Dicembre 11th, 2018 Riccardo Fucile
ANTONIO E’ UN COMMERCIANTE AMATO NEL QUARTIERE, SUBISCE UNA RAPINA E LO STRONCA UN INFARTO… IL RAPINATORE NON E’ UN CRIMINALE, SI PENTE E SI CONSEGNA… L’INCONTRO E L’ABBRACCIO DEI FIGLI
“Incantesimo napoletano”. Il titolo è di una bella commedia di Paolo Genovese.
Se dovessimo dare un titolo a quel che è accaduto a Napoli, dovremmo chiedergli di darcelo in prestito.
Per raccontare un miracolo, un incantesimo. La vita è così, alzi gli occhi al cielo per guardare se continua a suggerirti tempesta, e all’improvviso il nero del cielo si apre tagliato dalla lama del sole.
E’ quel che è accaduto a Napoli, nel popolare quartiere di Montesanto. Il sole ha attraversato le vetrate della chiesa di Santa Maria, ma tutto è cominciato con un tentativo di rapina.
Uno come tanti altri, sul margine pericoloso della vita quando la vita è un secchio per i rifiuti.
Antonio Ferrara è un commerciante amato e conosciuto nel quartiere, subisce una rapina, si sente male, lo stronca un infarto.
Il rapinatore non è un criminale, come sbrigativamente il nostro tempo passerebbe ad etichettare. Si pente, è distrutto per la morte che ha causato, si consegna. Ha sbagliato e vuol pagare, ricostruire, provare a ricostruire una vita sempre difficile.
Arriva il giorno dei funerali, c’è tutto il quartiere, la gente piange Antonio.
All’altare don Michele, il prete del quartiere, ricorda Antonio, e racconta del pentimento e di un giovane che è venuto in chiesa, il figlio del rapinatore pentito.
Ha chiesto a don Michele Madonna di poter incontrare Pietro, uno dei figli della vittima della rapina.
Don Michele parla col figlio del commerciante, Pietro accetta. I due si incontreranno. Si incontrano, si abbracciano, le lacrime dell’uno e dell’altro. Tutto nel riserbo che un incontro così drammatico, intimo, intenso e bello richiede.
Dall’altare don Michele racconta l’incontro e l’abbraccio, lo indica a tutti come esempio, come modello di una umanità diversa, non incattivita come quella che sta dominando i nostri giorni.
“Un piccolo miracolo”, dice don Michele. “Un frutto di Antonio, suo figlio Pietro – racconta – si è incontrato con il figlio di questa persona che ha chiesto perdono… Parlatene a casa, nelle scuole… Noi, popolo napoletano abbiamo scelto la vita, la speranza, la pace”. Tra i banchi della chiesa sono lacrime e applausi
Un miracolo che meriterebbe la prima pagina, un miracolo che ci suggerisce che c’è ancora spazio per sperare:
Un miracolo che ci racconta anche di una città , Napoli, difficile ma straordinariamente capace di incantare.
Ci racconta, aggiungiamo, di una Chiesa, la migliore, quella che condivide le pieghe e le piaghe della vita dei poveri Cristi.
E sa indicare il bene e il male.
(da Globalist)
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Novembre 6th, 2018 Riccardo Fucile
INCHIESTA DI LIBERA: IL 31,6% DEI CITTADINI VEDE LA MAFIA COME QUALCOSA DI MARGINALE
Il 31,6% dei cittadini campani vede la mafia come qualcosa di marginale o non socialmente pericoloso, il 12,2% la considera solo un fenomeno di letteratura.
Sono alcuni dei dati più significativi che emergono dall’indagine su percezione e presenza delle mafie e della corruzione condotta da Libera in tutte le regioni nell’ambito del percorso ‘Liberaidee’, che da oggi all’11 novembre vedrà l’associazione impegnata in una serie di iniziative di informazione e sensibilizzazione.
Il rapporto nasce da 10mila questionari somministrati a livello nazionale, 616 dei quali in Campania, coinvolgendo in particolare gli under 18 e i giovani tra i 18 e i 25 anni.
Vista l’alta percentuale di studenti intervistati, oltre sei su dieci, colpisce come in questa fascia ci sia una scarsa consapevolezza dei fenomeni mafiosi e corruttivi, considerando che il movimento anticamorra campano è nato anche in questi ambienti, oltre che tra gli operai e i braccianti agricoli, anch’essi distanti da una percezione corretta.
