COMMEDIA DELL’ASSURDO A 5 STELLE: CRIMI DISERTERA’ L’ASSEMBLEA DOPO AVERLA CONVOCATA
IL TIMORE DI ESSERE LA VALVOLA DI SFOGO DI TUTTI I MALUMORI… INTANTO GRILLO FA PACE CON CASALEGGIO
Il capo politico, diventato bersaglio di tutti gli attacchi, rovescia il tavolo.
Siamo alla commedia dell’assurdo. Vito Crimi, reggente M5s, convoca un’assemblea con tutti i deputati e i senatori. Nel senso che manda una mail con la richiesta di partecipare all’incontro giovedì alle 18.
Ma ventiquattro ore prima dell’evento, che si prospetta infuocato, decide di non presentars, come confermeranno più tardi i capigruppo di Camera e Senato.
Insomma il padrone di casa potrebbe non aprire la porta d’ingresso. E lo fa regolamento alla mano.
Secondo quanto riporta l’Adnkronos, su Crimi è forte il pressing dei consiglieri regionali pentastellati, che vorrebbero essere presenti alla reunion capitolina. Quindi il reggente si è trovato di fronte a due possibilità : non andare alla riunione oppure prendere parte fissando un nuovo appuntamento con i consiglieri regionali, verosimilmente già lunedì. Alla fine ha optato per la prima.
A giustificare l’assenza ci pensa lo statuto del M5S, che all’articolo 7, che disciplina il ruolo del capo politico, prevede che coordini “gli eletti del M5S e, in particolare, concerti l’azione politica con i capigruppi parlamentari”.
Per questo, scrivono i capigruppo Crippa e Perilli, “l’assemblea rientra nella normale attività che i gruppi svolgono in autonomia e in linea con quanto previsto dallo statuto. All’ordine del giorno di domani sono stati posti anche gli Stati Generali e quindi, come è normale che sia, sarà argomento di confronto. I capigruppo riporteranno al capo politico l’orientamento dell’assemblea”.
Un escamotage, utilizzato da Crimi, per tenersi alla larga dalle accuse che gli potrebbero arrivare faccia a faccia. Accuse, neanche troppo velate, che viaggiano nelle dirette Facebook.
Il primo a dire che ci sono stati errori e che le elezioni regionali potevano essere organizzate meglio è stato l’ex capo politico Luigi Di Maio, tornato protagonista. L’assemblea, convocata per parlare del Congresso grillino, potrebbe trasformarsi nello sfogatoio post voto che ha visto i 5Stelle perdere tutte le regioni e inabissarsi al 10%.
C’è un Movimento da ricostruire. A sentire l’aria che tira dentro, Luigi Di Maio e Beppe Grillo non erano così uniti dai tempi dell’incoronazione a capo politico. Ma ci sarebbe un’altra novità , stando sempre alle voci raccolte in queste ore, anche Beppe Grillo e Davide Casaleggio hanno ricucito i rapporti.
Prova ne è il fatto che il fondatore del M5S, parlando a un convegno a Bruxelles, è tornato a difendere la piattaforma Rousseau e il sistema della democrazia diretta e, nei giorni scorsi, avrebbe visto Davide Casaleggio.
Tornando alle beghe interne il Garante M5s avrebbe visto Davide Casaleggio la scorsa settimana. I due hanno parlato di una grana alquanto spinosa, anche perchè, come è noto, i deputati e senatori in assemblea hanno intenzione di porre la seguente domanda: “Perchè versiamo i soldi all’associazione Rousseau? Che titolo ha Davide Casaleggio?”. Grillo prova a mediare e Casaleggio offre una proposta.
L’associazione Rousseau potrebbe diventare un ‘fornitore di servizi’, dunque figura esterna al Movimento, abbandonando gradualmente, un passo alla volta, il ruolo di colui che è considerato a tutti gli effetti detentore delle chiavi della piattaforma dove gli attivisti grillini possono esprimere il loro voto.
La exit strategy consentirebbe, in sintesi, di continuare a garantire a Milano il pagamento dei 300 euro mensili chiesti a parlamentari e consiglieri regionali, ma con una nuova formula. Basterà ?
