A SCUOLA DI PATRIOTTISMO CI DEVE ANDARE LA MELONI
E’ PATRIOTTICO ANDARE A BRACCETTO CON CHI IN EUROPA PORTA AVANTI EGOISMI ANTI-ITALIANI O FARE IL GIOCO DI POTENZE STRANIERE? ALTRO CHE PATRIOTI, SONO TRADITORI
“Il prossimo presidente deve essere un patriota” è una di quelle frasi (meglio, uno di quegli slogan) che riescono a lasciare un senso di spiacevole disagio senza un perché evidente. Razionalmente potrebbero filare lisce senza lasciare scorie politiche: vuota retorica tutta significante e zero significato. In fondo, si penserà, è talmente ovvio che un presidente debba essere un patriota che dirlo non può dare nessuno fastidio. Ma il disagio resta e, anzi, si fa più forte.
E allora, per capire la stortura di quella frase, bisogna fare un passo indietro e soffermarsi sul alcuni particolari che rendono tutto questo stomachevole per chi sogna una politica sana ed equilibrata.
Con quello slogan apparentemente innocente Giorgia Meloni in realtà confessa tutto il suo estremismo interiore: prepolitico, culturale, psicologico. E scatena tutto il populismo di cui può essere capace una destra ontologicamente illiberale. Cosa comporta davvero la richiesta che il “prossimo presidente” debba essere un “patriota”? Qual è il significato oltre il significante? Qual è il non detto di un urlo politico che potrebbe sembrare ridicolo nella sua ostentata ovvietà?
La risposta si nasconde furbescamente dietro alla banalità di quelle poche parole. Quando Meloni chiede un “presidente patriota” sta dicendo, sta urlando, che qualsiasi altro presidente non scelto da lei non potrà essere considerato un patriota.
Di più, sta dicendo che qualsiasi presidente diverso dai suoi desiderata non potrà che essere considerato un antitaliano.
Quello che vuole Meloni, qualcuno dovrà pur dirlo, è un’eterna guerra civile tra chi pensa di incarnare l’essenza stessa di una nazione (sono Giorgia, sono italiana, sono cristiana) e tutti gli altri che si trasformano in “nemici del popolo, della patria, della tradizione”. Con questi presupposti chiunque può diventare “nemico della patria”, traditore e “servo di potenze straniere”. Anche Draghi? Anche Mattarella? Giorgia dovrebbe avere il coraggio di dirlo…
Quella di Meloni è una declinazione caricaturale del patriottismo che, in piena coerenza con qualsiasi destra illiberale, rifiuta con orgoglio i valori (e le regole) della democrazia parlamentare.
Quello di Meloni non è patriottismo, è becero nazionalismo estremista. E infatti una politica (parole sue) “senza compromessi” che vuole uscire dal “pantano parlamentare” è, nei fatti, una politica estrema e identitaria che rifiuta i valori fondanti del sentirsi patrioti.
Torniamo all’inizio, riavvolgiamo il nastro. Chi è un patriota? È patriota chi dona se stesso a una comunità chiamata patria. Più di una comunità, una famiglia per scelta più grande della famiglia di sangue. Patriottismo è sentirsi “fratelli” (sì, fratelli d’Italia) nonostante le differenze, grazie alle differenze. E allora, se patriottismo è questo, ogni politica urlata, divisoria, totalitaria, ogni politica che ha bisogno di nemici interni diventa una politica per nulla patriottica.
Forse è Meloni che dovrebbe andare a lezione di patriottismo. Perché non basta dirsi patriottici per esserlo davvero. Solo un esempio tra i tanti possibili.
È patriottico andare braccetto con chi in Europa porta avanti egoismi anti italiani, quando applaude a chi si opposto ai soldi del Pnnr e a chi è contrario alla ridistribuzione dei migranti? No, non lo è. Come non lo è chiedere un presidente patriota.
Quella è solo retorica, pericolosa retorica.
(da Huffingtonpost)
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