C’è un forte distacco dalla politica: solo il 16,9% dei campani si definisce impegnato (+5% rispetto alla media nazionale), il 46,8% pensa che sia sufficiente tenersi al corrente, l’8,6% si dice disgustato dalla politica, in linea con il dato italiano.
Nel Paese il fenomeno mafioso è percepito come globale (74,9%), mentre in Campania la percentuale scende al 59,4% e il dato di chi lo ritiene una specificità del Sud è quasi il quadruplo rispetto al resto dell’Italia (7,5% contro 2,1%).
Per gli intervistati la principale attività della mafia in Campania è il traffico di droga (70,8%, il 59,8% in Italia), l’estorsione (40%) e il traffico di rifiuti (27%).
In quest’ultimo caso la percezione è doppia rispetto al dato nazionale, così come per gli omicidi. Alla domanda ‘Cosa ti toglie di più la mafia?’, nel dato complessivo prevale l’idea della libertà , mentre in Campania primeggiano sicurezza, lavoro e futuro.
Sul fronte della corruzione, in Campania è piu’ alta la percezione del fenomeno (92,7% contro il 73,4% complessivo) e la metà del campione ritiene che sia molto presente sul proprio territorio, anche in virtù di esperienze personali.
Tra le figure considerate più corrotte ci sono i politici, principalmente rappresentanti del Governo, parlamentari ed esponenti dei partiti.
Il 64,3% non denuncia perchè teme ripercussioni, mentre un terzo dei campani lo giudica un atto inutile perchè ritiene corrotti anche i funzionari pubblici, segno di una sfiducia generalizzata.
“Alcuni dati sono altamente preoccupanti – riflette Fabio Giuliani, referente di Libera in Campania – mentre su altri fronti il rapporto ci dice che stiamo andando nella giusta direzione. È prioritario lanciare una grande sfida educativa, partendo dalle politiche dell’istruzione”.
Per il responsabile della ricerca, Mariano Di Palma, “non si puo’ affidare l’educazione alla legalità a eventi spot, all’interno di istituti scolastici che si trasformano sempre piu’ in ‘progettifici’. Bisogna recuperare un senso di mobilitazione civile generale e valorizzare le esperienze straordinarie presenti sui territori anche per dare una speranza per il futuro”.
(da Globalist)
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Ottobre 3rd, 2018 Riccardo Fucile
LA DENUNCIA DI MARCO MESSINA: “NON MI SENTO DI CONDANNARLI, SI SPECULA SUL LORO BISOGNO”
Marco Messina, co-fondatore dei 99 Posse, ieri ha scritto su Twitter e su Facebook che ha incontrato alcuni suoi conoscenti in prefettura, i quali gli hanno detto di essere stati pagati per partecipare alla manifestazione: «Dopo il corteo contro Salvini decido di passare davanti alla prefettura per vedere la faccia dei fan napoletani della Lega — scrive infatti Messina — riconosco due ragazzi del mio quartiere che alla mia domanda sul perchè fossero lì mi hanno risposto: fratè, ci hanno dato 20 euro».
Il post ha suscitato, tra i follower dell’artista, critiche verso i ragazzi in questione.
Ma è lo stesso Messina a prendere le loro difese: “È facile convincere un ragazzo che guadagna 500 euro al mese lavorando a nero — spiega — a farsi un giro a piazza Plebiscito con una bandiera di Salvini in mano. Io non mi sento di condannarli”.
(da “NextQuotidiano”)
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Settembre 10th, 2018 Riccardo Fucile
“NON HA RAFFORZATO GLI ORGANICI, NON HA AUMENTATO LE PATTUGLIE DI NOTTE, PAGHI GLI STRAORDINARI AGLI AGENTI”
Ennesima “stesa”, ossia raid intimidatorio della criminalità , a Napoli: la polizia ha recuperato 18 bossoli in piazza Mercato, dopo una segnalazione giunta ieri sera al 113. I colpi sono stati esplosi da sconosciuti intorno alle 21. Nessuna persona è rimasta ferita, nè si segnalano danni. Si indaga anzitutto esaminando i filmati di videosorveglianza disponibili nella zona.