Non è ancora dato saperlo ma i parlamentari sono più combattivi che mai. Tanto che la conta interna è iniziata. Per utilizzare le parole di Roberto Fico, la guerra per bande.
Le diverse ‘anime’ del Movimento si preparano all’appuntamento facendo l’elenco di ‘amici’ e ‘nemici’. “Ci sono riunioni informali in corso su più fronti. Bisogna tenere gli occhi aperti per non ritrovarci con decisioni confezionate calate dall’alto”.
La mappa del potere grillino è più che mai frastagliata. Animato dalla deputata Dalila Nesci, il think tank ‘Parole guerriere’ ha elaborato una sua proposta in vista degli stati generali, che in buona sostanza prevede la trasformazione del Movimento in partito: “È ormai necessario che il M5S superi lo stato di movimento liquido, verticistico ed eterodiretto e si evolva in un’organizzazione politica democratica, dotata di adeguati corpi intermedi e di una scuola di formazione politica, dove ruoli e responsabilità siano ben definiti”, si legge nel manifesto della corrente, che annovera diversi parlamentari vicini a Fico: da Giuseppe Brescia (presidente della Commissione Affari costituzionali) al sottosegretario al Viminale Carlo Sibilia, passando per Luigi Gallo. E ancora: Giorgio Trizzino, Maurizio Cattoi, Sergio Puglia, Fabio Berardini, Carlo De Girolamo, Mirella Liuzzi, Azzurra Cancelleri, Marinella Pacifico, Maria Laura Paxia, Mara Lapia.
La necessità di convocare al più presto un congresso è stata evidenziata più volte dall’ex capo politico Luigi Di Maio, favorevole all’ipotesi di una leadership forte e legittimata e di una gestione collegiale. Il ministro degli Esteri può tuttora contare su una nutrita pattuglia di fedelissimi, composta da molti parlamentari campani e non solo.
All’interno dell’esecutivo, il titolare della Farnesina — che negli ultimi tempi ha rinsaldato il rapporto con il premier Giuseppe Conte e con Fico, in un’ottica governista – gode dell’appoggio di ministri come Alfonso Bonafede, Vincenzo Spadafora, Sergio Costa. Sono vicini a Di Maio anche il sottosegretario a Palazzo Chigi Riccardo Fraccaro, i viceministri Laura Castelli, Stefano Buffagni, Giancarlo Cancelleri e i sottosegretari Manlio Di Stefano, Alessio Villarosa, Alessandra Todde.
Tra i pentastellati più vicini a Fico, invece, c’è il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà . Quest’ultimo, insieme al titolare del Mise Stefano Patuanelli, rappresenta uno dei principali ‘sponsor’ dell’alleanza con il Pd.
Un abbraccio, quello coi dem, sostenuto e difeso dal garante Grillo, oltre che da Fico, e avversato dalla componente più sovranista (basti pensare ai deputati veneti Alvise Maniero e Raphael Raduzzi).
È trasversale tra le due Camera invece la fronda ‘anti-Rousseau’, ovvero l’ala dei parlamentari critici nei confronti dell’attuale gestione della piattaforma di Davide Casaleggio. Lo scorso dicembre i senatori Primo Di Nicola, Mattia Crucioli ed Emanuele Dessì furono i primi a chiedere in un documento che Rousseau fosse posta sotto il controllo diretto del Movimento. Documento che potrebbe tornare in auge proprio giovedì durante l’assemblea.
Non ha riscosso molto successo il ritorno sulla scena di Alessandro Di Battista. A parte Barbara Lezzi e Massimo Bugani nessun esponente grillino si è schierato apertamente con l’ex deputato.
Anzi Carla Ruocco ne approfitta per sottolineare all’Adnkronos che “non si è mai messo in gioco realmente. In passato sono state fatte scelte che hanno penalizzato il M5S, si è fatto un gioco di ‘amichetti e caminetti’”. Ed è proprio lei che per prima evoca la parola “scissione”: “Può darsi, ma non è una questione di guerra tra bande. Ci sono requisiti che il M5S deve ritrovare, la gente non si è sentita sufficientemente coinvolta e valorizzata”.
Questo è solo un assaggio di ciò che succederà giovedì in assemblea. Peccato che sarà essente proprio il capo politico Vito Crimi.
(da “Huffingtonpost”)
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