COME DI MAIO MANTIENE LE PROMESSE: 14 EURO DI AUMENTO AGLI INSEGNANTI E PURE RIPARTITI IN TRE ANNI
IN CAMPAGNA ELETTORALE AVEVA GIURATO CHE AVREBBE FATTO GROSSI INVESTIMENTI NELLA SCUOLA, ORA HA RIDOTTO LE SPESE PER LA SCUOLA DELLO 0,4% E AGLI INSEGNANTI INVECE CHE STIPENDI EUROPEI ARRIVANO LE BRICIOLE
Vi ricordate di quando in campagna elettorale Luigi Di Maio prometteva di smantellare la riforma della scuola (la cosiddetta “Buona Scuola” di Renzi) e parlava della necessità di puntare tutto sull’Istruzione mettendo in sicurezza gli edifici scolastici con «insegnanti motivati e valorizzati»?
In un’intervista rilasciata a gennaio 2018 e il Capo Politico del MoVimento 5 Stelle annunciava di voler arrivare ad investire il 10,2% del PIL nell’istruzione (attualmente è al 7,9%) e spiegava che per motivare i docenti «dobbiamo prima di tutto adeguare i loro stipendi alla media europea e garantire la valorizzazione della loro professionalità , anche con il rinnovo contrattuale e la retribuzione delle ore di formazione e aggiornamento».
La professione del docente — chiosava Di Maio «deve tornare ad avere il prestigio che gli è stato sottratto». Qualcuno ci ha sicuramente creduto a quelle promesse e ha votato il MoVimento 5 Stelle sperando di vedere un aumento in busta paga. Non la “mancetta” elettorale da 85 euro al mese del governo Gentiloni ma qualcosa di veramente sostanzioso. Con l’avvento del governo del Cambiamento però quell’aumento non è arrivato, anzi.
L’esecutivo prima ha sensibilmente ridotto la spesa per la Scuola (dello 0,4%) a causa del mancato finanziamento dell’elemento perequativo e della mancanza di risorse per il rinnovo contrattuale.
Poi è venuto fuori che la Manovra del Popolo per quanto riguarda il rinnovo del contratto del pubblico impiego (quindi anche per gli insegnanti) stanzia 1,1 miliardi di euro per il 2019; 1,45 miliardi per il 2020 e 1,78 miliardi per il 2021. I conti sono presto fatti: in tre anni l’aumento per i docenti sarà di 40 euro lordi al mese.
Le cose si sono poi complicate ulteriormente quando in Commissione Cultura alla Camera il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti ha fatto sapere che nella Manovra del Popolo ci sono risorse per un aumento di stipendio pari all’1,9% lordo.
Tradotto in euro significa che un docente che ha uno stipendio pari a 1.400 euro netti (pari 32.600 euro lordi) l’anno prossimo potrà festeggiare una busta paga più pesante, prestigiosa e senza dubbio motivante pari a quattordici euro.
Il tutto da parte di quei partiti politici che avevano derubricato a mancia elettorale l’aumento raggiunto nel contratto firmato dalla ministra Fedeli. Aumento che però oscillava — in base all’anzianità — tra gli 80,40 euro e i 110,40 euro mensili.
Per quest’anno rimarrà invece valida un’altra mancetta (sempre secondo Di Maio) ovvero il bonus da 500 euro della Carta del Docente che gli insegnanti potranno spendere per la loro formazione e per materiale scolastico.
E per fortuna, perchè visto il livello dell’aumento del governo del Cambiamento ci vorranno anni per adeguare gli stipendi dei docenti italiani a quelli dei loro colleghi europei, che era il vero obiettivo del programma di governo del M5S.
Per farlo, spiega Marcello Pacifico (Anief-Cisal), «servirebbe uno stanziamento finanziario dieci volte più ampio».
Non basterà dire che tutto quello che si era promesso in campagna elettorale non si può fare perchè il M5S non sta governando da solo.
Il MoVimento 5 Stelle aveva promesso di trovare tutti i soldi necessari per aumentare gli stipendi dei docenti «da un lato con i tagli agli sprechi e alle spese inutili che si annidano nel bilancio pubblico e dall’altro con il maggiore gettito fiscale che il nostro piano di investimenti produttivi produrrà anno dopo anno».
Peccato però che quelle risorse, che avrebbero dovuto essere reperite in base al Piano Cottarelli che prevedeva anche tagli alla scuola, non siano saltate fuori.
A rimanere con il cerino in mano oggi sono gli insegnanti e mentre Bussetti parla di dialogo costruttivo con le organizzazioni sindacali i sindacati sembrano pensarla diversamente.
«Per sedersi servono almeno altri due miliardi. Il governo deve indicare chiaramente che quelle risorse saranno nella prossima Legge di stabilità » ha dichiarato il segretario della Federazione dei lavoratori della conoscenza, Francesco Sinopoli facendo sapere che la CGIL non andrà ad alcun tavolo a gennaio.
(da “NextQuotidiano“)
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