Le “stese” sono colpi sparati all’impazzata da elementi, spesso giovanissimi, dei nuovi clan che stanno prendendo il posto delle storiche cosche della camorra, decapitati da arresti e condanne: si spara per affermare il controllo sul territorio, allo scopo di spaventare eventuali rivali.
Nei giorni scorsi in uno di questi raid è rimasta ferita alle gambe una donna che, nel rione Forcella, era affacciata al balcone di casa.
“Cosa fa il governo per rafforzare, ad esempio, la presenza delle forze di polizia nelle nostre strade? Ha rafforzato gli organici? Ha intrapreso misure concrete? Nulla”. Così il sindaco di Napoli Luigi de Magistris commenta il susseguirsi di “stese”.
“Eppure vedo che alcuni parlamentari napoletani di M5S parlano come se fossero in campagna elettorale oppure all’opposizione del governo nazionale. Se volete che la sicurezza si consolidi a Napoli, come altrove, andate dal “vostro” ministro dell’Interno – scrive il sindaco in un post – e ditegli di rafforzare le presenze delle forze di polizia, di fare concorsi, di acquistare autovetture, di pagare gli straordinari per avere più pattuglie in strada di notte. Ditegli anche di consentire ai Comuni, compreso Napoli, di poter assumere personale della polizia locale, da graduatorie già pronte, di poter avere gli strumenti normativi necessari per rafforzare il lavoro per la sicurezza. Insomma fate qualcosa di concreto per la sicurezza e se il ministro vi dovesse dire che non ci sono risorse ricordategli, se potete, che deve restituire 49 milioni di maltolto agli italiani. Con quei soldi anche la sicurezza sarebbe più forte”.
(da agenzie)
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Agosto 31st, 2018 Riccardo Fucile
SONO 3.263 PER UN GIRO DI AFFARI DI 24 MILIONI DI EURO L’ANNO
Un esercito di 3.263 persone. E’ quello dei parcheggiatori abusivi a Napoli, veri padroni delle strade del capoluogo campano. Il dato emerge da un rapporto da tempo in mano alla polizia municipale partenopea che disegna una vera e propria mappa del fenomeno
Ne parla il Mattino che è riuscito a leggere il documento: novecento pagine fitte fitte con nomi, indirizzi, dettagli.
C’è il racconto di un mondo che, pur essendo sotto gli occhi di tutti, è difficile da inquadrare nella sua interezza. Quelle carte contengono, soprattutto, un’amara certezza: i parcheggiatori abusivi sono tanti, sono ben organizzati e attualmente sembrano invincibili
L’esercito dei parcheggiatori abusivi controllerebbe il 40 per cento delle strade cittadine (1305 su un totale di 3180, esclusi i vicoli dove è impossibile collocare un’auto).
Un giro d’affari che – secondo stime non ufficiali – si aggirerebbe intorno ai 2 milioni di euro al mese, 24 milioni all’anno
*I parcheggiatori senza licenza sono così tanti da costituire “l’azienda privata” con il maggior numero di addetti della città di Napoli. Proprio per contrastarli l’amministrazione locale ha proceduto intanto a un loro censimento: un dossier in cui vengono elencati la spartizione del territorio, gli orari di “servizio”, le tariffe medie.
Tante anche le multe comminate per sanzionarli, ma senza nessun effetto. Dal 2010 ad oggi sono state elevate contravvenzioni per un valore che supera i 3 milioni di euro, ma di tale somma il Comune non ha visto un centesimo. Tutti i 3.263 parcheggiatori abusivi risultano infatti nullatenenti. Un tempo la multa era di 771 euro e di recente è salita a mille euro
Il parcheggiatore che detiene i record di longevità lavorativa e di multe ricevute è Raffaele S., in strada da quando aveva 8 anni e ancora al lavoro. Negli ultimi 8 anni i vigili gli hanno registrato 40 verbali , per un totale di 584mila euro mai pagati.
(da Globalist)
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Maggio 13th, 2018 Riccardo Fucile
“DOVE C’ERA UNA STANZA DEL BUCO ORA SPACCIAMO LIBRI”
“A Scampia ci sono trentamila studenti, ma un ragazzo per comprarsi un libro doveva farsi otto chilometri perchè nel quartiere non c’erano librerie”.
