DEMOCRAZIA SECONDO PUTIN: SCIOPERO DEI CAMIONISTI IN TUTTA LA RUSSIA, MA I MEDIA NON NE DEVONO PARLARE
E CHI PROTESTA SUI SOCIAL VIENE BANNATO… LA RIVOLTA E’ DIRETTA AL NUOVO PEDAGGIO ELETTRONICO
Mentre sta combattendo in Siria, Vladimir Putin ha visto all’improvviso aprirsi un fronte di ostilità interno.
Da qualche giorno le città russe vengono paralizzate dalla protesta dei camionisti.
Decine di camion hanno bloccato gli Urali, il Caucaso, ieri è stata la volta di Pietroburgo dove i mezzi pesanti hanno puntato sullo Smolny, storico quartier generale di Lenin nell’ottobre del 1917 e residenza del governatore.
Per i prossimi giorni è prevista una protesta a Mosca. Il bersaglio della protesta è Platon, un nuovo sistema elettronico di pedaggi per i mezzi sopra le 12 tonnellate, che i camionisti trovano insostenibile.
Introdotto il 15 novembre, costa 1,53 rubli (circa 25 centesimi di euro) al chilometro, tariffa che dovrebbe raddoppiare l’anno prossimo e che, moltiplicata per le distanze russe, va a pesare sui costi degli autotrasportatori insieme alle tasse già esistenti.
Una protesta senza nulla di straordinario, basta ricordare i «forconi» italiani qualche anno fa, o il blocco della Francia da parte dei camionisti.
È vero che finora in Russia il pedaggio autostradale era inesistente. Inoltre pare che il Platon sia estremamente ingombrate e inaffidabile nell’utilizzo: il camionista deve inserire il suo itinerario sul sito, pagarlo in anticipo e venire poi monitorato elettronicamente lungo la strada.
Il sistema ha già prodotto errori come «allungare» la distanza tra Mosca e Tiumen da 2500 km a ben 11700, con costi conseguenti.
Il presidente della Sberbank Gherman Gref, ex ministro dell’Economia, stima (anche se con un certo scetticismo) il contributo del nuovo pedaggio all’inflazione in 1,5% annuo. E il blogger anti-corruzione Alexey Navalny ha rivelato che la riscossione del pedaggio è stata affidata, senza apparentemente nessun concorso, a una piccola società guidata da Igor Rotenberg, figlio di uno degli oligarchi amici di lunga data di Putin.
Una vicenda che altrove sarebbe stata di ordinaria amministrazione, ma che in Russia ha suscitato clamore non tanto per la sostanza, quanto per la sua totale assenza dai media governativi.
I canali della TV di Stato la ignorano, preferendo concentrarsi sui successi militari russi in Siria.
Quando gli iscritti al gruppo del Primo canale su uno dei social network hanno chiesto all’emittente più guardata del Paese di parlare dei camionisti, gli amministratori del gruppo hanno immediatamente aggiunto la parola «dalnoboyshik», letteralmente «a lungo raggio», il nome in gergo degli autotrasportatori, alla lista nera dei vocaboli da non menzionare, insieme a sciopero e camion.
In un quarto d’ora 200 utenti del social network sono stati bannati dal gruppo.
Sono stati bloccati anche quelli che, sul modello del flashmob organizzato durante il silenzio stampa a Bruxelles, postavano foto di gatti e bambini su camioncini giocattolo. Infine, il Primo canale ha postato «su numerose richieste dei telespettatori» un servizio sulla dura e avventurosa vita dei camionisti, dove non si faceva parola della protesta.
Mentre i «dalnoboyshiki» si vedevano negare incontri con gli esponenti delle autorità , l’unico politico a rivolgersi a loro è stato il deputato della Duma Evgheny Fiodorov.
Il deputato, già famoso per aver smascherato la Cia che avrebbe distrutto l’Urss finanziando i gruppi rock clandestini, ha spiegato che la protesta degli autotrasportatori è «un’idea degli Usa per liquidare lo Stato russo», e che a lanciarla è stata la «quinta colonna dei nazional-traditori».
Poche ore dopo una petizione per l’abolizione di Platon è apparsa sul sito della Casa Bianca, dove 480 utenti hanno chiesto a Obama — visto che è stato lui a organizzare la protesta — ad abolire il Platon.
Il presidente del comitato Trasporti della Duma Evgheny Moskviciov propone un compromesso: ridurre drasticamente le multe per chi non paga il Platon, e «collaudare il sistema» su qualche migliaio di camion prima di imporlo a tutti.
Il governo intanto ha bloccato i siti che annunciavano la data della mobilitazione degli autotrasportatori (in base alla recente legge che proibisce di diffondere notizie su «proteste non autorizzate»).
Intanto decine di camionisti hanno bloccato il Daghestan e gli Urali, e il 30 novembre vogliono partire per la «marcia su Mosca».
In effetti, mostrarli in televisione sarebbe imbarazzante. Sulle fiancate dei mezzi pesanti ci sono scritte «No al Platon», tracciate con una spugna sullo sporco del telone, ma molti montano anche cartelli come «Rotenberg peggio dell’Isis».
E considerato che il Daghestan è da anni la più grande polveriera di islamismo radicale della Russia, e che nella poverissima repubblica di 3 milioni di abitanti gli autotrasporti sono una delle principali fonti di sostentamento, paragonare l’amico di Putin ai terroristi è sintomo di una rabbia senza precedenti.
In Russia sono registrati due milioni di mezzi pesanti, e sospettare i camionisti di simpatie liberali è abbastanza difficile.
Ma in un Paese che — almeno nei media — appare da anni totalmente pacificato e coeso nell’appoggio del suo presidente, dove le proteste dei medici e dei pazienti per i tagli alla sanità e le denunce di corruzione del governo trovano spazio solo su alcuni siti Internet, anche una protesta di categoria comune altrove diventa una attività sovversiva, da fronteggiare come una minaccia alla sicurezza nazionale
Anna Zafesova
(da “la Stampa”)
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