BERSANI SI SENTE IN TRINCEA: “ORMAI E’ NATA UNA CORRENTE MA CREANO SOLO PROBLEMI”
FRECCIATE AI DEPUTATI DI RENZI: SABOTATORI… “NON SIAMO IN GERMANIA PER POTER FARE LA GRANDE COALIZIONE, QUI C’E’ BERLUSCONI”
«Basta mettere in fila le mosse degli ultimi giorni. Renzi vuole creare problemi a Pierluigi e i suoi si muovono come una corrente».
A Largo del Nazareno, Bersani e i suoi collaboratori scrutano con fastidio e sospetto le ultimi uscite del sindaco di Firenze.
«Non è il momento di mettere ostacoli» sul cammino del segretario. Non saranno «macigni», dicono, ma la partita del Colle richiede la massima unità del Pd, tanto più se si dovesse arrivare a votare il nuovo capo dello Stato senza le larghe intese.
C’è adesso l’ombra dei franchi tiratori renziani che ieri si è allungata di molto quando i senatori legati al primo cittadino, muovendosi come una falange, hanno presentato un disegno di legge per l’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti.
Un segnale chiaro. Un modo per dire: noi ci siamo e possiamo essere determinanti. «Sta marcando il campo », dice il capogruppo al Senato Luigi Zanda.
Secondo il quale è stato un errore quel ddl. «E i giuramenti di Renzi sulla corrente che non sarebbe mai nata sono andati a farsi benedire».
Si confrontano due oggettive difficoltà .
Quella del segretario che punta ad arrivare a Palazzo Chigi attraverso il suo schema bocciato nel primo giro di consultazioni.
E quella di Renzi, per il quale la nascita di un governo che dura anche solo due anni «segnerebbe un arretramento, potrebbe diventare un treno perso», ammette uno dei suoi deputati.
Ecco perchè scatta l’operazione sabotaggio, spiegano a Largo del Nazareno.
Matteo Richetti, tra i più vicini a Renzi, si è già guadagnato l’appellativo scherzoso di «sabotatore». Così lo chiama Dario Franceschini ogni volta che lo incrocia alla Camera.
«Il possibile successo del segretario rovina i piani al rottamatore», dicono i bersaniani. E la rottura della tregua significa che oggi le chance del segretario sono in ascesa, che aver ribaltato l’ordine dei lavori mettendo al centro l’elezione del Colle dà a Bersani i margini di manovra che non ha avuto finora.
Renzi perciò deve uscire dall’angolo, ostacolando questa trattativa.
E seminando il panico nel partito.
Lo chiamano in tanti in queste ore. Telefonate che arrivano anche dal gruppo che sostiene (o ha sostenuto) il leader fino a questo momento.
Ai suoi interlocutori il sindaco ha fatto capire di voler giocare il match a tutto campo. Senza escludere alcuna opzione.
Aveva detto di non essere interessato alla segreteria del Pd, che la sua unica mission erano le primarie per Palazzo Chigi, vincerle e candidarsi alla guida del Paese.
Ma se Bersani va fino in fondo, la strategia può cambiare.
«Sono pronto ad affrontare il congresso e a presentarmi come segretario», ha detto stupendo un “amico”.
Creando una coabitazione con Bersani complicata e pericolosa.
La premiership del resto è in bilico. «C’è la sfida del Quirinale, ci sono le sentenze di Milano. L’atteggiamento di Berlusconi nei confronti dello schema Bersani potrebbe cambiare», ammette Richetti.
Il segretario ha appena cominciato le sue manovre per la scelta del presidente: oggi vede Monti e organizza l’incontro con il Cavaliere.
Deve potersi muovere senza intralci. Per questo, i suoi non accettano l’aut aut di Renzi. «Cosa vuol dire “fate le larghe intese”? Se fossimo in Germania la Grande coalizione sarebbe già nata. Con il risultato elettorale di febbraio il partito che è arrivato primo guida il governo e il secondo prende il ministero degli Esteri o la vicepresidenza del Consiglio. Ma non siamo in Germania, qui c’è Berlusconi. Matteo non lo sa?».
Insistere sull’alternativa tra “armistizio” come lo ha chiamato ieri Francesco Boccia, uno di quelli che sente più spesso il sindaco, e il voto significa fare un piacere al Cavaliere.
Ma anche il segretario ha un problema: la sua maggioranza congressuale regge di fronte a certi nomi che circolano per il Colle (Prodi in primis)?
E i Giovani Turchi, favorevoli al voto a giugno, non sono pronti a siglare loro una tregua generazionale con Renzi lasciandogli la guida della “ditta”?
Goffredo De Marchis
(da “la Repubblica“)
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