Rosario Esposito La Rossa ha quasi trent’anni ed è l’editore della Marotta e Cafierro. Dallo scorso autunno è diventato il primo libraio di Scampia grazie all’apertura della “Scugnizzeria”.
“Per oltre quarant’anni non abbiamo avuto una libreria nel quartiere — racconta La Rossa che nel 2004 ha perso il cugino Antonio Landieri, vittima innocente della camorra — ma oggi possiamo dire che dove c’era una stanza del buco oggi spacciamo libri”. –
I 140 metri quadri della libreria ospitano anche attività e laboratori dedicati proprio agli “scugnizzi” per evitare che finiscano nelle mani della camorra: “Nessuno credeva che in questo quartiere fosse possibile aprire una libreria, ma oggi abbiamo vinto questa scommessa”
(da agenzie)
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Marzo 18th, 2018 Riccardo Fucile
STORIE AGGHIACCIANTI DI VITE BRUCIATE NEI RIONI POPOLARI DELLA PERIFERIA
Sesto piano di un edificio popolare a Piscinola. La signora si chiama E., ci accoglie in cucina con i sandali e una vestaglia rosa, sta cucinando, ha solo 45 anni.
È la madre di uno dei tre ragazzi – un 15enne, due 16enni – che hanno ucciso a bastonate una guardia giurata, Francesco Della Corte, per rubargli la pistola mentre chiudeva il cancello della metropolitana di Piscinola-Scampia.
La volevano vendere per ricavare 5-600 euro. Della Corte rantolava, dopo i colpi. “Pensavamo che russasse”. No, stava morendo. Gli assassini sono stati arrestati tutti e tre.
E Repubblica – casa dopo casa, famiglia dopo famiglia – ha ricostruito le loro vite bruciate attraverso il racconto dei familiari.
La signora E. è provata. “Ho detto a mio figlio che ora non mi vedrà più. Io non ci volevo credere che avevano fatto una cosa così assurda. Anche se lui ha guardato solamente, perchè io non ci credo che lui ha colpito, ma deve pagare il suo reato. Non ha voluto studiare, lo stavo mandando in Germania a lavorare. Era l’unico modo per salvarsi”
Mostra dal pc un ticket: “Qui c’è il biglietto telematico: giovedì doveva partire. Per pochi giorni si è distrutto la vita”.
Il ragazzo indagato ha un fratello gemello, alto e sottile, che ora sembra sotto shock: “Non avevo capito niente, non si è confidato. Lui usciva con gli amici, io ormai stavo solo con la mia fidanzata”.
Di giorno se ne stavano a letto. Di notte in strada. Fino alla più vicina “cornetteria”. Segni particolari: nessuno. Così L., K. e C. sarebbero diventati assassini per noia. Massacratori di un inerme vigilante solo per sete di soldi e potere. Storia di tre ragazzi nati e bruciati a Piscinola. Fino agli arresti di un dirigente vecchio sbirro, Bruno Mandato. Ecco le loro vite, viste dall’interno.
GLI IPHONE DISTRUTTI DI L.
Il più “piccolo”, per l’impianto accusatorio, è anche il più spietato e sicuro: L., 15 anni compiuti a dicembre. Sarebbe stato lui a ideare il piano, il primo a colpire. Genitori separati da quattro anni, ma è il padre, G., con la faccia a metà tra desolazione e assenza, a raccontare a Repubblica come si perde un figlio “senza poter far niente”, praticamente senza accorgersene.
La madre di L., A., è invece ancora “in Germania, stava aiutando un altro figlio, oggi manovale all’esterno, a fare il trasloco”. “Che devo dire? – comincia suo padre – Mi dispiace tanto per quel pover’uomo morto. Lo vedo poco mio figlio, da quando la madre se ne andò con un altro, continuo a vivere nel mio scantinato, però mio figlio L. stava con la mia ex moglie a casa della zia materna, dove però stanno bene, non gli manca niente. In questi giorni, stava così normale e tranquillo che mi ha chiesto i soldi per comprare le fedine d’oro per lui e la fidanzata, e gli ho dato pure 300 euro, io che mi sono sempre arrangiato”.
Occhi di un genitore impotente: “Un figlio viene come vuole lui, come le piante, crescono storte o dritte e tu non ci puoi fare niente”.
L. ha una denuncia a 12 anni per un’aggressione, il fratello aveva precedenti per droga. A pochi metri, ecco l’edificio dove L. vive con la zia E.
