A MILANO IL RACKET DELLE CASE POPOLARI IN MANO AI CLAN MAFIOSI: LA POLITICA FA A SCARICABARILE
A NIGUARDA, PERIFERIA DI MILANO, OCCUPARE UNA CASA POPOLARE COSTA DAI 1.500 AI 3.000 EURO DA PAGARE A UNA FAMIGLIA MAFIOSA CHE GESTISCE IL BUSINESS… SONO 70 GLI APPARTAMENTI GESTITI DA 15 ANNI DA TRE CLAN… I CITTADINI SONO ANNI CHE SEGNALANO LA COSA AL COMUNE, ALLA CIRCOSCRIZIONE, ALL’AZIENDA, ALLE FORZE DELL’ORDINE, MA NESSUNO HA FATTO MAI NULLA
Certe cose succedono, secondo certa stampa, solo nel profondo Sud, ma basta guardarsi intorno e anche nel progredito e ricco nord non è che le cose vadano poi così meglio.
Parliamo di alloggi popolari: a Niguarda, all’estrema periferia settentrionale di Milano, occupare una casa popolare costa dai 1.500 ai 3.000 euro.
Basta contattare Giovanna Pesco, una pregiudicata di 57 anni, soprannominata “Gabetti”, e versare la somma richiesta dal clan siciliano; nel giro di pochi giorni il racket provvede ad individuare l’alloggio nei palazzi gestiti dalla Romeo.
La malavita, in questa zona, controlla circa 70 appartamenti, assegnati a italiani o immigrati clandestini in cambio di denaro.
A rivelare la vicenda è stata l’associazione “Sos racket ed usura”: prima ha agganciato la “Gabetti” attraverso un suo volontario che si è finto in cerca di un alloggio, quindi ha filmato il colloquio con la richiesta di denaro.
Secondo l’associazione il racket va avanti da ben 15 anni: occupano le case in piena notte, sfondano le porte degli alloggi liberi e intimidiscono le persone perbene.
Il business è coordinato da tre famiglie mafiose, già distributori di droga nel quartiere.
Ora il video è arrivato in Procura, ma l’associazione denuncia che già da tempo le istituzioni sapevano e nulla hanno fatto per por fine all’illegalità .
“Nessuno ha mai mosso un dito contro il racket – attacca il leader di Sos Racket – abbiamo una copia di tutte le lettere inviate dai cittadini al consiglio di zona, agli amministratori di condominio, alla giunta, ai consiglieri di maggioranza e di opposizione. Perchè nessuno è mai intervenuto?”
La Romeo che gestisce gli stabili dal 2003 si difende: “Prima del nostro arrivo, le famiglie siciliane già occupavano senza titolo alcuni alloggi, abbiamo segnalato tutte le irregolarità , ma il nostro raggio di azione è limitato. Davanti a centinaia di occupazioni, possiamo programmare solo 3 sgomberi al mese”.
Dal Comune dicono: “verificheremo se esistono gli estremi per una denuncia, non eravamo a conoscenza della situazione in modo così circostanziato”.
Identica la posizione del presidente di zona: “Abbiamo ricevuto segnalazioni anonime e le abbiamo inoltrate alla polizia, il ritardo è da imputare alla magistratura, spetta ai Pm indagare e sgominare i clan”.
Insomma per ognuno è colpa di altri, in un gioco italico allo scaricabarile in cui vinceremmo il campionato mondiale.
I 15 anni di impunità e omertà sono stati favoriti dalla lunga burocrazia che regola gli sgomberi delle case popolari. Tempi biblici: impossibile liberare alloggi in presenza di bambini, impossibile agire davanti a donne in gravidanza ( talvolta prestate all’occorrenza dal clan).
Mentre tanta gente onesta resta in coda per ottenere uno dei 5.000 alloggi vuoti e degli altri assegnati a chi non ne ha titolo.
Una storia del profondo nord.
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