Gennaio 18th, 2018 Riccardo Fucile
“IL NOSTRO ISTITUTO APERTO FINO ALLE 22, COSI’ CONTRASTIAMO LE BABY GANG”
“Dieci minuti prima della sua telefonata è venuta da me una mamma in lacrime. La
figlia, che sta per compiere sedici anni e frequenta questo istituto, non voleva più venire a scuola. La ragazzina era con lei, mi ha detto che si era stancata, che aveva deciso di fare altro”.
Paolo Pisciotta si ferma un attimo. Sospira. Di storie così, da quando – quello in corso è il quarto anno – è preside dell’istituto superiore professionale combinato con uno tecnico e uno agrario “Sannino – De Cillis” ne ha vissute tante.
Dirigere una scuola catalogata come “di frontiera”, due sedi nel quartiere Ponticelli, in una zona tra le più popolose di Napoli, ad alta densità di povertà e dispersione scolastica e l’ombra della criminalità che si allunga su interi quartieri, vuol dire anche parlare con una ragazzina di quindici anni, capire le motivazioni per cui ha stabilito di interrompere gli studi e convincerla a ripensarci.
“Ho chiamato una delle sue professoresse, abbiamo provato a comprendere le ragioni della ragazza. Le ho chiesto quale futuro abbia immaginato, cosa pensasse di fare non venendo più a scuola – riprende Pisciotta – e alla fine le ho proposto un patto: frequentare per altri due mesi. Ha accettato ed è tornata in classe già da stamattina. Sono convinto che rimarrà . Sembra una cosa banale, ma per me è una grande conquista”.
Parole che riportano alla mente “l’esercito di professori che non viene mai sostenuto” di cui ha parlato Roberto Saviano, la risposta più importante al fenomeno delle baby gang, riesploso nel napoletano negli ultimi giorni con le aggressioni, una messa a segno per impadronirsi di un telefonino, e casi drammatici come quelli di Arturo, 17 anni, accoltellato da quattro coetanei, e di Gaetano, 15 anni, picchiato a sangue da una quindicina di ragazzini.
Alla “Sannino – De Cillis”, frequentata da oltre novecento ragazzi, cosa sia la violenza giovanile si sa. “Non a caso la scuola intitolata a Davide Sannino, un ex studente ammazzato nel 1996 con un colpo di pistola alla testa, mentre festeggiava il diploma, perchè aveva sventato il furto del suo motorino”.
Si conoscono da queste parti le lusinghe della strada. “Per questo ogni ora che un nostro ragazzo passa a scuola è un’ora sottratta alla strada, all’illegalità “, aggiunge Pisciotta.
In quest’ottica va letta la decisione di tenere anche i corsi pomeridiani. Dall’inizio dell’anno scolastico la scuola è aperta fino alle 22.
“Il serale è centrato sul settore della ristorazione – spiega il preside – è una iniziativa che risponde alle esigenze reali del territorio. Frequentano un centinaio di ragazzi e sono contento che tanti hanno ripreso dopo aver abbandonato gli studi”.
Quindi, preside Pisciotta, sul fenomeno della violenza giovanile e le strategie per combatterlo, concorda con Saviano: il centro di tutto è la scuola?
“Sono d’accordo, per l’appunto abbiamo attivato i corsi serali e teniamo la scuola aperta dalle 7.30 del mattino alle 22. Per trattenere i ragazzi a scuola anche di pomeriggio, fino alle 17 organizziamo attività extracurriculari e dal prossimo anno scolastico estenderemo il serale anche alla sede del De Cillis, il settore agrario. Una scuola illuminata di sera è una luce accesa sul territorio, un faro di legalità . La scuola può e deve essere il luogo del recupero, ma c’è un “ma””.
Vale a dire?
“La scuola deve essere messa in condizioni di poterlo fare. Noi siamo motivati, andiamo avanti, ma capita di sentirci soli”.
Che significa “sentirci soli”?
“Sono convinto che bisogna rivedere gli ordinamenti degli istituti professionali, la struttura formativa delle attività . All’istituto professionale si iscrive un ragazzo che vuole imparare un mestiere e quindi è necessario aumentare le ore dedicate ai laboratori. Certo, è importante conoscere l’italiano e l’inglese, ci mancherebbe altro, ma da noi si iscrivono soprattutto per imparare a fare”.
Ma c’è l’alternanza scuola-lavoro. Non funziona?
“Qui non è facile trovare una rete produttiva che consenta di praticare l’alternanza scuola-lavoro in un ambiente lavorativo vero e non simulato. Non siamo nel Nord est d’Italia dove la scuola è attaccata o magari vicina alla fabbrica. Se io trovo una struttura che mi consenta di fare l’alternanza scuola-lavoro in un contesto reale e non simulato, per esempio a Caserta, devo avere a disposizione anche le risorse per portare i ragazzi avanti e indietro, da Ponticelli a Caserta. Insomma, prima di assumere determinati indirizzi bisognerebbe ragionare di più con chi opera in frontiera. Noi, nel caso specifico, siamo stati fortunati ad avere la possibilità di attivare i corsi serali. Ma mi chiedo: quante altre scuole che si trovano in contesti simili, hanno questa opportunità ? In realtà come questa i problemi sono reali e bisogna lavorare per dare ai ragazzi delle opportunità diverse da quelle che potrebbero trovare fuori dalla scuola”.