Lei, madre di 3 figli, apre la porta, ti mostra la stanza confortevole, con televisore a schermo piatto a muro, dove dormiva il ragazzo. “Mio nipote l’ho sempre visto come un bravo ragazzo. Gli ho comprato almeno un paio di iPhone, tutti distrutti. La mattina dormiva, la sera usciva. Io gli dissi: Uè basta, devi andare a lavorare. E pareva convinto, aveva deciso di fare il panettiere”.
IL BIGLIETTO AEREO DI K.
Anche K. ha genitori separati, quattro fratelli – due dei quali all’estero, operai in Germania anche loro. Suo padre fa il parcheggiatore abusivo, economicamente assente, la madre – in precarie condizioni di salute – sopravvive “facendo pulizie ovunque, dagli uffici ai ristoranti”.
I POST FEROCI DI C. IL TERZINO
Il padre di C., imbianchino, alle 6 del mattino ha lasciato il cantiere per precipitarsi in Questura, quasi in lacrime, con gli abiti sporchi di lavoro. “Veramente mio figlio ha fatto questo?”. Eppure C. aveva un sogno e un talento: fare il calciatore. Giocava con l’associazione “Brothers” di Chiaiano, fucina di promettenti atleti. “Stava per avere un contratto con una squadra della B”, racconta la famiglia. Peccato che, a leggere il suo profilo Fb, non era mai stato un mite.
In un post inneggia a Totò Riina: “Certe cose prima si fanno e poi si dicono… R.I.P Zio Totò”. E ancora, a dicembre: “Un leone non si preoccupa del parere delle pecore”. Più recentemente: “Se non giochi col fuoco morirai di freddo”. Eppure C. sarebbe stato, dei tre, il meno violento. Ha raccontato agli inquirenti che lui “guardava e basta”. Guardava mentre gli altri uccidevano, e bruciavano la vita di un innocente, insieme alla propria.
(da “La Repubblica”)
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Marzo 11th, 2018 Riccardo Fucile
LA SCALZABANDA E’ NATA NEL 2012 NEL QUARTIERE MONSANTO: “MODELLO DI INTEGRAZIONE SOCIALE, QUI NON ESISTONO DIFFERENZE”
Imboccate la Salita Pontecorvo, fermatevi al numero 65 e chiedete della Chiesa barocca di San Giuseppe delle Scalze: vi risponderanno con una sola parola: la Scalzabanda.
È questo il nome di una vivace e variegata banda musicale nel cuore dei vicoli di Napoli, composta da ragazzi e bambini, immigrati e giovani musicisti del quartiere Montesanto.
Il nome viene dalla chiesa barocca dove la ScalzaBanda si riunisce e ha la sua sede, e dal Coordinamento ‘Le Scalze’, un insieme di associazioni no-profit che si occupano di promuovere la cittadinanza attiva e l’inclusione sociale.
Oggi la banda conta 75 bambini e ragazzi, dai 5 e i 18 anni, divisi in 8 classi di strumento: “In un quartiere come questo il nostro metodo è quello dell’apprendimento collettivo: i ragazzi imparano suonando insieme, stando insieme”.
Tutto è nato nel 2012, tra mille difficoltà , grazie ad un bando della Fondazione del Banco di Napoli per l’Assistenza all’Infanzia. “Una piccola cifra che ci ha consentito di fare partire il progetto — racconta Antonella Liccardo, ricercatrice presso l’Università Federico II e responsabile dell’iniziativa —. L’idea era quella di lavorare sull’integrazione sociale attraverso la pratica musicale collettiva”.
In un quartiere come questo il nostro metodo è quello dell’apprendimento collettivo: i ragazzi imparano stando insieme
Il team della ScalzaBanda è costituito da un corpo insegnante di nove musicisti professionisti (professori d’orchestra, docenti di conservatorio e di scuole medie e superiori), due direttori di banda, un arrangiatore/compositore, un insegnante di canto corale, un insegnante di ascolto guidato di musica classica, due addetti ai rapporti con le istituzioni musicali e uno staff organizzativo di sei persone.
Le lezioni si svolgono due volte a settimana: un incontro sulla tecnica strumentale e un altro dedicato alla musica d’insieme.
