A MULTEDO NON MANDATE SOLO 50 PROFUGHI, MA ALMENO 100: COSI’ RENDONO PIU’ CIVILI I RAZZISTELLI LOCALI
IL GIOCO DELLE PARTI: LA BECERO DESTRA PROVOCA E ISTIGA, QUALCHE IGNORANTE MANIFESTA, IL PRETE E IL PREFETTO VENGONO MINACCIATI, CHI BLOCCA LE STRADE NON VIENE DENUNCIATO E MINNITTI SE NE FOTTE
Era entrato a Gerusalemme tra rami d’ulivo e palme, aveva salito il Golgota tra la folla diventata ostile. Ma mai, al buon Gesù, era capitato di avanzare tra striscioni di contestazione, neanche fosse un qualsiasi ministro o un presidente di una squadra di pallone.
Una terra in preda a convulsioni, quella di Multedo, dopo la scelta di ospitare cinquanta migranti nell’ex asilo Govone. Dove anche la processione in onore di Nostra Signora del Rosario diventa motivo di divisione.
Accade ieri, mentre le preghiere si snodano dalla chiesa di Santa Maria e Santi Nazario e Celso, in via Monte Oliveto e scendono verso via Antica Romana per poi proseguire verso via Reggio. La folla non è quella delle grandi occasioni, e così i contestatori conquistano visibilità col minimo sforzo. Basta una manciata di striscioni. Il senso è chiaro: i preti che accolgono non ci piacciono. E pensiamo pure che lo facciano per soldi.
Il comitato “ufficiale” di Multedo si era dissociato preventivamente, ma i distinguo, in questo momento, si perdono nel magma della confusione.
Caos in cui Lega, Fratelli d’Italia e Casa Pound, alzano la voce, tra solidarietà con un quartiere con pochi santi in Paradiso e richiami alla purezza della razza.
Chi non grida, ma non riesce più neppure a tacere, è don Giacomo Martino, direttore dell’Ufficio della Pastorale Diocesana che si occupa di migranti e che gestirà il nuovo centro.
L’idea di rinunciare alla struttura non lo sfiora neppure, ma il messaggio, destinato a sindaco Marco Bucci, è diretto e inequivocabile: basta nascondersi. «Non possiamo affrontare da soli questa situazione — ha spiegato don Martino — Serve un incontro urgente con il sindaco e la prefettura».
Perchè, sostiene ancora il direttore dell’ufficio Migrantes, lo scontro non conviene a nessuno: serve sedersi a un tavolo, tutti insieme e studiare un percorso condiviso. Certo, le pie intenzioni sono lastricate di trabocchetti.
A cominciare dalle questioni sanitarie avanzate dal fratello d’Italia Matteo Rosso, consigliere regionale sotto processo per peculato,che sabato ha cercato di contare personalmente il numero dei bagni dell’ex asilo perchè, giura, seriamente preoccupato per la qualità della vita dei profughi.
Peccato che Salvini ieri sera alla festa della Lega abbia detto che “i profughi non li vogliamo da nessun parte”, e che “o il prefetto lo capisce o glielo facciamo capire noi”.
Piu’ moderato del suo assessore alla presunta sicurezza di Genova che aveva detto “altrimento lo mandiamo affanculo”.
Lo avesse detto un comune cittadino avrebbe già avuto la notifica della denuncia da parte dei carabinieri, al triste figuro è tutto permesso.
Come è stato permesso a 50 abitanti del quartiere (o presunti tali) di insultare il parroco adombrando chissà quali interessi economici dietro la scelta dell’ex asilo e di bloccare il traffico all’uscita dell’autostrada al casello per oltre un’ora, senza alcuna denuncia o intervento del reparto celere.
Via libera a chi viola la legge, fino a che qualche cittadino non si romperà i coglioni e la ripristinerà in assenza dello Stato.
(da agenzie)
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