CASALEGGIO E’ STATO BRAVO, MA GLI ALTRI SONO MESSI MALE
QUANDO UN ESPERTO DI MARKETING E WEB RIESCE A RIVOLTARE UN PAESE GRAZIE ALL’AVATAR DI UN COMICO…E I SUOI ROBOT OGGI SI SENTONO PIU’ LIBERI CHE ORFANI
Gli dicono solo “Ciao”, i suoi amici. Ciao, Gianroberto.
E in questa comunicazione laconica c’è lo specchio di una comunità che per vocazione e per prassi non esterna in nessun caso pensieri, sentimenti, emozioni personali.
I robot di Casaleggio, diceva qualcuno. Chissà .
Sta di fatto che ricorderemo Roberto Casaleggio come la cartina al tornasole del disastro politico italiano: quando un esperto di marketing e web riesce a mettere in ginocchio intere filiere politiche e a rivoltare un Paese intero usando l’avatar di un comico peraltro piuttosto in disarmo, c’è da dire una sola cosa: lui è stato bravo, noi stiamo messi male.
Il Casaleggismo è stato la cifra del Movimento Cinque Stelle assai più del Grillismo, che ne ha rappresentato la versione pop e comiziale.
Un movimento-chiesa assai simile ai partiti novecenteschi: territorio più comunicazione più leadership, espressi dai meetup, dal web e dal carisma dei capi anzichè dagli attivi sezionali, dai volantini e dagli eletti al Comitato Centrale.
E però, più o meno sempre la stessa roba. La differenza è che se del vecchio mondo delle ideologie sapevamo tutto – i gusti cinematografici e i libri di riferimento, il pantheon storico e filosofico e persino le preferenze in materia di scarpe o occhiali – del mondo nuovo fondato da Casaleggio non sappiamo quasi niente sotto il profilo della formazione personale e delle passioni. E niente rivela quel “Ciao”.
Cosa è stato Casaleggio per loro? Guru? Padre? Fratello maggiore? Semplice motore organizzativo? Ideologo? Amico? Lo piangono? Lo rimpiangono? O siccome “uno vale uno” le lacrime sono limitate?
Qualunque cosa sia, i seguaci di Casaleggio la tengono per sè.
Forse è solo pudore, rifiuto del trombonismo abituale alla politica con i suoi panegirici post-mortem, ma è più probabile che il riserbo nasconda la confusione emotiva del momento.
Ci si sente di sicuro orfani, ma forse anche più liberi, come spesso avviene quando scompare un capo assoluto.
I paletti del Casaleggismo e l’impermeabilità delle sue disposizioni originarie a ogni suggerimento di opportunità politica (“Ogni volta che deroghi a una regola praticamente la cancelli”) sono risultati in tante occasioni piombo nelle ali del Movimento.
Si pensi alle candidature delle amministrative, a Roma in particolare, dove i grillini hanno dovuto assoggettarsi alla roulette degli sconosciuti pur avendo nomi con la vittoria in tasca.
Si pensi alla vicenda delle espulsioni dei parlamentari all’inizio della legislatura, per una critica di troppo o una comparsata televisiva non concordata con l’istanza superiore.
Insomma, non è facile interpretare una parola così piccola come un “Ciao”.
Ma la sensazione è che sia stata scelta, nella sua semplicità , come scudo di molti controversi pensieri che non è il momento di esternare.
Non ora, non finchè non si capirà cosa succede.
Flavia Perina
(da “Huffingtonpost”)
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