Le otto classi di banda contano flauto traverso, clarinetto, oboe, tromba, trombone, corno, bassotuba e percussioni, più una classe di propedeutica. La presenza nel quartiere di un elevato numero di musicisti professionisti, inoltre, ha favorito il coinvolgimento di professionalità di altissimo livello.
Dal giugno 2012, dopo soli tre mesi dall’inizio del progetto, la ScalzaBanda ha iniziato a esibirsi pubblicamente. Ad oggi si contano una cinquantina di concerti in teatri, monumenti, piazze, strade e parchi, da soli o insieme ad altri artisti.
Le reclute delle nuove leve avvengono praticamente mediante un lavoro d’informazione e un coinvolgimento diretto degli abitanti del quartiere. La musica, così, riesce a strappare i bambini da situazioni “difficili e in certi casi disastrate”, aggiunge Antonella, combattendo la dispersione scolastica e l’allarmante aumento della criminalità giovanile.
I quartieri in cui la banda è protagonista sono, rispettivamente, Montesanto “punto di snodo dei diversi flussi che quotidianamente attraversano le città ”, e piazza Mercato, dove “si percepisce una massiccia eterogeneità di etnie e dove è fortissima la percezione di disagio sociale”, continua.
I ragazzi della ScalzaBanda spaziano tra vari generi: suonano i Deep Purple e Pharrell Williams, collaborano con Vinicio Capossela e Stefano Benni.
Negli anni si contano numerosi gemellaggi con alcune Brass Band parigine (Les Meteores, ad esempio, che vengono a trovarli a Napoli ogni anno) con l’orchestra sud-americana dei Grillitos Sinfonicos, dalla regione de Las Misiones, in Argentina e con una serie di artisti napoletani, dai Foja a Gnut, fino a Daniele Sepe.
Nel 2014, in più, la ScalzaBanda ha lanciato MusBa Fest, il primo festival regionale dedicato alle bande e orchestre giovanili, con oltre 300 bambini e ragazzi provenienti da tutta la Campania.
Le attività vanno avanti con passione ed entusiasmo, seppur tra mille difficoltà . “Anno per anno riusciamo faticosamente a raccogliere quanto basta per portare avanti la banda, con un lavoro di stesura progetti e ricerca fondi enorme — racconta Antonella —. Ogni finanziamento copre solo l’arco di un anno. Vorremmo poter garantire continuità sia per numero di bambini coinvolti che per modalità ”.
Obiettivi per il 2018? La ScalzaBanda si è aggiudicata un bando per l’Adolescenza del Comune di Napoli dal titolo BandaLarga, che prevede la creazione di un secondo polo a piazza Mercato e l’attivazione di una Music Factory, una vera industria con lo scopo di favorire la nascita di nuovi gruppi tra gli adolescenti, mediante anche uno spazio multifunzionale, gratuito, attrezzato e professionale.
La strada è lunga, la consapevolezza di far bene tanta.
“Qui non esistono differenze — concludono i giovani musicisti — Ed è tutto merito della musica”.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Febbraio 19th, 2018 Riccardo Fucile
INTERVISTA A DEMARCO, STORICO EX DIRETTORE DEL ‘CORRIERE DEL MEZZOGIORNO’: “UN SISTEMA DI POTERE PEGGIORE DI QUELLO DI BASSOLINO”
“Il sistema De Luca è peggiore di quello di Bassolino”. Marco Demarco, storico ex direttore del Corriere del Mezzogiorno fino al 2015 e profondo conoscitore delle dinamiche del Sud Italia, non ha dubbi. “Il potere di De Luca è sempre stato tollerato perchè l’efficienza prevaleva nel giudizio sul verticismo e sul cesarismo. Ma senza risultati non regge più”.
Dunque questo “sistema-De Luca” ha travalicato Salerno? Quanto è radicato?
Le foto con i figli ai lati sono l’emblema di questo sistema. Basterebbe questo, senza considerare che uno è imputato per bancarotta fraudolenta, l’altro è indagato per corruzione. Raramente un sistema di potere ha una foto, un’immagine in cui riconoscersi. Questo è talmente evidente e sfacciato che ha addirittura un’icona. Di tutte le famiglie che nel meridione hanno perpetrato il potere, nessuna ha avuto tre componenti contemporaneamente sulla scena pubblica. Penso ai Gava, per esempio. Antonio si affermò solo quando Silvio smise di essere ministro. A un’ascesa corrispondeva una contemporanea discesa.