Tra i problemi reali cui fa riferimento c’è anche quello della violenza giovanile?
“Certo. Vede, quando la periferia si sente tale perchè distante dal centro, genera di fatto degli emarginati che cercheranno, e nei fatti cercano, di sentirsi come i compagni del centro. Se avessimo la possibilità di creare delle centralità diffuse anche in zone come questa, daremmo più dignità al territorio e ai suoi abitanti”.
Cosa intende per “centralità diffuse”?
“Servizi, luoghi di aggregazione, occasioni di cultura. I nostri ragazzi si sentono cittadini quando prendono la Vesuviana (la linea ferroviaria che collega molti paesi dell’hinterland a Napoli, ndr) e raggiungono il centro”.
Poi, però, nel caso delle baby gang, questi ragazzi aggrediscono, picchiano, si accaniscono contro loro coetanei. Secondo lei, alla base della violenza, può esserci la marginalità ?
“Il bisogno non giustifica la violenza, ma non possiamo analizzare la violenza senza analizzare i bisogni. E in queste periferie, penso a Ponticelli ma parlo di tutte le periferie, ci sono bisogni non soddisfatti. Posso raccontarle un episodio secondo me illuminante di come si sentono i ragazzi nelle nostre zone?”
Prego.
Il 28 settembre 2015 ospitammo il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per la prima inaugurazione dell’anno scolastico fuori dal Quirinale. Ebbene, a un giornalista che gli chiedeva quali emozioni provasse, uno dei nostri studenti rispose: “Finalmente non ci sentiamo più ultimi”. Questi ragazzi non si sentono parte integrante della città e vivono in un territorio che non offre nulla”.
Il tema delle baby gang legato quindi alla marginalità ?
“Marginalità economica, familiare, territoriale. Su questo, ripeto, la scuola, anche tenendo unite le file con le famiglie di provenienza degli studenti, può e deve fare la sua parte. Abbiamo il dovere di trattenere i nostri ragazzi, distogliendoli dalla strada e contestualmente formarli e qualificarli anche per le scelte professionali future. Oggi anche per aprire un bar o una pizzeria è richiesta una qualifica professionale. È questo che spieghiamo ai ragazzi del serale. Per me loro rappresentano un esempio, l’ho detto anche alla ragazzina con cui ho parlato stamattina”.
Che cosa le ha detto?
“Che questi ragazzi hanno abbandonato gli studi, come stava pensando di fare lei, ma ora ci hanno ripensato e stanno cercando di recuperare. Che lavoro potrà mai pensare di fare senza un titolo di studio? Completando la scuola si darà un’opportunità in più. Vede, ogni volta che mi si presenta un caso come questo, e capita spesso, si rinnova l’obbligo morale che avverto nei confronti dei miei ragazzi. Per questo le ho proposto il patto: abbiamo il dovere di lavorare su questa ragazza per farla restare a scuola”.
(da “La Stampa”)
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Gennaio 16th, 2018 Riccardo Fucile
INTERVISTA ALLO SCRITTORE PARTENOPEO MAURIZIO DI GIOVANNI
Indossano i pantaloni della tuta o i jeans, i giubbetti molto corti, quasi sempre colorati, le scarpe firmate e di solito hanno il nome dei loro amori tatuati sulla pelle.
Sono alcuni adolescenti napoletani, quelli che non hanno un domani e nemmeno ci credono, quelli che non temono il carcere nè la morte, perchè sanno che l’unica possibilità è giocarsi tutto e subito, ma — soprattutto – che “i soldi li ha chi se li prende”.
E allora, al via “le stese”, il correre sui motorini a volto coperto ma senza casco per andarsi a prendere quei soldi, ma soprattutto il potere, momenti tragici in cui tutti si buttano per terra — stesi – perchè terrorizzati, pietrificati e “se qualcuno lo stendi davvero, se lo ammazzi, è danno collaterale, possibilmente da evitare, ma se accade, accade”, scriveva Roberto Saviano in uno dei suoi ultimi libri, “La paranza dei bambini” (Feltrinelli), interamente dedicato al fenomeno delle baby gang che imperversano sempre di più a Napoli e nelle città vicine.
Quel libro è uscito quasi tre anni fa, ma “il problema è enorme”, ha spiegato di recente in un suo video l’autore del bestseller “Gomorra”, esiste da più di venti anni, ma non si è fatto nulla e le baby gang continuano ad avere la meglio, come hanno dimostrato gli ennesimi atti di cronaca degli ultimi giorni che hanno riportato la città partenopea al centro dell’attenzione per la violenza giovanile.
C’è stata una “sudamericanizzazione” di Napoli e del Sud Italia nell’indifferenza totale del dibattito pubblico e il copione è sempre lo stesso.
Gruppi di bulli avvicinano ragazzi indifesi che passeggiano o si recano a casa o a scuola, fanno qualche battuta a cui seguono le aggressioni, verbali all’inizio e poi fisiche.
