E SILVIO DISSE: “LASCIATEMI VEDERE LA PARTITA”
IL RAPPORTO CON I SOVRANISTI RESTA IN SOSPESO: “SALVINI NON SA COSA VUOL DIRE GOVERNARE UN PAESE, AGISCE DA IRRESPONSABILE SULLA PELLE DELLE PERSONE, COME NEL CASO DICIOTTI”
L’incontro, ormai, sembra essere diventato come la linea dell’orizzonte, che si allontana ogni volta che sembra avvicinarsi.
Al momento Silvio Berlusconi e Matteo Salvini non hanno appuntamenti in agenda, dati per imminenti nei giorni scorsi, neanche prima della Vigilanza di giovedì che dovrà affrontare il pasticciaccio Rai.
La questione va ben oltre gli organigrammi di viale Mazzini e ben oltre l’eventuale scambio tra il voto degli azzurri a Marcello Foa e la resurrezione dell’alleanza alle regionali in Abruzzo e in Basilicata.
È tutto politico il nodo, carico di ambiguità irrisolte.
Ambiguità rese ancora più dense dall’eclissi del Cavaliere, in un’estate scandita dagli sbalzi d’umore e da qualche acciacco. E dall’ingestibile protagonismo del leader leghista.
Sabato 25 agosto, il giorno in cui è stato indagato per “sequestro di persona”, il ministro dell’Interno si aspettava, per antico riflesso, che Berlusconi dichiarasse contro le toghe. Anzi, era certo che avrebbe trovato, in materia, una polveriera pronta ad esplodere.
E invece il Cavaliere, pressato da qualche collaboratore, si è mostrato quasi infastidito: “Sto guardando Milan-Napoli, lasciatemi stare”.
La sconfitta del Milan, pio, ha peggiorato l’umore.
La dichiarazione, neanche tanto sentita, è arrivata solo il giorno dopo, scritta dall’avvocato Ghedini con l’intento di evitare l’incidente diplomatico, sul punto di deflagrare. Direbbe Totò: “Ho detto tutto”.
Perchè più dell’insofferenza verso le toghe può l’insofferenza verso Salvini.
Proprio sul caso della Diciotti l’ex premier non ha nascosto un moto di sincero disgusto verso metodi da “barbaro” che “non sa cosa vuole dire governare un paese e agisce da irresponsabile sulla pelle delle persone”.
Qualche giorno dopo, per l’esattezza lunedì scorso, nel corso del consueto pranzo del lunedì, il realismo è prevalso sulla pancia.
E il Cavaliere ha cominciato a ragionare, se non di partito unico, di un percorso unico col barbaro. Una tentazione, una idea solo abbozzata, frutto di una analisi e di una consapevolezza.
L’analisi riguarda gli scricchiolii, sempre più rumorosi, all’interno del governo, sul tema dell’immigrazione, ma anche su quello della giustizia, dove — paradossalmente ma non troppo — Salvini ha incassato la solidarietà di Forza Italia e il gelo o l’aperta polemica dei suoi partner di governo, in relazione ai 49 milioni da restituire. Consapevolezza riguarda il trend discendente dei consensi di Forza Italia: “Se andiamo avanti così — ha detto ai suoi commensali — prendiamo il 3 per cento”.
Tanto vale, questo il ragionamento, fare di necessità virtù confondendo la propria debolezza nella forza altrui. Un eventuale nuovo contenitore non sarà un secondo Predellino nè una fusione alla pari, ma comunque consentirebbe di stare ancora nel gioco. E di starci ancora da leader che tratta in prima persona prima che lo facciano, singolarmente, la varie bande di Forza Italia e i vari ras che, in queste settimane, hanno già aperto una trattativa privata con Salvini o la Meloni: “La mia previsione — è la profezia che Giovanni Toti ha affidato a qualche amico — è che Forza Italia così non arriva a Natale”.
Ed evidentemente una analisi non dissimile deve averla fatta Matteo Salvini che, nelle ultime settimane, ha cambiato schema, ma non ha aperto una trattativa sul partito unico, almeno per ora: “Salvini — dicono fonti leghiste degne di questo nome — sta tentando con la Csu bavarese e con Orban una operazione molto ambiziosa, ovvero cambiare l’Europa attraverso il Ppe. Le prossime europee saranno un terremoto e i popolari, per governare, avranno bisogno dei populisti”
Detto in modo un po’ tranchant: per realizzare l’impresa non c’è bisogno di Berlusconi. Nè di un partito unico con Forza Italia, la cui prospettiva terremoterebbe il governo. C’è bisogno dei voti, a partire da quelli di Forza Italia in libera uscita.
E di stabilire una interlocuzione proficua con Bruxelles, il che spiega la “svolta” responsabile sulla manovra e sui parametri del tre per cento. Angela Merkel vuole un tedesco a capo della Commissione Ue e ha bisogno di una parte dei voti “populisti” che arriveranno al prossimo Parlamento di Strasburgo. Ed è disposta ad accettare anche un esponente della Csu come Weber per raggiungere l’obiettivo.
A ben vedere questa operazione non incrocia la necessità di un partito unico di centrodestra, ma consente di continuare, con tutte le ambiguità e i nodi irrisolti del caso, nella prospettiva di una “alleanza” fatta di unità (anche se finta) nella diversità (reale).
Almeno così la pensa Salvini che, numeri alla mano, si sta prendendo tutto (o quasi) il centrodestra senza pagare nulla.
Perchè dovrebbe aprire un dialogo con Berlusconi quando il partito unico lo sta già realizzando nei fatti senza nulla concedere alla malmessa nomenklatura azzurra?
I più maliziosi pensano qualche ragione ci potrebbe essere, di natura extrapolitica (fino a un certo punto): un partito sul lastrico come la Lega potrebbe avere interesse a incassare, diciamo così, un supporto del Cavaliere che magari non ha più voti, ma continua ad avere le casse dell’Impero ancora piene di denari.
Un po’ come accadde ai tempi di Bossi. Ma questo è un altro discorso.
(da “Huffingtonpost“)
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