COSA APRE DAVVERO IL 4 MAGGIO (CHE NON SIA GIA’ RIAPERTO)
LA BOZZA SU CUI STA LAVORANDO LA COMMISSIONE
Il 4 maggio torneranno al lavoro 2,7 milioni di italiani su 8 attualmente fermi: la fase 2 dell’emergenza Coronavirus SARS-COV-2 e COVID-19 sarà incentrata sulla ripartenza di alcuni settori produttivi e del commercio, ma non ci sarà una tana libera tutti e infatti alcune attività — come centri estetici e parrucchieri — dovranno differire almeno di una settimana la riapertura, mentre per altri — bar e ristoranti — si immaginano tempi ancora più lunghi.
Non solo: alcune limitazioni agli spostamenti rimarranno valide anche dopo il 4 maggio.
Ma ci sono anche settori che anticiperanno la ripartenza al 27 aprile.
Le imprese che sono pronte e che rispettano i criteri di sicurezza per i dipendenti, potrebbero riaprire anche prima del 4 maggio: il 27 aprile. I settori: automotive, moda,cantieri edili, produzione di macchine agricole e industriali.
Per questi settori che verranno definiti tramite i codici ATECO sarà possibile inviare un’autocertificazione per dimostrare di aver rispettato i criteri che verranno definiti questa settimana dal governo, per poi attendere eventuali controlli che saranno fatti comunque a campione.
Il Messaggero spiega oggi che viene comunque confermato il divieto di allontanarsi, senza un valido motivo, dalla propria Regione (non dal Comune) anche per raggiungere le seconde case.
E tutta l’attenzione è stata dedicata alle regole severe che dovranno accompagnare la ripresa delle attività produttive che riporterà a lavoro i dipendenti. Ci sarà da compilare un’autocertificazione per gli spostamenti fuori città .
Indipendentemente dalla data («si deciderà entro sabato»), aziende, fabbriche e uffici (questi possibilmente in smart-working) per riaprire dovranno avere una sorta di “patente di sicurezza”, garantendo sanificazione degli ambienti, termoscanner e misurazione della saturazione all’ingresso, distanza di sicurezza e protezioni personali. Queste misure dovranno essere accompagnate da un potenziamento del trasporto pubblico per evitare il sovraffollamento di bus e metro (indice di occupazione di ogni mezzo non superiore al 50% dei posti disponibili) e da uno scaglionamento delle aperture dei negozi e degli uffici fino a notte e da turni di lavoro anche nel weekend.
Inoltre, in vista di una probabile modularità Regione per Regione, il governo terrà in considerazione su suggerimento della task force tre criteri: la situazione epidemiologica, l’adeguatezza del sistema sanitario locale, la disponibilità dei dispositivi di protezione personale. Tre aspetti che potrebbero ritardare l’allentamento del lockdown in Lombardia e Piemonte. Che sono attualmente il vero problema che spinge la tesi della riapertura differenziata tra regioni.
Dal 4 maggio quindi ripartono cantieri edili e fabbriche.
E, spiega oggi La Stampa, non è un caso che nella serata di ieri sia trapelata una frenata da Palazzo Chigi, per dire che nella fase due le misure restrittive «saranno allentate e non stravolte», e che la ripartenza sarà sempre all’insegna della massima cautela, «per tenere sotto controllo la curva epidemiologica e non farsi trovare impreparati in caso di una possibile risalita».
È il segno di un braccio di ferro in corso tra chi vorrebbe aprire di più e chi resiste, come lo è lo slogan che va ripetendo Roberto Speranza in queste ore: «Non sarà certo un libera tutti». Accompagnato da un «ci mancherebbe», che fa capire come il ministro della Salute sia restio a troppe concessioni in questa fase, anche se consapevole che bisogna far ripartire il motore produttivo.
Il Governo riporta dal 4 maggio in fabbrica, nei cantieri edili e, chissà , in qualche negozio, due milioni e 700 mila lavoratori, in base al piano esposto da Colao al premier e poi a parti sociali ed enti locali. Anche se le idee tra Conte e il manager messo a capo della Task force per la fase 2 non sempre collimano.
Colao per esempio ha escluso qualsiasi riapertura dei negozi. Il premier ha invece parlato anche di riavvio delle «attività commerciali più funzionali alle filiere che vanno a ripartire».
Come dire che se riparte il tessile, poi devo avere anche i negozi di abbigliamento dove vendere quel che produco. E un momento di imbarazzo c’è stato anche quando alle parti sociali il premier ha chiesto di non prendere in considerazione la slide di Colao che esonerava gli over 60 dalla ripresa lavorativa. «Il governo non la accoglierà perchè ha implicazioni sociali troppo forti», ha tagliato corto Conte, immaginando le ripercussioni di chi, già prima del Covid, era a rischio di esclusione anticipata dal mondo lavorativo.
Seguendo questa logica riaprirebbero con il primo step anche i concessionari auto, i negozi di scarpe e quelli di arredamento. Tutte merci per le quali è prevista la riapertura delle aziende che le producono.
Se le saracinesche dovessero alla fine rimanere abbassate per tutti l’attesa non durerebbe più di una settimana. Il secondo step del Piano Colao prevede infatti la riapertura dei negozi già l’11 maggio, mentre per i ristoranti e i bar se ne riparlerebbe il 18, ferma la possibilità di poter vendere da subito piatti da asporto.
E il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che intanto oggi ha un appuntamento decisivo al Consiglio Europeo?
A quanto pare si è rassegnato alla riapertura e all’allentamento del lockdown ma ha ben presente che questo rallenterà la scomparsa di SARS-CoV-2 dall’Italia: «Dobbiamo dare per scontata la risalita della curva epidemiologica». :«Gli scienziati vorrebbero che l’indice di contagiosità , l’R con 0, fosse uguale a zero o a zero virgola uno, ma pagheremmo un costo sociale insostenibile.
La proposta (della task force, ndr) prefigura un meccanismo di allentamento del lockdown. Protrarlo per un lasso di tempo diventerebbe troppo per il tessuto sociale del Paese. Dobbiamo riprendere le attività . Ma — aggiunge — in condizioni di massima sicurezza perchè se allentassimo le misure in modo indiscriminato saremmo degli irresponsabili».
(da “NextQuotidiano”)
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