È successo al diciassettenne Arturo, accoltellato in strada da quattro suoi coetanei, o a Gaetano, quindici anni, picchiato di recente da quindici ragazzini, tutto in pieno centro. Fenomeni che stanno assumendo contorni sempre più preoccupanti tanto che oggi il Ministro dell’Interno Minniti è stato a Napoli per presiedere in Prefettura il vertice del Comitato per l’ordine e la sicurezza.
“Al di là di Napoli, Il nostro è un Paese dannatamente spezzato dalla disuguaglianze, un posto in cui tutti fingono che la disoccupazione è stata sconfitta, ma in realtà manca il lavoro e c’è precarietà “.
Napoletano doc, lo scrittore Maurizio De Giovanni, autore di romanzi cult della saga dei Bastardi di Pizzofalcone (l’ultimo ad essere stato pubblicato è “Souvenir”, Einaudi Stile Libero) e di romanzi neri con il commissario Ricciardi dice la sua su questa faccenda che intristisce giorno dopo giorno sempre di più e alla quale non si riesce a trovare una soluzione. E sceglie l’Huffpost.
“La novità , rispetto al passato, è rappresentata dai social network”, aggiunge. “Quei ragazzini non fanno atti vandalici verso negozi, ma verso ragazzi come loro, verso coetanei che hanno avuto più fortuna e cose che loro non si possono permettere”. “Tutti possono essere testimoni degli altri e arrivare ad altre vite, immaginate o semplicemente sognate: li spiano su Facebook o Instagram, conoscono le loro mosse, sanno dove abitano e li raggiungono nel più breve tempo possibile, perchè Napoli non è Roma dove le distanze sono molto più grandi”, precisa De Giovanni.
“Mutano un odio di categoria e di classe gli uni dei confronti degli altri.”, aggiunge, dando poi ragione a Saviano che ha parlato dell’importanza fondamentale delle scuole, “il centro di tutto”, ma per De Giovanni , oltre che un problema di natura culturale, tutto questo “è anche il segnale della privazione del futuro”, “il livore nei confronti di un destino che concepiscono già segnato”.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 16th, 2018 Riccardo Fucile
“DAI MUSCHILLI RACCONTATI DA MIO FRATELLO GIANCARLO AD OGGI NON E’ CAMBIATO NULLA”
“Bisogna intervenire presto, già nei primi mille giorni di vita dei bambini”. Paolo Siani,
fratello del giornalista del Mattino Giancarlo, ucciso dalla camorra il 23 settembre 1985, parla all’HuffPost della lunga scia di violenza ad opera delle baby gang.
Di Arturo, il 17enne accoltellato da un gruppo di minorenni nella centrale via Foria; di Gaetano, 15 anni, a cui un altro gruppetto ha spappolato la milza all’esterno della metro di Chiaiano.
Da tempo impegnato con la sua fondazione “Polis” nel contrasto della criminalità , Siani è sceso in politica candidandosi con il Partito Democratico a Napoli alle prossime elezioni dopo una lunga riflessione e diversi colloqui con il segretario dem Matteo Renzi.
Ma Siani è un medico pediatra ed è anche con questo approccio che ha deciso di parlare della cosiddetta emergenza (“è un fenomeno vecchio e conosciuto”, chiarisce Siani) baby gang a Napoli. Partendo dall’ultimo articolo di suo fratello, pubblicato il giorno prima che venisse ucciso sotto casa, al Vomero.
Nel suo ultimo articolo suo fratello raccontava il mondo dei “muschilli”, i piccoli corrieri della droga di cui si serviva la camorra. Oggi si parla di baby gang, slegate dal mondo camorristico ma pur sempre composte da giovanissimi ben addestrati al linguaggio della criminalità . Per i ragazzi di Napoli sembra sia cambiato poco…
Sì, l’articolo raccontava di una nonna che mandava il nipote, il “muschillo”, una piccola mosca libera di muoversi e per la sua giovane età non imputabile, a consegnare eroina. Dopo trentadue anni e mezzo è stato fatto poco o nulla per questi bambini. Non c’è un piano che li aiuti. Un piccolo che cresce in una famiglia ad alto rischio sociale difficilmente diventerà un architetto o un ingegnere.
Non è un’emergenza, quindi, ma un fenomeno ben noto.
Interrogarsi oggi con molta veemenza su questo fenomeno come se fosse nuovo fa solo ridere, anzi è vecchio ed è ben conosciuto. E non si può sconfiggere solo con la repressione: per ogni baby criminale che arrestiamo ce ne sono cinquanta che escono.
Cosa propone?
Serve un vero piano per l’infanzia a rischio di Napoli e non solo, penso a tutte le aree a rischio del Sud o delle periferie delle grandi città . E bisogna intervenire sui bambini molto presto, sin dalla nascita. Un investimento fatto a zero anni di vita del minore è molto più produttivo di quello fatto sugli otto anni del bambino, o sui dieci. Parlo dei primi mille giorni di vita, uno standard che abbiamo studiato e che tutto il mondo studia. Il cervello dei bambini nei primi mille giorni si forma, e più stimoli ricevono in quei giorni più sinapsi neuronali sviluppano.
