ELEZIONI REGIONALI: DOPO I NO DI FINI, NEL PDL SI RIDISCUTE TUTTO
GALAN NON MOLLA IL VENETO E SI PREPARA ALLA CORSA SOLITARIA….FINI CHIEDE “CANDIDATURE TRASPARENTI” E BOCCIA COSENTINO IN CAMPANIA….I CESPUGLI MINACCIANO: “SE FORZA ITALIA E AN SI PRENDONO TUTTI I POSTI, ALLORA IL PDL E’ STATA UNA FINZIONE”….E BERLUSCONI DA’ RAGIONE A TUTTI
Come nella migliore tradizione della Prima Repubblica, nel Pdl sono tornate cordate, cene e pranzi carbonari.
L’origine di questa improvvisa necessità di socializzare va cercata nelle candidature per le prossime elezioni regionali.
Quando ormai i giochi sembravano fatti, tutto o quasi pare da rifare: anche le candidature che sembravano più consolidate registrano un passo indietro. Forse un passo troppo lungo lo aveva fatto Berlusconi, promettendo a Bossi il Veneto, per assicurarsi fedeltà sul tema giustizia, a lui tanto caro, e garantendo la Campania al fedelissimo, ma chiacchierato Nicola Cosentino. E’ bastato che Fini esprimesse “serie perplessità ” sul sottosegretario campano per i suoi presunti rapporti con il clan dei casalesi, perchè i vertici del Pdl capissero che la sorte di Cosentino era segnata.
Del resto, poco prima, il finiano Fabio Granata, vicepresidente dell’Antimafia, aveva lanciato un avvertimento inequivocabile: “Pdl e Pd scelgano candidati al di sopra di ogni sospetto”.
Non proprio il profilo del candidato preferito dal premier in Campania, insomma, quello che per Berlusconi sarebbe il candidato ideale, in quanto “ha il vantaggio di essere ricco di famiglia, è uno che si paga la campagna elettorale da solo”.
Fini ritiene che la sua candidatura invece “possa danneggiare l’immagine di tutto il Pdl”.
Il partito si incarta e si ritorna alla rosa di nomi che comprende Stefano Caldoro e Gianfranco Rotondi. Finisce che il presidente della Camera chiede ai vertici del Pdl “un supplemento di istruttoria” e tutto viene rinviato a metà novembre.
A parte la Lombardia e la Calabria, nelle altre regioni si ritorna alla “rosa dei nomi” in attesa di ulteriori selezioni, perchè evidentemente l’accordo non c’è. E veniamo al caso Veneto, promesso dal premier a Bossi, durante un incontro ad Arcore.
Sembrava scontava la candidatura di Zaia o Tosi, ma ecco La Russa dichiarare che “accordi non ce ne sono, altrimenti Bossi sarebbe andato da Fini dicendo di avere già chiuso un’intesa. Berlusconi tutto ci ha detto tranne di aver chiuso un accordo con Bossi per il Nord”.
Nel frattempo Galan, il presidente veneto uscente, fa sapere che non ha alcuna intenzione di ritirare la sua candidatura per cederla alla Lega, forte del consenso di oltre 180 amministratori locali che hanno firmato per la sua riconferma e dell’appoggio di autorevoli imprenditori che si sono schierati con lui.
Molti elettori del Pdl non intendono votare un candidato leghista e il Pdl ha preso più voti della Lega.
Se il premier vuole forzare la situazione a vantaggio di Bossi, e Galan fa una lista autonoma, raccogliendo parte dell’elettorato del Pdl, dell’Udc e del “fronte anti-Lega”, per cui sono disponibili anche autorevoli esponenti della sinistra, il rischio per il centrodestra è grosso.
Fini ha detto chiaramento che, se andasse male, “qualcuno si dovrà prendere la responsabilità di aver sfasciato la coalizione”.
Galan poi non sta certo fermo, ha riunito i suoi fedelissimi a Roma e ha spiegato : “il Veneto vuole ancora me, Berlusconi mi ha detto che la partita non è ancora chiusa”.
Tra parentesi Galan controlla una decina di deputati e coi tempi che corrono alla Camera, dove il centrodestra riesce a far passare le leggi per due voti, qualche scherzo non è da sottovalutare.
Galan poi ha l’appoggio di Casini in caso di lista autonoma e il rischio per il Pdl è di trovarsi l’elettorato spaccato.
La Lega ha poi due grossi problemi.
Intanto dopo aver predicato per anni “il Veneto ai veneti”, una candidatura leghista non emergerebbe in questo caso dal territorio, ma da scelte romane e di Palazzo.
Un candidato imposto dai giochi di vertice, insomma, quelli, a parole, sempre criticati dai leghisti.
In secondo luogo si sta assistendo a una faida interna poco nobile tra i seguaci del sindaco di Verona, Tosi, e il ministro dell’Agricoltura, il trevigiano Zaia, degne dei vecchi notabili democristiani.
Berlusconi per ora dà ragione a tutti, a seconda di chi incontra, un sistema che non porterà molto lontano.
Alla fine si sono fatti sentire anche i partiti minori del Pdl, i cosiddetti cespugli: “se Forza Italia ed An si prendono tutti i candidati presidenti, qualcuno dovrà poi preoccuparsi di certificare che il Pdl è stata una finzione”.
In effetti, come dar loro torto?
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