ALFANO, VERDINI & TOSI: “IL PD E’ LA NOSTRA CASA”
IL PARTITO DELLA NAZIONE E’ ORMAI COSA FATTA: “RESTANO SOLO POSTI IN PIEDI”
Sul suk renziano di Palazzo Madama, Maurizio Gasparri sfodera una battuta fulminante che presuppone un gioco di parole: “Non vorremmo che girassero verdoni per convincere qualche scettico”.
È scontato infatti passare dai verdoni al loro diminutivo. E cioè Verdini, il famigerato Denis che da berlusconiani è diventato guerriero del premier sulle riforme costituzionali.
Gasparri promette “nomi e cognomi di questi turpi traffici”, ma nel frattempo la turpitudine trasformista non si ferma.
Nemmeno con le voci di un accordo unitario nel Pd. Ormai il grande treno del Partito della Nazione è partito e l’eterno cossighiano Paolo Naccarato da ore ripete il suo mantra preferito: “Se continua così, per entrare in maggioranza bisognerà accontentarsi solo di posti in piedi!”.
Sembra di sentirlo il banditore-capostazione Renzi, rivolto esclusivamente al centro e alla destra:“Venghino signori, venghino”.
Gli ex berlusconiani di Denis l’inquisito
La mutazione genetica del Pd è la pietra angolare su cui possia l’edificio della nuova Carta. È qualcosa che va oltre il semplice opportunismo del momento.
A partire da giovedì scorso, è scattata una corsa ad assicurarsi le file migliori nel Partitone centrista del futuro.
Assicurano in coro i verdiniani: “Matteo ha detto a Denis che per i bersaniani non ci sarà mai più posto”.
È il modello Previti del berlusconismo anni novanta, quello che non faceva prigionieri. I verdiniani di Ala, Alleanza liberal popolare per le riforme, scommettono comunque sulle rottura. Sostiene Vincenzo D’Anna, che di Ala è il portavoce: “I bersaniani possono pure votare la riforma Boschi e poi? Sulle tasse, sull’Imu, sull’economia che succederà ? Noi abbiamo scelto di stare con Renzi, oggi e domani. Poi questa strada può anche fallire ma è una strada, l’unica che abbiamo. Tra Renzi, Grillo e Salvini da semplice cittadino voterei Renzi sempre”.
I verdiniani sono una creatura multiforme, tra socialisti, sicilianisti di Raffaele Lombardo, ex cosentiniani nel senso di Nicola.
Senza dimenticare i processi e le inchieste in cui è coinvolto Verdini, da imputato e da inquisito . In ogni caso questo è il primo pilastro di un progetto che Renzi aveva in testa sin dal 2012, quando a Verona partì con la campagne per le primarie (quelle che perse con Bersani) senza simbolo di partito e puntando ai “delusi del centrodestra”. In questa fase sono i “delusi” parlamentari che vanno da lui.
Gli ex leghisti del sindaco di Verona
Flavio Tosi fino a qualche anno fa veniva descritto dai quotidiani come il sindaco di Verona che girava con una tigre al guinzaglio e se la prendeva con “zingari e negri”.
Oggi che ha rotto con Matteo Salvini è diventato un altro piccolo capo moderato e può contare su un drappello di tre senatrici ex leghiste. E anche Tosi, come i verdiniani, pone una condizione per andare nel Partito della Nazione: la rottura con la minoranza.
Lo ha detto ieri in un’intervista a Libero: “Con Renzi, fermo restando che deve liberarsi dalla zavorra della minoranza Pd, non escludo nulla a priori”.
Tosi ragiona per esclusione, come i suoi colleghi ex berlusconiani. Tra due che “fanno solo casino” come Grillo e Salvini non resta che Renzi.
Ancor prima di Verdini e Tosi, a recitare l’atto di fede nel renzismo è stato un altro ex azzurro di rango: Fabrizio Cicchitto, ideologo di un nuovo centrosinistra.
Fabrizio D’Esposito
(da “il Fatto Quotidiano“)
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