DISOCCUPATI A NAPOLI: CHI NON SFILA NON LAVORA
LA DISOCCUPAZIONE E’ UN BUSINESS…UNA VENTINA LE LISTE DI DISOCCUPATI LEGATI AI PARTITI… TROVA LAVORO CHI MANIFESTA… I CORSI DI FORMAZIONE RENDONO 500 EURO AL MESE AL LAVORATORE PRESUNTO E 2.000 EURO L’ANNO ALL’IMPRESA
A Napoli la disoccupazione è un affare, un meccanismo difficile da capire per chi viene da fuori e conosce solo il canale istituzionale delle Agenzie del lavoro.
In realtà funziona in altro modo: in ogni zona della città , un capopopolo dà vita a un movimento o lista, affigge manifesti (ovviamente abusivi) scritti a mani e indice l’apertura delle iscrizioni, specificando nome e indirizzo della sua lista.
Il disoccupato paga una quota associativa dai 10 ai 20 euro al mese e, in cambio di una promessa di lavoro, si impegna a partecipare alle manifestazioni di piazza che il leader, schierato politicamente, organizza: scioperi e proteste sui temi più vari, dall’impiego all’ambiente, dalla scuola alla sanità .
Lo slogan è sempre lo stesso “Vulimme o’ post, vulimme…”.
In pratica due cortei a settimana a cui il disoccupato non deve mancare: la sua presenza in piazza gli garantisce dei punti nella graduatoria interna alla lista, chi partecipa a più cortei guadagna più punti e quindi ha la precedenza nell’accesso ai corsi di formazione o ai progetti di “work experience”, organizzati dall’Assessorato al lavoro della Regione.
Il disoccupato fa di tutto per essere presente il giorno della protesta; se il mattino lavora in nero, vale la delega a un familiare, nonno in pensione o mamma casalinga, che partecipa al suo posto. Esiste il “cartellino da timbrare”.
Al leader interessa dimostrare alle Istituzioni che porta tanta gente in piazza e lui ne acquista prestigio: per questo c’è il foglio di presenza che viene distribuito all’inizio del corteo e ritirato alla fine.
Il disoccupato che ha prenotato una visita medica e non riesce a trovare un supplente non perde la presenza se va in piazza prima della partenza del corteo e mostra al leader la ricetta firmata dallo specialista… diventa assente giustificato.
I capi prendono precauzioni contro i furbi: l’appello si fa alla fine del corteo, quando ogni disoccupato deve restituire il foglio di presenza. Capito Brunetta le misure antifannulloni?
Chi perde la bandiera con la sigla del movimento deve risarcire il danno, qua non si scherza. Secondo l’assessorato, si tratta di un mercato del lavoro all’interno del mercato stesso, vi sarebbero collegamenti tra alcuno movimenti e clan della criminalità organizzata, ma per ora non se ne esce. Questa mobilitazione è in realtà il frutto di una commistione di interessi diversi.
Il primo, quello dei portavoce, che hanno sempre l’obiettivo di fare politica, molti di loro si sono presentati alle scorse amministrative soprattutto con l’estrema sinistra, ma c’è anche chi gravita nell’area di Forza Italia e An.
Più il movimento è numeroso, più cresce la credibilità dell’organizzatore che spesso non è affatto disoccupato. Come Raffaele Piccolo, portavoce della lista “Banchi Nuovi” che lavora in una Asl.
Il secondo interesse in gioco è quello dei senza lavoro. In questo giro ci sono soprattutto finti disoccupati, cioè quelli che hanno un lavoro nero, ma che approfittano delle liste e dei movimenti per arrotondare lo stipendio con i 500 euro al mese garantiti dai corsi di formazione.
Infine c’e’ l’interesse degli imprenditori: nel caso del progetto Isola, varato dalla Regione, al precario vanno 500 euro al mese, al consorzio 2.000 euro a persona l’anno.
Ci sono aziende che hanno in carico fino a 700 disoccupati, è evidente il business milionario. Sono progetti inutili che la Regione utilizza per fini clientelari. Si sperperano milioni di euro e si creano sacche di attesa e di emarginazione su un criterio assistenziale.
In pratica è un colossale imbroglio: i corsisti non si presentano in azienda, all’azienda va bene così e la Regione paga e non controlla.
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