CHI VA A ROMA NON MOLLA LA POLTRONA
IL SOTTOSEGRETARIO NON LIBERA IL POSTO DA DEPUTATO …LA LEGA IN LIGURIA DIVENTA IL “PAESE DI BALOCCHI” …. A RIXI NON RESTA CHE TORNARE AL “VERDE” ALLA MAISON ROBERTA DI CAMERINO
Come potete ammirare nella foto esclusiva che pubblichiamo qua a fianco, non si spegne l’entusiasmo del popolo ligure di centrodestra per la nomina dell’insigne giurista della Lega Maurizio Balocchi a sottosegretario alla Semplificazione. Come vedete anche i liguri sparsi nel mondo, emigrati a Broccolino in cerca di (giochi di) fortuna, hanno voluto festeggiare il re del Bingo facendosi immortalare dal fotografo in coppola d’ordinanza e con alle spalle i manifesti elettorali della “balocchi & profumi”. Il primo atto politico di “semplificazione” di colui che dà lustro alla nostra Regione è stato quello di annunciare che non rinuncerà al posto da deputato, pur essendo stato nominato, per grazia umbertina ricevuta, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Dopo che Castelli al Senato ha bloccato Ravera, ora è Balocchi a negare un posto a Edoardo Rixi, alpinista dilettante che non pensava , dopo una spedizione al Mato Grosso, di vedersi fare “un Mazzo Grosso” in padanìa, dopo aver macinato chilometri con le ronde notturne. Essendo persona fin troppo attenta al look, rimasto al “verde” sia in consiglio comunale che in Parlamento, a causa delle trame interne, potrà ritornare pur sempre alle sue origini professionali e alla maison Roberta di Camerino che non gli negherà certo una camicia pisello “no stiro” estiva. In verità Balocchi ha operato una semplificazione di sua competenza: tenersi strette tutte le poltrone…. Bossi l’ha parcheggiato nella casa di riposo “Cal de Roli”, in fondo “chi sa troppo” merita rispetto, minchia…. ( termine non padano, ma efficace nello specifico…).
Per i nostri lettori amanti delle epiche gesta di chi rappresenterà la Liguria del Centrodestra , facciamo seguire l’articolo, di Marco Menduni e Ferruccio Sansa, pubblicato sul “Secolo XIX” del 9 giugno 2007 dal titolo ” Il sogno infranto della Lega: autofinanziarsi con il Bingo….nelle società finite male anche il ligure Balocchi” . … una lettura istruttiva al di qua e al di là del Po.
ROMA. Almeno in un campo la par condicio funziona. Il bingo e le slot machine. In tutti e due gli schieramenti i via libera al gioco, nel Duemila, ha scatenato una corsa verso nuovi mezzi di finanziamento. Dopo Ane i Ds, ora tocca alla Lega Nord. Se oggi il partito di Umberto Bossi stigmatizza, con le sue interpellanze, l’introduzione delle “mangiasoldi” nei Bingo e prepara addirittura un libro bianco sul sistema di scatole cinesi messo su dal centrosinistra per controllare il tombolone elettronico, in passato il Carroccio subì la stessa, violenta fascinazione. Ma anche alla Lega andò male. Forse ancora peggio che ai compagni di sinistra.
I documenti su questa avventura sono al vaglio della Guardia di Finanza che sta ricostruendo l’enorme giro di affari che gravita o è gravitato intorno ai Monopoli e alle società concessionarie dei giochi. Un sistema da cui avrebbero cercato di trarre beneficio anche i partiti, proprietari direttamente o indirettamente di alcune società concessionarie.
Gli investigatori si chiedono: «Ammesso anche che non ci siano profili di illegalità , siamo sicuri che i partiti in quanto tali possano partecipare direttamente ad attività imprenditoriali che richiedono concessioni e permessi da parte degli organi dello Stato?».
La storia di oggi è incentrata su un personaggio politico ben conosciuto in Liguria e soprattutto nel Tigullio: Maurizio Balocchi, che è stato sottosegretario all’Interno con Berlusconi.
Anche Balocchi (un nome che sembra scelto apposta), protagonista di una serie di avventure imprenditoriali non coronate da grandi successi, fu tentato dal tombolone.