Lei propone un approccio di tipo “pediatrico”. Oggi il Governo è presente a Napoli con il ministro dell’Interno Marco Minniti in Prefettura per affrontare la questione dal punto di vista dell’ordine pubblico. È sufficiente?
L’ordine pubblico serve, la repressione serve. Ma mi aspetto che domani vengano a Napoli i ministri dell’Istruzione, dell’Economia, dello Sviluppo ragionando in senso propositivo. Colmare il gap degli asili nido per la Campania – un problema enorme -, fare programmi specifici di accompagnamento sui minori coinvolgendo tutti i servizi sociali del territorio e incentivare sviluppo. Repressione e sviluppo vanno di pari passo. ​​​​​​
Al di là delle misure adottate o non adottate dalle istituzioni, anche le famiglie però hanno un ruolo e una responsabilità .
Sì, c’è poi l’altra faccia della medaglia: le madri di questi bambini sanno bene quello che i figli fanno e quale futuro aspetta loro. Non è affatto una sorpresa. Dobbiamo far capire che per i loro figli c’è un futuro migliore, dandogli strumenti come la sicurezza di un asilo nido, una scuola bella e attraente. Se riusciamo a convincere le madri, saranno loro stesse a salvare i figli.
Lei si è candidato alle politiche ma – ha specificato in più occasioni – ha chiarito al segretario Renzi che dovrà trovarsi in condizione di poter lavorare, se venisse eletto. Altrimenti non esiterà a tornare alla sua professione. In caso di elezione, proporrà misure su questi temi?
Nella scorsa legislatura c’era una proposta di legge che si è arenata in Parlamento, alla quale ho collaborato. Sarà mio compito riprenderla, rivederla e discuterla con i più grandi esperti della materia italiani ed europei.
Un’ultima domanda. Spesso, quando ci sono episodi di violenza come questi di cui parliamo si punta il dito contro le serie televisive, e a Napoli contro “Gomorra”, nella fattispecie, e al loro “carattere diseducativo”. Lei che idea si è fatto?
È una sciocchezza. Gomorra racconta ciò che succede, non avviene certo il contrario, e lo racconta in modo eccellente, facendo sì che Napoli diventi un centro di attenzione. Ma il fenomeno esiste da molto tempo. E non è causato da una serie tv.
Il documento-proposta di Paolo Siani sulla violenza giovanile dopo i casi di Napoli
Partiamo da questi dati
In Campania nascono circa 53.000 bambini per anno (natalità 8,7 per mille abitanti — in Italia 8,0%)
Il 34,5% nasce da madri con un numero di anni di istruzione inferiore o uguale a 8.
Il 62,8% delle madri non è occupata e il 17,4% dei padri non è occupato
Il 7,2% nasce da almeno un genitore straniero, che nel 75% dei casi proviene da paesi ad alta pressione migratoria. Questi gruppi sono a maggiore rischio per ritardo nell’inizio delle visite in gravidanza e peggiori esiti neonatali.
La povertà assoluta e relativa colpisce gravemente le famiglie, soprattutto quelle del Sud.
Già nel secondo anno delle scuole elementari i bambini del Mezzogiorno sono in ritardo nell’acquisizione di conoscenze e competenze linguistiche e matematiche rispetto ai loro coetanei del Nord.
Esistono territori urbani (Napoli città metropolitana ad esempio) e non (Piana del Volturno) ad altissima incidenza di esclusione sociale e di devianza, in cui la trasmissione intergenerazionale del disagio deve essere interrotta
Se non si interviene su questa fascia di popolazione e nei primi tre anni del bambino noi conteremo altri ragazzi aggrediti e altre baby gang
A Napoli
Ci sono pochi Asili Nido e pochi bambini negli Asili Nido : a fronte del 33% di posti autorizzati per 100 bambini con meno di 3 anni, indicati dalla UE, ed una media italiana del 20.8%, in Campania sono autorizzati solo il 6,4%. I Consultori delle Aziende sanitarie sono allo stremo per numero e per personale, ridotti ad ambulatori in cui la promozione della salute, cardine della loro nascita, è del tutto marginale.
I servizi sociali, tranne che nelle aree urbane più grandi, sono inesistenti.
A fronte di questi bisogni, il 40.72% delle risorse sociali dell’area Infanzia nella regione Campania è “fagocitato” dai servizi residenziali e, quindi, dal pagamento delle rette per i minori allontanati dal loro nucleo familiare (tale percentuale raggiunge l’apice del 44.75%, per la provincia di Napoli). Mentre le reti comunitarie di solidarietà sono in molti territori inesistenti, in altri pochi “eroi” mantengono in piedi presidi di solidarietà e legalità contro tutto e tutti.
È noto che investire risorse nei primi mille giorni di vita è un investimento altamente produttivo.
