DENTRO & FUORI, IL NUOVO GIOCO NEL PD
VELTRONI SE NE VA, LA BINDI PUNTA I PIEDI NELLA CORSA ALLE PRIMARIE… ESCLUSO GOZI
C’è chi si getta nella sfida delle primarie e chi si ritira a vita privata nel Pd.
Ieri sera si sono chiusi i termini per presentare le candidature per i membri del partito: ai nastri di partenza.
Pier Luigi Bersani, Matteo Renzi e Laura Puppato.
Aveva già rinunciato Pippo Civati, c’ha provato fino all’ultimo Sandro Gozi, senza riuscire a raccogliere il sostegno necessario (gli mancavano 20 delegati).
Il tutto tra polemiche, crisi di nervi, appelli al segretario.
È così per chi entra, è ancor di più così per chi ha paura di doversene andare.
Il tormentone rottamazione — a primarie ancora da fare — sta già dettando il passo all’agenda del Pd.
Negli scorsi giorni Livia Turco, Ugo Sposetti, Pierluigi Castagnetti hanno annunciato il loro passo indietro (si erano detti in passato pronti a farlo anche Arturo Parisi e Franco Marini).
L’annuncio che ha spiazzato tutti, però, è stato quello di Walter Veltroni, domenica sera a “Che tempo che fa”: “Non mi ricandido”, scandisce, mentre ricorda che nella stessa trasmissione annunciò che “una volta conclusa la mia esperienza da sindaco avrei chiuso la mia esperienza politica”.
Poi arrivò l’offerta della candidatura a premier, i 12 milioni di voti presi, le dimissioni da segretario. Però la decisione, spiega Veltroni domenica, era presa. Ma, “questo vale per me non per altre persone. Si parla molto di Bindi e D’Alema, ma non si dice che con la rottamazione non entrerebbero Morando, Castagnetti, Parisi, che fanno del bene al Parlamento”.
Spiazza tutti Veltroni, costringe l’intero partito a prendere una posizione.
A parte tanti ringraziamenti, l’unico a chiedergli di restare è Enrico Letta.
La domenica sera è tutta per lui, con buona pace di Bersani che a Bettola apre la sua campagna elettorale. E ha un bel spiegare il suo staff che l’appuntamento con Fazio era in agenda da settimane.
Bersani stesso, che sapeva tutto da giorni, si limita a dire che “Walter resterà protagonista”.
E certo, Veltroni non fa un piacere al segretario, come nota la fedelissima Chiara Geloni, la direttrice di Youdem, esponente di punta del “tortellino magico” del segretario: “Più spazio a uno che non si ricandida a deputato che a uno che si candida premier. massimo rispetto per la scelta di wv, ma #rottamalastampa”, scrive ieri su Twitter.
Ancora: “Sono appena uscita da una trasmissione “su pd e primarie”. hanno fatto solo domande su Veltroni. normale? per me no”.
Risveglio amaro per il Pd.
Canta vittoria Renzi: “Bene Veltroni e non sarà l’unico”.
Spiazzato è D’Alema, che ad andarsene ci pensa (e ci ripensa) da mesi, ma che si trova nella sgradevole posizione di trovarsi a fare una scelta di vita, pressato dall’annuncio del rivale di sempre.
Così ieri fa una contromossa interlocutoria: “Io non mi ricandiderei , lo faccio se me lo chiede il partito”.
Ma quella più nervosa è Rosy Bindi, che sta vivendo un vero e proprio dramma politico (e personale).
Lei la deroga la vuole senza se e senza ma ed è incredula nel vedersi additare come il vecchio da rottamare.
Ieri Repubblica riportava che avrebbe chiesto il soccorso di Bersani, in difesa dagli attacchi. “Non l’ho mai detto” “manipolazione” scrive in una lettera che verrà pubblicata sul quotidiano.
A parte questo resta in silenzio, senza parole, rispetto all’amarezza di sentirsi all’angolo, agli eventi che la spingono fuori.
Il silenzio di chi non ha neanche la faccia tosta di uno come Beppe Fioroni che dice “Io non mi faccio rottamare”.
Certo, le liste (e le deroghe) sono una bella gatta da pelare, che finirà sul tavolo del segretario.
Per ora, però, spiega il responsabile Organizzazione Nico Stumpo è meglio non parlarne.
“Rimandiamo tutto a dopo le primarie e alla legge elettorale”.
Nel frattempo, infatti, al Nazareno e dintorni, si consumano le polemiche per le primarie.
Renzi alla fine arriva con le firme dei delegati e con la chiavetta con quelle degli iscritti (18 mila la soglia minima).
Laura Puppato sta sul filo fino all’ultimo, incontra Bersani per esprimergli tutto il suo disappunto: “Non mi piace il partito del gatto e della volpe, quello che modifica le regole. Impresa durissima rispondere ai requisiti per la candidatura”.
E poi, “è stato deciso che ora i candidati debbano in soli dieci giorni (entro il 25 ottobre) raccogliere 20 mila firme di elettori di centrosinistra, con il limite di non più di 2.000 a Regione”.
Per darle una mano, raccontano sia intervenuto lo stesso segretario.
Sandro Gozi, invece, ha pensato a chiedere un rinvio.
E alla fine si è arreso: “Nonostante la delibera unanime dell’Assemblea nazionale che doveva garantire il pluralismo delle candidature, la resistenza a far passare nomi diversi da quelli già decisi è stata fortissima”.
Wanda Marra
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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