ADDIO MIMMO: SI E’ SPENTO DOMENICO MENNITTI, LO SPIRITO LIBERO CHE SEPPE DIRE NO A FINI E BERLUSCONI
PASSIONE POLITICA E RIGORE MORALE LO HANNO PORTATO A FARE SCELTE CONTROCORRENTE… FINO A DEDICARSI SOLO ALLA SUA BRINDISI
Lo spessore intellettuale, la profondità d’analisi, il rigore morale, la passione politica, il senso delle istituzioni, l’orgoglio e la tenacia a presidio del territorio: anche il più strenuo oppositore ha sempre riconosciuto a Domenico Mennitti qualcosa di più dell’onore delle armi.
Anzi: molto di più, nonostante il carattere spigoloso.
Uomo di destra, parlamentare, sindaco, giornalista, fondatore di think tank e riviste, politologo dal coraggio visionario e dall’incoercibile indipendenza, Mennitti si è spento nella “sua” Brindisi a 75 anni.
Quella cittadina era stata l’ultima dimensione perlustrata e sfida abbracciata. Ma non certo l’unica.
Il Msi.
Nato a Termoli l’11 agosto del 1939, negli anni cinquanta si trasferisce a Brindisi, dove intreccia da subito le due passioni più ardenti: il giornalismo e la politica.
Dal 1979 al 1991 è stato parlamentare per il Movimento sociale, candidandosi – nel 1987 – alla segreteria nazionale (vinse Gianfranco Fini); nel 1989 diventa il vice di Pino Rauti, e nel 1991 lascia il partito della Fiamma in polemica con tutti.
Spirito inquieto, intelletto vivace e dinamico, fiuta gli albori di una nuova stagione politica e percepisce l’insufficienza (e l’inadeguatezza) degli strumenti classici della destra post-fascista: si dedica al giornalismo, dalla rivista-pensatoio “Proposta” (dal 1985 al 1991) alla direzione del “Roma”, storica testata napoletana. Osa, provoca, decostruisce e pungola.
Forza Italia.
Poi, nel dicembre del 1993, l’incontro con Silvio Berlusconi: Forza Italia è un germoglio, il cavaliere vuol puntellare il movimento che sa di marketing con le idee politiche di un pool di intellettuali. Purchè disposti a navigare in mare aperto, senza steccati.
E Mimmo Mennitti contribuisce a irrobustire l’impalcatura teorica di Forza Italia, o almeno ci prova. Contaminando e innovando, ma sempre senza mai derogare al suo tratto: le idee, il coraggio intellettuale, la cultura.
E’ il primo coordinatore nazionale dei club di Forza Italia e membro del Comitato di presidenza, fino al 1996. In quel 1994 aveva anche partorito, dirigendone la rivista, la fondazione “Ideazione”.
Nel 1999 vola a Strasburgo e Bruxelles: eurodeputato, membro dell’Ufficio di presidenza del Ppe, a capo della Delegazione dei Popolari europei presso la Commissione parlamentare mista Ue-Romania.
La normalizzazione di Forza Italia non sbiadisce però caratteristiche (e carattere) di Mimmo da Brindisi: un forzista dall’autonomia di pensiero insopprimibile, quasi una monade nel partito degli yes-man.
Sindaco.
Sanguigno, verace, orgoglioso, ironico, testardo, duro col verticismo carismatico di Berlusconi. E spesso istintivo, come quando decide – “io che non ho mai amministrato nemmeno un condominio” – di candidarsi a sindaco di Brindisi.
E’ il 2004, il capoluogo messapico vacilla martoriato dalle inchieste giudiziarie e dallo scandalo tangentopoli: un’intera classe politica spazzata via, un’identità del tutto smarrita, una dignità sfrangiata e oltraggiata.
Mennitti, a capo di una coalizione di centrodestra, vince al primo turno e col 53,8%. Indossa la fascia tricolore e spariglia: parla di “idee”, “cultura”, “rigenerazione urbana”, “orgoglio della città “, sforna progetti, riaccende – emozionato come un bimbo – le luci del Teatro Verdi, picchia su tasti ormai sconosciuti e dimenticati.
Qualcosa gli riesce, molto altro no. Quando occorre sbraita, minaccia dimissioni, batte il pugno sul tavolo, stringe all’angolo alleati e compagni di partito, tacitati dal suo carisma e dal suo spessore, tiene la barra dritta della moralità pubblica – e non era semplice.
E, ancora una volta e se necessario, straccia la tessera di partito e serra la mandibola davanti a Berlusconi e ai quadri nazionali di Forza Italia e Pdl: la battaglia contro il rigassificatore nel cuore di Brindisi, che avrebbe svilito e smentito la sua idea di “città d’acqua”, ne è la plastica rappresentazione.
Marcia in corteo sottobraccio al post-comunista Nichi Vendola, che per “Mimmo” ha sempre nutrito una stima prossima alla venerazione, e poi alza il telefono per bacchettare e incalzare i ministri berlusconiani.
Nel 2009, pur tra qualche veto, si ricandida. E vince ancora, stavolta al ballottaggio (52,5%).
La malattia però già affiora perfidamente e lui nell’aprile 2011 annuncia le dimissioni, che decorrono dal 31 agosto.
Torna così all’altro pilastro: il giornalismo, da opinionista su diverse testate, tra cui “Nuovo Quotidiano di Puglia”.
Tribune da cui sferza, punge, rilancia.
Come è sempre stato nel suo stile.
Francesco Gioffredi
(da “Brindisi Quotidiano“)
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