Viene in mente l’aggettivo “napoleonico” attribuito al periodo di Bassolino. Vede analogie?
C’è un evidente punto in comune. Vale a dire quello per cui, in un sistema di fatto presidenziale come è quello che vige nelle Regioni, è mancata una classe politica forte alla prova dei fatti. Il potere diretto ha fallito alla prova dell’emergenza rifiuti, che dieci anni fa ha sostanzialmente chiuso l’epoca Bassolino. Oggi siamo punto e a capo. L’unico passo avanti, paradossalmente, è stato quello dell’inceneritore di Acerra, per il quale nel 2009 Silvio Berlusconi mobilitò l’esercito. Senza quello oggi saremmo sommersi. Dopo, il nulla più assoluto. E dire che ogni giorno paghiamo 120mila euro di multa all’Ue per il ciclo rifiuti.
Stringiamo il quadro. Roberto De Luca è finito nella bufera per il video di Fanpage in cui si occupa di ecoballe e a nome del quale un suo intermediario e socio sembrerebbe proporre una “quota” da riservare alla politica.
Ci sono due fatti clamorosi. Innanzitutto De Luca jr., senza averne competenza alcuna, accetta di intavolare una trattativa. Per una cosa che riguarda esclusivamente la Regione e sulla quale, come ha detto lo stesso Vincenzo, c’è un rigido controllo dell’Anac. Ha fatto sedere i suoi interlocutori nel suo ufficio, ma doveva dire “Prego, si accomodi negli uffici regionali, qui non ce ne occupiamo”.
E il secondo?
La difesa dell’avvocato, che dice che lo ha fatto come libero professionista. Ma scusa, tu da libero professionista ti occupi di una questione i cui cordoni della borsa sono nelle mani di tuo padre? Siamo ai limiti del conflitto d’interesse.
Pensa che le dimissioni siano una mossa tattica, come sostenuto da molti, o un reale passo indietro?
Sicuramente è stata ben studiata. Tenendo presente che è solo una dichiarazione di dimissioni, bisogna considerare che è la prima volta che si assiste a un passo indietro da parte di un esponente della famiglia De Luca, anche se forse solo momentanea. Oggi Vincenzo, in un video, dice che è in corso una guerra tra camorristi e gente per bene. Ma se è così, perchè far dimettere il figlio?
Che spiegazione si è dato?
Evidentemente le pressioni politiche sono state molto forti. Ma, da sola, senza le necessarie spiegazioni, credo che non basterà ad alleggerire il quadro.
Il sistema De Luca vacilla?
È impressionante vedere come tra il consigliere delegato di Sma Campania e Roberto, nessuno dei due ponga all’interlocutore la domanda su come verranno smaltiti i rifiuti. È una questione che non interessa, e questo riguarda la concezione di etica pubblica. Il potere di De Luca è sempre stato tollerato perchè l’efficienza prevaleva nel giudizio sul verticismo e sul cesarismo. Ma senza risultati non regge più.
E in Regione ha fallito?
Sì, su tre aspetti cruciali. Le ecoballe sono state smaltite solo all’1%. Bagnoli, dopo tre anni di commissariamento, è ancora così com’è. E la sanità è rimasta dove era, tra le peggiori in Italia.
Renzi sembra aver stipulato una sorta di patto di desistenza. Un appoggio alla sua leadership in cambio di carta bianca.
Renzi ha sempre saputo che De Luca era un problema. Ma ha anche capito che portava più voti di quanti ne avrebbe sottratti un eventuale tentativo di contrastarlo. La lampadina si è accesa con il referendum costituzionale, quando in Campania il Sì è andato al di sotto della media nazionale. Ma al momento il segretario nazionale non ha la forza per un’azione decisa.
Insomma, dieci anni dopo la Campania si ritrova al punto di partenza?
Peggio. Con De Luca la società si è ulteriormente richiusa. Già ai tempi di Bassolino lo era, ma ora è peggio, totalmente in preda a un sistema familistico che ha occupato il potere ed è in costante guerra con quello di Napoli, unica realtà dove non è riuscito a penetrare. Ma il modello De Luca è decisamente peggio di quello Napoleonico del suo illustre predecessore.
(da “Huffingtonpost”)
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