra cui Fordow, Natanz ed Esfahan. Tutti gli aerei sono ora fuori dallo spazio aereo iraniano. Un carico completo di bombe è stato sganciato sul sito principale, Fordow».
Un alto funzionario israeliano ha riferito ad Axios che Stati Uniti hanno avvisato Israele prima di colpire i siti nucleari iraniani durante la notte. Tempestiva la replica dei Guardiani della Rivoluzione: «Adesso è iniziata la guerra», è il post pubblicato sull’account X, in seguito all’attacco americano. La tv di Stato iraniana ha, inoltre, affermato che «ogni cittadino americano, o militare, nella regione è ora un legittimo obiettivo»
In un video appena pubblicato in inglese, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha ringraziato il presidente Usa per l’attacco agli impianti nucleari iraniani. «La decisione di Trump è coraggiosa e cambierà la storia», ha affermato il primo ministro. «Io e il presidente Trump diciamo spesso, “la pace attraverso la forza”. Prima viene la forza, poi viene la pace. E stasera il presidente Trump e gli Stati Uniti hanno agito con molta forza», ha aggiunto.
La conferma dell’Iran
Gli attacchi sono stati confermati anche dal portavoce del quartier generale per la gestione delle crisi della provincia di Qom, in Iran. «Poche ore fa, dopo l’attivazione del sistema di difesa aerea di Qom e l’individuazione di obiettivi ostili, parte dell’area del sito nucleare di Fordow è stata attaccata dal nemico». Contemporaneamente, nella provincia di Isfahan, siamo stati informati che «gli impianti nucleari di Isfahan e Natanz sono stati attaccati dal nemico», ha aggiunto. Secondo il direttore dell’agenzia di stampa statale iraniana Irib, l’Iran avrebbe evacuato «qualche tempo fa» i tre siti nucleari che gli Stati Uniti affermano di aver colpito, come riportato dall’agenzia di stampa semiufficiale iraniana Mehr.
Media: «Sganciate sei bombe bunker buster»
Il deputato repubblicano: «Non è costituzionale agire così»
Sconcerto al Congresso perché Trump non ha chiesto l’autorizzazione del potere legislativo prima di bombardare l’Iran. «Non è costituzionale», ha dichiarato il deputato Thomas Massie, repubblicano del Kentucky, co-firmatario di una risoluzione volta a bloccare qualsiasi azione militare in Iran senza l’autorizzazione di capitol Hill. Rispondendo direttamente alla dichiarazione di Trump, il deputato Jim Himes, democratico del Connecticut e membro della
Commissione Intelligence, ha a sua volta scritto che «secondo la Costituzione che entrambi abbiamo giurato di difendere, la mia attenzione a questa questione viene prima che cadano le bombe. Punto».
Sanders: «È gravemente incostituzionale»
Il senatore del Vermont Bernie Sanders è il primo democratico a reagire all’attacco americano contro l’Iran. «È gravemente incostituzionale. L’unica entità che può portare questo Paese in guerra è il Congresso degli Stati Uniti. Il presidente non ne ha il diritto», ha dichiarato durante un comizio Tulsa, in Oklahoma.
(da Open)
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