E’ necessario quindi:
pensare ad investimenti di lunga durata e con risorse certe che tengano conto principalmente dei bisogni essenziali delle famiglie e dei bambini;
ragionare in termini di accompagnamento con percorsi che non partano e non si esauriscano nella singola prestazione, che proiettino le famiglie verso un percorso di sostegno che parte dalla gravidanza ed è in grado di giungere almeno al terzo anno di vita del bambino;
utilizzare un lavoro interdisciplinare ed interistituzionale: politiche di contrasto alla povertà e politiche di prevenzione non possono prescindere dal dialogo e dalla messa in collegamento dei vari servizi e dei diversi ambiti di intervento (sociale, sanitario, educativo).
C’è bisogno di sostenere e accompagnare i genitori ed in generale i nuclei familiari con percorsi che coinvolgano tutti i servizi territoriali in rete, dai consultori passando poi per l’ospedale, per il pediatra di famiglia , fino ad arrivare alla scuola e ai servizi. Questa messa in collegamento potrebbe partire dalla individuazione di un hub territoriale dei servizi che possa rispondere in modo flessibile alle diverse e molteplici esigenze delle famiglie.
Home visiting: avvicinarsi alle famiglie e prevedere forme di intervento domiciliare a vari livelli (sanitario, educativo, ecc), coinvolgendo non solo gli operatori sociali ma anche quelli del sistema sanitario (pediatra, ostetrica, ecc).
Educazione 0-3: Gli interventi precoci rappresentano un investimento in capitale umano con ricadute a breve e lungo termine nelle dimensioni della salute, dell’educazione-formazione e delle condizioni di vita, con risparmio sui costi degli interventi tardivi e riparatori. E’ dimostrato, inoltre, che tali interventi hanno effetti positivi da un punto di vista economico a breve, medio e lungo termine e quindi relativamente anche alla devianza sociale e alla delinquenza.
E’ necessario investire in modo strategico sull’educazione precoce al Nido e alla scuola pre-primaria per la fascia 0-3. In rete con i servizi sociali e sanitari.
Il MIUR ha recentemente diffuso i dati sulla dispersione scolastica e il numero di studenti che lasciano la scuola o la frequentano senza regolarità sono sovrapponibili a quelli sull’indigenza. C’è una piccola percentuale di bambini appartenenti alla categoria di indigenti che invece frequenta la scuola con profitto.
Ci vuole coraggio ma questa è l’unica strada possibile
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 14th, 2018 Riccardo Fucile
ALTRA BANDA DI RAGAZZINI DELINQUENTI FERISCONO DUE RAGAZZI, LA POLIZIA CHE LA PAGHIAMO A FARE? PER VISIONARE LE TELECAMERE AD AGGRESSIONI AVVENUTE?
In dieci, armati di catena per rapinare uno smartphone: ennesimo raid di una baby gang a Pomigliano d’Arco (Napoli). E’ accaduto nella tarda serata di ieri: vittime due studenti di 14 e 15 anni, circondati e picchiati dagli aggressori che li hanno derubati di un telefonino. Le vittime – medicate in ospedale e poi dimesse – si sono rivolte ai carabinieri che hanno identificato due degli aggressori, un 15enne e un 14enne, quest’ultimo non imputabile.
L’aggressione è avvenuta nella villa comunale di Pomigliano d’Arco. I carabinieri di Castello di Cisterna, chiamati sul posto, hanno raccolto le descrizioni degli aggressori e poco dopo hanno rintracciato due dei componenti del branco, arrestando per rapina un 15enne incensurato del luogo e bloccando un minore di 13 anni (non 14 come scritto in precedenza), non imputabile, di Somma Vesuviana.
Il primo era ancora in possesso di una catena con cui aveva minacciato e picchiato i due studenti. Questi ultimi, trasportati in ospedale a Nola, sono stati medicati e dimessi: entrambi hanno riportato contusioni al volto e all’addome. Sono in corso le indagini per dare un nome agli altri componenti della baby gang.
E’ da due mesi che le cronache registrano, a Napoli, un numero crescente di episodi di violenza riconducibili a gruppi di minorenni, spesso in azione nelle cosiddette ‘zone bene’ della città , specie nelle notti della movida.
12 NOVEMBRE. Un ragazzo di 15 anni viene accoltellato in Villa Comunale. Una gang di una decina di giovanissimi lo circonda; uno di questi, un 17enne, lo ferisce più volte con un coltello. Due settimane dopo sarà fermato dalla polizia municipale.
10 DICEMBRE. Un ragazzo di 15 anni si trova in via Merliani, quartiere Vomero, per una passeggiata del sabato sera, con la sorella e due altri amici. Arriva un gruppo di giovani con il volto coperto da cappelli e scaldacollo. Gli intimano di andare via da quella zona. Il quindicenne tenta di reagire, specie dopo gli insulti rivolti a sua sorella, e viene accoltellato al petto.
17 DICEMBRE. Piazza Vanvitelli, quartiere Vomero: due giovani di 18 e 16 anni accoltellati da un branco di aggressori, individuato nei giorni scorsi dai carabinieri. Motivo dell’aggressione: uno sguardo di troppo. Sedici i denunciati, giunti al Vomero a bordo di sette scooter. Le coltellate inferte sarebbero state letali, secondo i medici, se appena più profonde.
