AUTONOMIA E NESSUN MINISTRO, RIVOLTA CONTRO SALVINI DEL LEGHISTI DEL SUD
RISCHIO SMOTTAMENTO PARLAMENTARI VERSO IL TERZO POLO
Conversazioni sottotraccia, incontri riservati, sfoghi in chat: i parlamentari meridionali della Lega sono sempre più insofferenti per il poco spazio che il partito ha riservato al Sud nell’assegnazione dei posti di governo e soprattutto preoccupati per le conseguenze che, sul piano dell’immagine (e dei voti), rischia di avere il progetto di autonomia differenziata su cui sta lavorando Roberto Calderoli.
È qualcosa di più di una semplice preoccupazione, quella che unisce gli eletti del Carroccio nel Mezzogiorno: è il timore che sia già fallita l’iniziativa politica – cuore della strategia salviniana – di espansione ben al di là delle tradizionali valli padane che d’altro canto rumoreggiano. Matteo Salvini è in una tenaglia: non sente solo il ruggito del popolo settentrionale – Bossi appena uscito dall’ospedale ha subito annunciato una riunione del comitato del Nord – ma deve far fronte ai malumori che arrivano da Sicilia, Calabria, Campania.
L’autonomia, in questo senso, è un detonatore: “Nessuno contesta il principio ma la gente fa fatica a comprendere un disegno di legge che ci espone ad attacchi di forze che al Sud sono dirette concorrenti, come i 5Stelle”, dice un deputato di prima elezione.
Un disagio che fa il paio con la delusione per ruoli sempre più sacrificati di alcuni big. E per la collocazione in soffitta di quello che doveva essere l’atout della rinascita salviniana: Prima l’Italia, il progetto di apertura che, al Sud, avrebbe dovuto coinvolgere movimenti e forze politiche autonomiste e moderate.
Simbolo presentato in pochissime realtà, idea nei fatti accantonata su diktat del potente asse del Nord che comprende i governatori Zaia e Fedriga, Giorgetti, lo stesso Calderoli, che hanno messo una pietra sul partito nazionale.
“Fedelissimi” di Salvini come i parlamentari Nino Minardo, Domenico Furgiuele, Gianpiero Zinzi hanno parlato – e parlano – con qualche perplessità della prospettiva. Per via anche di problemi vissuti sul territorio. Minardo, presidente della commissione Difesa della Camera, era pronto a dimettersi dal ruolo di segretario regionale in Sicilia: ne ha parlato direttamente con Salvini. Che l’ha rassicurato. Ma lui, in un’intervista a La Sicilia, non rinuncia a dire che “La Lega deve ripartire da dove ci siamo fermati prima di precipitare sulle elezioni in piena estate, rinsaldando il rapporto con esperienze civiche e autonomiste. Il rischio è l’atrofia politica”.
E nella Calabria che Salvini aveva eletto come sua piattaforma nella conquista del Sud (regione dove è stato più volte candidato), i dirigenti oggi rumoreggiano per non avere ottenuto neppure un sottosegretario: i due nominati del governo Meloni sono di Fdi e Forza Italia. S
u questa sensazione di abbandono volteggia l’ombra dell’Autonomia che – letta come atto ostile al Sud – rischia di essere una nuova mazzata per la Lega. In Campania, ad esempio, gli esponenti del Carroccio devono far fronte all’offensiva anti-riforma (“Una proposta che divide il Paese”) portata avanti da figure di primo piano del centrosinistra quale il governatore Vincenzo De Luca e l’ex presidente della Camera Roberto Fico.
C’è chi sta lavorando su una richiesta di incontro, da parte di alcuni parlamentari leghisti, con Calderoli. Non per sollecitare modifiche alla riforma, ma per aver modo di capire la norma. E spiegarla a un elettorato che si assottiglia.
“Salvini – sbotta un parlamentare nei corridoi della Camera – non può non considerare che il pur non eccezionale otto per cento conquistato alle Politiche è figlio anche del risultato nelle regioni meridionali, visto il calo registrato al Nord”. Borbottii e malumori che potrebbero preludere a nuovi addii: i contatti con il Terzo Polo, specialmente a Montecitorio, si sono intensificati.
(da La Repubblica)
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