CAPODICASA, L’ULTIMO PROBLEMA PER BERSANI
IL Rà€S AGRIGENTINO DEFINàŒ “CORVI E SCIACALLI” GLI AGENTI CHE DEBELLARONO UN SISTEMA CRIMINALE
Angelo Capodicasa non è un candidato ‘impresentabile’ (ovviamente a parere di chi scrive) qualunque.
Se Mirello Crisafulli e Antonino Papania (già descritti in due rapporti dei Carabinieri pieni di intercettazioni inedite svelati dal Fatto negli ultimi giorni) sono i due pesi massimi del Pd a Enna e Trapani, Capodicasa non è solo il leader di Agrigento.
Il deputato di Joppolo Giancaxio ha trascorso ben 50 dei suoi 63 anni di vita nel partito. Entrato nel Pci a 13 anni, primo ex comunista presidente della Regione nel 1998, viceministro con Prodi nel 2006, oggi terzo in lista alla Camera nel collegio Sicilia 1 grazie alle primarie, Capodicasa è il peso massimo del Pd siciliano.
Una discussione sulla sua candidatura implicherebbe un’analisi seria della storia del partito degli ultimi decenni.
Solo l’ex consigliere comunale di Agrigento, Giuseppe Arnone, continua a inondare la commissione di garanzia del Pd con esposti contro la candidatura di Capodicasa.
Nel penultimo il 15 gennaio segnala persino al segretario Bersani un presunto abuso edilizio su una villa di famiglia a Cattolica Eraclea.
E nell’ultimo, di ieri, Arnone accusa il candidato di avere “violato lo statuto del Partito commemorando nella pubblica piazza l’ex sindaco di Campobello di Licata, rimosso per mafia, Calogero Gueli”.
Il fatto risale al luglio del 2011. Capodicasa quel giorno “nel corso della commemorazione pubblica indetta con tanto di lutto cittadino definiva ‘corvi, sciacalli e iene’ gli uomini delle Forze dell’Ordine e della magistratura e i politici che avevano debellato il sistema criminale ruotante attorno alla famiglia Gueli”.
Gueli perse il posto per lo scioglimento del suo Comune per mafia dopo il suo arresto il 22 giugno del 2006.
Scarcerato e poi condannato a 3 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa in primo grado, Gueli fu assolto in appello.
La sentenza definitiva però condannava per mafia il figlio Vladimiro Gueli e il genero Giancarlo Bugea e descriveva così papà Calogero:
“Ha costituito ‘un centro di potere affaristico imprenditoriale’ sfruttando la posizione di preminenza derivante dalla carica di sindaco (…). Si è certamente acquisita prova di una serie di illegittime ingerenze di Gueli Calogero nelle procedure di aggiudicazione dei lavori nel Comune di Campobello di Licata. Vi è la certezza che il Gueli abbia agito in modo minaccioso nei confronti di altri imprenditori per ottenere contratti di appalto per le imprese di famiglia”.
Perchè allora Gueli fu assolto?
La motivazione avrebbe sconsigliato a Capodicasa la commemorazione: “Può ritenersi che il Gueli abbia posto in essere gli illeciti coinvolgenti la Anaconda Costruzioni e la Sir.Tech per favorire se stesso e i suoi congiunti, Gueli Vladimiro e Giancarlo Bugea, in quanto tali e non quali esponenti mafiosi”.
Il rapporto Gueli-Capodicasa è illuminato dai verbali del pentito Maurizio Di Gati, che però non hanno portato a nessuna conseguenza giudiziaria perchè non riscontrati.
Il primo dicembre del 2006 Di Gati dichiara: “Il capo mafia Giuseppe Falzone, che è stato il mio successore ai vertici di Cosa nostra di Agrigento, mi disse che tramite il sindaco Gueli di Campobello di Licata si poteva arrivare a Capodicasa per avere lavori”.
Al riguardo Capodicasa ha dichiarato: “Non ho mai conosciuto nessuno dei personaggi citati da Di Gati che riporta fatti e circostanze apprese di terza mano e aleatorie”.
E anche Di Gati ammette di non avere mai incontrato Capodicasa nè Gueli. Le dichiarazioni più imbarazzanti per il leader del Pd agrigentino però non sono quelle di un pentito ma di un poliziotto.
L’ex capo della squadra mobile di Agrigento, Attilio Brucato, ha parlato dei rapporti tra Capodicasa e il costruttore di centri commerciali Gaetano Scifo, arrestato nel 2004 e ora sotto processo.
Nell’udienza del 19 marzo del 2011, Brucato spara: “Ci sorprese che dopo l’arresto di Scifo, pendente il processo Alta Mafia, in cui Scifo era imputato per reati aggravati dall’articolo 7, cioè di mafia, i Democratici di sinistra avessero fatto una riunione con lo Scifo medesimo appena scarcerato, riunione perorata, organizzata e promossa da Capodicasa (…), appurammo che i Ds di Capodicasa avevano contatti diretti con Scifo … e che dopo gli incontri tra Scifo e Capodicasa i Ds fecero una presa di posizione sostanzialmente coincidente con quelle assunte da Scifo contro il centro commerciale Moses avversato appunto da Scifo”.
Capodicasa commentò: “Erano riunioni a cui partecipavano numerosi dirigenti e parlamentari della provincia e alcune erano presiedute da componenti della commissione antimafia”.
Marco Lillo
(da “Il Fatto Quotidiano”)
Leave a Reply