18 DICEMBRE. Arturo, 17 anni, nella centralissima via Foria viene accerchiato da un gruppo di minorenni. I ragazzini lo prendono di mira: spintoni, risate, insulti. Poi le coltellate al petto e alla gola che lo lasciano esanime al suolo. Finisce, gravissimo, in ospedale: nei giorni successivi subisce il distacco della pleura. Poi le sue condizioni migliorano, e proprio domattina tornerà a scuola. Per lui i giovani di Napoli si mobilitano con un corteo che vede centinaia di presenze.
6 GENNAIO. Ancora coltelli in azione in via Carducci, quartiere Chiaia. Due giovani di 19 e 18 anni vengono feriti da una gang di una decina di ragazzini dopo un diverbio per futili motivi.
12 GENNAIO. Una quindicina di giovanissimi accerchiano tre ragazzini in attesa del bus all’esterno della stazione della metropolitana di Chiaiano, periferia nord della città . Due riescono a fuggire, il terzo – Gaetano, 15 anni – finisce a terra, sommerso da calci e pugni. Subisce l’asportazione della milza.
(da agenzie)
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Dicembre 22nd, 2017 Riccardo Fucile
MIGLIAIA DI RAGAZZI IN STRADA: E’ LA NAPOLI CHE NON SI ARRENDE
«Alla violenza si risponde con sapienza, all’attacco vile l’impegno civile». 
In testa al corteo uno striscione per Arturo, il ragazzo di 17 anni ferito a coltellate in via Foria a Napoli lo scorso lunedì.
Un corteo per le vie del rione Sanità , circa duemila persone, con centinaia di ragazzi che alzano al cielo decine di cartelloni che inneggiano ad Arturo.
«Non mollare, solidarietà e legalità , alla paura combatti con l’intelligenza». Tante le associazioni presenti tra le quali «Un popolo in cammino».
Ci sono i genitori di Genny Cesarano e Luigi Galletta, due delle vittime innocenti della camorra. «Arturo ce la deve fare, lo deve al cuore immenso di questa città », ha detto Maria Luisa Ivarone, mamma del 17enne ferito.
Durante una sosta la signora Ivarone è stata avvicinata da una donna, che stringendo la mano della sua bambina, le ha detto: «Siamo tutti vicino a lei e a suo figlio perchè non vogliamo mai più avere paura di camminare per le strade del nostro quartiere».
Il corteo sta sfilando con i ragazzi che cantano: «Con minacce e coltellate la giustizia non fermate».
«Chiederò oggi al Prefetto non solo l’apertura di un tavolo sulla legalità a Napoli ma anche un presidio sotto casa e un’auto che almeno nei prossimi mesi vigili su mio figlio e sulla mia famiglia», ha detto Maria Luisa Iavarone poco prima della partenza da piazza dei Miracoli del corteo di studenti e istituzioni.
(da agenzie)
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Dicembre 1st, 2017 Riccardo Fucile
DOPO IL SELFIE, IL COMUNICATO DELLA SOCIETA’: “LO ABBIAMO ASCOLTATO VOLENTIERI, MA SOLO PER EDUCAZIONE”… FALLITA LA MISERABILE OPERAZIONE PER INGRAZIARSI I MERIDIONALI: NAPOLI NON DIMENTICA GLI INFAMI
“Sono per lavoro a Castel Volturno, dove ho incontrato amministratori locali. E in albergo chi incontro? Insigne, Callejà³n e il vicepresidente del Napoli, simpaticissimi! Viva il bel calcio”.
Così Matteo Salvini, che ieri sera ha postato su Facebook il selfie scattato con i giocatori e il dirigente della squadra partenopea.
Ma il Napoli non dimentica e molti tifosi azzurri non hanno gradito lo scatto ricordando e postando vecchie dichiarazioni, oltre che qualche video, di Salvini, così come in tanti hanno criticato Insigne.
E il Napoli, sempre via Twitter, ha voluto prendere le distanze dal leader della Lega: “Per una questione di educazione abbiamo incontrato e ascoltato ieri sera Matteo Salvini che soggiornava nel nostro albergo. Salvini voleva porgere le sue scuse per le dichiarazioni contro i napoletani fatte in passato. Non le abbiamo accettate ma lo abbiamo ascoltato volentieri”.
(da agenzie)
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Ottobre 27th, 2017 Riccardo Fucile
DAVANTI A UNA SARACINESCA DISTRUTTA DAL SOLITO “AVVERTIMENTO”… LA VIOLENZA ORGANIZZATA E’ SOLO MONNEZZA E UN GIORNO VERRA’ SPAZZATA VIA
Poi arrivi al centro di Napoli e, quasi distrattamente, quasi come se la cosa, oramai,
manco più ti colpisse, ti imbatti nell’ennesima “saracinesca”, nell’ennesimo ingresso di un negozio che reca i segni dell’assalto, della mano violenta della camorra. Evidentemente, il negoziante “di turno” non ha voluto pagare il pizzo.
Evidentemente, quel negoziante ha detto – GIUSTAMENTE! – NO!
Che cosa assurda operare in questo territorio.
Da un lato, sei costretto ad avere un “socio”, lo Stato, che, a vario titolo ed in varie forme, assorbe oltre il 60% del reddito di impresa che si produce.
