“COSI’ HO INCASTRATO L’AMBASCIATORE”: INTERVISTA ALL’ATTIVISTA ANTI-PEDOFILIA
PARLA CATY SCERRI, LA DONNA CHE HA FATTO FERMARE DANIELE BOSIO NELLE FILIPPINE
Ci sono pochissimi margini per la difesa di Daniele Bosio, l’ambasciatore italiano in Turkmenistan che è stato arresto sabato a Manila con l’accusa di pedofilia.
La ricostruzione dei fatti ormai riduce sempre più le speranze di un equivoco, di un errore.
Alla Farnesina non è rimasto che prendere atto del caso: il diplomatico è stato sospeso dal servizio e quindi dalla rappresentanza dell’Italia in Turkmenistan
Tutto inizia con l’osservazione attenta di due attiviste anti-pedofilia, sostenitrici di una Ong che si occupa di proteggere i bimbi che nelle Filippine e in Asia sono vittime delle attenzioni sessuali soprattutto di turisti europei.
«Noi non abbiamo avuto nessun dubbio, dal primo momento, appena abbiamo visto quest’uomo europeo con tre bambini », dice al telefono l’australiana Caty Scerri, una delle due attiviste della “Bahay Tuluyan Foundation” che ha avvertito la polizia.
«Lo abbiamo visto nel resort e ci siamo subito insospettite perchè un uomo straniero con tre bambini filippini, che chiaramente non avevano nessun rapporto con lui, era un segnale di allarme per possibile pedofilia».
Assieme alla sua collega Lily Flordelis, la Scerri era nello Splash Island Resort di Binyan, 40 km a sud di Manila, dove Bosio, 46 anni, girava in compagnia di tre bambini di 9, 10 e 12 anni
«Abbiamo provato a parlare, prima con i bambini e poi con lui stesso, e poco alla volta è venuta una versione dei fatti che ci ha imposto di chiedere alla polizia di intervenire. Tutto inizia con l’italiano che offre delle piccole somme di danaro ai bambini per ingraziarseli ».
La Scerri continua dicendo che sono stati i bambini trovati con Bosio a raccontare a lei e alla Flordelis di «essere stati portati nel suo appartamento nel resort, dove aveva fatto la doccia insieme a loro, e li ha lavati e massaggiati, nudi »
Le due attiviste dicono di aver avvertito la direzione del resort, che però all’inizio non ha voluto chiamare la polizia.
«Poi un paio d’ore più tardi abbiamo visto di nuovo il gruppo, e allora sono riuscita a portare da parte uno dei bimbi. «Che rapporto hai con quest’uomo », gli ho chiesto.
E il bambino mi ha risposto, “è il mio daddy”. Poi il bambino è corso via».
Ma la stessa domanda la Scerri l’ha fatta anche a un altro dei bambini che si trovavano con Bosio. Che rapporto hai con questo signore? «Nessun rapporto», la risposta
A quel punto la Scerri decide di parlare direttamente al diplomatico italiano.
«Che rapporto ha con questi bambini? », gli chiede. «Sono dei bambini di strada di Manila», avrebbe risposto Bosio. «I loro genitori sanno che sono qui?», chiede ancora l’australiana. «No, ci stiamo solo divertendo», risponde Bosio.
La Scerri incalza, «Lo sa che è contro la legge?». «No, non lo sapevo», risponde ancora Bosio. «Farebbe lo stesso con dei bambini in Italia?». «No, naturalmente no», replica il diplomatico.
La versione delle due donne è stata rilanciata ieri ai media filippini dal ministro della Giustizia, Leyla de Lima, al quale la polizia ha confermato la sostanza della versione delle due attiviste di Bahay Tuluyan.
Il rapporto della polizia aggiunge che i bambini sarebbero stati avvicinati in un quartiere povero di Manila.
Lì l’ambasciatore avrebbe offerto soldi, cibo, vestiti e la promessa di un bagno in piscina. Sarebbero state trovate anche foto compromettenti sul cellulare.
Il fratello del diplomatico, Andrea, oggi sarà alla Farnesina per parlare con l’Unità di crisi e capire che tipo di assistenza potrà essere offerta.
Il problema è che ormai pochi sono disposti a testimoniare in suo favore.
Vincenzo Nigro
(da “la Repubblica”)
Leave a Reply