Scommessa tentata con un gruppo di amici, alcuni esponenti del Carroccio, altri comunque gravitanti in quell’area politica.La società si chiamava Bingo.Net, la “risposta padana” all’asse diessina che faceva perno sulle federazioni di tutta Italia. Non andò benissimo a Balocchi. I Monopoli non gli concessero il via libera
per aprire le sale a Rapallo e soprattutto a Chiavari (dove, ricorda un’interpellanza del senatore Aleandro Longhi del 19 febbraio 2002, Balocchi era anche presidente del consiglio comunale) e lui aprì contenziosi amministrativi davanti al Tar. A Genova non andò meglio. Lo stesso Longhi denunciò che la sala aveva aperto «in modo abusivo in quanto mancante di concessione edilizia, di cambio di destinazione d’uso dei locali, di certificato di prevenzione incendi, di nulla osta relativo all’inquinamento acustico, di certificato di abitabilità nonchè di autorizzazione sanitaria per i locali di ristorazione ». E rimarcò la poca “eleganza” di un sottosegretario contemporaneamente gestore di sale Bingo. La sala di via Donghi chiuse poi i battenti Ma di chi era la Bingo Net, che, dopo cambi di sede, trasformazioni societarie, procedure fallimentari è oggi in liquidazione? Tra i proprietari che si dividono i diecimila euro del capitale sociale spiccano Maurizio Balocchi (6.500), Enrico Cavaliere (mille) e Mauro Damian (mille). Bisogna ora raccontare qualcosa del loro curriculum. Cavaliere fu compagno di avventura di Balocchi nella tentata impresa immobiliare leghista a Punta Salvore, in Istria. Cavaliere, poi diventato presidente del consiglio regionale veneto, fu progettista del complesso. Come investitori (nella Ceit srl) figuravano molti esponenti del Carroccio. Il grande villaggio turistico doveva diventare “Il Paradiso dei Leghisti”. Finì invece con il crac e una raffica di indagati.
Cavaliere torna in sella, sempre con Balocchi, nella Santex per gestire il casinò dell’Hotel Istria di Pola.Una vicenda chiusa con la vendita delle quote. La terza avventura del duo è proprio Bingo Net. Cavaliere sarà deputato della Lega dal 1996 al 2000 e componente del Comitato parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato.
Nella Bingo Net c’era anche Roberto Faustinelli, deputato nella tredicesima legislatura eletto nel collegio di Orzinuovi. Il sito della Camera elenca una sola proposta di legge in cui Faustinelli figura come primo firmatario: “Disposizioni per la realizzazione dell’asse viario tra Orzinuovi e Brescia».
Nella Bingo.Net c’è anche Mauro Damian, lui pure finito nel buco nero del crac del “Paradiso” del Carroccio.
E la stessa Bingo.Net andò a fondo, nonostante il prestito che gli concesse la banca padana Credieuronord di cui lo stesso Balocchi e Stefano Stefani, un altro sottosegretario dell’epoca, erano amministratori.
Un istituto nato nel Duemila dopo una campagna a tappeto nelle sezioni della Lega, sollecitata con una lettera di Umberto Bossi.
L’obiettivo dichiarato era ambizioso: «Portare avanti gli ideali della Lega: la difesa del risparmio delle famiglie e della piccola e media impresa». I militanti ci credono. Affidano il loro denaro all’istituto. Vengono raccolte tremila sottoscrizioni fino a cento milioni di lire. Si parte con due sportelli a Milano e a Treviso, ma presto si capisce che l’avventura prende una brutta piega: il bilancio del 2003 si chiude con otto milioni di euro di perdite, dodici di sofferenze su 47 di impieghi. La tecnica creditizia pare piuttosto singolare: la metà delle sofferenze fanno infatti capo a cinque soggetti, tra cui la società Bingo.Net.
Nel maggio 2003 un’ispezione di Bankitalia fa emergere il dissesto. Una mezza dozzina di deputati del Carroccio rischia di essere coinvolta nel crollo. Centinaia di risparmiatori padani sono sul piede di guerra. A quel punto arriva il salvatore. Chi? Gianpiero Fiorani, allora numero uno della Banca Popolare di Lodi. Se la Lega non finisce a gambe all’aria, lo si deve proprio a lui. Che finoal2004 garantisce milioni di euro di finanziamenti al partito di Bossi e a molti suoi dirigenti. Il Carroccio offre come pegno la storica sede di via Bellerio, la scuola leghista di Varese e il prato di Pontida, dove ogni estate il popolo padano si riunisce sventolando le bandiere verdi. Così la Lega evita la bancarotta. E Fiorani spera di ottenere l’appoggio delle camicie verdi alla sua spericolata scalata ad Antonveneta e alla politica di Antonio Fazio, l’ex governatore di Bankitalia.
Sembra un discorso estraneo all’inchiesta sulle slot machine, sul Bingo e sul centro di potere che gravita intorno ai Monopoli. Ma gli uomini della Finanza non ne sono convinti.
«Nel Duemila tutti i partiti si dibattevano in complesse difficoltà di natura economica e finanziaria. L’arrivo del Bingo e dei giochi a scommessa sembrò per tutti un’opportunità da sfruttare, anche muovendosi sul filo delle regole». Questo dimostra perchè sulla gestione dei Monopoli ci sia stato, da parte di tutto il mondo politico, un sostanziale silenzio, fino alla rivelazione del rapporto (pubblicato dal Secolo XIX) della commissione presieduta dal sottosegretario Alfiero Grandi, che sembra aver portato lo scompiglio in entrambi gli schieramenti.
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