Dall’altro, bisogna fronteggiare, reggere e respingere le pretese vessatorie di chi ritiene di avere parimenti titolo al controllo del territorio, cercando di importi la sua tassazione e la sua “giustizia” sommaria e spietata.
Quando salta la “saracinesca di un negozio, sotto i colpi di proiettili, di una bomba o di un incendio devastante, non muoiono soltanto dei manufatti in senso fisico. Traballano sogni, speranze ed ambizioni.
Nel volgere di pochi minuti, in certi casi, addirittura nel giro di pochi secondi, prendono fuoco sacrifici di ogni tipo, ivi comprese ininterrotte notti insonni.
Ma dire no, resistere alla violenza di chi pensa di poterti imporre le sue regole, illegittime, volente ed indegne, è cosa da uomini veri.
In certi casi, non puoi e non devi assolutamente cedere, perchè potranno arrivare a distruggerti anche il negozio, ma la tua anima, il tuo cuore e la tua coscienza non la avranno mai.
Reprimere certi fenomeni è una vera e propria guerra. Richiede forza, coraggio ed una visione folle ed appassionata.
Postula l’implementazione, prima, e la realizzazione esecutiva, poi, di una vera e propria “macchina da battaglia”, con tanto di soldati, sia in termini di repressione empirica, che dal punto di vista dell’applicazione ed esecuzione delle relative sanzioni.
Una guerra culturale e materiale…
Una saracinesca divelta, fa sempre tristezza e ti farà sempre incassare come un pinguino. Poi, però, ti guardi intorno; vedi dei giovani sorridenti e ti rendi conto che la battaglia, al di là della specifica sconfitta collettiva, continua.
Forse la tua generazione, esattamente come quelle che l’hanno preceduta, continuerà a fallire, ma quei giovani sorridenti, se tu continuerai a combattere, potrebbero vincere, un giorno, ed anche per te…
Chi si abbandona alla violenza non è, nè italiano, nè Napoletano, nè siciliano, calabrese o europeo.
I “violenti organizzati” sono semplicemente monnezza.
E la monnezza, prima o poi, verrà spazzar via.
Salvatore Castello
Right BLU – La Destra liberale
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Ottobre 20th, 2017 Riccardo Fucile
IL COMUNE INCAPACE DI RISCUOTERE MULTE E CREDITI E’ ORMAI AL DISSESTO
Sessanta giorni per evitare il fallimento di Napoli, un comune totalmente incapace di
riscuotere multe e crediti. La Corte dei Conti campana ha fatto partire il conto alla rovescia che porta alla dichiarazione di dissesto dell’ente partenopeo perchè del risanamento promesso dal sindaco Luigi De Magistris non si vede neppure l’ombra.
Il primo cittadino campano, però, fa orecchie da mercante e commentando il lavoro della magistratura contabile si limita a dire: “Non ho responsabilità politiche”.
Dimenticando, forse, che il dissesto finanziario non ha colori o bandiere politiche, ma solo effetti drammatici sui cittadini.
I numeri fallimentari della giunta arancione sono chiari come la luce del sole, ma De Magistris non si scompone: “La relazione non è una bocciatura, certifica una fotografia di preoccupazione che è la stessa preoccupazione nostra”.
Il sindaco, però, omette una serie di particolari importanti: a cominciare dal fatto che il Comune sopravviva solo grazie all’aiuto dello Stato.
Dopo la dichiarazione di pre-dissesto del 2012, all’ombra del Vesuvio sono arrivati 235 milioni di euro di crediti a cui sono stati aggiunti altri 1.163 milioni di euro con i pagamenti della Pubblica amministrazione: poco meno di 1,4 miliardi di euro che hanno permesso a De Magistris di andare avanti nonostante previsioni di entrate completamente sballate.
Proprio per questo la Corte dei Conti chiede di “evitare che le entrate di dubbia esigibilità previste ed accertate nel corso dell’esercizio possano finanziare delle spese esigibili nel corso del medesimo esercizio”.
In sostanza la magistratura contabile vuole che il comune smetta di mettere a bilancio dei crediti fittizi o comunque di difficile esigibilità a copertura di spese indifferibili. La Giunta, però, prosegue per la sua strada sforando puntualmente il patto di Stabilità interno.
Di fatto di conti del comune sono falsati da stime errate: “Le previsioni di entrata (e quindi di spesa) dovrebbero essere riviste alla luce di quelli che sono i ritmi delle riscossioni effettive, perchè altrimenti su capitoli come le multe continueranno a verificarsi accumuli di residui attivi che in buona misura il Comune non riuscirà a riscuotere” spiega Riccardo Realfonzo, l’economista che per due volte è stato assessore al Bilancio del comune di Napoli.
L’ultima esperienza, con De Magistris, è durata pochi mesi: “Fino alla delibera per la verifica dei residui con i quali — ricorda Realfonzo — nel 2012 fu scoperto che i crediti del comune erano carta straccia e che il buco di bilancio ammontava a 850 milioni di euro”. E fu proprio quella delibera che imponeva una ricognizione straordinaria dei residui a causare la rottura tra l’economista e il sindaco — che l’allora assessore aveva messo in guardia dal rischio dissesto — con la conseguente uscita dalla giunta nel 2012.
Da allora la situazione è precipitata: nonostante le promesse con cui ha vinto la battaglia elettorale, il sindaco non è riuscito — e forse non ha neppure voluto — affrontare la situazione di petto dichiarando guerra all’occupazione abusiva del suolo pubblico; affrontando il tema centrale della riscossione delle tasse; degli affitti e lavorando all’incremento delle entrate attraverso la vendita del patrimonio immobiliare.
“Nel 2011 — prosegue l’ex assessore — la situazione era ancora recuperabile. C’era un piano di cessione di immobili da 80 milioni di euro l’anno che in 10 anni avrebbe rimesso in sesto la città : oggi le dismissioni immobiliari valgono pochi milioni di euro e sono fallite partecipate comunali come Bagnoli Futura per la quali i creditori chiedono 400 milioni di euro al comune”
Tradotto: uscire dall’impasse è quasi impossibile.
Anche perchè alla fine dello scorso anno il disavanzo è esploso a 1,9 miliardi di euro compresi 2,3 miliardi di residui attivi che sono ancora peggiorati.
Ed alla luce di questi numeri e della totale incertezza sull’effettiva capacità di recuperare i crediti a bilancio che la sezione campana della Corte dei conti giudica non veritiero il bilancio e non credibile il piano di rientro pluriennale.
D’altra parte come potrebbe essere credibile un Comune che riscuote meno del 50% della Tari e dei fitti attivi e meno del 20% delle multe?
Peggio, da quando è salito in sella De Magistris, la capacità di riscossione del comune è persino peggiorata: la capacità di riscuotere multe da violazione del codice della strada è calata dal 4,45% del 2012 all’1,75%.
Un dramma per una voce che vale 542 milioni di crediti.
Così come pazzesca è la vicenda del patrimonio immobiliare: “Il comune — ricorda Realfonzo — si è fatto trovare impreparato, mentre scadeva il contratto con Romeo Immobiliare non ha organizzato la successione facendo poi un tardivo affidamento a Napoli Servizi che non aveva alcuna competenza nel settore. L’operazione è stata un flop clamoroso”.
(da ““Business Insider”)
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Settembre 7th, 2017 Riccardo Fucile
LA STORIA DI GIOVANNI CICCARELLI, UN ITALIANO CHE ONORA IL NOSTRO PAESE, A DIFFERENZA DI CERTI FUORICORSO CHE VOGLIONO FARE IL PREMIER
Si è laureato con 110 e lode all’Università Vanvitelli di Napoli, ma un brillante percorso lavorativo lo ha portato a lasciare la sua terra, a lavorare all’estero e ottenere qui uno dei più prestigiosi premi per la sua professione.
Lui è un cardiologo, si chiama Giovanni Ciccarelli e con la futura moglie – anche lei italiana espatriata per lavoro – hanno deciso di fare ritorno a Napoli, di sposarsi nella loro terra di origine e costruire qui il loro futuro. Ricominciano quasi da zero, da precari.
La storia di Giovanni e Francesca Conte la racconta il Corriere della sera.
Hanno vissuto gli ultimi anni della loro vita in Belgio, dove lei lavorava come neurologa e lui si è dedicato a una ricerca sulla diagnostica delle stenosi coronariche che gli è valsa lo Young Investigator Award, un riconoscimento che nel suo settore lo qualifica come il migliore al mondo.
Eppure, nonostante la carriera avvivata – lei aveva un lavoro a tempo indeterminato, lui stava per ottenerlo – hanno scelto di rimettersi in gioco.
Si legge sul Corriere della Sera:
“Io e la mia fidanzata avevamo deciso che saremmo tornati. A me era stato proposto di rimanere a Aalst, lei aveva già un contratto, eppure abbiamo preferito considerare quell’esperienza conclusa. Nel nostro futuro, c’è Napoli».
E però pure la ricerca di un lavoro. Sì, perchè se in Belgio Francesca era già a posto e Giovanni lo sarebbe stato a breve, a Napoli la situazione è completamente diversa.
Di contratti a tempo indeterminato per ora non se ne parla: “Il quadro lo conosciamo – dice il giovane cardiologo –. Nel settore pubblico bisogna aspettare i concorsi, e in quello privato si va avanti con contratti a tempo determinato. Almeno all’inizio”.
A Napoli adesso lei lavorerà come precaria nell’unico ambulatorio di Epilessia presente in città . Ma la precarietà non lo spaventa.
Si dice disposto a fare qualche sacrificio. Per lui è un atto dovuto. Non vuole unirsi alle voci critiche nei confronti del suo paese, ma fare qualcosa di concreto per far cambiare le cose:
“Io devo e voglio credere nella mia terra, e voglio dare il mio contributo. Quando sento parlare male della sanità napoletana o campana ci soffro perchè so che qui ci sono medici bravissimi e strutture che possono funzionare bene, se messe in condizione di farlo. Andarsene non sarebbe giusto”.
(da “Huffingtonpost”)
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